Marcello Aitiani. Tra pittura, scultura, musica, filosofia, i percorsi di un artista ‘out of the line’.

di Marco CIAMPOLINI

Marco Ciampolini, oltre che valoroso collaboratore di About Art, è Storico dell’arte; docente di Stile, Storia dell’Arte e del Costume, presso l’Accademia d’Arte di Carrara e Direttore del CARMI museo Carrara e Michelangelo.
Referenze fotografiche: per la Nave di Luce, Mario Appiani; per il rosone Genesi (immagine n. 24) Fabio Lensini, per le altre opere di Marcello Aitiani, Bruno Bruchi (eccetto quelle nell’Abazia di Koningsoord)

In un saggio del 1990 Enrico Crispolti definiva Marcello Aitiani, non ancora quarantenne, un “autonomo assoluto” [1].

Infatti, mai succube delle mode e del marketing artistico, Aitiani è un artista fuori dalle righe, di natura policentrica, da non incasellare; una sia pur minima disamina storico-esegetica, delle linee di pensiero e operative che lo caratterizzano fin dagli inizi della sua attività, evidenzia questi particolari caratteri, e la cosa è tanto più interessante perché una tale concordanza di analisi proviene da studiosi di diversa prospettiva critica.

1 Marcello Aitiani, Ascesi per canto dell’allegrezza, 1984. Musica elettronica su nastro magnetico e pittura (cm 477 x 261). D’après Francesco Cangiullo, ma virando il senso da un meccanico-rumorismo futurista a un luminoso lirismo. L’opera fu presentata in prima assoluta il 7 maggio 1984 nelle “Serate in onore di CaNGiullo” (a cura di Luciano Caruso) nello Studio Morra di Napoli.

Bruno Corà (nell’articolo Napoli futurista: musica e parole di Francesco Cangiullo, in “Napoli oggi” – 17 maggio 1984) ricorda che l’opera di Aitiani, nella componente pittorica, è

“[…] una tessitura cromatica ricca ma delicata (acquarello su carta); strutturata secondo il ‘metodo del questionario eterogeneo’ che permette l’identificazione di tutte le possibili combinazioni delle parti di un insieme (in questo caso i 3 colori primari, i 3 complementari e i 6 terziari), in modo sintetico–qualitativo, attraverso una visualizzazione geometrica”.

Anche la musica è sviluppata sulla medesima architettura progettuale. 

Proseguendo ne citerò dunque qualcuno, a partire da Andrea Del Guercio che nel 1984 individua nel suo linguaggio

«una grammatica dalla complessa e diversificata natura» Tuttavia «il risultato complessivo esclude qualsiasi definizione “eclettica” […], ma esalta quella volontà di indagine cosmologica che lo ha sempre caratterizzato».

Prosegue Del Guercio soffermandosi su una sua opera del 1978, Canto saffico, dedicato alla lirica Notte della poetessa greca, nella quale la parte visiva ingloba la composizione musicale che lo stesso Aitiani ha modulato – anche graficamente – sul testo e sui ritmi della metrica dei versi; e ritiene che

«l’elemento pittorico-gestuale abbia ragion d’essere in funzione della trascrizione di un’emozione musicale e quindi di una violenta causa mentale; sulla materia pittorica, infatti, come in un vortice, la scrittura musicale si dispone ad accentuare il valore psicologico dell’intento creativo» [2].
2 Marcello Aitiani, Canto saffico, 1978

Aitiani mobilita un’acuta visione teorica, non assimilabile alle ristrettezze concettuali bensì ponendola in relazione a quello che egli chiama

«l’inessenziale dionisiaco, fondamento dell’arte, di quella irrazionalità indistinta e tuttavia concreta, generante una risonanza interiore, di quella impronta d’individualità che sottende ogni fatto creativo».

Da queste basi sono nate concrete esperienze, con la realizzazione di un vasto numero di opere e di notevole varietà, come pittore, musicista, autore di saggi, di libri-oggetto, di lavori artistici ibridi (pittorici-musicali-testuali e talvolta anche tecnologici), di opere permanenti in architetture e ambienti urbani e, sempre più dall’ultimo decennio, autore di interventi artistici per la città con i quali di essa intende valorizzare e vitalizzare soprattutto i beni immateriali, al fine di promuovere pratiche di condivisione e consapevolezza degli abitanti.

