di Claudia RENZI
ENIGMA CANINO NEL PARADISO TERRESTRE CON IL PECCATO ORIGINALE DI DOMENICHINO & CO.
Il monumentale dipinto (450×310, olio su tela) raffigurante il Paradiso terrestre con il peccato originale di Domenichino, Giovanni Battista Viola e Elia Maurizio (Fig. 1) è conservato nella sala del trono in Galleria Pallavicini a Roma (collezione Principessa Maria Camilla Pallavicini).

Di Domenichino
“Il Card. Ludovisio Nepote del Papa [Gregorio XV, ndA] ne faceva assai conto per essergli compare, e lo teneva impiegato in varie operazioni, ed a lui fece fare quattro quadri al Prencipe [Niccolò] Ludovisio, anch’egli nipote per parte del Fratello di Gregorio, in Zagarola, ch’era il suo Principato. Non sono però tutti di mano del Domenichino, perché in quello della Creazione del Mondo vi sono gli animali di mano di un Fiammingo e il Paese del Viola, ancorché squisitamente e gli animali e i paesi sapesse il Zampieri dipingere. Lo stesso vuol dirsi degli altri tre quadri, de’ quali le sole figure sono del suo pennello, ed i paesi dell’istesso Viola, però sotto la direzione sua. Di questi io non ne parlo gran cosa, come farò anche d’altri quadri particolari, perché essendo cose portatili vanno ora in un luogo, ora in un altro”[1].
Giovanni Battista Viola, allievo di Annibale Carracci [2] specializzato in paesaggi [3], si trasferì a Roma verosimilmente intorno al 1601 [4]; nel 1614 Domenichino fece da padrino al battesimo di sua figlia Tecla in San Marcello al Corso [5] e, tra il 1616 e il 1618, Zampieri lo coinvolse nei paesaggi delle Storie di Apollo nel Casino di villa Aldobrandini a Frascati [6]. Nel 1621 sempre Domenichino volle Viola nella decorazione del Camerino dei paesi nel Casino dell’Aurora Ludovisi [7].
A Domenichino i Ludovisi avevano commissionato quattro grandi tele a soggetto biblico, di cui soltanto il Paradiso terrestre è noto – sebbene il titolo riportato da Passeri, Creazione del mondo, sia probabilmente una svista del biografo; fu Hess, nel 1934, a proporre di identificare nel Paradiso terrestre uno dei quattro dipinti evocati da Passeri destinati al feudo di Zagarolo [8] – come frutto della collaborazione tra Zampieri, Viola e un allora oscuro “pittore fiammingo” che Federico Zeri propose potesse essere l’anonimo pittore detto Maestro di Hartford [9] e identificato invece oggi in Elia Maurizio da Trento, stretto collaboratore di Viola, residente tra 1617 e 1623 a Roma appartenente alla parrocchia di Sant’Andrea delle Fratte [10].
Il 6 dicembre 1622 è infatti attestato il pagamento di 50 scudi a
“Elia Maurizio pittore trentino” per tutta la “pittura di animali e uccellami fatta nel quadro del Paradiso terrestre”[11];
l’ipotesi che questo pittore vada identificato con il quasi omonimo Elia Naurizio [12] non può essere accolta dato che Naurizio risulta a quei tempi attivo a Innsbruck [13].
Voss attribuì a Domenichino le sole figure di Adamo ed Eva [14], sebbene Zampieri non sia menzionato nei libri mastri prima del 1630 [15], mentre i pagamenti confermano il coinvolgimento di Viola per i paesaggi [16].
Come ricostruito da Zeri, il ducato di Zagarolo era stato venduto da Giovanni Battista Ludovisi, oberato di debiti, a Giovanni Battista Rospigliosi: va pertanto ritenuto che il Paradiso Terrestre sia passato di proprietà in seno a quella trattativa [17] giungendo a Roma nel palazzo Rospigliosi dove lo vide Pietro Rossini nel 1693 tra “sei quadri bellissimi dei più grandi che siano in Roma […] Adamo et Eva del Domenichino”[18]; per essere in seguito spostato nel Casino dell’Aurora di Reni dove invece lo videro Charles de Brosses nel 1739-40[19] e Giovanni Gaetano Bottari nel 1763 il quale, nelle sue aggiunte all’edizione del 1763 dello Studio di pittura di Filippo Titi, scrisse:
“Nelle stanze contigue a questa loggia son molti eccellenti quadri, e specialmente i gran quadri del Domenichino, dove in uno è espresso il Paradiso terrestre”[20].
