Da Caravaggio a Bernini: sarebbe di Mons. Francesco Barberini Senior il noto “ritratto di prelato” di coll. Corsini.

di Claudia RENZI

Claudia Renzi è nata a Roma dove ha conseguito una prima laurea in Lettere (indirizzo storico artistico) e una seconda Specialistica in Storia dell’Arte, entrambe summa cum laude ed entrambe aventi per argomento di tesi la figua e l’opera di Gian Lorenzo Bernini; per la specialistica come docente e relatore ha avuto il Prof. Tomaso Montanari. E’ disegnatore, pittore (ambito caravaggista) e coroplasta; ha da poco (dicembre 2022) esordito come scrittrice con il primo romanzo di una serie di gialli-storici che vede proprio Bernini protagonista nelle inedite vesti di detective per caso ante litteram. Con questo articolo inizia la sua collaborazione con About Art.

Esistono due dipinti di Caravaggio che si contendono l’identità dell’effigiato in Maffeo Barberini, futuro Urbano VIII, ovvero Ritratto di Maffeo Barberini (1598-9 ca., collezione privata Firenze, cm. 124×90) e Ritratto di prelato con caraffa di fiori (1595 ca., coll. priv. Corsini, cm. 121×95).

Nel primo quadro, rinvenuto nel 1963 da Roberto Longhi, Maffeo Barberini posa vestito da protonotaro apostolico, come si evince dal preciso abbigliamento: talare nera con bordi, occhielli e fodera color rubino, biretta nera e cotta bianca semplice. In basso a sx, poggiata contro il bracciolo a voluta della sedia imbottita, la “memoria” (o custodia) con dentro la pergamena attestante la carica di Chierico di Camera ottenuta nel 1598. Stringe nella mano dx una lettera e la luce, che cade da sx a dx, rimanda nei suoi occhi un riflesso chiaro, tendente al glauco-verde oliva.

Caravaggio, Ritratto di Maffeo Barberini (coll. priv. Firenze)

Nel secondo quadro, sulle prime attribuito a Scipione Pulzone († 1588) e poi restituito a Caravaggio da Lionello Venturi nel 1912[1], si vede un uomo somigliante, più o meno della stessa età e abbigliato allo stesso modo, ma con gli occhi decisamente scuri, quasi neri. La mano dx è poggiata su un libro aperto davanti al quale campeggia una caraffa di fiori, mentre la sx stringe l’estremità del bracciolo della sedia di cui la luce, che cade da sx a dx come nell’altra tela, non ci rivela null’altro.

Caravaggio, Ritratto di prelato con caraffa di fiori (proposto dalla scrivente come Mons. Francesco Barberini senior, coll. priv. Corsini);

Tra i due dipinti c’è evidentemente un legame e i soggetti si somigliano abbastanza da aver fatto pensare si trattasse sempre dello stesso Maffeo, tuttavia questo non è possibile per via di una semplice constatazione: Maffeo Barberini ha occhi chiari, il Prelato no. Che Maffeo Barberini avesse occhi chiari lo sappiamo anche da ritratti successivi eseguiti da altri artisti, in particolare Gian Lorenzo Bernini. Bernini si dilettava di pittura e di questa sua passione abbiamo un certo numero di esempi, alcuni di notevole qualità, tra cui il Ritratto di Urbano VIII dipinto attorno al 1630 (Roma, Galleria Nazionale di Palazzo Barberini), che ci mostra il papa con occhi inequivocabilmente chiari, azzurri: Bernini, come Caravaggio, conosceva bene Maffeo Barberini e lo avrebbe ritratto diverse volte nel corso degli anni: nelle sculture il colore dell’iride non è reso, ma in una tela sì. Ancora palesemente chiari gli occhi di Urbano VIII risultano in un altro ritratto (coll. priv.) stavolta di bottega berniniana, o anche percepibili come tali nell’incisione di Claude Mellan inserita nei Poemata dello stesso Urbano VIII, ecc.

Dunque sia Caravaggio nel Ritratto di Maffeo Barberini che Bernini ritrassero Maffeo con occhi chiari ed è difficile credere che due geni del loro calibro possano essersi sbagliati, entrambi, sullo stesso particolare. I due maggiori artisti che Barberini ebbe a disposizione ce lo restituiscono con gli occhi chiari: possiamo fidarci.

L’autografia non è in discussione: sia il Ritratto di Maffeo Barberini che il Ritratto di prelato con caraffa di fiori sono dipinti di mano di Caravaggio; ma non è sostenibile ritraggano la stessa persona, ovvero Maffeo Barberini, poiché il Prelato mostra un soggetto con occhi indiscutibilmente scuri. Maffeo inoltre è stato sempre paffuto, con volto tondeggiante, faccia larga, e ciò lo possiamo riscontrare in tanti altri ritratti dipinti o scolpiti successivi a quello di Caravaggio, mentre il soggetto del Ritratto di prelato con caraffa di fiori ha lineamenti appena più sfinati, un viso più allungato, baffi più folti, labbro superiore leggermente più sottile e sopracciglia più arcuate e definite rispetto a Maffeo. Chi è, allora, l’effigiato nel Prelato?