Avvertendo l’insufficienza del paradigma moderno basato sull’idea di progresso lineare, i suoi percorsi sono zigzaganti, con andate e ritorni; un andamento evolutivo magari assimilabile alle traiettorie di una spirale tridimensionale; un sentire complesso, che non vuol dire complicato ma multidimensionale. Preferisco allora adeguarmi e riflettere una tale non linearità anche nelle mie succinte riflessioni.

3 Marcello Aitiani, Ascesi per canto dell’allegrezza (particolare)

Aitiani è così per natura, ma anche per cultura e formazione: fin da giovanissimo pratica la pittura e lo studio del pianoforte, iniziato presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali di Siena sotto la guida della pianista e musicologa Miriam Donadoni. Compiuti gli studi classici si laurea in Giurisprudenza, continuando contemporaneamente a interessarsi all’architettura:

«la giurisprudenza mi attirava per il tema della giustizia – ha scritto –; l’architettura per i luoghi della vita degli uomini; entrambe le discipline sono legate e armonizzate nella comune radice di una piena umanità, che l’arte può esprimere».

Una breve dichiarazione che da sola sintetizza il cuore del suo sentire artistico, prismatico ma niente affatto eclettico, come rilevava Del Guercio.

Attento alle sollecitazioni che provenivano da una realtà in drammatico e accelerato cambiamento per lo sviluppo della società dei consumi, e già convinto che soprattutto in arte si debba evitare il pericolo di chiudersi in “accademie” pseudo elitarie, analogamente ad artisti (di età più avanzata) come Pino Pascali o Ennio Morricone, giovane arrangiatore nella RCA italiana, dalla fine degli anni ’60 Aitiani inizia ancora liceale la sua fase giovanile-pop, operando professionalmente in settori dell’industria musicale.

 4 Marcello Aitiani, gruppo Livello 7 (primi anni ’70)

Collabora con alcuni dei più importanti produttori discografici come Giancarlo Lucariello e Angelo Carrara, più “trasgressivi” – secondo Aitiani – di quanto il conformismo critico ed esterofilo immagini [3]; opera dunque come strumentista, compositore e autore letterario per vari interpreti, tra cui Alice; scrive musiche e testi per Matteo, una delle prime opere progressive pop italiane, di cui però non condivide la successiva realizzazione discografica, che “normalizza” il lavoro con orchestrazioni che non sono sue e con interpretazioni di un prog-italico troppo timido. Decide di concludere queste esperienze nel 1978 e sviluppa sempre più intensamente l’attività pittorica, insieme a nuove trame musicali e di scrittura.

 5 Marcello Aitiani, una partitura musicale di Ascesi per canto dell’allegrezza, 1984

Da allora ha preso parte a iniziative espositive e culturali con artisti di tendenza eterogenea ma spesso accomunati dalla ricerca di una polidimensionalità estetica. In effetti Lara-Vinca Masini scriveva, già nel 1989, che

«egli riprende, su basi diverse e con dilatazioni mentali e applicative rinnovate – e anche con un tipo di approccio nuovo e ricco di aperture verso confini imprevedibili – il genere di ricerca che personaggi come l’jugoslavo Viceslav Richter, o Enzo Mari, o anche Enore Zaffiri applicavano, alla metà degli anni sessanta, il primo all’urbanistica […]; il secondo alla percezione visiva, al progetto nell’opera d’arte, alla progettazione architettonica (con l’architetto Morassutti); il terzo tentando una mediazione tra progettualità musicale e creatività formale» [4].

Lo stesso Crispolti, in un saggio del 2006 ancora più corposo del primo, conferma la pronunciata originalità del suo pensare e fare estetici che lo avvicina a un’avanguardia storica

«meno conclamata (fra un Buchheister, in ambito mitteleuropeo, o in Italia, in certa misura, persino fra un Prampolini e un Fieschi; svariando fra anni Venti e Cinquanta)».
 6 MarcelloAitiani, Entropia e neghentropia dei colori, 1999.

