di Claudia RENZI
I sogni a volte si realizzano: a conclusione del mio più recente contributo su Maffeo Barberini (Roma, coll. priv.) e sul cosiddetto Prelato, ovvero Mons. Francesco Barberini senior (Firenze, coll. piv.) di Caravaggio [1] auspicavo un’esibizione affiancata dei due ritratti: il sogno si è concretizzato nella mostra Caravaggio 2025 in corso a Palazzo Barberini dove il confronto diretto dei due dipinti (Fig. 1) – che vanno attestati, data la straordinaria qualità, indiscutibilmente entrambi autografi – permette di constatare e quindi confermare che i ritrattati sono due soggetti ben distinti:

il mons. Maffeo Barberini futuro Urbano VIII e un altro membro della famiglia, molto probabilmente il suo (idealizzato) zio Francesco – Fig. 2.

Tuttavia la mostra, inaugurata il 7 marzo scorso, si è sin da subito percepita come evento di portata eccezionale data la presenza, per la prima volta in Italia, dello strepitoso Ecce homo recentemente ritrovato (1605-9, Spagna, coll. priv.)[2].

La visione dal vivo di questo dipinto (Fig. 3) non lascia spazio a dubbi sulla paternità merisiana: il “quesito caravaggesco”, in questo caso, non si pone.
Il restauro ha permesso di riscontrare caratteristiche tecniche riconducibili alla mano di Caravaggio nonché il riemergere di tutta la luminosità, la vividezza dei colori e la qualità della pittura, caratterizzata tra l’altro da dettagli già visti in altri dipinti del maestro: mi limito qui a segnalare le ciocche di capelli di Gesù dipinte per velatura (cioè non sulla mestica ma sullo strato superficiale sottostante di colore), come risultano essere anche in Maddalena penitente (1595, Roma, Galleria Doria Pamphili); Cena in Emmaus (1601, Londra, National Gallery) per Gesù; nella Deposizione (1602, Città del Vaticano, Pinacoteca) per Maria di Cleopa; nella Cattura di Cristo (1602, Dublino, National Gallery of Ireland) anch’esso in mostra, per Gesù; nel Sacrificio di Isacco (1603, Firenze, Galleria degli Uffizi) per Isacco; nella Maddalena in estasi (1606, coll. priv.), ecc.
Per il volto di Gesù e la sua inclinazione avevo qui già proposto un accostamento con il Gesù dell’Ultima cena leonardesca [3] – sagoma compatibile del resto con almeno altre due “teste” (entrambi autoritratti) di Caravaggio: l’autoritratto nel Martirio di Matteo (1599-1600, Roma San luigi dei Francesi) e David nel Davide con la testa di Golia (1606, Roma, Galleria Borghese) – Fig. 4.

Mentre la corona di spine presenta una potatura del ramo simile a quella visibile nell’Ecce homo di Correggio (1526 ca., Londra, National Gallery) – dunque un elemento preso in prestito da un altro artista – l’espressione del giovane che pone il mantello sulle spalle di Gesù rimanda ad altre facce stolide presenti in altri dipinti di Caravaggio: Crocifissione di sant’Andrea (1607, Cleveland, The Cleveland Museum of Art) nell’astante in secondo piano al centro, in basso; nel Seppellimento di santa Lucia (1608, Siracusa, Santuario di Santa Lucia al Sepolcro ) nella figura anche qui in fondo, in ultimo piano al centro; nella Resurrezione di Lazzaro (1608-9, Messina, Museo Regionale): non è dunque una novità assoluta estranea ai quadri del maestro – Fig. 5.