Dato che nel 1624 il dipinto è elencato nell’inventario dei beni di Ludovico nella villa di Frascati –
“Quadro uno grande del Paradiso Terrestre con due figure nude d’Adamo, et Eva figure, diversi Animali et Arbori et cornice grande tutta dorata”[21] –
è probabile sia stato spostato a Zagarolo in un momento imprecisato tra 1624 e 1657, quando è citato nell’inventario dei beni di Niccolò: “Un grande dipinto con il Paradiso Terrestre con due figure nude di Adamo et Eva e molti animali e fiori”[22] ma che, a contrario di quanto supposto da Passeri, non sia stato eseguito per il principe Niccolò, fratello di Ludovico, ma semplicemente da lui ereditato alla morte del cardinale († 1633) e poi trasferito, assieme ad altre opere, nella sua residenza di Zagarolo perché, come scrisse altrove lo stesso Passeri, nel corso del pontificato Barberini, Niccolò visse fuori Roma:
“Con questo Papa [Innocenzo X, ndA] si apparentò immediatamente il Principe Nicolò Ludovisio nipote di Gregorio XV, il quale per tutto il tempo che visse Urbano fu necessitato com’esule starsene ramingo fuori dello Stato Ecclesiastico; e professando aperta inimicizia colla Casa Barberina, quasi ad onta loro, ottenne per moglie la Principessina D. Costanza Pamphili nipote, per parte d’un fratello carnale, d’Innocenzo”[23].
Dal 1708 il dipinro è in collezione Pallavicini.
In occasione della mostra Guercino. L’era Ludovisi a Roma tenutasi presso le Scuderie del Quirinale dal 31 ottobre 2024 al 26 gennaio 2025, il Paradiso Terrestre con il peccato originale è stato esposto in pubblico per la prima volta. Nelle pur vaste sale delle Scuderie il Paradiso Terrestre risaltava per la sua monumentalità e, avvicinandosi, per la grandissima qualità della resa pittorica. Non distante, l’esposizione di un dipinto della bottega di Domenichino con soltanto Adamo e Eva (Roma, Gallerie Nazionali d’Arte Antica Palazzo Barberini), sembra confermare l’intuizione di Voss che il pittore abbia eseguito, in effetti, soltanto le loro due figure nel dipinto finale, che risulta decisamente incantevole e nel quale la natura, resa con estrema accuratezza, trionfa: il tema perfetto, d’altro canto, per una villa suburbana per la quale era stato realizzato.

Al centro Adamo che, scendendo dall’albero del Bene e del Male, porge a Eva delle foglie di fico per coprirsi dato che, ingannata dal serpente, lei ha mangiato per prima del frutto proibito dandone ad Adamo che, liberamente, ha scelto di mangiarne anche lui: provando subito dopo vergogna per la nudità, decisero di coprirsi (Fig. 2).
Lo statuario corpo del progenitore rievoca i nudi michelangioleschi, in particolare torsione e gambe sembrano un’eco, ribaltata, dell’Adamo del Peccato originale sistino mentre la parte superiore del suo corpo pare in parte debitrice alla posa del serpente-Lucifero (il serpente, “il più astuto degli animali selvatici che il Signore Dio aveva fatto” fu in seguito identificato dai padri della Chiesa con l’angelo caduto). Eva pure rimanda alla statuaria classica, in particolare alla Venere accovacciata di cui il cardinale Ludovisi possedeva una copia oggi in Palazzo Altemps [24].
Attorno ai due, un magnifico repertorio di animali e piante – evocazione della primigenia armonia edenica – anche esotici, per i quali sono stati probabilmente consultati sia l’Uccelliera ovvero discorso della natura e proprietà di diversi uccelli uscito nel 1622 sotto le cure di Cassiano Dal Pozzo, che l’allora ancora inedito Tesoro Messicano (o Rerum Medicarum Novæ Hispaniæ Thesaurus): ecco il porcellino d’India, l’ara, l’aquila reale del nord America, l’istrice americano, lo struzzo; la lince, palese riferimento ai Lincei, e persino il fantastico unicorno [25] – sulla dx in secondo piano – che un team di intellettuali deve evidentemente aver chiesto fosse posto accanto a quelli che sembrano essere puma (leone americano?) o leonesse.
