Dall’archivio di Stefano Bardini riemerge l’ “Alessandro Magno incorona Roxane” della bottega di P.P. Rubens

di Patrizio BASSO BONDINI & Veronica MERLO

Il dipinto Alessandro Magno incorona Rossane (Fig.1) era stato proposto in vendita alla Dorotheum di Vienna [1] e da Eurantico Casa d’Aste [2] come copia dall’opera di Rubens conservata a Wörlitz allo Staatliche Schlosser und Garten (Olio su tela; 116,3 × 105,8 cm).

1 Bottega di P. P. Rubens – Alessandro Magno incorona Rossane (Italia, collezione privata; già Vignanello, Eurantico, 19 ottobre 2023; Vienna, Dorotheum, 30 aprile 2019). Olio su tavola, cm 78.5×59
2 P.P. Rubens o bottega – Alessandro Magno incorona Rossane (Gerusalemme, Israel Museum). Tela, cm 200×160. Fotografia del 1931 che documenta l’opera prima del taglio eseguito negli anni 40 del Novecento

È da osservare, prima di tutto, che il soggetto dell’opera, ispirato alla descrizione di Luciano di Samosata (120-180 d.C.) del perduto capolavoro della pittura greca di Aezione, è stato da Rubens trattato in due versioni distinte che eseguì a distanza di otto anni l’una dall’altra.

La prima versione è databile intorno al 1617 e manca di un prototipo certo che Ludwig Burchard, il maggiore studioso del pittore, pensava di identificare nel dipinto conservato a Gerusalemme all’Israel Museum, considerato attualmente, invece, un lavoro di bottega (Fig.2).

La seconda versione è databile nel 1625 ed è quella, appunto, conservata a Wörlitz (Fig.3), la quale si differenzia dalla prima per essere una composizione più ravvicinata, dove non è raffigurato il puttino nascosto sotto il mantello di Alessandro.

3 P.P. Rubens – Alessandro Magno incorona Rossane (Wörlitz, Staatliche Schlosser und Garten). Tela, cm 116.3×105.8

L’opera qui analizzata, così come si può vedere dalle immagini 2 e 3, dipende non tanto dal dipinto di Wörlitz, come scritto nella scheda del Dorotheum, bensì dalla prima versione di Rubens di questo soggetto.

Di queste due versioni esistono numerose copie, il cui elenco è allegato alla fine di questo breve contributo.

È da sapere, tuttavia, che la nostra è una tra le più interessanti poiché è l’unica, tra queste, ad essere stata eseguita su tavola, ad eccezione di quella passata alla Lempertz nel 2008 con l’attribuzione a Josse de Pape (1615–1646) (Fig.4).

4 Josse de Pape (attr.), Alessandro Magno incorona Rossane, (Colonia, Lempertz, 22-11-2008). Tavola, cm 64×50

È da osservare, inoltre, che sia quest’ultimo dipinto, passato anche alla Schloss Ahlden come bottega di Rubens, che quello qui esaminato sono gli unici ad avere una forma più rettangolare e sviluppata in verticale rispetto alle altre copie oggi note. Sul retro della tavola in esame è presente, inoltre, il marchio impresso a fuoco della Gilda di San Luca di Anversa, mai indagato fino ad ora, che rappresenta il simbolo della città, ovvero due mani sopra un castello; segno di garanzia della qualità della produzione della tavola (Fig.5). È da osservare che questa tipologia di marchi, i quali potevano essere accompagnati anche dal monogramma o dal simbolo del maestro produttore della tavola, mutò nel corso degli anni nella forma, che con il tempo divenne sempre più astratta.

Nel caso della tavola qui esaminata, dove non è presente il monogramma dell’artigiano, forse eliminato dalla recente operazione di parchettatura, abbiamo potuto rintracciare lo stesso marchio, anch’esso senza monogramma, sul retro di un bozzetto su tavola di Rubens presentato alla Christie’s di Londra il 6 luglio 2023 (Fig.6).

