Andrea Pantaleo “pictor monrialensis”: vita e opere di un grande creativo della ceramica siciliana del XVII secolo

di Rosario DAIDONE

Di Andrea Pantaleo, pittore di maioliche siciliane del XVII secolo, si possiedono poche notizie biografiche nonostante siano pervenute diverse opere, alcune autografe e datate, custodite nei musei.

Un collezionismo deprivato dall’entusiasmo del passato, non incentiva le ricerche e rendendo debole l’attività editoriale non incoraggia gli studi. Ma pensando che la narrazione delle vicende di un esponente delle cosiddette arti minori non possa essere considerata un noioso esercizio per pochi estimatori, e nella convinzione che l’arte della ceramica per antico ruolo sia una testimonianza che contribuisce alla comprensione del presente, si è tentati di continuare e aggiungere agli elementi1 insufficienti a definire il ruolo che riveste Pantaleo, le nuove riflessioni offerte dalle ultime ricerche e dalla rassegna dei reperti che oggi si conoscono attraverso la diffusione delle immagini.

Le sue maioliche sono riconoscibili dalla particolare maniera di disegnare i profili dei personaggi rappresentati nei vasi di spezieria e dalla scelta delle ornamentazioni adatte alla loro architettura. Non riservano le sorprese di un Passalacqua o di un Filippo Lo Cascio, e raramente suscitano vere e proprie emozioni, ma rappresentano un momento essenziale nell’evoluzione storica della maiolica del primo Seicento fedele ai canoni postconciliari, ignara della poetica della meraviglia propugnata nella letteratura dall’Achillini che spediva alla striglia gli artisti incapaci di stupire.

Se talvolta è difficile stabilire la data di nascita degli artisti di fama, non sorprende la mancanza a un decoratore di maioliche che potrebbe essere nato negli anni Cinquanta del XVI secolo sapendo che la figlia primogenita fu battezzata il 28 giugno del 1572.

Una facile conquista dovuta al calcolo aritmetico da aggiungere al luogo della nascita, all’ombra della Cattedrale di Monreale, noto per tutte le volte che Pantaleo si dichiara con orgoglio “monrialese”. Restano comunque poche le speranze di squarciare il buio che riguarda la giovinezza e la prima formazione. Ma è possibile che nel vicino Monastero di San Martino delle Scale abbia imparato a disegnare.

Il suo nome appare per la prima volta, tardiva epifania, in un atto notarile del 5 ottobre del 1600 come testimone del secondo matrimonio del ceramista Geronimo Lazzaro che, arrivato da Naso (Me) nel 1591 con i fratelli Cono e Paolo, nonostante l’età avanzata, avviava a Palermo una fabbrica di maioliche che si accostassero ai prodotti importati dagli speziali nel XVI secolo disponendo del denaro avuto dalla ricca dote avuta dal matrimonio con Geronima Savona.

A vestire di concretezza il profilo del nostro pittore contribuiscono le opere che si associano ai documenti. L’albarello datato 1606 con la scritta “facta a Palermo” (FIG. N° 1) è una delle prime realizzazioni che si conoscano. In essa il martire, con la barba di un eremita rassegnato, tiene nella stessa mano Crocifisso e libro per lasciare libera la destra a reggere la palma del martirio. Munito di pesanti stivali che poggiano sul terreno di un improbabile paesaggio, il Santo dal corto gonnellino resta inesorabilmente privo degli addentellati necessari alla sua identificazione. Anche i trofei del verso rivelano le incertezze dell’autore.

1) Albarello datato 1606 custodito nel Museo di Sevres, Inv. 11998; Bibl. A. Governale, Recto Verso 1986.

Una prova che non va al di là del valore documentale, ma lascia immaginare che egli sia arrivato nell’officina dei Lazzaro2 non privo di pregresse esperienze.

Una nuova testimonianza3 che conferma la familiarità con i fratelli nasitani si trova nel notarile del 1608 in cui Cono consegnava una fornitura preparata da Geronimo con l’aiuto di Pantaleo. In due albarelli che probabilmente facevano parte del corredo, i personaggi dipinti nei medaglioni ricalcano la maniera del maestro, le ornamentazioni ripetono i motivi delle maioliche romagnole, ma mostrano le prime conquiste tecniche al fianco di Geronimo che era inaspettatamente scomparso prima della consegna dei vasi e seppellito nella Chiesa di Santa Maria degli Agonizzanti l’8 aprile del 16074. (FIG. N° 2)

2) Albarelli eseguiti nel 1608 nell’Officina Lazzaro, Bibl. A. Governale, Recto Verso 1986

Le difficoltà economiche e lo stato di disagio in cui Pantaleo era venuto a trovarsi dopo lo spegnimento della fornace5, deciso dai fratelli incapaci di proseguire l’attività sostenuta da Geronimo, si riscontrano nell’atto notarile del 1609 in cui il pittore, costretto a chiedere un prestito di denaro5 a causa della perdita del lavoro, decide di trasferirsi a Sciacca che insieme a Caltagirone era considerato il più importante centro produttore della Sicilia.