L’inventario di casa Barberini del 1655, reso noto da Cesare D’Onofrio nel 1967, recita:

“351. Un quadro con dentro un retratto di un prelato con caraffa di fiori dentro con un libro aperto, che tiene la mano sopra e sta a sedere” [corsivo mio] [2];

possibile che in casa Barberini, se era un ritratto di Maffeo, non si sapesse che il soggetto di tale dipinto era appunto il suo membro più illustre, cioè il papa morto 11 anni prima?

Nell’inventario generale del 1608 è significativa la specifica: “Un ritratto del S[ignor] C[ardinale] Barberino quando era Chierico di Camera”: un unico ritratto di Maffeo (Francesco senior non fu mai cardinale) che lo ritraeva quando era Chierico; in altre parole, il Prelato, pure tanto simile, non ritrae Maffeo.

Nell’inventario del 1623, anno in cui ad agosto Maffeo sarebbe divenuto papa, è citato, in pendant con il Maffeo Barberini (“n. 113. Un ritratto del Sig. Cardinale Barberino chierico di Camera con cornice nera”) un altro dipinto il cui soggetto è indicato stavolta chiaramente in Monsignor Francesco Barberini: ovvero Francesco Barberini senior, zio e benefattore di Maffeo (Maffeo, rimasto orfano di padre, deve allo zio Francesco la sua venuta a Roma e quindi la sua fortuna); il documento riporta: “n. 114. Ritratto di Mons.r Franc. Barberino senza cornice”. Purtroppo nella nota non sono indicate le misure delle due tele.

Se il ritratto di Mons. Francesco Barberini del 1623 è il Prelato citato nell’inventario del 1655 va ipotizzato che, nel frattempo, si fosse persa l’indicazione “Mons.r Francesco Barberini” e si sia scritto perciò soltanto un generico “prelato”, il che è ragionevole assumendo che Francesco Barberini senior era morto nel maggio del 1600, quindi di lui gli estensori del 1655 potevano non conoscerne l’identità, mentre d’altra parte sarebbe stato incomprensibile non lo riconoscessero se il quadro avesse ritratto Maffeo, per loro il ben noto seppure ormai defunto da oltre dieci anni Urbano VIII.

Monsignor Francesco Barberini senior era nato nel 1528, quindi se datiamo il Ritratto di prelato con caraffa di fiori di Caravaggio al 1595, è pacifico che non vi è ritratto un settantenne. Tuttavia fare balletti di qualche anno con la datazione del Ritratto di prelato per fargli calzare l’identificazione con Maffeo non giova: una persona non cambia tanto nel giro di tre o quattro anni, e soprattutto non cambia colore d’occhi. L’unica ipotesi che possa far quadrare il cerchio è che Maffeo Barberini abbia chiesto a Caravaggio di ritrarre, in due tele diverse, a non troppa distanza di tempo, sé stesso e lo zio benefattore – questo spiegherebbe la somiglianza fisiognomica, nonché le differenze, tra i due soggetti – con gli stessi abiti della carica che Maffeo ereditò da lui, ovvero quella di protonotaro apostolico. Mons. Francesco, infatti, cedette al nipote la carica, che costava altrimenti circa 7.000 scudi d’oro, nel marzo 1593 (sarebbe divenuta effettiva nell’ottobre dello stesso anno); mentre nel marzo del 1598 gli comprò il titolo di Chierico di Camera (effettivo nel marzo 1599), lasciapassare per tutto ciò che seguì.

È più che probabile, quindi, che Maffeo Barberini abbia commissionato a Caravaggio, per gratitudine, un primo ritratto ritraente suo zio nella carica che gli aveva ceduto (protonotaro apostolico), giovane com’era Francesco all’epoca dell’assunzione (Francesco senior giunge a Roma nel 1553, e nel 1563 è già protonotaro apostolico: aveva dunque meno di 35 anni, età compatibile con il soggetto del Prelato), eseguito anche parzialmente sulla scorta dei suoi lineamenti, e, qualche anno dopo (appena lo zio gli aveva regalato il chiericato), un suo ritratto nelle medesime vesti di protonotaro apostolico. Anche lo stile della pittura concorre infatti a far presumere che il Ritratto di prelato sia precedente al Maffeo Barberini. Per chi scrive, infatti, il Prelato è più vicino al Suonatore di liuto, i Bari, la Buona ventura, ecc., che non a opere del 1598-9 come è Maffeo.