Il ragazzo guarda verso lo spettatore, come a coinvolgerlo o a cercare da lui illuminazione; invece Pilato, abbigliato più come un giudeo che come un romano, rivolge lo sguardo a qualcuno fuoricampo, e la sua espressione è quasi di stupito dissidio, come a dire ok, ecco l’uomo, ma perché insistete a volerlo condannare?
Un dubbio amletico – Quid est veritas, Claudia?, avrebbe poi chiesto secondo alcuni apocrifi Pilato alla moglie Claudia Procula, seguace di Gesù e poi santa – lontano anni luce dall’espressione indifferente dell’altro Ecce homo attribuito dai più a Caravaggio, quello di Genova, Palazzo Bianco (1605).
La mostra è divisa in quattro sezioni, a coprire un arco temporale di circa quindici anni, dal presunto anno di arrivo a Roma, tra il 1594 e il 1595, fino alla prematura morte nel 1610.
Nella prima sala sono quindi esposti alcuni dei primi dipinti romani: il precocissimo Mondafrutto (1594-5, coll. priv. Sua Maestà Carlo III); il cosiddetto Bacchino malato, cioè Autoritratto come Bacco (1595-6, Roma, Galleria Borghese); I musici (1594, New York, Metropolitan Museum of Art); la Buona Ventura (1594-5, Roma, Pinacoteca Capitolina); I bari (1595, Fort Worth, Kimbell Art Museum); Narciso (1600 ca., Roma, Gallerie Nazionali d’arte Antica Palazzo Barberini). Di fronte a I musici e a I bari, il San Francesco riceve le stimmate (1595, Hartford, Wadsworth Atheneum), allo stato attuale dell’arte prima opera a tema sacro eseguita dal maestro a Roma – Fig. 6.

Chiude la prima sala la splendida prima Conversione di Saul, detta Odescalchi (1601, Roma, coll. Odescalchi – Fig. 7), pala dipinta appena dopo le tele Contarelli – compaiono infatti gli stessi modelli impiegati là – caratterizzata da colori ancora luminosi e dal supporto, una tavola di cipresso, che con l’attualmente disperso pendant raffigurante la Crocifissione di Pietro avrebbe dovuto essere collocata nella cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo, sostituita poi come la compagna nel giro di pochissimo da due tele, attualmente ancora in loco, raffiguranti ancora e comunque la Crocifissione di Pietro e la Conversione di Saul, dai toni già decisamente più drammatici: un supporto quello della tavola, usato poche volte dal maestro, che tuttavia dimostra quanto egli fosse padrone della tecnica.