La partenza avveniva in un periodo carico di incertezze col definitivo ritorno di Cono al paese natio nonostante il fratello minore fosse in procinto di impalmare la figlia del proprietario di un’affermata fabbrica di ceramiche. Per effetto del matrimonio con Isabella Oliva, celebrato il 7 novembre del 1610, Paolo Lazzaro diventava socio dei cognati, ma non aveva la facoltà di assumere il pittore legato da manifesti rapporti d’amicizia.

L’arrivo di Pantaleo nella città agrigentina è testimoniato dalla boccia del Museo del Castello Sforzesco di Milano datata 1610 in cui si legge “fatta a Xacca” (FIG. N° 3) e da un cilindro in cui Andria Pantaleo Pictore morialese segna la data del 1610, anche qui accompagnata dalla dichiarazione fatta a Xacca. (FIG. N° 4)

3) inv. n° 640; bibl. Governale, Recto Verso, 1986
4 Particolari del cilindro firmato da Pantaleo (“Andria Pantaleo Pictore Morialese”) con scritta “fatta a Xacca “datato 1610 e sigla senatoriale SPQP (Enna, coll. privata)

La presenza dell’acronimo SPQP (Senatus Populusque Panormitanus) nelle due maioliche può destare la sorpresa degli studiosi che pensano di attribuire i luoghi di allestimento dei suoi reperti in forza delle sigle senatoriali. Secondo questa teoria sarebbe quindi difficile accettare che siano state decorate nel centro agrigentino anche le maioliche eseguite nel 1611 se non si considera un assurdo viavai del pittore tra le opposte coste dell’isola, dall’uno all’altro mare percorrendo, in non meno di quattro giorni, una delle strade interne più lunghe e impervie dell’Isola infestate dai briganti al passo.

5 Boccia datata 1611 con acronimo SPQP; Palermo Coll. priv.
6) Collezione Fondazione “Sicilia”, Palermo, Palazzo Branciforte

Sono state realizzate a Sciacca, nonostante la presenza dell’acronimo del senato palermitano, non solo la boccia autografa con l’immagine di San Lorenzo in palandrana azzurra che tiene in mano la graticola del martirio, ma anche (FIG.N° 5) la boccia autografa col simbolo dei Gesuiti di proprietà della Fondazione “Sicilia” (FIG. N°6) e la boccia con la figura di un probabile alchimista col turbante. (FIG. N° 7)

7) Palermo Coll. priv. Bibl. R. Daidone, La Ceramica Siciliana, Palermo 2005).
8 Cilindro di spezieria con l’immagine di San Giovanni Evangelista decorato da Pantaleo nel 1613 a Sciacca. Asta Sotheby’s Londra, ottobre 1969 

Alla serie saccense si aggiunge un cilindro di grandi dimensioni del 1613 comparso in un Catalogo d’Asta Sotheby’s di Londra nel 1996.

In quest’opera l’immagine di San Giovanni Evangelista che emerge dalla ricca decorazione è una prova della raggiunta maturità del pittore. (Fig. N° 8)

Ma è soprattutto nella coppia di bocce eseguite lo stesso anno che si misura il suo valore. Le opere con le figure dei Santi onomastici Paolo e Andrea donate a Paolo Lazzaro, arrivato nel 1613 nella città per una vendita di grano, valicano ormai i limiti del mestiere.

 

Le imponenti figure dei Santi, dipinti nell’iconografia meno consueta, dominano la decorazione dei versi che coniuga l’armonia dei quartieri col ritmo delle panoplie. (FIG. N°9)

 

9) Palermo, Coll. priv. Bibl. A Governale, Sciacca e la sua produzione in maiolica, Palermo 1995

La permanenza nella città, dove il pittore veniva in contatto con i maestri delle decorazioni pavimentali e poteva ammirare le illustrazioni bibliche di Giuseppe Bonachìa, poggia su una serie di maioliche datate. Un piccolo albarello di spezieria con cherubino faceva parte del corredo spedito nel 1614 all’infermeria del Monastero di San Martino delle Scale che conserva ancora altre maioliche di Pantaelo. (Fig. N° 10) Un esemplare con la scritta “facta a Xacca” dipinto nel 1615 era destinato a contenere lo “sciroppo di agresta”, rimedio infallibile contro le febbri di colera e le infiammazioni dello stomaco. (FIG. N° 11)

10) Museo del Convento di San Martino delle Scale
11) Trapani, Museo Pepoli, Inv. N° 4407

Le maioliche decorate a Sciacca, nonostante l’acronimo senatoriale palermitano, dovrebbero ormai risolvere la questione sollevata dal Russo Perez7 dal momento che gli acronimi non sembrano indicare obbligatoriamente il luogo di allestimento, ma piuttosto quello di destinazione dei corredi che Pantaleo dipingeva nell’officina dei fratelli Lo Bue conosciuti a Palermo in casa Lazzaro.