E prosegue sottolineando, come Lara Vinca Masini, l’interesse dell’artista per la cultura scientifica, termodinamica ad esempio, quando manifesta

«una consapevolezza della complessità (ordine-disordine), per la quale Aitiani si rifà a Prigogine [5]. […] Tipico un suo dipinto di grande varietà-complessità […] quale Narrazioni multiple. Mondi nei mondi, del 1996» [6].
7 Museo della Contrada del Leocorno, Siena, 1985. Luciano Caruso (a sinistra) e (ultimi a destra) Paolo Belforte e Marcello Aitiani
8 Aitiani, con Esse in “Temperature Flegree”

Pur essendo più giovane, il suo percorso artistico si è “inevitabilmente” incrociato con la maggior parte dei protagonisti della Poesia visiva, o legati (come Giuseppe Chiari) al movimento Fluxus; ed è tra gli autori della musica d’arte fiorentina: Silvano Bussotti, Pietro Grossi, Albert Mayr, Daniele Lombardi, Giancarlo Cardini, Sergio Maltagliati [7].

Un capitolo a sé richiederebbero le sue pionieristiche opere, soprattutto Esse e Nave di luce, realizzate nell’area delle nuove tecnologie info-telematiche: Esse, del 1988, è un’installazione visivo-musicale per 12 computer IBM, presentata a cura dello Studio Morra, d’intesa con l’Istituto Italiano di Studi Filosofici di Napoli.

Come è tipico della sua poetica, che spesso guarda come Giano Bifronte sia al pensiero mitico arcaico che al futuro, Esse poneva in risonanza un luogo come l’antro della Sibilla, cantato da Virgilio nell’Eneide, con forme visivo-cromatiche e musicali digitali in continua mutazione dinamica, al di là dunque della “video arte”, basata su registrazioni statiche.

9 Scrittura visiva per Esse
9 – B. Partitura per Esse
10. Esse, 1988 (particolare dell’installazione, dal fermo immagine di un documentario RAI)
11 Marcello Aitiani e Francesco Giomi. Fasi di elaborazione della componente informatica di Nave di luce, settore di Musica Elettronica del Conservatorio di Musica di Firenze, 1989

La Esse è probabilmente tra le prime installazioni ambientali computerizzate, non solo italiane ma anche del panorama globale.

Un’opera asciutta e meditativa, che non ama il gigantismo e lontana da ogni volontà effettistica e magniloquente.

La Nave di luce è ancora più complessa e non può essere trattata in poco spazio. Proseguendo nella mia più che succinta storia dell’esegesi di suoi lavori, mi limito a un parziale florilegio: Omar Calabrese parla di «alto sperimentalismo intellettuale» [8].

11 – B Nave schema 1
12.Libro-catalogo dell’opera, 1990

Mario Costa, filosofo e teorico dei nuovi media e dell’estetica della comunicazione, dopo aver ricordato il progetto di Karlheinz Stockhausen, in occasione del lancio del satellite Telstar, di un concerto per gruppi di musicisti dislocati in Europa, America ed Australia, sottolinea che

«il lavoro di Aitiani, a differenza di molti altri, attiva ed interseca un gran numero di elementi; tale lavoro va riguardato con estremo interesse» [9].
 13 Una delle partiture visivo-musicali (Scritture p/neumatiche) di Nave di luce, 1985

Francesco Giomi, che ha coordinato e implementato gli aspetti tecnici dell’opera in costante dialogo con Aitiani, qualifica

«sia esteticamente che tecnicamente l’opera Nave di Luce come uno degli esempi più nuovi e significativi del panorama “elettronico” dell’arte» [10].
 14 Freccia del tempo, in Nave di luce, Magazzini del sale – Siena 1990

Enrico Crispolti ricordando i temi indagati nella sezione “Informatica e tecnologia” della Biennale veneziana del 1986 dedicata a “Arte e scienza”, osserva che

«un evento di particolare rilevanza e complessità è risultata certamente la realizzazione di Aitiani Nave di luce nel marzo 1990, nei Magazzini del Sale a Siena» [11].

