Una “Samaritana al pozzo” di Artemisia Gentileschi in asta il 14 Ottobre.

di Patrizio Basso BONDINI & Giorgio RUSCONI

Le case d’asta Pandolfini[1] e Capitolium, rispettivamente l’8 e il 14 ottobre 2025, si sfideranno a colpi di paletta per ottenere il miglior risultato, presentando due opere inedite di Artemisia Gentileschi, eseguite durante il primo periodo napoletano dell’artista (1630-1639).

L’opera presentata da Capitolium (Fig. 1) (CFr scheda redatta per il catalogo d’asta) riemersa grazie ad una ricerca di chi scrive e che in questa sede proponiamo arricchita da immagini di confronto, è stata riconosciuta come autografa prima dal Prof. Riccardo Lattuada e successivamente dal Prof. Nicola Spinosa. Si tratta di un’inedita aggiunta al già ricco catalogo di Artemisia Gentileschi e costituisce una nuova versione del noto dipinto del Cristo e la Samaritana al pozzo, uno dei più significativi della produzione dell’artista (Figg.2–3).

Fig.1
Artemisia Gentileschi, Samaritana (Brescia, Capitolium aste, 14 ottobre 2025, lot.25) cm 85 x 109.5
Fig.2 Artemisia Gentileschi, Cristo e la Samaritana al pozzo, Particolare (Palazzo Blu, Pisa; Palermo, Palazzo Francavilla, collezione degli eredi Oneto, duchi di Sperlinga) Firmato e datato 163[…]

Nell’opera in esame, nonostante lo sporco e un maldestro restauro, è possibile osservare una perizia esecutiva decisamente superiore alla versione firmata di Pisa, come rileva il Prof. Riccardo Lattuada che vi riconosce la piena autografia dell’artista.

Fig.3 Artemisia Gentileschi, Cristo e la Samaritana al pozzo (Palazzo Blu, Pisa; Palermo, Palazzo Francavilla, collezione degli eredi Oneto, duchi di Sperlinga) Firmato e datato 163[…]

Del medesimo parere è il Dott. Nicola Spinosa che così tiene a precisare: “Siamo dinanzi a un’opera sicuramente autografa della pittrice al tempo del suo finale soggiorno a Napoli e collocabile, con maggiore esattezza, subito prima o dopo il ritorno della pittrice nella capitale meridionale da Londra, dove si era recata per assistere il padre Orazio in fin di vita. Sono, infatti, marcate ed evidenti le affinitĂ  stilistiche con altri dipinti di Artemisia realizzati dopo il 1638-39 e, tra l’altro, per il celebre collezionista e mecenate, il principe Antonio Ruffo di Messina”.

Spinosa aggiunge inoltre che “il dipinto appartenente alla fondazione Palazzo Blu a Pisa è stato erroneamente considerato opera autografa ed è piuttosto da ritenere una replica di atelier dell’artista”

Diverse in effetti sono le varianti tra i due dipinti: il volto, la foggia delle vesti, la composizione dei colori: elementi che differenziano le due versioni e che fanno dell’opera che verrà messa in asta una composizione da considerare tra gli esiti più alti della produzione napoletana di Artemisia, soprattutto dopo che sarà liberata dai segni del tempo, nonché uno tra i più documentati nell’ambito dell’attività pittorica dell’artista che sembrerebbe corrispondere a quella citata in due lettere che Artemisia scrisse da Napoli, rispettivamente il 24 ottobre e il 24 novembre 1637.

Recentemente (2023) il Prof. Francesco Solinas ha dedicato uno studio approfondito ed esaustivo all’opera, [2] fondamentale per la ricostruzione della sua provenienza e per la redazione della scheda di catalogo della prossima asta, alla quale rimandiamo per ogni ulteriore approfondimento circa i possibili passaggi di proprietà, anche se occorre precisare che la pittrice, in cattive condizioni economiche e soprattutto nella situazione di dover maritare la figlia Prudenzia, aveva proposto al suo protettore Cassiano del Pozzo di vendere due dipinti – un Cristo e la samaritana al pozzo e un San Giovanni Battista nel deserto (quest’ultimo ancora non identificato) – ai fratelli Francesco (1597-1679) e Antonio Barberini (1607-1671), nipoti del papa regnante Urbano VIII (reg. 1623-1641). Come scrive però Solinas la grave crisi finanziaria che colpiva il papato obbligava i pur ricchi Barberini e i loro dignitari a limitare le uscite di denaro.

