I Fori dopo i Fori. Ai Mercati di Traiano la vita quotidiana nell’area dei Fori Imperiali in età medievale, rinascimentale e moderna

di Nica FIORI

Gran parte del fascino di Roma deriva indubbiamente dai resti monumentali del suo passato glorioso. Quando attraversiamo l’area dei Fori Imperiali, ogni pietra che incontriamo nel percorso ha qualcosa da raccontare e ci fa comprendere il senso dell’architettura antica che, al di là della bellezza estetica, aveva sempre una precisa funzione. Negli ultimi 25 anni i Fori imperiali (Foro di Cesare, Foro di Augusto, Foro di Nerva, Foro della Pace e Foro di Traiano) sono stati oggetto di una serie di scavi e di interventi conservativi, che hanno permesso una più corretta interpretazione delle varie aree rispetto al passato. Le opere d’arte e i resti architettonici di età romana rinvenuti negli scavi sono stati sistemati nel Museo dei Fori Imperiali presso i Mercati di Traiano, mentre i reperti relativi ai periodi successivi sono stati collocati nei magazzini comunali e soltanto ora abbiamo l’opportunità di vederli nella mostra “I Fori dopo i Fori”, ospitata nel museo fino al 10 settembre 2017. Si tratta di ceramiche, monete, materiale devozionale di età medievale, rinascimentale e moderna che documentano il riuso degli edifici e la stratificazione storica dell’area. Un’area che nel periodo fascista ha subito una consistente azione picconatrice per riportare alla luce i resti imperiali, con la conseguente distruzione di chiese e conventi e del quartiere Alessandrino, cosiddetto dal soprannome del cardinale Michele Bonelli (1541-1598) che ne aveva promosso la realizzazione.

Sono solo cocci”, potrebbe obiettare qualcuno, paragonando la piccolezza di molti di questi reperti alla maestosità delle sculture antiche conservate nel museo (dai Daci del Foro di Traiano agli Amorini del fregio del tempio di Venere nel Foro di Cesare, ai capitelli con Pegasi del Foro di Augusto ecc.), eppure anche questi cocci hanno una loro storia da raccontare: una storia minore, ma non per questo da trascurare, legata alla vita quotidiana degli abitanti dell’area dopo l’antichità.

La mostra, ideata dal Sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce e da Roberto Meneghini e curata dallo stesso Meneghini e da Nicoletta Bernacchio, è suddivisa in quattro sezioni, corredate da pannelli didattici, e da un video introduttivo con immagini storiche in bianco e nero.

La prima sezione è dedicata agli oggetti della vita quotidiana, con un’esposizione di contenitori in ceramica, la cui evoluzione nella forma e nella decorazione segue la moda delle diverse epoche. Vi sono anche due brocche del X secolo e i resti di un secchio in legno e di una carrucola databili all’inizio del Cinquecento, rinvenuti all’interno di un pozzo adiacente alla distrutta chiesa di Sant’Urbano al Foro di Traiano. Tra le curiosità troviamo due tesoretti, che erano stati sotterrati dai proprietari, uno databile al XII-XIII secolo, l’altro al 1550 circa, con le monete nascoste entro tre brocche. Tra i reperti rinvenuti negli strati più superficiali degli scavi troviamo oggetti più moderni come occhiali, bottoni, posate e utensili vari relativi agli ultimi abitanti del quartiere Alessandrino.

Ai vasai del Rinascimento è dedicata la seconda sezione, con materiali relativi almeno a tre artigiani provenienti da Faenza, Brescia e Perugia, che avevano le loro botteghe nell’area del Foro di Traiano, che era ai limiti dell’abitato e quindi si prestava ad accogliere officine abbastanza inquinanti. Nel sottosuolo di quello che era il giardino della chiesa di Sant’Urbano è stata rinvenuta la fornace per maioliche di Giovanni Boni da Brescia (morto nel 1520), particolarmente interessante per il rinvenimento degli scarti di lavorazione (forme rotte o mal cotte), che erano stati sepolti in due scarichi (o butti) e che a distanza di cinque secoli ci informano sulle diverse fasi di lavorazione. Su alcuni frammenti di “biscotto” (la prima delle due cotture necessarie per realizzare una maiolica con il pezzo ancora non dipinto), sono stati trovati degli schizzi estemporanei dei pittori di bottega, tra cui un gatto inseguito da un cane e il profilo di un volto dall’acconciatura confrontabile con quelle di Raffaello, databili al primo Cinquecento. Tra le curiosità troviamo anche gli strumenti per infornare le maioliche e i distanziatori (detti tripunte o “zampe di gallo”) in terracotta per cuocere le forme aperte in modo da evitare l’incollaggio da calore. Lo scavo della fornace, avvenuto nel corso di due campagne nel 2007 e nel 2016, ha permesso di ricostruire una sequenza stratigrafica articolata in cinque fasi tra il 1500 e il 1600, che delineano la nascita e le successive trasformazioni dell’attività produttiva, che ebbe fine con la sistemazione urbanistica del quartiere Alessandrino, quando i vasai si trasferirono più a sud, presso la Torre dei Conti.

