“Chi attende alle considerazioni dell’arte non è mai solo né senza pensieri”; l’iconografia del “David” alla maniera dei Grandi Maestri.

di Claudia RENZI

Ci sono diversi elementi che accomunano Leonardo, Michelangelo, Caravaggio e Bernini; tra questi la singolare coincidenza che tutti e quattro hanno avuto in qualche modo a che fare con il tema del David, cominciando da Leonardo che secondo una vecchia tradizione, essendo (anche) bellissimo[1], impersonò l’eroe biblico posando nei suoi panni per il maestro Andrea del Verrocchio (1473 ca., Firenze, Museo del Bargello – Fig. 1), nella cui bottega era giunto a diciassette anni[2].

Fig. 1 – Verrocchio, David, Firenze, Museo Nazionale del Bargello

Il David di Verrocchio è in una posa statica, fiera e dinamica insieme, vagamente riecheggiante il celebre precedente di Donatello, di cui Andrea si professava allievo: braccio sx piegato sul fianco, gamba sx in avanti, spada nella dx (com’è noto, Leonardo era prevalentemente mancino ma in tale contesto, ovviamente, la caratteristica non aveva importanza), testa del gigante Golia ai piedi.

Il David verrocchiesco, rispetto al precedente donatelliano, è vestito: un gonnellino cinge i fianchi e una lorica, talmente aderente da sembrare una seconda pelle, copre e al contempo delinea petto e addome esaltando l’eleganza della silhouette. Il capo è scoperto, a dare risalto alla chioma leonina del modello il quale, anni dopo, avrebbe nuovamente incrociato il personaggio, stavolta sottoforma di statua uscita dalle prodigiose mani di un altro giovane astro dell’arte universale, ovvero il David di Michelangelo (1501-4, Firenze, Gallerie dell’Accademia – Fig. 2), commissionato allo scultore nel 1501 sempre che fosse riuscito a cavarlo dal blocco abbandonato, e in parte già manomesso da altri, che nessuno osava più da tempo toccare.

Fig. 2 – Michelangelo, David, Firenze, Gallerie dell’Accademia

Nel gennaio 1504 il colosso michelangiolesco era finalmente pronto, tuttavia l’originale destinazione – un contrafforte della cupola di Santa Maria del Fiore (utile a comprendere anche l’apparente sproporzione della testa: da quella distanza, e visto da sotto in su, il David sarebbe apparso perfettamente proporzionato) – fu all’ultimo momento scartata: la statua risultò tanto eccezionale (e utile alla propaganda medicea) da meritare di poter essere ammirata molto più da vicino: si istituì perciò una Commissione per deciderne la nuova collocazione.

Della commissione facevano parte molti artisti, tra cui anche Leonardo. C’era avrebbe voluto il David nei pressi del Duomo (Botticelli), chi vicino Palazzo Vecchio (Filippino Lippi), chi sotto la Loggia della Signoria (Giuliano da Sangallo); Leonardo aderì a quest’ultima opzione, “in modo che non guasti le cerimonie ufficiali[3].

Alla fine prevalse l’opinione di Lippi [4] e, sotto al loggiato, finì invece la Giuditta di Donatello.

Fig. 3 – Leonardo, David (da Michelangelo), Windsor, Royal Library

È probabile che Leonardo non volesse sminuire il lavoro del collega, ma abbia ragionato piuttosto in termini pratici e conservativi, tant’è vero che al David di Michelangelo dedicò persino uno schizzo (Windsor, Royal Library, 12591 – Fig. 3): nei fatti, dunque, doveva apprezzarlo.

Michelangelo aveva scelto di ritrarre David in posizione sostanzialmente statica, dovendo anche adeguarsi alla preesistente lavorazione del blocco: la tensione è percepibile dai muscoli tesi e dallo sguardo infuocato, ma il corpo è posto in modo tale da poter essere ammirato in tutta la sua perfezione. Il suo David è completamente nudo; nella mano dx tiene due pietre e nella sinistra, gettata oltre le spalle, quella che con molta probabilità è una cinghia da smerigliatura, un attrezzo usato dagli scultori consistente in una striscia di cuoio ruvido che veniva cosparsa di polvere di hercynite per smerigliare, appunto, le statue: in pratica, Michelangelo ha scelto di mettere in mano al suo capolavoro non la canonica fionda (che, se il David fosse stato collocato in cima al Duomo, nessuno avrebbe comunque distinto) ma un attrezzo del proprio lavoro[5]. Lavoro cui Michelangelo scelse di dedicare tutto sé stesso:

Ne paia a nessuno nuovo che Michelangnolo si dilettassi nella solitudine come quello che era innamorato dell’arte sua, perché è necessario che chi vuole attendere agli studi di quella fugga le compagnie: avenga che chi attende alle considerazioni dell’arte non è mai solo né senza pensieri, e coloro che gliene attribuivano a fantasticheria et a stranezza, hanno il torto[6].