Carlo Fatigoni la inserisce nella rassegna When sound becomes form, sulla sperimentazione visivo-sonora in Italia dal 1950 al 2000, allestita al Maxxi di Roma (2018).

15 Nuovi Madrigalisti di Siena”, diretti da Giordano Giustarini, in Nave di luce, Siena 1990
 15- B Sentinelle del cielo (acilico su tela ed elementi legno dipinto),1986. Per Nave di luce

All’estero, per citare solo la ricerca più recente su progetti telematici di artisti e scrittori attivi nella creazione di opere che hanno esplorato le possibilità della rete, Judy Malloy inserisce la Nave di luce tra i cinque lavori telematici notevoli a livello mondiale, realizzati prima del web [12].

Infine non posso non ricordare che nel suo percorso artistico Aitiani ha condiviso importanti realizzazioni con il gruppo di artisti e scultori che si sono nel tempo impegnati particolarmente per una ripresa della scultura in dimensione urbana (tra cui Pietro Cascella, Mauro Berrettini, Yasuda Kan, Gio’ Pomodoro, Cordelia von den Steinen, Jean Paul Philippe, Girolamo Ciulla, Joe Tilson, Daniel Milhaud; Nado Canuti; Mirella Forlivesi, Rinaldo Bigi, Venturino Venturi). Tra le varie iniziative (esposizioni e opere urbane permanenti), ricordo con piacere Arte nella città (catalogo omonimo del 1997), mostra allestita nel Palazzo dell’Arte – Triennale di Milano, della quale ho avuto il piacere di essere il curatore.

 16 Marcello Aitiani, Torsione di strano attrattore (travertino con pigmenti), 2001

Questa intensa attività è stata presentata e documentata in saggi, articoli, edizioni musicali e in numerose rassegne, personali e collettive, in gallerie private, spazi pubblici e musei, sia in Italia che all’estero. Per ricordarne solo alcuni: il MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, a Roma; lo Studio-Fondazione Morra di Napoli, il Museo Novecento di Firenze; la City Art Gallery di Sofia, che attraverso opere della collezione Carlo Palli ha documentato Percorsi di Arte Italiana del XX e XXI secolo; il Centro Luigi Pecci di Prato; il Castello di Belgioioso in Pavia; Milano Poesia – Spazio Ansaldo; il Palazzo della Triennale di Milano; il Museu de Arte Moderna di Rio de Janeiro; Columbia University, New York; Complesso Monumentale di San Domenico, a Prato; i Magazzini del sale e il S. Maria della Scala di Siena…

Qual è insomma, nel vertiginoso pluriverso [13] di opere, trasalimenti, ricerche, il centro focale dell’arte di Marcello Aitiani; o forse, meglio, qual è il suo poli-centrimo?

 17 Marcello Aitiani, Riflessi. Dal niente al Niente, Abdij Koningsoord, Arnhem (Paesi Bassi)

Penso che per avere una risposta convenga ascoltarlo quando, ad esempio, in relazione tanto a Esse che a Nave di luce, si domandava «questi lavori sono una resa alla frattalizzazione dell’uomo (secondo una condizione suggerita da Jean Baudrillard) e al codice binario delle tecnologie digitali odierne, oppure rappresentano il tentativo di porre in essere un’estetica che aggira, ripartendo da zero, la nientificazione del linguaggio contemporaneo?» [14]. Il suo dubbio è reale, ma certo la sua risposta è stata in direzione del secondo corno del dilemma: dalla nientificazione (di molta arte del nostro tempo) alla luce. Dal niente, al Niente con la maiuscola (come scriveva in Nave di luce, libro-catalogo citato), alla luce taborica, come meta irraggiungibile cui tendere, nella formulazione del monaco Gregorio Palamas del XIV secolo.