La tela ritraente lo zio Francesco sarebbe dunque uno dei primissimi pezzi di quella “galleria” di ritratti di famiglia che Maffeo Barberini avrebbe realizzato nel corso degli anni successivi: tale idea Maffeo l’avrebbe portata avanti ancor di più una volta divenuto papa Urbano VIII; a Bernini avrebbe chiesto infatti di fare, in scultura, ritratti (anche postumi) di diversi suoi familiari e avi, “galleria di antenati” che sarebbe stata poi proseguita da suo nipote, il cardinale Francesco Barberini junior.

Da Mancini[3] sappiamo che Caravaggio “fece ritratti per Barbarino” ma ciò non significa che essi ritraessero esclusivamente Maffeo. Stesso discorso per i pagamenti fatti al pittore Nicodemo Ferrucci allievo del PassignanoPer li doi ritratti che egli m’ha fatti”[4]:

Ferrucci fu pagato per due ritratti per Maffeo Barberini non meglio identificati, ma chi fossero gli effigiati non è specificato, né nella nota è scritto “per doi miei ritratti”, che avrebbe allora un altro significato, e il modesto compenso (“scudi 10 moneta”) fa pesare a delle copie. Più tardi Bellori annoterà: “Al cardinale Maffeo Barberini, oltre il ritratto, fece il Sacrificio di Isacco[5] menzionando di fatto un unico ritratto.

Gian Lorenzo Bernini, Busto di Mons. Francesco Barberini senior (Washington National Gallery of Art)

Nell’ottica suddetta di celebrare la famiglia nulla vieta che i ritratti commissionati da Maffeo Barberini a Caravaggio non ritraessero esclusivamente lui. Caravaggio era un buon ritrattista: potrebbe avere dipinto dunque la stessa persona, a distanza di 3-4 anni, con connotati così discordanti? È da escludere.

Quindi le due tele di Caravaggio in esame ritraggono due persone somiglianti, molto probabilmente perché parenti, vestite allo stesso modo (da protonotaro apostolico) ed è significativo che, proprio in quell’abbigliamento Bernini ritrarrà in marmo, nel 1623 ca., Mons. Francesco Barberini senior!

Quello licenziato da Bernini è ovviamente un ritratto postumo[6], ma affiancando il Ritratto di prelato con caraffa di fiori di Caravaggio e il busto berniniano è riscontrabile una vaga somiglianza: riecco, rispetto al nipote Maffeo, il volto più affilato, il naso più lungo, i baffi più folti, il labbro superiore più sottile, le sopracciglia più definite sebbene ora spioventi per l’età, ecc., perché Bernini, è evidente, ritrae Mons. Francesco Barberini senior anziano, come un vecchio patriarca saggio: concreta e dettagliatissima la resa dei particolari, dall’abbigliamento alle ciocche di capelli alla barba (con tanto di pentimento qui, con l’inserimento di un tassello di marmo al centro), al dettaglio dei folti baffi che quasi coprono le labbra: solo gli occhi non hanno incisa la pupilla, perché l’effigiato è defunto e dunque il suo sguardo è proiettato nell’eternità.

Per ritrarre qualcuno che non aveva mai visto Bernini si serviva di ritratti precedenti, se c’erano, o sfruttava la somiglianza con i discendenti. Può Bernini aver visto e usato il Prelato (pervenuto in collezione Corsini nel 1858 a seguito di un matrimonio tra una Barberini e un Corsini) per trarre ispirazione per il suo busto? Considerando i rapporti di familiarità nei quali si trovava con i nipoti di Urbano VIII, i cardinali Francesco jr e Antonio, e con il papa stesso, avendo cioè libero accesso alle loro residenze private e collezioni, si deve ritenere senz’altro di sì, e non è un caso che nel suo busto ritragga Mons. Francesco Barberini senior proprio negli stessi abiti del Prelato di Caravaggio, cioè quelli di protonotaro apostolico (solo la biretta, superflua per l’economia del busto, non verrà replicata).

Avanzo in conclusione la proposta di identificare il soggetto del Ritratto di prelato con caraffa di fiori di Caravaggio con Monsignor Francesco Barberini senior sulla scorta dell’evidenza che: Maffeo ha chiesto le due tele a Caravaggio in occasione della donazione e del regalo, da parte dello zio, prima della carica di protonotaro apostolico (1593-4) e poi del Chiericato di Camera (1598); nelle due tele zio e nipote sono vestiti allo stesso modo (da protonotaro apostolico) – e sempre in tale abbigliamento Maffeo ormai Urbano VIII chiederà a Bernini di ritrarre lo zio Francesco senior.

