“San Valentino. Il profilo e l’immagine”. Un libro che restituisce un’identità storica e iconografica al patrono di Terni

di Nica FIORI

A Terni, la città umbra che venera il vescovo Valentino con un culto ininterrotto a partire dal V secolo, sono stati portati avanti negli ultimi 20 anni una serie di progetti di ricerca storica e iconografica che hanno completamente modificato il profilo del santo, restituendogli la sua identità di evangelizzatore e taumaturgo caduto come martire in epoca postcostantiniana, che noi tendiamo a considerare, in maniera superficiale, già cristiana, mentre il processo di conversione fu in realtà molto lento.

1 Copertina

Tutto ciò emerge dal libro “San Valentino. Il profilo e l’immagine”, a cura di Giuseppe Cassio ed Edoardo D’Angelo, pubblicato da Campisano Editore (Roma 2022). Il volume, che rientra nella collana editoriale di Storia dell’arte, si propone di ricostruire scientificamente la vicenda terrena, il culto e la rappresentazione artistica del patrono di Terni attraverso i saggi, oltre che di Cassio e D’Angelo, di Vincenzo Paglia, Alessandro Betori, Juri Leoni, Paolo Cicchini, Giovanni Gasparro.

L’intenzione dei curatori è, allo stesso tempo, quella di fornire al lettore uno strumento per una “conoscenza allargata” della figura del santo oltre i confini nazionali, soprattutto in quelle regioni dove il culto del santo è maggiormente documentato.

Valentino è indubbiamente uno dei santi più festeggiati in tutto il mondo (pensiamo al Valentine’s day che fa da sfondo a numerosi film), eppure la sua fama non corrisponde al profilo originario, offuscato nel corso dei secoli da improbabili leggende che lo hanno trasformato nel “patrono” degli innamorati, con un’immagine sempre più commerciale e mediatica.

Quando un santo diventa simbolo di qualcosa, protettore o patrono di una certa categoria di persone, avviene quasi sempre per qualche episodio particolare della sua vita o per le modalità del suo martirio. In realtà, a parte il fatto che Valentino, in quanto vescovo, possa aver favorito e benedetto il matrimonio di giovani ternani del suo tempo, l’unico motivo plausibile per spiegare come mai il giorno di San Valentino (14 febbraio, dies natalis ovvero giorno della morte) sia diventato la festa degli innamorati è dato dalla sua collocazione in un periodo particolare dell’anno, quando la natura comincia a risvegliarsi dopo il gelo invernale e, al tiepido sole quasi primaverile, sbocciano i primi fiori.

Nel Medioevo in Francia e in Inghilterra si credeva che proprio il 14 febbraio gli uccelli cominciassero ad accoppiarsi: era quindi il giorno giusto per festeggiare le giovani coppie di innamorati e nacque il detto “A San Valentino ogni Valentino sceglie la sua Valentina”. L’associazione tra gli innamorati e gli uccelli è stata fatta per la prima volta da Geoffrey Chaucer nel poema “Il parlamento degli uccelli” (XIV secolo), anche se si riferiva al Valentino vescovo di Genova, la cui festa cadeva il 2 maggio, come ricorda l’arcivescovo Vincenzo Paglia nel suo contributo; solo in seguito si fece riferimento al vescovo di Terni, in quanto molto più venerato in tutta l’Europa. È da escludere, invece, secondo quanto scrive lo stesso Paglia, la connessione con la fine della festa pagana dei Lupercalia, abolita da papa Gelasio nel 496.