5. Marchio della Gilda di San Luca a tergo della tavola qui esaminata; 6 Marchio della Gilda di San Luca a tergo dell’Ecce Homo di Rubens (Londra); 7 Marchio della Gilda di San Luca con il Monogramma MV a tergo 

Lo studio dei marchi di Anversa è ancora in corso e l’RKD sta lavorando alla creazione di un database universale. Per quanto possiamo oggi sapere, il nostro marchio è stato, molto probabilmente, impiegato dal 1617, anno in cui le norme sulla marchiatura delle tavole furono più attentamente delineate, al 1637 circa abbinato al monogramma MV di Michiel Vriendt[3] (attivo dal 1615 al 1637) (Fig.7), un artigiano del quale Rubens si servì per la fornitura del legno per i suoi quadri, così come è dimostrato anche dai resoconti dell’Onze-Lieve-Vrouwkerk.

Questo dato cronologico è estremamente importante per il caso qui trattato perché circoscriverebbe l’opera in un periodo cronologico in cui effettivamente Rubens lavorò sulle due versioni di Alessandro incorona Rossane, nel 1617 e nel 1625. Sulla base di tutti questi elementi, è possibile, dunque, considerare il dipinto qui esaminato un prodotto del più stretto ambito della scuola/bottega di Rubens e non della sua, troppo generica, cerchia.

Fotografia d’epoca (1875-1915 ca.) del dipinto qui esaminato conservata nell’archivio di Stefano Bardini.

Ultima, ma non meno importante, è la questione relativa la provenienza dell’opera, per niente toccata dall’asta viennese. Il dipinto è con certezza da identificare, infatti, con l’opera, ritenuta finora dispersa, appartenuta al noto antiquario fiorentino Stefano Bardini (1836-1922) (Fig.8) tra il 1875 e il 1915. È stato possibile rintracciare l’antica fotografia dell’opera, non riprodotta ma citata nel Corpus Rubenianus (1997) come copia dalla prima versione, nella fototeca dell’RKD (img. nr. 1001243196) e nell’Archivio storico fotografico di Stefano Bardini a cura di Everett Fahy (2000). È da osservare che il dipinto è stato da sempre schedato erroneamente come un’opera eseguita su tela sia nel Corpus che nell’archivio Bardini[4].

Tuttavia, dall’osservazione della fotografia, dove sono visibili gli stessi spacchi della tavola presenti sul dipinto qui analizzato, appare chiaro che si tratta della stessa opera. Nell’antica fotografia possiamo vedere, inoltre, che il dipinto era accompagnato da una diversa cornice che venne, molto probabilmente, sostituita con quella attuale dallo stesso Stefano Bardini, così come era solito fare per i quadri in suo possesso.

Durante l’ultimo quarto del XIX secolo Stefano Bardini divenne l’antiquario di maggior successo in Europa e il primo a servirsi della nuova tecnica della fotografia, godendo tra i contemporanei la fama di fotografo dilettante. La tipologia di oggetti da lui trattati fu vastissima, come testimonia anche il suo ricchissimo archivio fotografico situato al piano nobile di Palazzo Mozzi Bardini a Firenze. Il quale è, ad ogni modo, una documentazione ampia ma non completa di tutti i dipinti che sappiamo essere passati per le sue mani.

Tra i clienti illustri di Bardini figurò lo storico dell’arte tedesco Wilhelm von Bode, così anche la Königliche Gemäldegalerie di Berlino; il banchiere Èdouard André e sua moglie, Nélie Jacquemart; il principe di Liechtenstein Giovanni II e l’avvocato di Filadelfia John G. Johnson, solo per citarne alcuni.