Secondo lo studioso il dipinto sarebbe dunque stato comprato da un membro della famiglia Oneto, precisamente Giovanni Stefano, un imprenditore genovese che dirigeva gli affari di famiglia a Palermo; lo dimostrerebbe il dipinto attribuito a Michele Ragolia (notizie 1652-1689) raffigurante una Veduta d’interno di una dimora patrizia (1670), forse da riconoscere nella quadreria dei Ruffo di Sicilia a Napoli[3], dove non è difficile individuare, allocato sopra un monetiere accanto alla porta, un grande dipinto in verticale con un Cristo e la samaritana al pozzo come quello di Artemisia, se non fosse per alcune varianti.

Fig.4 Galleria del Palazzo dei Ruffo di Sicilia a Napoli, con particolare del dipinto di Artemisia Gentileschi (Napoli, collezione Pisani) 1670 ca.
Fig.4 Galleria del Palazzo dei Ruffo di Sicilia (particolare) a Napoli, con particolare del dipinto di Artemisia Gentileschi (Napoli, collezione Pisani) 1670 ca.

L’opera vi sarebbe arrivata da Napoli, se accettiamo che dopo la mancata vendita ai Barberini, sarebbe rimasta nell’atelier della Gentileschi [4] La vicenda si è conclusa un paio di anni fa allorquando il dipinto è stato acquisito dal Palazzo Blu di Pisa, dopo il rinvenimento fatto da Luciano Arcangeli [5]nel 2004, poi reso noto del 2007 ed infine esposto nel 2011 [6]

A parere di chi scrive entrambe le versioni sono da considerarsi tra le opere più qualitative del primo periodo napoletano di Artemisia, che si concluse nel 1639 con la sua partenza per l’Inghilterra, e tuttavia per l’esecuzione dell’opera è pure ipotizzabile che Artemisia si sia servita di qualche valente aiuto, come avvenne, del resto, per tutte le opere di gran formato dipinte nel primo (1630-1639) e poi nel secondo soggiorno a Napoli (dal 1641 fino alla morte), dove aveva costituito una importante bottega.

Patrizio Basso BONDINI & Giorgio RUSCONI

NOTE

[1] https://www.aboutartonline.com/e-di-artemisia-una-maddalena-attribuita-alla-scuola-di-bernardo-cavallino-il-dipinto-va-in-asta-da-pandolfini-il-prossimo-8-ottobre/
[2] F. Solinas, Cristo e la Samaritana di Artemisia Gentileschi, 2023, p.13
[3]F. Solinas, Cristo…, p.34; Marino 2012 con bibliografia precedente
[4] Un profilo ancor più preciso della raccolta di Giovanni Stefano Oneto può essere delineato, tuttavia, grazie agli inventari post mortem del primogenito, Domenico, stilati nel 1697, dai quali si evince che la pinacoteca del padre venne mantenuta pressoché intatta. Per tutto il corso del XVIII secolo, nonostante le successive divisioni ereditarie, l’opera giunse a Saverio Oneto e Gravina (1762-1811) che nel 1801 trasferì quanto rimaneva delle collezioni di famiglia nel palazzo acquistato due anni prima fuori porta Maqueda (poi denominato Francavilla), sempre nella città di Palermo. Alla fine del XIX secolo, Luigi Maria Majorca (1864-1909), conte di Francavilla ed erede degli Oneto, diviene il nuovo proprietario del palazzo e nel 1905 viene registrata la presenza nella galleria de “il gran quadro della Samaritana al pozzo”, definendolo però “opera di Luca Giordano”.
[5] L. Arcangeli, Sulla “Samaritana al pozzo” proposta in vendita da Artemisia Gentileschi ai cardinali Barberini, in L. Mochi Onori, S. Schutze, F. Solinas (a cura di), I Barberini e la cultura europea del Seicento, Roma, 2007, pp.249-252. Il presente volume seguì di tre anni il convegno tenutesi dal 7 all’11 dicembre 2004.
[6]  R. Contini, F. Solinas, Artemisia Gentileschi. Storia di una passione (Milano, Palazzo Reale, 22 settembre 2011 – 29 gennaio 2012), pp.210-213.