Non meraviglia allora che Aitiani alimenti il suo essere artista nel dialogo anche con filosofi della scienza come Silvano Tagliagambe, con protagonisti del Pensiero complesso come Mauro Ceruti, come l’astrofisico Filippo Martelli (del’equipe che ha dimostrato l’esistenza delle onde gravotazionali, ricerca che ha condotto all’assegnazione del Nobel), col mondo letterario e poetico di Antonio Prete. Parimenti non mi sembra casuale la sua relazione, talvolta sotto traccia ma mai interrotta, con Peppe Morra, figura rilevante del mondo delle arti contemporanee il cui intuito lo ha sempre condotto a dialogare con artisti-pensanti, di diverse tendenze, poliformi e polifonici, non soggiogati alle richieste del mercato.

Oggi il suo pensiero si è approfondito ma il fuoco principale è ancora puntato sulla vita e sulla condizione dell’essere umano in relazione all’Altro da sé e alla natura. Recentissimamente scrive sui caratteri del bene culturale [15], osservando che esso

«è tanto più importante se e in quanto le persone siano messe in grado di riconoscerne valori e significati (Convenzione di Faro – Portogallo). Oltre e prima ancora degli interventi sugli “artefatti materiali” (opere artistiche, installazioni urbane, architetture…) da tempo ormai sento che è importante prendersi cura dei beni “immateriali”: tradizioni, culture, sentimenti, tecniche e capacità operative dei cittadini. È interessante notare che nel 2003 l’UNESCO ha adottato la Convenzione per la Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, ratificata dall’Italia nel 2007.

In quest’ottica, mettersi alla ricerca della struttura che connette (con le parole di Gregory Bateson), dell’unitas che pone in relazione le molteplici valenze del bene culturale e di quei sistemi complessi che chiamiamo “arte” e “città”, potrebbe permettere di immaginare soluzioni e raggiungere la capacità di agire (capacitazione, secondo Amartya Sen) per soluzioni di lungo respiro; per una città plurale e allargata, cioè oltre l’isolazionismo provinciale e contemporaneamente senza perdere della provincia gli aspetti migliori, sostenibili nel tempo e più attuali. Insomma mi sembra importante che si pensi e si agisca ecologicamente, con una ecologia della mente.

Sorgeranno allora nuove o più ampie domande, ricerche, idee, studi, esperienze, immaginari onirici artistici e scientifici sull’attuale vuoto di molti nostri borghi italiani, ma anche dei tanti “non luoghi “che ormai riempiono città e metropoli; un simile vuoto, se rischiarato da effervescenze anche e soprattutto artistiche, ritornerà a parlare ben oltre il silenzio dei 4’.33” di John Cage. Così riusciremo a intendere l’“ombra psichica” che trascuriamo e che, riconosciuta, alimenta la luce dei singoli e della più vasta realtà urbana, da reinventare per l’oggi e per domani, dopo le tante crisi e le depresse malinconie sul futuro».

Aitiani è per un’arte – come scrive nel libro che ha raccolto le testimonianze di autori e specialisti dei mondi umanistici e scientifici per i cento anni di Edgar Morin – «collegata ai luoghi dell’esistere […] un’arte implicata nella vita e una vita implicata nell’arte» [16]. Sentieri molteplici, che nel tempo ha praticato, formalmente diversi, riflessioni e diffrazioni di un’unica sorgente luminosa.

 18 Aitiani, interno della chiesa dell’Abbazzia di Koningsoord, con l’altare su tarsia ad ovulo (in travertino) e il rosone Cosmogonia. Sullo sfondo: ambone e tabernacolo (in travertino e bronzo), Arnhem (Paesi Bassi)
19 Nuova Abbazia di Koningsoord (architetto Gert Grosfeld). Veduta aerea

Per finire mi piace allora cogliere qualcosa di tali raggi diffranti in uno specifico momento di tre lustri fa, e dunque anche con alcune diversità rispetto a quello attuale dell’artista. Un’intrapresa magari poco nota soprattutto in Italia e alquanto desueta rispetto a come oggi l’arte si pensa e si fa: le progettazioni e le opere di Aitiani per il nuovo complesso abbaziale cistercense di Koningsoord nella città olandese di Arnhem, dell’architetto Gert Grosfeld.

20 Marcello Aitiani, Onda sonora di luce, Abdij Koningsoord, particolare
 21 Marcello Aitiani, Cosmogonia, rosone in Abdij Koningsoord, particolare

Grazie all’artista aspetti della nostra cultura estetica contemporanea insieme alla nostra tradizione sono ora presenti in forma non effimera ma permanente in un contesto europeo, mostrando una vitalità di cui possiamo essere fieri.