Patrizio BASSO BONDINI & Veronica MERLO  Roma 21 Settembre 2025

Prima versione (1617)

  1. Rubens o Bottega, Gerusalemme, Israel Museum. Tela, in origine cm 200×160 (Fig.2)
  2. Bottega, Collezione privata. Firmato in basso a sinistra PP Rubens. Tela, cm 213×167
  3. Theodoor van Thulden (), Collezione Alfred S. Karlsen, Beverly Hills, California. Tela, cm 158×128
  4. Theodoor van Thulden (), Londra, Sotheby’s, 08-07-2015 (come Studio di Rubens). Tela, cm 198.2×169.5
  5. Copia, Collezione Niven-Johnston, Bebington, Cheshire (1965), tela, 204×168 cm
  6. Copia, Middelburg, collezione di JW van Sluijs (1959). Tela, cm 127-140×103
  7. Copia, Princeton, collezione privata. Tela (tagliata in basso), cm 140.5×160
  8. Copia, Christie, Manson & Woods, 10-12-1976. Tela, cm 207×169
  9. Josse de Pape (), Colonia, Lempertz, 22-11-2008; Germania, asta Schloss Ahlden (come bottega di Rubens). Tavola, cm 64×50 (Fig.4)
  10. Johann Boeckhorst (), Monaco, Hampel, 24-09-2020. Tela, cm 158×132

Schizzo della prima versione

  1. Rubens, New York, Christie’s, 27-01-2010; prob. asta a Parigi del 1791. Tavola, cm 40×35,3
  2. Rubens o Copia (?), Ubicazione sconosciuta (prob. perduto); prob. asta Londra del 1781 e del 1790. Tavola
  3. Copia, Basilea, Kunstmuseum. Tavola, cm 64×49.5
  4. Copia, New York, Parke-Bernet Galleries, 25-01-1945. Tavola, cm 61.5×48

Seconda Versione (1625)

  1. Rubens, Worlitz, Staatliche Schlosser und Garten. Tela, cm 116.3×105.8
  2. Copia, Cambrai, Musée des Beaux-Arts de Cambrai. Tela
  3. Copia, Ubicazione sconosciuta; Londra, WM Sabin&Sons. Tavola, cm 40.5×33
  4. Copia, Londra, Christie’s, 05-07-1990. Tela, cm 116.8×99
  5. Copia, Londra, Sotheby’s, 31-10-1990 (come seguace di Rubens). Tela, cm 105,5×98
  6. Disegno – Copenaghen, Galleria Nazionale di Danimarca
  7. Disegno – Parigi, Louvre

Bibliografia:

  • McGrath, Corpus Rubenianus Ludwig Burchard. Rubens. Subjects from history, Vol.II, Harvey Miller Publishers, 1997, p. 80, cat. 14.4.
  • Fahy, L’archivio storico fotografico di Stefano Bardini. Dipinti, Disegni, Miniature, Stampe, Firenze, 2000, p. 53, immagine 507

 Bibliografia di riferimento sui marchi di Anversa:

  • Gepts, Tafereelmaker Michiel Vriendt, leverancier van Rubens / The Panel maker Michiel Vriendt, supplier to Rubens, In “Jaarboek Koninklijk Museum voor Schone Kunsten, Antwerp”, 1954-1960, pp. 83-7 (http://jordaensvandyck.org/article/the-panel-maker-michiel-vriendt-supplier-to-rubens-gepts/)
  • Hermens, Looking Through Paintings: The Study of Painting Techniques and Materials in Support of Art Historical Research, Baarn, 1998, pp. 179-190

NOTE

[1] Vienna, Dorotheum, 30 aprile 2019 lot. 518 (come “cerchia di Rubens”)
[2] Vignanello, Eurantico, 19 ottobre 2023, lot. 841 (come “cerchia di Rubens”)
[3] Il marchio di Anversa, insieme al monogramma MV, è presente sul retro del dipinto di Joos van Craesbeeck (1601 circa – tra il 1654 e il 1662) La morte è veloce: Lite in una taverna, conservato alla Royal Museum of Fine Arts di Anversa. La datazione del dipinto, eseguito tra il 1630 e il 1654, anno della morte del pittore, può essere ulteriormente circoscritta entro il 1637, anno in cui sappiamo cessare l’attività di Michiel Vriendt.
[4] Nel catalogo dell’archivio Bardini le misure riportate sono “forse 158×128” e la provenienza “forse Alfred S.Karlsen”, dati questi invece da riferire ad un’altra versione dell’opera di Rubens che si trova citata nel Corpus.