Di san Valentino alla stessa data ne venivano festeggiati due, prima che con la riforma del 1970 venissero retrocessi a semplice memoria facoltativa e al loro posto subentrassero i santi Cirillo e Metodio, patroni dei popoli slavi. A Roma, al tempo dell’imperatore Claudio il Gotico (268-270), un presbitero di nome Valentino, menzionato nella spuria Passio ss. Marii, Martae et socc. (Passione dei santi Mario, Marta e compagni), sarebbe stato martirizzato e sepolto lungo la via Flaminia nella catacomba detta di San Valentino, sulla quale poi Giulio I (337-352) edificò una basilica. Non sappiamo se i resti di san Valentino che papa Pasquale I nel IX secolo portò nella basilica romana di Santa Prassede, insieme a quelli di altri 2300 martiri, fossero o meno dello stesso martire. Comunque la cappella che ospita le reliquie, nota per gli splendidi mosaici che la rivestono completamente, è dedicata ai santi Zenone e Valentino.

2 Cristo pantocratore tra i santi Valentino e Zenone, basilica di Santa Prassede, sacello di San Zenone

Riguardo al san Valentino vescovo di Terni, si riteneva un tempo che fosse vissuto nel III secolo, e che fosse stato martirizzato il 14 febbraio 273 sotto Aureliano, mentre ora la sua morte viene spostata al IV secolo.

3 Martirio di San Valentino, da Vies des Saints, Parigi, Bibl. Sainte-Geneviève

Secondo la Passio sancti Valentini martyris (redatta probabilmente agli inizi del VI secolo), Valentino, essendo noto per le sue doti di taumaturgo, venne chiamato a Roma dal filosofo Cratone per guarirgli il figlio afflitto da una terribile malattia. Valentino, dopo una discussione col filosofo, che venne invitato a farsi cristiano se il fanciullo fosse guarito, si chiuse in una stanza col giovane malato per un’intera notte e ottenne, grazie alla preghiera, la guarigione. Tale miracolo fece convertire tutta la famiglia di Cratone, tre ateniesi suoi allievi e perfino il figlio del prefetto di Roma. Ma il prefetto, venuto a conoscenza del fatto, s’infuriò e decise di far decapitare Valentino di notte e di nascosto.

Edoardo D’Angelo, docente di filologia latina, nell’ambito della sua riedizione critica della Passio, ha scoperto che il nome di Furio Placido, che era stato praefectus Urbis nel 346-47, era stato trascritto in maniera sbagliata come “Furioso” Placido, facendo pensare che si trattasse di un aggettivo e non di un nome. Questa datazione ha portato alla ricostruzione di un personaggio che venne martirizzato, non perché non rinnegò la fede, ma perché predicò la fede, verso la metà del IV secolo, dunque in piena età postcostantiniana.

Molti anni dopo l’editto di Milano del 313, che sanciva la libertà di culto per i cristiani, Valentino sarebbe stato, quindi, non un martire delle persecuzioni contro i cristiani, ma la vittima di un omicidio “illegale”, causato dalla sua capacità di attrarre al cristianesimo i futuri esponenti della classe dirigente romana, che all’epoca era ancora per lo più pagana. La sua figura va contestualizzata, pertanto, nel quadro delle lotte di potere tra i successori di Costantino, come spiega D’Angelo nel suo saggio “Metamorfosi agiografiche. Filologia e storia al servizio dell’agiologia. Il caso di San Valentino”.

Si può addirittura ipotizzare un’identificazione del santo con Giunio Valentino, appartenente alla potente casata senatoria dei Simmaci (la stessa famiglia che avrebbe dato i natali a Boezio, braccio destro di Teodorico), proposta dalla studiosa Rita Lizzi Testa.

Valentino dovrebbe essere visto, a questo punto, come Doctor fidei, più che come santo degli innamorati, e quindi come “patrono degli intellettuali”, impegnato a convertire le ultime frange della Roma pagana nel lungo processo di cristianizzazione dell’impero.

Dalla Passio sappiamo che il corpo di Valentino sarebbe stato trasportato a Terni da alcuni discepoli. Come per altri santi, anche per lui ci fu una fioritura di reliquie e diverse chiese se ne contesero le spoglie, i cui resti più consistenti (composti in una statua giacente nel XVII secolo) sono conservati nell’omonima basilica ternana.