Aitiani, scelto in un concorso internazionale, ha realizzato numerose vetrate, la maggior parte degli arredi sacri della chiesa: ambone, tabernacolo, acquasantiere, candelabri, croci consacratorie; fino all’altare col grande ovulo sottostante, incluso nel pavimento a verticalizzare lo spazio interno e rendere visibile il senso di un abbraccio comunitario. Infine ha realizzato l’originalissimo Crocifisso risorto e trasfigurato su tavola lignea incisa e dipinta, con sapore arcaico (vicino allo spirito dei crocifissi duecenteschi e alle profondità delle icone) e al tempo stesso “profeticamente” contemporaneo. Opere tutte ideate secondo una visione che emerge chiaramente dalle sue dirette parole, quando dice:

«Ho cercato, per quanto possibile, di non pensare ai vari elementi plastici e pittorici come singolarità autosufficienti, ma come presenze che dialogano tra loro e con l’architettura, in modo da connotare esteticamente (e spiritualmente) l’ambiente nel suo complesso».

Queste numerose opere, ormai visibili ad libitum, riflettono ed esemplificano aspetti della sua poetica, che considero rilevanti e che mi sembrano sintetizzabili in quattro punti essenziali:

in primo luogo l’attitudine a proiettare il proprio fare artistico nei luoghi della vita, come prima accennato, in rapporto cioè alle architetture, agli ambienti urbani, umani e paesaggistici. Questo è accaduto altre volte, prima e dopo Koningsoord; per esemplificare, limitandosi al solo territorio senese, con Iridescenze, il rosone principale del Duomo di San Gimignano, di uno stile audace e attuale ma capace di inserirsi in modo straordinariamente armonico nel contesto antico della Collegiata e di dialogare nei colori e nelle forme – con un senso quasi architettonico, nel gioco delle linee orizzontali e verticali – con gli affreschi di Taddeo di Bartolo che lo circondano e con quelli sottostanti di Benozzo Gozzoli affiancati dal gruppo scultoreo di Jacopo della Quercia (Angelo annunciante e Maria vergine).

22 Marcello Aitiani, Iridescenze. Concordanze compositive con gli affreschi antichi
 23 Marcello Aitiani, Iridescenze nel Duomo di San Gimignano
24 Aitiani, Genesi, rosone della Chiesa del Crocifisso, nel Santuario-Casa di s. Caterina in Siena

La breve esegesi di Iridescenze mi invita poi a rilevare il suo legame evolutivo dal precedente rosone Genesi, Goccia dell’universo (1994), realizzato dall’artista per la Chiesa del Crocifisso nel Santuario- Casa di Santa Caterina in Siena.

Infatti la vetrata di San Gimignano è generata, dal punto di vista delle linee strutturali, da quella senese per una sorta di gemmazione per il tramite di geometrie quasi frattali.

Marcello Aitiani e Aldo D’Angelo: sviluppi dalla struttura circolare dalla vetrata Genesi al rosone Iridescenze [Immagini 25.1, 25.2, 25.3, 25.4, 25.5, 25. 6

26 Iridescenze

Su Genesi – opera che in occasione della sua inaugurazione ho descritto come il più riuscito innesto, a Siena, di un’opera contemporanea in un complesso decorativo barocco – non posso qui soffermarmi. Mi limito a segnalare che il dialogo attivato da Aitiani è in questo caso con gli affreschi del primo Settecento di Giuseppe Nicola Nasini, dei quali coglie il senso cromatico e formale di fondo, rendendolo parte di un accordo più ampio, che ingloba anche il linguaggio decisamente e giustamente contemporaneo della propria opera.

27 Aitiani, Genesi: una voce contemporanea in dialogo con gli affreschi di Giuseppe Nicola Nasini e i decori della chiesa

Infine, tra le altre sue opere in architetture, non posso non ricordare l’originale ciclo pittorico (Metamorfosi dell’arcangelo) dipinto sulle pareti dell’oratorio di proprietà della famiglia Tiezzi a Pacina, impreziosita anche da due sue vetrate e da una scultura di Pietro Cascella.