Leonardo, allievo di uno scultore e coroplasta a sua volta, forse colse il dettaglio ma, da vero artista qual era, nel suo disegno variò il modello a modo proprio: nello schizzo Windsor il maestro, infatti, non solo accenna a un gonnellino che copre i fianchi di David (come quello che lui aveva indossato ai tempi in cui aveva posato nei panni dell’eroe per il proprio maestro) ma pone tra le mani del “suo” personaggio qualcos’altro: non la fionda o un sasso, ma un panneggio.

Chi disegna, come la scrivente, è facilitato nel comprendere il tratto di un altro disegnatore e leggere correttamente, in questo caso, la variante leonardesca: la mano sx, sul petto, tiene un lembo di quello che si può identificare come una clamide, il cui proseguimento è tenuto dalla mano dx, da cui un lembo corre fin quasi a terra. Forse Leonardo voleva accennare a David già re, vestendolo di conseguenza? Di più non è possibile inoltrarsi nelle intenzioni del sommo, dato che non ha aggiunto altri particolari allo schizzo.

Anche Caravaggio e Bernini hanno affrontato il tema del David: Caravaggio rappresentando sempre il dopo dell’evento (Madrid, Vienna e Roma); Bernini il prima (nel marmo) e il dopo (in pittura).

Il David con la testa di Golia di Caravaggio (1606, Roma, Galleria Borghese – Fig. 4) nel quale il pittore si autoritrae ben due volte[7] è permeato da un’insolita mestizia;

Fig. 4 – Caravaggio, David con la testa di Golia, Roma, Galleria Borghese

quello di Bernini (1621-3, Roma Galleria Borghese – Fig. 5), è invece animato, come il precedente Michelangiolesco, da un piglio fiero, implacabile e costituisce anch’esso una sorta di autoritratto:

Nel lavorar egli la faccia del David sopra nominato, ritrasse allo specchio la sua con una espressiva in tutto veramente maravigliosa & il Cardinal Maffeo Barberino, che sovente nella di lui stanza si trovava, con le sue proprie mani gli tenne spesse volte lo specchio[8].
Fig. 5 – Gian Lorenzo Bernini, David, Roma, Galleria Borghese

Dal David di Michelangelo Bernini riprende la quasi totale nudità, ma la posa è altresì dinamica: allo spettatore, in entrambi i casi, il compito di immaginare il gigante Golia.

Bernini affrontò il tema di David con la testa di Golia anche in pittura (1623 ca., Roma, Gallerie Nazionali d’Arte Antica Palazzo Barberini – Fig. 6) anche in questo caso l’espressione dell’eroe è fiera e si è in presenza di un cripto-autoritratto[9]; uno svolazzo di panneggi rivela la nudità del giovane che ha affrontato il gigante nemico armato della sola fede e di una fionda.

Fig. 6 – Gian Lorenzo Bernini, Davide con la testa di Golia, Roma, Gallerie Nazionali d’Arte Antica Palazzo Barberini

Infine, Bernini ne indossò i panni (come già capitato a Leonardo) per fare da modello a uno dei suoi allievi: nel Ritratto di Bernini come David (1633 ca., Milano, collezione privata – Fig. 7), infatti, Carlo Pellegrini ritrasse il maestro in una mise en scene dal sapore teatrale, come “nelle vesti di un personaggio da rappresentazione[10]. La posa è qui in effetti “istituzionale”, è tutto già compiuto: la spada testimonia l’avvenuta vittoria e il vincitore guarda dritto “in camera” orgoglioso[11].

Fig. 7 – Carlo Pellegrini, Ritratto di Bernini come David, Milano, coll. priv.

Una tradizione attribuita a Michelangelo Buonarroti e riferita da Bernini a Chantelou durante il suo viaggio in Francia è quella di far assumere agli allievi le espressioni dei personaggi da rappresentare:

Il cardinale [Salviati] andato alla vigna domandò notizie di Michelangelo, e quello gli disse che faceva pietà e che era diventato pazzo. Il cardinale tutto stupito domandò in che modo. Il maggiordomo rispose di aver riconosciuto la follia da questo: dell’averlo trovato parecchie volte in disparte con il servo al quale faceva aprire la bocca non cessando di gridargli: «Ancora! Ancora!» per fargliela aprire sempre di più; né prendeva piacere ad altro che a far fare smorfie al servo[12]

ma, ancor meglio – sulla scia dell’insegnamento leonardesco – è assumerle di persona, immedesimandovisi come se si dovesse recitare:

Parlato a lungo sulla espressione che è l’anima della pittura. Il Cavaliere ha detto che per tentare di rendere espressive le figure non ha trovato che questo mezzo: porsi nello stesso atteggiamento che si vuol dare alla figura e farsi ritrarre da uno che sappia ben disegnare[13].