12 Museo Regionale della Sicilia, inv. N° 5708

Qui aveva introdotto i trofei con la grottesca in forma di testa cane8 utilizzata dall’officina anche dopo la sua dipartita.  Sembra ormai chiaro che Il pittore sia rimasto ininterrottamente a Sciacca per sette anni come si evince anche da alcuni elementi ornamentali di repertorio locale, come il nastro perlato, presenti in una boccia del 1617 custodita nel Museo palermitano di Palazzo Abatellis. (FIG. N° 12)

La prova del ritorno a Palermo è offerta dall’atto stipulato l’8 settembre del 1618 con Paolo Lazzaro che era libero ormai di richiamare il vecchio sodale.

Nel contratto9 Andrea, nonostante l’età avanzata, s’impegnava a dipingere

“tutta quella quantità di roba di mursia (maiolica) ad esso di Lazzaro ben vista ed altra roba che a detto di Lazzaro li piacerà (…) Ben vero che quando li dassi a pingiri li maduni di lavore di Santa Catherina ed a rosone et del lavore ruso ci abbia di pagare a ragione di once 1 lo migliaro e lo lavore a festina et a punti di diamanti e tutti frixi (FIG. N° 13) a ragione di tarì 25 lo migliaro et il lavore a tutta cacchia  a ragione di un’oncia e dieci grani uno ogni mille”.
13) Mattonelle residue di un pavimento, Palermo, Convento di Santa Caterina d’Alessandria

Un inedito documento -coinvolgente anche dal punto di vista linguistico- che dimostra la perizia raggiunta nella pittura delle cacce nei pavimenti a tappeto, anticipazioni dei paesaggi che avrebbero allietato i palazzi nobiliari, le chiese e persino le celle delle suore del Settecento. (FIG. N° 14) Nelle maioliche realizzate nel 1620 nell’officina palermitana San Bartolomeo tiene in mano il coltello con cui fu scorticato, nell’altra sostiene, ad operazione avvenuta, la pelle sanguinante.

14) Pavimento Caccamo, Chiesa della SS. Annunziata (Part.) bibl. R. Daidone, La Ceramica Siciliana, Palermo 2005

Efficaci Immagini dl tono popolare che non è soltanto la caratteristica positiva delle maioliche di Pantaleo, ma di tutta la produzione siciliana. (FIG. N° 15 e 15b)

15) Immagini in A. Governale, Recto, 1986
15 b ) Immagini in A. Governale, verso 1986

Non è facile sapere quanti anni restassero ancora da vivere al vecchio pittore dopo il pesante impegno di“tutta quella quantità di roba” da decorare. L’assenza d’indizi successivi al 1620 lascia pensare che la sua vita si sia conclusa durante l’epidemia di peste del 1624, diversi anni prima della scomparsa dell’amico Paolo che morirà nel 1638 all’età di 54 anni.

Andrea Pantaleo pictor monrialensis è conosciuto quasi esclusivamente per la firma ricorrente nelle sue opere. Probabilmente pensava, con eccessiva autostima, di lasciare di sé un “monumento più duraturo del bronzo”. Non poteva sapere che le figure delle sue maioliche esposte nelle botteghe degli speziali in un modo povero d’immagini avevano un valore evocativo che oggi non sembrano più avere.

Rosario DAIDONE  Palermo 22 Giugno 2025

NOTE

1) A. Ragona, La ceramica siciliana dalle origini ai giorni nostri, Palermo 1955; A. Giuliano Alaimo, Le officine ceramiche di Palermo e Sciacca, Dafni, N° 2, 1961; I Lazzaro e le officine palermitane del Tardo ‘500 in Maioliche siciliane marmorizzate, Caltagirone 1971; A. Governale, Recto Verso, Palermo 1986; R. Daidone, La Maiolica Siciliana, Palermo 2001
2) ASP. Not. Annibale Musanti, 31 ottobre 1601
3) ASP. Not. G. Domenico Leontini, 16 gennaio 1608
4) Arch. Parrocchiale di S. Giovanni dei Tartari, 8 aprile 1607, Vol. 12 battesimi, matrimoni e morti, V Ind. 1606-1607, f. 7 v.)
5) A.S.P. Not. G. Domenico Leontini, 3 maggio 1609)
6) A.S.P. Not. G. Domenico Leontini, (Bast.) 15 maggio 1609)
7) G. Russo Perez, Catalogo ragionato della raccolta Russo Perez di maioliche siciliane di proprietà della Regione Siciliana, Palermo 1954
8) La grottesca continua ad essere una caratteristica delle maioliche fabbricate dall’officina Lo Bue dopo il rientro di Pantaleo a Palermo e sino gli anni Trenta del XVII secolo, ma è considerata simbolo esclusivo di una “Palermo fidelis” nelle pagine che ripetono vecchie teorie con gli autori che si affannano a indicare, a beneficio dei lettori ipovedenti, i colori delle immagini a colore, non dimenticando il “verde ramina” per l’effetto che fa.
9) ASP, Not. G. Domenico Leontini, 8 sett. 1618