 28 Marcello Aitiani, vetrate e ciclo pittorico nell’Oratorio di S. Stefano in Pacina.
29 Aitiani in una fase della realizzazione pittorica
30 Bozzetto per una delle vetrate dell’Oratorio

Un’intrapresa che potremmo avvicinare a quella di Matisse nella Cappella di Santa Maria del Rosario a Vence. Non certo un’insensata replica, poiché molte sono le differenze dei contesti storico-stilistici, ambientali, antropologici e temporali.

31 e 32 Bozzetti per il ciclo della Metamorfosi dell’arcangelo

– In secondo luogo va segnalato in Aitiani un fare artistico sempre più consapevole della necessità di immettere qualità estetica nella nostra vita. Una convinzione sviluppata sia a livello teorico (anche nella sua attività di docente negli scorsi anni presso le Università di Cagliari e di Firenze) sia, e soprattutto, nella concretezza delle opere.

– Il terzo punto è relativo alla lucida consapevolezza di Aitiani circa l’importanza del tempo. La sua pittura e i suoi vari lavori assumono in sé il tempo come dimensione importante, insieme allo spazio. È questa una fondamentale acquisizione delle arti, almeno dall’opera di Cézanne in poi. Un tempo che, per Aitiani, non è riducibile (scientisticamente) alla scansione quantitativa dell’orologio, ma da riferirsi al fluire della vita, al tempo esistenzialmente vissuto, come egli ha in più occasioni avuto anche modo di scrivere. Ciò che “naturalmente” lo lega alla musica e all’architettura; tanto che da sempre, si potrebbe dire, i suoi lavori si connettono a queste due forme d’arte e al lato positivo della ricerca delle avanguardie storiche.

33 Marcello Aitiani, Scritture cromatico-musicali per la Stanza della meditazione, in Koningsoord (particolare)

– Il quarto aspetto riguarda il fatto che le opere di Aitiani superano il mero concettualismo modernista. Per lui l’idea non può scaturire che ponendosi in relazione con le tecniche e i materiali utilizzabili.

34 L’artista nel laboratorio di scultura “Saturnus” a Serre di Rapolano (Siena)
35 Marcello Aitiani, Acquasantiera, Abbazia di Koningsoord

Come dire che corpo e spirito sono autonomi e separati solo se ridotti ad astrazioni, cadendo allora nell’aridità razionalista o pseudo-intellettuale; o, all’opposto, scivolando in una sorta di materialismo fattuale privo d’anima. Le opere di Aitiani sono invece organismi unitari e complessi che crescono con e dentro un corpo; hanno anima, cultura, intelligenza, carne e sangue; non sono chimere cerebrali, traducibili letterariamente in sole parole.

Necessitano anche di una “presenza materica”. Abilità manuale e tecnica, insieme a pensiero teorico e sentimento. Egli ha perciò condotto una rivalutazione del sapere e del saper fare, intesa quasi come una filosofia di vita, quale appare ad esempio nella visione del sociologo Richard Sennett sull’artigianato.

 36 Marcello Aitiani, fasi realizzative nella vetreria d’arte, “La Diana”, Via, Veritas et Vita, pittura esecutiva per una delle sue vetrate nell’Abbazia di Koningsoord.

Soprattutto in questo impegno olandese Aitiani ha infatti attivato e diretto, come in un’atmosfera quasi d’antica bottega rinascimentale, vari laboratori artigiani altamente specializzati, soprattutto toscani; infatti, oltre alla collaborazione col designer olandese Bert Pomp per la realizzazione di un particolare meccanismo pneumatico, ha operato col laboratorio di scultura dell’Associazione artistico-culturale “Saturnus” di Serre di Rapolano, diretto da Riccardo Grazzi e Mauro Berrettini, e da me presieduto. Dalle cave di Serre l’artista ha fatto estrarre, per la realizzazione dei suoi lavori plastici, blocchi di travertino, materia che sente viva e che ingloba tracce di evoluzioni e vicende plurimillenarie.