Quando pubblicai la prima volta questo articolo (2021) non conoscevo dipinti effigianti Francesco senior per verificare il colore dei suoi occhi; ora, in occasione della recente mostra L’immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini, Roma, Galleria Nazionale di Palazzo Barberini, 2023, è stato esposto il Ritratto di Monsignor Francesco Barberini di Anonimo, 1595 ca. (coll. priv. Corsini, 122×95)[7] la cui visione non ha fatto altro che confermare la mia convinzione: Francesco senior, a differenza del nipote Maffeo, aveva gli occhi scuri, e quindi il Ritratto di prelato con caraffa di fiori di Caravaggio ritrae verosimilmente non Maffeo ma Monsignor Francesco Barberini senior.

Anonimo, Ritratto di Mons. Francesco Barbernini senior (coll. priv. Corsini)

©Claudia RENZI  Roma 30 luglio 2023

BIBLIOGRAFIA

  • Adriana Marucchi e Luigi Salerno (a cura di), Giulio Mancini. Considerazioni sulla Pittura, 1617-21, Roma, 1956-57, 2 voll.
  • Andrea Bacchi, Tomaso Montanari, Beatrice Paolozzi Strozzi, Dimitros Zikos (a cura di): I marmi vivi. Bernini e la nascita del ritratto Barocco, Firenze, 2009
  • Cesare D’Onofrio, Roma vista da Roma, Roma, 1967
  • Filippo Baldinucci, Vita del cavaliere Gio. Lorenzo Bernino, Firenze, 1682
  • Gianni Papi (a cura di), Caravaggio e i Caravaggeschi a Firenze, Firenze, 2010
  • Giovanni Pietro Bellori, Vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, scritte da Gio: Pietro Bellori, Roma, 1672
  • Lionello Venturi, Opere inedite di Michelangelo da Caravaggio, in: «Bollettino d’Arte», VI, 1912, pp. 1-18
  • Marilyn Aronberg Lavin, Seventeeth Century Barberini Documents and Inventories of art, New York, 1975
  • Maurizio Marini, Caravaggio pictor praestantissimus, Roma, 2005
  • Roberto Longhi, Il vero Maffeo Barberini del Caravaggio, in: «Paragone» XIV, 165, 1963, pp. 3-11
  • Stanislao Fraschetti, Il Bernini. La sua vita, la sua opera, il suo tempo, Milano, 1900
[1] Lionello Venturi, Opere inedite di Michelangelo da Caravaggio, in: «Bollettino d’Arte», VI, 1912, pp. 1-18.
[2] Il Prelato è individuabile anche negli Inventari del 1623 al n. 111; del 1648-9 al n. 464 e del 1672 al n. 506, cfr. Marilyn Aronberg Lavin, Seventeeth Century Barberini Documents and Inventories of art, New York, 1975, pp. 68, 209-10; 281; 383. Negli Inventari del 1844 (n. 414) e 1853 (n. 142) è assegnato a Scipione Pulzone e con tale attribuzione fu esposto alla mostra del 1911, Firenze, Mostra del ritratto italiano: dalla fine del sec. XVI all’anno 1861.
[3] Adriana Marucchi e Luigi Salerno (a cura di), Giulio Mancini. Considerazioni sulla Pittura, 1617-21, Roma, 1956-57, 2 voll.; I, p. 227; II, p. 226, n. 905.
[4] Cesare D’Onofrio, Roma vista da Roma, Roma, 1967; Maurizio Marini, Caravaggio pictor praestantissimus, Roma, 2005, pp. 423.
[5] Giovanni Pietro Bellori, Vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, scritte da Gio: Pietro Bellori, Roma, 1672, p. 215.
[6] Per il busto di Bernini ritraente Francesco Barberini senior citato da Filippo Baldinucci, Vita del cavaliere Gio. Lorenzo Bernino, Firenze, 1682, p. 103 e pubblicato da Stanislao Fraschetti, Il Bernini. La sua vita, la sua opera, il suo tempo, Milano, 1900, p. 140-1, si veda scheda di Andrea Bacchi e Anne-Lise Desman in: Andrea Bacchi, Tomaso Montanari, Beatrice Paolozzi Strozzi, Dimitros Zikos (a cura di): I marmi vivi. Bernini e la nascita del ritratto Barocco, Firenze, 2009, p. 345 con biblio precedente.
[7] Da notare che le misure sono praticamente identiche a quelle del Prelato, dunque Maffeo può aver chiesto a Caravaggio di eseguire, per i suddetti motivi, un dipinto ritraente suo zio giovane e nelle stesse misure del coevo dipinto di mano ignota che lo ritraeva invece all’età corrente nel 1595, mentre nel 1598 gli ha chiesto il suo ritratto, che è di misure differenti. Bernini potrebbe aver usato anche questo dipinto per il busto, sebbene abbia ritratto Francesco senior più robusto, più vicino al “giovane” Francesco reso da Caravaggio.