Segue una piccola sezione, più che altro informativa, dedicata agli abitanti illustri della zona, che si sono succeduti nel tempo, da Giotto, a Michelangelo, ai Fontana, a Flaminio Ponzio, a Mario Mafai, che abitava con la moglie Antonietta Raphaël nell’area dell’attuale largo Corrado Ricci, che all’epoca era ancora via Cavour (da cui il nome di Scuola di via Cavour del gruppo di artisti che si riuniva nella loro casa). Tra gli abitanti famosi c’è anche l’antiquario, mercante d’arte e falsario Francesco Martinetti (1833-1895) che risiedeva in un appartamento del palazzo di via Alessandrina 101. Il 22 febbraio 1933 il palazzo venne demolito e da uno dei muri di quella che era stata l’abitazione del Martinetti cadde una pioggia di monete d’oro e gioielli. Pare che il sabato successivo alla scoperta di questo tesoro, sulla ruota di Roma uscirono i numeri 74, 62 e 24 (monete, anelli d’oro e muratore, secondo la Smorfia) che molti appassionati del Lotto avevano giocato e fu vinto più di un milione. Una vetrina mostra diverse monete d’oro sia di epoca romana, sia successive, e un cammeo in sardonica del III secolo appartenenti al tesoro di Via Alessandrina, prestati dal Medagliere Capitolino.

Via Alessandrina, così come il quartiere abitativo distrutto negli anni ‘20-‘30 del Novecento, deve il suo nome al cardinale Bonelli (1541-1598), altro celebre abitante della zona. Fu lui a trasformare in quartiere moderno l’area dei Fori Imperiali, che sul finire del medioevo era caratterizzata da un aspetto quasi suburbano a causa dell’alternanza di piccole zone abitate con gli orti e le zone paludose che coprivano tutto il resto (basti pensare che la grande apertura che metteva in comunicazione i Fori Imperiali con la Suburra assunse il nome di Arco dei Pantani). Michele Bonelli era chiamato l’Alessandrino perché era nato a Bosco Marengo (in provincia di Alessandria). Dopo l’elezione dello zio Michele Ghislieri a pontefice col nome di Pio V (nel 1566) egli fu nominato cardinale di Santa Maria Sopra Minerva e in seguito (nel 1568) anche Gran Priore di Roma per l’Ordine di Malta. Con questo ruolo Michele intraprese l’urbanizzazione dell’Orto di San Basilio, che sorgeva nei pressi del Foro di Augusto, e la realizzazione di Via Alessandrina e di Via Bonella; scelse di abitare a Palazzo Zambeccari, l’attuale Palazzo Valentini, edificato su resti di edifici romani.

L’ultima sezione è dedicata a chiese e conventi, sorti nell’area e poi distrutti nel corso del tempo. Tra questi ricordiamo la Chiesa e il Convento dello Spirito Santo e il Conservatorio di Sant’Eufemia distrutti nel 1812 dai francesi per creare una prima area archeologica e l’antica parrocchia di Santa Maria in Campo Carleo, abbattuta nel 1862, ma solo per motivi statici. Negli Anni Venti e Trenta del secolo scorso, per l’apertura di Via dell’Impero, furono rase al suolo Santa Maria in Macello Martyrum nell’area del Foro di Nerva; San Basilio e l’intero monastero delle Catecumene nell’area del Foro di Augusto; San Lorenzolo ai Monti e Sant’Urbano ai Pantani con il suo Convento di Cappuccine nell’area del Foro di Traiano. Gli scavi hanno restituito moltissimi oggetti relativi alla vita quotidiana delle comunità religiose che abitavano in quest’area. I ritrovamenti più interessanti hanno riguardato i complessi di Sant’Eufemia e di Sant’Urbano ai Pantani. Il Conservatorio di Sant’Eufemia era stato fondato presso la chiesa omonima alla fine del Cinquecento. Si trattava di un orfanatrofio che accoglieva e “conservava” (ovvero proteggeva) le bambine che a Roma erano chiamate zitelle. Le orfanelle vi venivano accolte, cresciute ed educate ai lavori di casa (e infatti in mostra troviamo materiale per il cucito, tra cui ditali e un uovo da rammendo). Una volta cresciute potevano scegliere o di sposarsi o di farsi suore.

In questo secondo caso, per loro si sarebbe aperto il portone del vicino Convento di Sant’Urbano ai Pantani, fondato nel 1599 dalla contessa Fulvia Sforza proprio per questo unico scopo. Negli scavi degli anni 1998-2000 furono rinvenute molte medagliette devozionali, in parte esposte in mostra. Ognuna raffigura un santo, la Madonna con il Bambino, o brevi preghiere. Ci piace pensare che le medagliette di Sant’Eufemia potessero essere “segni di riconoscimento”, oltre che di protezione, lasciati tra le vesti delle loro bambine da madri che le avevano sì abbandonate presso la ruota del convento, ma con l’intima speranza di potere, un giorno, tornare a prenderle e riconoscerle.

Nella sezione sono presenti anche tre reperti marmorei, una lastra tombale datata al 1413 mancante della parte superiore (proveniente dall’area di Sant’Urbano), un pluteo del IX secolo e un interessante rilievo con due cervi che si nutrono dell’albero della vita (VII-IX secolo), motivo che ricorda quello del catino absidale della basilica di San Clemente, dove è raffigurato a mosaico l’albero della vita, dal quale scaturiscono i fiumi del paradiso alle cui acque si abbeverano i cervi.

di Nica FIORI    giugno 2017

 

I Fori dopo i Fori. La vita quotidiana nell’area dei Fori Imperiali dopo l’Antichità

Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali Via Quattro Novembre 94 – 00187 Roma

30 marzo – 10 settembre 2017

Tutti i giorni 9.30 – 19.30 (La biglietteria chiude un’ora prima)

Biglietto integrato Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali + Mostra per i non residenti a Roma: € 13,00 intero; € 11,00 ridotto.