Francesco Balante e la pittura del ‘600 nel territorio vicentino.

di Francesco CARACCIOLO

Franceso Balante è stato un pittore di un certo rilievo nel contesto thienese e zone limitrofe ma di cui si sono perse abbastanza le tracce, se non fosse per gli studi condotti da Fernando Rigon e Maria Cristina Dossi tra gli anni ’80 e ’90: in particolare, il primo studioso che ho citato fece un tentativo di ricostituzione del catalogo, attribuendo al Balante 44 opere di cui solo una dozzina arrivate fino a noi.

L’artista thienese ha operato delle cose notevoli nel corso della seconda metà del ‘600 giungendo fino al primo quarto del ‘700. Si sa con certezza, secondo il resoconto del Maccà, che il pittore morì nel mese di luglio del 1729 a 66 anni. Sempre secondo il Maccà Francesco Balante fu allievo di Pietro Liberi che aveva lavorato anche a Vicenza nel corso del’600. Tuttavia lo studioso Rodolfo Pallucchini riconobbe nel pittore thienese elementi desunti dalla pittura di Luca Giordano, la qual cosa potrebbe essere avvenuta concretamente se l’artista avesse osservato da vicino le tele del pittore napoletano a Venezia, come la Madonna delle Grazie di San Pietro a Castello di Venezia.

1) Francesco Balante da Thiene, Figura di Santo, affresco, Thiene (Vicenza), Chiesa del Rosario

Tornando al catalogo certo delle opere di Balante, sappiamo che egli affrescò alla fine del ‘600 la volta della cappella maggiore della chiesa del Rosario a Thiene con un ciclo basato sul culto della Madonna del Rosario che intercede per liberare dalle pene le anime del Purgatorio. Del ciclo in questione colpiscono alcuni dettagli di gran fascino quali l’espressività che promanano gli angeli musicanti nonché i profili di Santi caratterizzati da una grande intensità espressiva e nitore classico ( fig. 1). Oltre ai richiami a Pietro Liberi, al Giordano e allo Zanchi, io ci vedrei finanche un rapporto stringente con la ritrattistica di Guido Reni, specialmente nella realizzazione di teste dei santi in ambito bolognese. Un’altra opera degna di menzione è la tela della Decollazione del Battista (fig. 2) della chiesa parrocchiale di Lugo Vicentino: colpisce la composizione a fregio che vede allineate le figure protagoniste dell’accaduto tutte sullo stesso piano, mentre altre tre figurette marginali, più arretrate, fungono da quinte scenografiche.

2) Francesco Balante da Thiene, Decollazione del Battista, Parrocchiale di Lugo (Vicenza)

Sullo sfondo un accenno ad un’ambientazione architettonica in cui sono presenti un arco a tutto sesto e un muro lastricato in pietra di cui s’intravvede uno spigolo più a destra. Erodiade, a sinistra, indossa una corona raggiata e regge una patera sulla quale verrà posta la testa di San Giovanni Battista. Vi è, inoltre, una citazione colta, vale a dire che la posa del carnefice al centro della scena ricorda quella del torturatore del San Pietro Martire (ora conosciuta attraverso una copia secentesca) di un dipinto di Tiziano Vecellio, un tempo presente a Venezia. Nonostante il soggetto cruento, qui il dramma è acquietato: non c’è dramma né tantomeno pathos ma soltanto un equilibrio classico, una storia senza tempo che scorre lentamente.

Balante incarna la figura artistica di un Poussin provinciale che tentenna da una parte e dall’altra, in bilico tra uno stile aulico barocco e una vena popolaresca che talora riemerge in alcune opere. A tal proposito ho scelto altre due opere come esemplificative per il Balante della fase matura in cui la tradizione aulica italiana convive con un vena più provinciale: esse si trovano all’interno della chiesa parrocchiale di Cogollo del Cengio (Vicenza) con la raffigurazione dell’Ultima Cena ( fig. 3), nel presbiterio della chiesa, e il San Matteo con l’angelo (fig. 4), nella navata , entrambe risalenti ad una data prossima al 1717, quando la parrocchiale di Cogollo del Cengio, il cui Santo titolare è San Cristoforo, venne completamente rinnovata. La prima tela, che risente fortemente dello stile di Luca Giordano e persino dei Bassano, mostra una preparazione sottostante scura che attutisce la vivacità dei colori;

3) Francesco Balante da Thiene, Ultima Cena, 1717 circa, Cogollo del Cengio (Vicenza), Parrocchiale di San Cristoforo
4) Francesco Balante da Thiene, San Matteo e l’angelo, Cogollo del Cengio (Vicenza), Parrocchiale di San Cristoforo

si notano in essa alcune fisionomie che ricorrono finanche in altri lavori del Balante, come ad esempio il secondo apostolo sulla destra che è lo stesso modello che ha posato per il San Matteo e l’angelo. Quest’ultima ha ancora uno stile retrodatato che si riallaccia al Seicento, non facendo presagire nulla dell’imminente trasformazione radicale in chiave rococò della pittura veneta soprattutto con le nuove evoluzioni linguistiche di Sebastiano Ricci, vero patriarca della pittura rococò.

Il San Matteo ha una vena fortemente classica, con la figura del Santo, molto imperiosa, la quale assume una posa contrapposta, memore della scultura michelangiolesca (quale il Mosè a cui rimanda anche se molto lontanamente). Tale soggetto trova largo consenso nella pittura veneta ed emiliana, ma non solo, tra il Cinquecento ed il Seicento (grazie alle varie versioni del soggetto evangelico eseguite da valenti artisti quali Figino, Montemezzano, Caravaggio e Reni).

Francesco Montemezzano, a Venezia, ambienta l’episodio di San Matteo e l’angelo in un interno con una grande apertura di paesaggio all’estrema destra, mentre il Santo stabilisce un contatto molto diretto con l’osservatore (fig. 5);

5) Francesco Montemezzano, San Matteo e l’angelo (1575 circa), Venezia, chiesa di San Francesco della Vigna
6) Guido Reni, San Matteo e l’angelo, Pinacoteca vaticana

l’artista veronese, inoltre, conferisce espressività al personaggio dallo sguardo molto penetrante ma allo stesso tempo egli imprime alla scena un certo dinamismo grazie alla potente rotazione del corpo e alle lumeggiature assai fitte che accendono le stoffe della veste del Santo dal forte cangiantismo.

Anche Guido Reni ne dà del soggetto un’interpretazione assai originale (fig. 6) mediante l’utilizzo di un taglio fortemente ravvicinato delle due figure, tra le quali si stabilisce una poetica intimità e una dolce reciprocità di sguardi: mi riferisco al San Matteo e l’Angelo della Pinacoteca Vaticana.

Francesco CARACCIOLO  Vicenza 16 Marzo 2025