Inizialmente il santo era venerato soprattutto come taumaturgo. Non per niente il suo nome deriva dal latino valere, che significa “essere in buona salute”. Il suo culto si diffuse poi nei monasteri benedettini di Francia e di Inghilterra, dove, come abbiamo visto, divenne il patrono dei fidanzati.

Non è possibile dare una risposta definitiva al quesito se il vescovo ternano sia o meno da identificarsi con il martire romano. Certo le analogie tra i due sono evidenti, soprattutto perché entrambi sepolti lungo la via Flaminia (Terni si trova su questa via consolare). È probabile che il Valentino romano sia stato “inventato” per spiegare la presenza della chiesa di San Valentino sull’omonima catacomba romana, dove in realtà potrebbe essere stato sepolto il vescovo ternano, prima della sua traslazione in Umbria.

Possiamo farci un’idea della Roma del IV secolo, nella quale si inserisce la storia del vescovo di Terni (all’epoca Interamna), dalla lettura del saggio di Alessandro Betori, che affronta il tema dei cambiamenti innescati nel panorama materiale e spirituale romano dalla cosiddetta Pace della Chiesa, mentre Juri Leoni fa un approfondimento di tipo teologico-dottrinale sul dibattito tra Valentino vescovo e il filosofo pagano Cratone nella Passio sancti Valentini martyris.

Lo storico dell’arte Giuseppe Cassio è autore del lungo saggio “L’immagine di san Valentino evangelizzatore e taumaturgo tra identità e mescolanza”.

4 Ettore Ballerini, San Valentino, 1909

Dopo aver constatato che l’immagine che si è diffusa a Terni negli ultimi cento anni (in particolare nei santini ispirati al dipinto di Ettore Ballerini del 1909) è quella di un vescovo in piedi con la palma in mano e in atto di benedire, che può essere quella di qualsiasi altro santo vescovo, Cassio ha deciso di intraprendere un’accurata ricerca iconografica per ritrovare gli attributi originari. Ha cominciato così a esaminare un mondo infinito di miniature medievali che ce lo presentano in primis come evangelizzatore.

Già nella basilica romana di Santa Maria Antiqua nell’VIII secolo è rappresentato con un evangelario in mano chiuso, nel Passionario aretino dell’XI secolo con l’evangelario aperto e nel Martirologio di Jena con l’evangelario osteso, ovvero mostrato a benedire il giovane figlio di Cratone. Altre immagini antiche raffigurano Valentino in cattedra come doctor fidei o magister nell’atto di predicare e ancora seduto sul trono.

5 Passionario Aretino, Biblioteca Nazionale Firenze
6 San Valentino in cattedra, chiesa di San Valentino, Bussolengo

Ci sono immagini, inoltre, che presentano san Valentino come taumaturgo nell’atto di guarire il giovane figlio di Cratone e nei paesi germanofoni come guaritore degli epilettici. Significativo è il dipinto su tavola di Lucas Cranach il Vecchio della Gemäldegalerie der Akademie der Künste di Vienna, del 1502-1503, che è stato scelto per la copertina del libro. Questo patronato come guaritore dell’epilessia era dovuto alla confusione con un altro Valentino, confessore ed evangelizzatore della Rezia, e soprattutto all’assonanza del suo nome con il verbo tedesco fallen (cadere), che ha fatto pensare al mal caduco.

7 Lucas Cranach, San Valentino, part. dell’epilettico, Vienna

Il santo è raffigurato anche come martire, con attributi quali la spada, il proprio capo e la palma.  Come martire lo troviamo per la prima volta nella chiesa di San Valentino a Bussolengo (Verona), mentre sta per ricevere le bastonate (prima della decapitazione, secondo quanto racconta la Passio). A Bussolengo c’è un ampio ciclo della vita del santo (XV secolo), tanto che Cassio definisce la chiesa un “tempio” dell’iconografia valentiniana.