In Genesi gli animali sono creati prima dell’uomo, e non a sua utilità: in Giobbe 39, 1-41, 34 Dio parla della capra delle rocce, del leone, dell’aquila e dei misteriosi leviatano e behemoth: queste creature selvatiche sono al di là della comprensione umana, eppure Dio che li ha creati li ama e si compiace in loro (Genesi 1,31 “Dio vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono”). L’esistenza degli animali è a prescindere da quella dell’uomo e sono creature ugualmente preziose agli occhi del Creatore, tanto che la Redenzione comprende anche loro (Colossesi 1, 16-17).
La speranza nel mondo che verrà include gli animali: Isaia 11,6 dice:
“Il lupo abiterà con l’agnello, e il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello, il leone e il bestiame ingrassato staranno insieme e un bambino li guiderà”
perché non soltanto l’uomo, ma tutto il creato, inclusi quindi gli animali, verrà salvato.
Dio ha concesso all’uomo il dominio “sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e sopra ogni essere vivente che si muove sulla terra” (Gn 1, 28) ma purché si comportasse da custode, come un pastore che ha cura del “gregge” affidatogli, purché ne fosse insomma responsabile, tanto che gli concede anche di scegliere il nome (Gn, 2, 18-20) per ogni specie di creatura.
Animali e uomo sono creati nello stesso giorno (Genesi 1, 24-31), in questo ordine; sono strettamente connessi, e gli animali sopportano le conseguenze del Giudizio insieme all’uomo (Gn 6,7; Sofonia 1, 2-3) e, consapevole che l’umanità decaduta ha tendenze distruttive, Dio stringe un patto con tutti gli esseri viventi (Genesi 9, 8-17), animali compresi: essi condividono con l’uomo anche alcuni privilegi come il riposo sabbatico (Esodo 23, 12; Deuteronomio 5, 14), e sono del resto spesso usati come metafore. Sono in molti casi in grado di comprendere, vedere e fare cose giuste persino prima dell’uomo (es. l’asina di Balaam, Numeri 22, 22-35).
Infine in Genesi 1, 28 l’umanità è vegetariana; c’è armonia con il creato – del quale l’uomo rende conto a Dio in quanto Creatore e Signore di esso – ma l’equilibrio è rotto con il peccato. È soltanto dopo la caduta e il Diluvio che Dio dà in cibo a Noè “ogni cosa vivente” eccetto il loro sangue (Gn 9, 1-4).
Un animale in particolare, nel Paradiso Terrestre con peccato originale di Domenichino, Viola e Maurizio, ha suscitato la mia curiosità: il bel cane (un segugio, sembrerebbe) ai piedi dell’albero del Bene e del Male (Fig. 3).


Sulle prime mi era sembrato che, subito dietro il suo, vi fosse un altro muso allungato appartenente a un altro animale, magari un coccodrillo o simile spuntante dalla vegetazione e dall’acqua visibile oltre il cane ma, avvicinandomi e scattando foto ho realizzato, un po’ alla Blow up, che si trattava di qualcosa di diverso: quel musetto sbiadito apparentemente in secondo piano è in realtà la prima versione del muso del cane (Fig. 4).
Il pittore ha dunque dipinto, in prima battuta, il muso del cane in posizione più bassa, decidendo poi di cambiare l’inclinazione della testa ruotandola verso l’alto. Non avendo coperto adeguatamente la prima versione (è probabile che non abbia passato nessuno strato di mestica, ma abbia ridipinto direttamente sul già eseguito, olio su olio) ecco che, col tempo, essa è pian piano riemersa alla vista.
Perché mai Elia Maurizio ha modificato il muso e, soprattutto, lo sguardo del cane ?
