di Rita RANDOLFI
Se desiderate fuggire dalla realtà e compiere un viaggio in un mondo incantato, vi consigliamo di visitare la mostra Dal cuore alle mani, curata da Florence Müller e aperta dal 14 maggio al 13 agosto a palazzo delle Esposizioni a Roma.
È come entrare in un altro luogo dove si resta letteralmente stregati dalla bellezza, dall’opulenza, dalla magia dei colori, dei suoni, dei profumi.
Si esce come inebriati e poi con gli occhi ancora carichi di immagini ed il cuore pieno di emozioni, ci si commuove di fronte alla genialità di questi due stilisti e all’abilità delle mani che traducono le idee in vestiti, oggetti, accessori.
Visitare questa mostra è un’esperienza a 360 gradi, che coinvolge tutti e cinque i sensi consentendo di immergersi in uno spazio senza tempo, dove tradizione e cultura si incontrano e si resta “storditi” dallo splendore.
Nella prima sala “Fatti a mano” ci si trova di fronte ad una cupola composta di abiti che omaggiano le tradizioni delle diverse regioni italiane.

E si resta meravigliati di fronte al mantello intessuto di perline che formano il paesaggio della laguna, con i canali e le gondole, un quadro di Canaletto fatto tessuto, o dalla gonna che, sia nella forma che nell’ornato, rinvia ai trulli di Alberobello. Ma la sapienza dei due creativi non si arresta di fronte alle mani tremolanti delle nonne e trasforma i loro centrini e le loro coperte di pizzo in vestiti e scarpe che trasudano di serenità domestica e di eleganza raffinata.
Sulla cima la gonna-cupolone di Roma, con il disegno del Colosseo, omaggio alla città che, dopo Milano e Parigi, ospita questa incredibile rassegna.


Strabiliante quello che Dolce e Gabbana sono riusciti a creare con il vetro, dai lampadari scintillanti che diventano orecchini, agli specchi, ai gioielli, alle casacche e alle scarpe che ricordano la famosa “scarpetta di cristallo” di Cenerentola. E l’impossibile prende corpo: chi da bambina non ha sognato di indossare quella scarpetta, chiedendosi come poteva Cenerentola correre con quella nuvola di vetro ai piedi?
Dai sogni dell’infanzia si passa a quelli dell’età adulta e la sala del Gattopardo, l’opera suprema di Luchino Visconti, fonte di inesauribile ispirazione per Dolce e Gabbana, ammalia per la sua capacità di sedurre. Si rimane rapiti dai particolari: i ricami sui guanti, i cappelli, i veli, persino il vestito delle “prèfiche”, le donne pagate per piangere ai funerali, non ha nulla da invidiare ai costumi sontuosi del principe di Salina e di Angelica. D.&G, infatti, rendono anche queste donne sexy con le trasparenze del pizzo rigorosamente nero.
La sala dedicata alla Sicilia è un tripudio di colori. Le pareti e il pavimento sono rivestiti di dipinti e maioliche che fanno riferimento alla tradizione della ceramica locale, che ha origine nella lontana epoca micenea. Al centro il tipico carretto dipinto integralmente a mano dialoga con gli abiti, i sandali, le borse e persino con gli oggetti di uso domestico come la moka o i frigoriferi ricoperti di immagini che rievocano le canzoni ed i poemi ispirati alle imprese di Carlo Magno o alla lotta di san Giorgio e il drago raccontati dai “canistorie”, nei crocicchi delle strade siciliane. E le piume dei paramenti dei cavalli diventano l’ornamento dei copricapi femminili, mentre l’immancabile scoppola in seta è riservata all’uomo.
Il suono cadenzato delle campane conduce il visitatore in un ambiente interamente rivestito di stucchi, omaggio a quelli, bellissimi, di Serpotta negli oratori palermitani. Qui le corazze realizzate con il ricorso alla stampante 3D, in poliuretano termoplastico, i cherubini in mikado applicati su gonne di organza e crinoline trasformano gli abiti in sculture, statue che si impongono in uno spazio sospeso tra realtà e finzione.

Si entra poi in un ambiente buio, una specie di cappella barocca, dove una Madonna di spalle, coperta da un prezioso mantello di pizzo nero ricamato in oro, si inchina di fronte ad una borsa e ad un ex voto, su cui campeggiano le iniziali dei due creativi. Il cuore è il simbolo della passione che Dolce e Gabbana impiegano ogni volta che immaginano una nuova collezione, ogni volta che concepiscono e realizzano un abito-opera d’arte da indossare e il cuore viene riprodotto sui gioielli o a chiusura di borse, che sono scrigni di bellezza.