8 Ciclo della vita di san Valentino, chiesa di San Valentino , Bussolengo

Lo troviamo anche come protettore della città di Terni e in una miniatura come costruttore di città (forse la stessa Terni, che appare con una struttura fortificata). Viene raffigurato, soprattutto nella zona di Verona, anche come guaritore di animali, soprattutto mucche, pecore e altri animali da fattoria.

Le tavole agiografiche (1495-1505) nella chiesa di Pardell (Funes, provincia di Bolzano) dedicata al santo, lo riportano alla Passio del prete martire romano in una mescolanza col vescovo di Terni. Nella prima tavola è raffigurato san Valentino (il prete, anche se raffigurato con la mitria vescovile, per via della confusione tra i due santi) davanti a Claudio il Gotico, nella seconda san Valentino (il vescovo) che guarisce il figlio di Cratone, nella terza san Valentino (il prete) guarisce dalla cecità la figlia di Asterio e nella quarta c’è il martirio di san Valentino, che è uguale in entrambi i casi.

Come afferma Cassio, è negli anni della Controriforma che la rappresentazione di san Valentino viene gradualmente spogliata del suo attributo più antico, il libro, e si avvia verso un’inesorabile spersonalizzazione, evidente anche nella grande tela dell’altare maggiore della basilica ternana “San Valentino invoca la protezione della Vergine sulla città di Terni”, opera de Lucas de La Haye, detto Luca Fiammingo, terminata nel 1649 in occasione della consacrazione della chiesa da parte del card. Francesco Angelo Rapaccioli. Il santo ormai appare come un generico vescovo con la palma del martirio, e non più come evangelizzatore e teologo, perché la Controriforma tendeva a esaltare il culto dei primi martiri cristiani, togliendo di fatto altri attributi nelle rappresentazioni artistiche.

9-Lucas de La Haye San Valentino invoca la protezione della Vergine su Terni, basilica di San Valentino, Tern

Al saggio di Cassio si aggancia l’appendice, a cura di Ilaria Carocci, relativa alla ricostruzione digitale dell’immagine di san Valentino in Santa Maria Antiqua, dove il santo è accostato ad alcuni evangelizzatori dell’impero romano: una ricostruzione resasi necessaria perché il dipinto originale è, purtroppo, quasi illeggibile.

10 Giovanni Gasparro, San Valentino risana il figlio di Cratone, 2021
11 Giovanni Gasparro, San Valentino risana il figlio di Cratone, part

Ricordiamo che questa chiesa, situata nel Foro romano, venne scoperta nel 1900 da Giacomo Boni, dopo che un terremoto ne aveva cancellato per più di 1000 anni le tracce, ma non la memoria.

Una novità in campo artistico è data dall’inserimento di un dittico contemporaneo composto da “San Valentino risana il figlio di Cratone” (olio su tela, 2021) e “Martirio di san Valentino” (olio su tela, 2021), opera del pittore barese Giovanni Gasparro (nato nel 1983).

12 Giovanni Gasparro, Martirio di San Valentino, part.

Le due tele, caratterizzate da intenso realismo, nascono dalla devozione personale, come spiega lo stesso Gasparro nel suo contributo, e dalle conversazioni con Giuseppe Cassio, dalle quali è emersa la necessità di un rinnovamento iconografico ragionato e rispettoso dell’immagine del santo, ben diversa dalle immagini edulcorate, fantasiose e prive di contenuto imposte dal marketing.

Tra gli attributi che egli inserisce, compare per la prima volta in entrambi i dipinti una bianca valva di conchiglia (poggiata sul libro), a simboleggiare il battesimo, e quindi la rinascita nel nome di Cristo.

La ricca ricerca iconografica, le fonti agiografiche, le appendici storiche si sommano in questo volume alla gradevolezza della scrittura dei diversi saggi, facendone un libro di grande spessore culturale e oltretutto molto ben curato esteticamente.

Nica FIORI  Roma  6 Novembre 2022