Il cane nella Bibbia ha un significato ambivalente (Matteo 7, 6; Mt 15, 27; Filippesi 3, 2; Apocalisse 22, 15; Tobia 6, 1; Luca 16, 19-21, ecc.), tuttavia è innegabilmente amico dell’uomo sin dalla notte dei tempi; niente di troppo strano dunque nel porlo, in un dipinto raffigurante il Paradiso Terrestre, nelle immediate vicinanze di Adamo ed Eva.
Il motivo del ripensamento circa la posizione della testa è dunque, probabilmente, di natura teologica: inizialmente Maurizio ha dipinto il muso del cane in posizione orizzontale, per poi evidentemente ripensarci e reclinarlo all’indietro quel tanto da consentire che lo sguardo della creatura andasse su Adamo, o quantomeno sulle sue gambe.
Cosa stava guardando il fido amico nella prima posa? Non Adamo ma… il serpente che, ormai ingannati Eva e Adamo, sguscia via dall’albero della Conoscenza.
Osservando la prima versione del muso del cane sembra proprio, insomma, che cane e serpente si guardino (o addirittura che, dopo la frittata, stiano entrambi guardando verso lo spettatore – Fig. 5) e che dunque il cane sia consapevole di quanto appena messo in atto dal serpente-angelo caduto e in grado quindi, potenzialmente, di intervenire in qualche modo da un momento all’altro, ma ciò non sarebbe teologicamente accettabile, ed è forse questa la ragione per cui Maurizio ha modificato l’inclinazione della testa del fido, bypassando qualunque complicazione dottrinale:

il cane, o un altro qualsiasi animale dell’Eden, non poteva essere consapevole del Bene e del Male oltre Adamo ed Eva, oltre cioè all’uomo, colui per il quale quella prova era stata allestita dall’imperscrutabile volontà divina, e di conseguenza non poteva – e nemmeno doveva – intromettersi per aiutarlo consigliandogli magari, ad esempio, di non andare a nascondersi, ecc.
Nonostante la rettifica, il cane rimane l’unico animale comunque vicino ad Adamo nel dipinto, tutti gli altri sono beatamente ignari del guaio che la scimmia nuda ha appena combinato, nessuno guarda all’albero… Non è dato sapere se la rettifica sia frutto di un’iniziativa del pittore o, più probabilmente, di un’indicazione del cardinale committente ma, al di là del piccolo enigma canino, il Paradiso Terrestre con peccato originale resta una spettacolare opera d’arte che si auspica poter vedere più spesso.
©Claudia RENZI, Roma, 22 Giugno 2025
NOTE
[1] Giambattista Passeri, Vite de’ Pittori, Scultori e Architetti che hanno lavorato in Roma, morti dal 1641 fino al 1673 di Giambattista Passeri pittore e poeta, Roma, 1772, p. 21.
[2] Giovanni Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti dal pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fin ai tempi di papa Urbano VIII nel 1642, Roma 1642, pp. 173, 384; Ferdinando Ranalli (a cura di), Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua opera di Filippo Baldinucci fiorentino con nuove annotazioni e supplementi, Firenze, 1846, III, p. 359.
[3] Adriana Marucchi, Luigi Salerno (a cura di), Giulio Mancini. Considerazioni sulla Pittura, 1617-21, Roma, 1956-57, 2 voll., I, p. 246.
[4] Richard E. Spear, A forgotten landscape painter: G.B. V., The Burlington magazine, CXXII (1980), pp. 298-315, 1980, p. 301.
[5] Rossella Vodret, Qualche notizia su G.B. V. e Francesco Albani nei libri parrocchiali romani, in: Maria Giulia Aurigemma (a cura di), Dal Razionalismo al Rinascimento: per i quaranta anni di studi di Silvia Danesi Squarzina, Roma, 2011b, pp. 240-247, p. 240.
[6] G. Baglione, op. cit., p. 173 (Vita di Giovanni Battista Viola); Giampietro Zanotti, Felsina pittrice. Vite de’ pittori bolognesi del conte Carlo Cesare Malvasia, con aggiunte, correzioni e note inedite del medesimo autore, Bologna, 1841, 2 voll. p. 102.
[7] Luigi Serra, Domenico Zampieri detto Domenichino, Roma, 1909, p. 17.
[8] Jacob Hess, Die Künstlerbiographien von Giovanni Battista Passeri, Leipzig, 1934, p. 44-45, n. 4.