Nel grande dipinto, di eccezionale lucentezza e magnificenza, si possono apprezzare in controluce molto da vicino e senza alcun tipo di vetro a filtrare la visione alcuni solchi di punta di pennello che delineano, in alcuni punti, le incisioni/disegno di riferimento.
Nella seconda sala campeggiano alcuni splendidi ritratti: Caravaggio, secondo le fonti, era un ritrattista piuttosto richiesto e, dai ritratti pervenuti, innegabilmente dotato. I primi due che si incontrano sono i summenzionati Mons. Francesco Barberini senior e il Mons. Maffeo Barberini, per la prima volta esposti insieme e vicini, e tre dipinti a carattere religioso: SS. Marta e Maddalena (1597, Detroit, Detroit Institute of Arts), Santa Caterina d’Alessandria (1597, Madrid, Museo Thyssen Bornemisza) e Giuditta decapita Oloferne (1599, Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica in Palazzo Barberini) che sono, in sostanza, tre ritratti della stessa donna, la nota cortigiana Fillide Melandroni[4]. Nel Marta e Maddalena impersona Maddalena; più problematico identificare con qualche grado di sicurezza la ragazza, diversa, che veste i panni di Marta.
La Santa Caterina d’Alessandria è, secondo Bellori, una delle due opere a partire dalle quali (l’altra è Il suonatore di liuto) per Caravaggio inizia il decisivo «ingagliardire gli oscuri»[5] che avrebbe poi caratterizzato la produzione successiva del maestro, il cui acme è rappresentato dalle Storie di Matteo per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi.
Dopo l’exploit Contarelli, com’è noto, la carriera di Caravaggio subì una svolta decisiva: il suo talento si smarcò dalla nicchia del collezionismo privato – cui pure doveva la sua fortuna, essendo stati il cardinale Francesco Maria Del Monte e il marchese Vincenzo Giustiniani a fargli ottenere la commissione in San Luigi dopo la defezione del suo ex maestro Giuseppe Cesari – per conquistare a pieno merito scettro e trono della storia dell’arte occidentale di tutti i tempi. Nella terza sala sono esposti dipinti licenziati per illustri committenti dopo appunto il successo delle tele Contarelli, ovvero Ciriaco Mattei e Ottavio Costa, per i quali Caravaggio dipinse rispettivamente La cattura di Cristo (1602, Dublino, National Gallery of Ireland) e il San Giovanni Battista (1603 ca., Kansas City, The Nelson-Atkins Museum of Fine Art).
Il San Giovanni Battista di Kansas City è qui esposto accanto al San Giovanni Battista (1604 ca., Roma, Galleria Nazionale d’arte antica Palazzo Corsini) così che si possa notare, tra l’altro, che a posare nei panni del profeta è lo stesso tenebroso e imbronciato ragazzo. Di fronte ai due San Giovanni è il San Francesco in meditazione (1605, Roma, Gallerie Nazionali d’Arte Antica Palazzo Barberini) dipinto a Roma, essendo il modello lo stesso che impersona Gesù in altri dipinti romani.
Dopo la tragica uccisione di Ranuccio Tomassoni nel maggio del 1606, com’è noto, Caravaggio dovette abbandonare precipitosamente Roma. Di certo aiutato dai suoi più illustri mecenati, raggiunse Napoli e poi Malta e la Sicilia e di nuovo Napoli, in attesa della grazia da parte di Paolo V che suo nipote il cardinale Scipione Borghese si era sin da subito prodigato a fargli ottenere: riparato sulle prime nei feudi laziali della famiglia Colonna, dipinse il Davide con la testa di Golia (1606, Roma, Galleria Borghese) in cui il maestro lascia un doppio autoritratto, sia come un altrimenti incomprensibile mesto Davide sia come l’ucciso Golia che forse è anche una fusione con i lineamenti di Ranuccio, e, forse, la Cena in Emmaus (1606, Milano, Pinacoteca di Brera).
A Napoli, dove troverà un forse inaspettato successo, il maestro ha probabilmente dipinto l’Ecce homo, star della mostra, e la magnifica Flagellazione di Cristo (1607, Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte), pure in questa sala.
Nella quarta e ultima sala sono esposte alcune opere relative agli ultimi anni del maestro, come il Ritratto di cavaliere di Malta con spada e rosario (1608, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina), il San Giovanni Battista (1610, Roma, Galleria Borghese) “regalo” per sua eminenza Borghese che gli aveva ottenuto la grazia presso lo zio papa, e il Martirio di Sant’Orsola (1610, Napoli, Palazzo Piacentini) dipinto per Marcantonio Doria pochissimo prima del suo ultimo tragico viaggio, dunque cronologicamente l’ultima opera dipinta da Caravaggio, che morirà in circostanze ancora oscure a nemmeno 39 anni – Fig. 8.

Il recente restauro che ha interessato il Martirio di sant’Orsola, che è anche letteralmente ultima opera in esposizione, ha consentito il riemergere di alcuni particolari che col tempo erano andati perduti: il profilo di un soldato con elmo – elmo molto simile a quello del soldato della Negazione di Pietro (1607, New York, Metropolitan Musem) – subito dietro il capo scoperto di Orsola, che ha i capelli raccolti in una semplice cipolla alla nuca, e un altro volto, sempre in sfondo, vicino all’arciere – Figg. 9 e 10.