Dolce non ha mai nascosto la sua devozione nei confronti della Vergine. E quando è arrivato a Milano dalla Sicilia si è rivolto proprio a Lei, supplicandola di aiutarlo ad affermarsi nella città della moda. L’incontro con Gabbana, milanese, ha prodotto un sodalizio vincente ed è questo legame con le origini di entrambe che ha indotto i due stilisti a intitolare una sala “Nel cuore di Milano”, la città dove è avvenuta la magia di questo incontro. Al centro della sala non poteva esserci che lei, la Madonnina del pinnacolo del Duomo, silenziosa, compita, con il suo abito in macramé dorato e la corona in filigrana. Un velo leggerissimo ricopre il corpetto e la gonna semisferica, allusione alla cupola della Galleria Vittorio Emanuele II.
Altrettanto suggestiva la sala sarda. La tessitura dei caratteristici tappeti e delle coperte da corredo si sposa con le casacche di pelliccia, eco dell’abbigliamento dei pastori. La filigrana della “fede” sarda viene lavorata in modo da creare sontuosi orecchini, reggiseni, collane, cinture che spiccano sugli abiti scuri.


L’Opera è un altro campo che ha sempre affascinato i due stilisti. Ed ecco che si accede ad una sala allestita come fosse un teatro, circondato da palchetti da cui il visitatore-spettatore è invitato ad affacciarsi. Sul palcoscenico sfilano gli abiti della Turandot, dell’Aida, del Barbiere di Siviglia e di tanti altri protagonisti, dietro i quali compare un sontuoso banchetto di leccornie, di succosa frutta e prelibati dolci, tipicamente mediterranei. Materiali preziosi sono trattati con la stessa disinvoltura con cui vengono modellati alcuni copricapi di cartapesta, e l’effetto finale lascia a bocca aperta.
A Milano ha sede la sartoria dalla quale escono i capolavori e anche in mostra ben quattro sale ricostruiscono il clima dell’atelier. Appesa ad una parete spicca la Madonna del riposo che il papà di Dolce, anche lui artigiano della moda, teneva nella sua bottega. Le sarte ricamano e cuciono con pazienza e attenzione.
In due sale adiacenti dedicate al cinema vengono minuziosamente riportati i passaggi della confezione di un abito: i bozzetti, il taglio delle stoffe, l’imbastitura e la cucitura fino a giungere all’ornamento attraverso il ricamo o alla pittura.

Si parte sempre dal corsetto – indumento indossato dalle nonne – che modella completamente il corpo, coprendo i difetti ed esaltando le forme desiderate. In questi spazi Devotion, il film documentario di Giuseppe Tornatore, restituisce l’atmosfera che regna nell’atelier dei due stilisti, che ogni giorno, dopo aver acceso una candela alle numerose statue di Madonne, condividono progetti, momenti di armonia e di conflitto, considerando il lavoro una vera e propria missione.
Non poteva trovarsi un titolo più azzeccato per questa esposizione: “Dal cuore”, dalla creatività, dalla passione, “alle mani” alla realizzazione integralmente artigianale, lenta e sapiente, che trasforma le idee in abiti, accessori, oggetti di un’eleganza talvolta sfrontata tal altra sommessa e ricercata. Un canto d’amore nei confronti dell’Italia, di cui sono valorizzate la cultura e le tradizioni regionali, in particolare della Sicilia, così ricche di storia, fascino, bellezza.
L’allestimento, con le scenografie di Agence Galuchat, lascia senza fiato, curato nei minimi dettagli. Le colonne sonore indovinatissime accompagnano il visitatore in questa esperienza, che si arricchisce dei profumi alle essenze di patchouli o di rosa.
Un viaggio dunque nel mondo dell’alta moda, ma in particolare nella sensibilità di due menti che continuano a investire tempo, intuizioni, energie nel loro lavoro, dandogli un senso di sacralità, che arriva tutto, coniugando la modernità di alcuni materiali e strumenti, con la sapienza artigianale antica e inimitabile.
Irene CINELLI e Rita RANDOLFI Roma 25 Maggio 2025