Ha operato inoltre con la vetreria d’arte La Diana, di Angela Nenci e con la falegnameria di Daniele Salvini per la carpenteria della croce, entrambe senesi. La fiorentina fonderia artistica Del Giudice, ha infine lavorato alle creazioni in bronzo. Secondo Aitiani è stato molto importante il dialogo che si è instaurato fra lui e questi notevoli specialisti: ognuno ha donato qualcosa all’altro e ognuno ha appreso.

 37 Marcello Aitiani, altare (travertino e inclusioni in vetro), Abbzia di Koningsoord

Grazie ad Aitiani il senso della nostra tradizione – unita a una tecnica artigianale di elevata qualità e guidata dall’artista verso un linguaggio consapevole delle estetiche e dei temi del mondo contemporaneo – ha ritrovato inedite qualità formali e di pensiero e ora permane stabilmente, armonizzata con l’atmosfera culturale della realtà olandese.

Credo che non solo da questo specifico episodio ma dal suo intero, prismatico e “sinestetico” percorso artistico, potremmo trarre stimolo ed esempio per una “filosofia” dell’immaginare, del progettare e realizzare di cui la contemporaneità ha particolarmente bisogno. Non solo in ambito artistico.

Marco CIAMPOLINI  Siena 17 Settembre 2023

NOTE

[1] Enrico Crispolti, Una grande metafora coscienziale, in Marcello Aitiani. Nave di Luce, Electa, Milano 1990.
[2] Andrea Del Guercio, Marcello Aitiani, Expo-Arte, Bari 1984.
[3] Di queste esperienze, di una di queste figure, della condizione che ha caratterizzato la società dagli anni ’60 ad oggi e di molto altro, Aitiani ha scritto nel saggio Musica e arte, oscurità e bellezza nel mondo contemporaneo, nel libro Una melodia infinita (a cura di Giancarlo Lucariello), Baldini + Castoldi, Milano 2021.
[4] Lara Vinca Masini, Marcello Aitiani, in Oro d’autore. Materiali e progetti per una collezione orafa, Arezzo 1989.
[5] Ilya Prigogine, chimico e fisico è stato insignito del premio Nobel per la chimica nel 1977 per le sue innovative ricerche nella termodinamica dei processi irreversibili e dei sistemi complessi. Di grande interesse anche la sua visione tendente alla ricostituzione di una nuova alleanza tra le narrazioni della cultura scientifica e umanistica che la modernità ha scisso.
[6] Enrico Crispolti, Qualche nota per prima, durante e dopo Nave di Luce, in Marcello Aitiani. Entropie e armonie, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Raffaele De Grada”, San Gimignano 2006.
[7] Archivio Digitale dei compositori del Novecento Musicale Fiorentino, da Dallapiccola in poi, curato dal Maestro Mario Ruffini, Centro Luigi Dallapiccola – Conservatorio di Musica “Luigi Cherubini” di Firenze.
[8] Omar Calabrese, Il barocco combinatorio di Marcello Aitiani, in Caos e bellezza, Domus Academy, Milano 1991.
[9] Mario Costa, La comunicazione tecnologica del suono, in Nave di luce. Arte, musica, telematica, Electa, Milano 1990.
[10] Francesco Giomi, L’opera telematica, in Nave di luce. Arte, musica, telematica, op cit.
[11] Enrico Crispolti, La pittura in Italia. Il Novecento/3. Le ultime ricerche, Electa, Milano 1994.
[12] Ship of Light in http://www.narrabase.net/ship_of_light.html (a cura di Judy Malloy).
[13] Citazione del titolo della recente pubblicazione, di cui è il curatore con Luisa Puddu, Pluriversi. Riflessioni e diffrazioni da un’esperienza espositiva, Aracne 2021.
[14] Marcello Aitiani, Lasciarsi attraversare dalla natura, Siena 2004
[15] Marcello Aitiani, comunicazione personale,
[16] Marcello Aitiani, L’arte dellarelianza’, in Cento Edgar Morin. 100 firme italiane per i 100 anni dell’umanista planetario, a cura di Mauro Ceruti, Mimesis, Milano 2021.