[9] Federico Zeri, La Galleria Pallavicini in Roma, Firenze 1959, pp. 285-7 (scheda), p. 286.
[10] Rossella Vodret, Alla ricerca di “Ghiongrat”. Studi sui libri parrocchiali romani (1600-1630), Roma, 2011a, p. 186, n. 166.
[11] Carolyn Harwood Wood, The Indian summer of Bolognese painting: Gregory XV (1621-23) and Ludovisi art patronage in Rome, Ann Arbor, 1988, pp. 147-9; Carla Benocci, Villa Ludovisi, Roma, 2010, p. 150.
[12] Francesco Gatta, Domenichino e Giovanni Battista Viola paesaggisti prediletti del cardinale Ludovico: novità su disegni e pitture per Villa Ludovisi, in: «Storia dell’Arte», 1, 2022, pp. 154-166, p. 163, n. 15.
[13] Simone Weber, Elia Naurizio, in: Nicolò Rasmo (a cura di), Artisti trentini e artisti che operarono nel Trentino, Trento, 1977, pp. 250-252.
[14] Hermann Voss, Die Malerei des Barock, Berlino, 1924, p. 513.
[15] C. Wood, op. cit., p. 148.
[16] C. Wood, op. cit., p. 175, n. 68.
[17] F. Zeri, op. cit., pp. 285-287, n. 546. Per la ricostruzione dell’iter collezionistico delle opere in coll. Ludovisi si veda Stefano Pierguidi, Sulle “Istorie famose in forma grande” della collezione Pallavicini e la predilezione di Ludovico Ludovisi per i ‘grandi’ dipinti bolognesi, in: «Il Carrobbio», XXXIX, 2013, pp. 119-132.
[18] Pietro Rossini, Il Mercurio errante delle grandezze di Roma, tanto antiche, che moderne: cioè de’ palazzi, ville, giardini, & altre rarità della medesima. Diviso in tre parti, la prima, e seconda delle quali, si contengono nel primo libro. Descritte da Pietro Rossini da Pesaro Antiquario di diverse Nationi, e Professore di Medaglie antiche in Roma. Dedicate all’Illustrissimi Signori Cavalieri Forastieri, Roma, 1693, p. 66.
[19] Charles De Brosses, Viaggio in Italia, Bari, 1992.
[20] Alessio Ciannarella, «È riuscita di molto maggior fatica e spesa di quel che ci saremmo potuti mai immaginare»: Giovanni Gaetano Bottari e l’ultima edizione dello Studio di pittura, scoltura et architettura di Filippo Titi (1763), Firenze, 2021.
[21] Archivio Segreto Vaticano (d’ora in poi ASV), Archivio Boncompagni Ludovisi (d’ora in poi ABL), Armadio IX, Busta 313, Interno 35, f. 4v, in: C. Wood, op. cit., p. 515, n. 12; C. Benocci, op. cit., p. 150; per l’Archivio Boncompagni Ludovisi si veda anche Gianni Venditti, Beatrice Quaglieri, Archivio Boncompagni Ludovisi: Inventario, Città del Vaticano, 2008, 5 voll.
[22] ASV, ABL, Busta 328, cfr. C. Wood, op. cit., p. 431.
[23] G. Passeri, op. cit., p. 201 (Vita di Alessandro Algardi).
[24] Diverse statue antiche erano state viste nella villa di Roma da Fioravante Martinelli che ne scrive nella Roma ornata dall’architettura, Pittura e Scoltura (1660-1663), in: Cesare D’Onofrio, Roma nel Seicento, Roma, 1969, pp. 315 e 318.
[25] Nella Bibbia l’unicorno è citato in Giobbe 39,9 ma il termine esatto, tradotto male, starebbe a indicare un animale oggi estinto, forse l’aurochs o uro.
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- Pietro Rossini, Il Mercurio errante delle grandezze di Roma, tanto antiche, che moderne: cioè de’ palazzi, ville, giardini, & altre rarità della medesima. Diviso in tre parti, la prima, e seconda delle quali, si contengono nel primo libro. Descritte da Pietro Rossini da Pesaro Antiquario di diverse Nationi, e Professore di Medaglie antiche in Roma. Dedicate all’Illustrissimi Signori Cavalieri Forastieri, Roma, 1693
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