“Empire of Light”, un film in cui Sam Mendes esplora i sentimenti di un’epoca immalinconita.

di Lori FALCOLINI

Il cinema “è l’unico mezzo a disposizione di tutti per interrompere il noioso, prolisso e lunghissimo film della nostra coscienza quotidiana”

(G.O.Gabbard, K.Gabbard Cinema e psichiatria)

Ambientato nel Regno Unito all’inizio degli anni Ottanta agli albori dell’era di Margaret Thatcher con la disoccupazione, il rumore crescente delle tensioni razziali, gli skinheads ma anche la musica, i film e la cultura pop di quegli anni, Empire of light (2022), il nuovo film di Sam Mendes, pone al centro della narrazione un vecchio cinema di provincia. Grazie alle sue ampie vetrate che guardano il fuori ma lasciano anche intravedere ciò che accade dentro, l’Empire è la metafora dell’arte cinematografica ma anche espressione della separazione tra interiorità e esteriorità, un tema caro al regista britannico.

L’Empire è lì, di fronte al mare, imponente come una cattedrale eppure già in crisi. La parte superiore del cinema, ormai in disuso, è abitata dai colombi. In questo vuoto  nasce il rapporto tra due “diversi”: una donna bianca di mezza età ed un giovane nero. Hillary (Olivia Colman) gestisce il cinema ed è in cura per problemi psichiatrici, conduce una vita solitaria, ama la poesia e, a parte pulire, non si ferma mai nella sala cinematografica a vedere un film. Stephen (Micheal Ward), vittima designata di una società razzista, è l’ultimo arrivato tra i dipendenti dell’Empire. In attesa di essere accettato da una università e nonostante una delusione amorosa, Stephen è aperto alle opportunità che la vita gli offre, come il bacio di Hillary sulla sua bocca. La sua passione è la musica controcorrente che mescola ritmi “bianchi” e “neri”, The Specials, The Beat…

Intorno a Hillary e Stephen, Empire of light racconta con rapide pennellate una comunità di personaggi che in modi diversi hanno trovato rifugio nel cinema; ne fa parte anche lo squallido proprietario dell’Empire (Colin Firth) che abusa della sottomissione di Hillary imponendole rapporti sessuali consumati frettolosamente nel suo studio.

Sam Mendes, pluripremiato regista di cinema e teatro, premio Oscar per American Beauty (1999), costruisce una storia che si nutre della riflessione sui legami e dell’importanza del cinema e di ogni altra forma d’arte nel riparare le ferite della vita. Non a caso la scrittura di questo film nata durante la pandemia COVID parte dal bisogno, come dice lo stesso regista, di “riesaminare la propria vita” e sembra terminare con la pacificazione. Ogni cosa diventa possibile grazie alla magia del cinema. L’importante è aprirsi alla vita Oltre il giardino, come suggerisce il proiezionista (Toby Jones) ad Hillary proiettando per lei la storia del compassato giardiniere del film di Hal Ashby, un alienato che tutti scambiano per un guru.

Empire of light ha avuto, tra gli altri riconoscimenti,  la nomination all’Oscar 2023 per la migliore fotografia (R.Deakins) e la nomination al Golden Globe 2023 per la migliore attrice (O.Colman). Nelle sale cinematografiche.

Lori FALCOLINI  Roma 19 Marzo 2023