Dunque in Caravaggio 2025 è possibile ammirare, fino al 6 luglio, un totale di 24 dipinti provenienti da collezioni pubbliche e private, dall’Italia e dall’estero: un caleidoscopio di personaggi che porta in scena, una volta di più, tutta la variegata umanità ritratta e resa immortale da Caravaggio. Un viaggio, una mostra da andare a vedere, insomma, per più di un valido motivo.
Claudia RENZI Roma 6 Aprile 2025
NOTE
[1] Claudia Renzi, L’unico “Maffeo” Barberini di Caravaggio, https://www.aboutartonline.com/ritratti-di-buonissimarte-ma-senza-similitudine-che-cosi-ha-fatto-il-caravaggio-se-gli-occhi-parlano-un-solo-maffeo-barberini-e-un-prelato-di-caravaggio/ su «About Art online» del 22.12.2024.
[2] Per il ritrovamento dell’Ecce homo si veda Maria Cristina Terzaghi, Keith Christiansen, Gianni Papi, Giuseppe Porzio (a cura di), Caravaggio. L’Ecce Homo svelato, Venezia, 2024. E’ probabile che l’Ecce homo sia stato dipinto da Caravaggio in uno dei suoi due soggiorni a Napoli, tra il 1605 e il 1609: da Napoli, nel 1657, il dipinto è giunto a Madrid; nel 1666 compare nell’inventario dei beni di Filippo IV, dove si presume è rimasto fino a fine Settecento/inizio Ottocento, quando Carlo IV lo regalò al ministro Godoy, la cui collezione confluirà poi all’Accademia Reale di San Fernando. Ancora nell’Ottocento, passò a Evaristo Pérez de Castro, collezionista e diplomatico spagnolo, a seguito di una permuta con un’altra opera in Accademia, e infine ai suoi discendenti che, persa ogni attribuzione, ne hanno tentato la vendita all’asta tre anni fa, vendita impedita dal riconoscimento che ha condotto infine alla più recente acquisizione privata.
[3] Claudia Renzi, Reminiscenze leonardesche nelle opere di Caravaggio. Comparazioni e nuove ipotesi, https://www.aboutartonline.com/reminiscenze-leonardesche-nelle-opere-di-caravaggio-comparazioni-e-nuove-ipotesi/ su «About Art online» del 11.02.2024.
[4] Per l’identificazione della modella con Fillide Melandroni, cfr. Claudia Renzi, Caravaggio e il ritratto femminile: Fillide Melandroni. Una storia di modelle e di riconoscimenti, https://www.aboutartonline.com/caravaggio-e-il-ritratto-femminile-fillide-melandroni-una-storia-di-modelle-e-di-riconoscimenti/ su «About Art online» del 06.08.2023.
[5] Giovanni Pietro Bellori, Vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, scritte da Gio: Pietro Bellori, Roma, 1672, p. 204.
Bibliografia
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Claudia Renzi, Caravaggio e il ritratto femminile: Fillide Melandroni. Una storia di modelle e di riconoscimenti, https://www.aboutartonline.com/caravaggio-e-il-ritratto-femminile-fillide-melandroni-una-storia-di-modelle-e-di-riconoscimenti/ su «About Art online» del 06.08.2023
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Claudia Renzi, Da Caravaggio a Bernini: sarebbe il Mons. Francesco Barberini senior il noto “Ritratto di prelato” di coll. Corsini, https://www.aboutartonline.com/da-caravaggio-a-bernini-sarebbe-di-mons-francesco-barberini-senior-il-noto-ritratto-di-prelato-di-coll-corsini/ su «About Art online» del 30.07.2023
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Claudia Renzi, L’unico “Maffeo” Barberini di Caravaggio, https://www.aboutartonline.com/ritratti-di-buonissimarte-ma-senza-similitudine-che-cosi-ha-fatto-il-caravaggio-se-gli-occhi-parlano-un-solo-maffeo-barberini-e-un-prelato-di-caravaggio/ su «About Art online» del 22.12.2024
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Claudia Renzi, Reminiscenze leonardesche nelle opere di Caravaggio. Comparazioni e nuove ipotesi, https://www.aboutartonline.com/reminiscenze-leonardesche-nelle-opere-di-caravaggio-comparazioni-e-nuove-ipotesi/ su «About Art online» del 11.02.2024
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Francesca Cappelletti, Maria Cristina Terzaghi (a cura di), Caravaggio 2025, Venezia, 2025
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Francesco Porzio, Caravaggio e il comico. Alle origini del Naturalismo, Milano, 2017
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Giovanni Pietro Bellori, Vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, scritte da Gio: Pietro Bellori, Roma, 1672
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Keith Christiansen, Gianni Papi, Giuseppe Porzio, Maria Cristina Terzaghi (a cura di), L’Ecce homo svelato, Venezia, 2023
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Maurizio Marini, Caravaggio pictor praestantissimus, Roma, 2005