L’unico che pare non essersi autoritratto come David (a meno che non si voglia contemplare la possibilità, che comunque non si può escludere, che abbia studiato le espressioni da imprimergli allo specchio), né ha mai posato in tali panni per altri artisti è Michelangelo, il cui David è comunque il più celebre al mondo, icona dalla storia straordinaria come quella del suo artefice.

© Claudia RENZI, Roma, 10 marzo 2024

NOTE

[1] Giorgio Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Roma, 1997, p. 557 (Vita di Lionardo da Vinci pittore e scultore fiorentino).
[2] Il primo documento che attesta la presenza di Leonardo a Firenze è del 1469; il che spiegherebbe anche perché Leonardo rimase presso il maestro oltre l’età canonica dei vent’anni, quando i colleghi erano tutti generalmente già affrancati.
[3] Domenico Laurenza, Leonardo. Uomo del Rinascimento. Genio del futuro, Novara, 2002, 5 voll., III, p. 174. Per la vicenda si veda anche Antonio Forcellino, Michelangelo. Una vita inquieta, Roma-Bari, 2005, pp. 74 e segg.
[4] Il David sarà spostato nelle Gallerie dell’Accademia, dov’è ancora oggi, nel 1872.
[5] Roberto Mercadini, L’ingegno e le tenebre. Leonardo e Michelangelo, due geni rivali nel cuore oscuro del Rinascimento, Milano, 2022, p. 203.
[6] G. Vasari, op. cit., p. 1256 (Vita di Michelagnolo Buonarroti fiorentino, pittore, scultore et architetto). Attorno al 1502 Michelangelo lavorò anche a una versione bronzea del David per conto della Signoria, poi perduta; si veda per questa Francesco Caglioti, Il David bronzeo di Michelangelo (e Benedetto da Rovezzano): il problema dei pagamenti, in: Francesco Caglioti, Miriam Fileti Mazza, Umberto Parrini (a cura di), Ad Alessandro Conti (1946-1994). Quaderni del Seminario della storia della critica d’arte, 6, Pisa, 1996, pp. 85-132. Per la figura del David resta anche uno Studio per un David con frombola, Parigi, Louvre, Département des Arts Graphiques, dalla posa decisamente più languida rispetto al marmo.
[7] Per il doppio autoritratto di Caravaggio nel David e Golia (1606, Roma, Galleria Borghese) rimando la mio precedente articolo Caravaggio: dalla corruzione delle fonti alla leggenda del pittore maledetto, https://www.aboutartonline.com/non-li-hobsti-laver-in-rissa-commesso-un-homicidio-caravaggio-dalla-corruzione-delle-fonti-alla-leggenda-del-pittore-maledetto/ su «About Art online» del 28.1.2024.
[8] Domenico Bernini, Vita del Cavalier Gio. Lorenzo Bernini, Roma, 1713, p. 19. Per il carattere di questo cripto-autoritratto rimando al mio Caravaggio e Bernini e Davide e Golia, differenze e concordanze nell’identificazione con l’eroe https://www.aboutartonline.com/caravaggio-bernini-e-davide-e-golia-differenze-e-concordanze-nella-identificazione-delleroe/ su «About Art online» del 25.02.24.
[9] Ad avere l’intuizione Maurizio Fagiolo Dell’Arco, Marcello Fagiolo, Bernini. Una introduzione al gran teatro del barocco, Roma, 1967, Scheda 37; dissente Tomaso Montanari, Bernini pittore, Milano, 2007, p. 126, a cui si rimanda per la storia del dipinto, pp. 124-17 (Scheda).
[10] T. Montanari, op. cit., p. 44.
[11] Il dipinto fu segnalato con attribuzione a Bernini da Antonio Muñoz nel 1920, A. Muñoz, Bernini pittore, in: «Rassegna d’arte antica e moderna», 20, 1920, pp. 145-50, p. 149; per essere in seguito restituito all’allievo Carlo Pellegrini da Luigi Grassi, Bernini pittore, Roma, 1945, p. 40. Francesco Petrucci lo riassegnò a Bernini dal 1998 in poi, cfr. da ultimo F. Petrucci, Bernini pittore: dal disegno al “maraviglioso composto”, Roma, 2006, pp. 139-43, 314; mentre T. Montanari, op. cit., pp. 42-44, lo ritiene convincentemente opera dell’allievo Pellegrini.
[12] Paul Fréart de Chantelou, Viaggio del Cavalier Bernini in Francia, Palermo, 1988, pp. 60-61 (8 giugno).
[13] P. Fréart de Chantelou, op. cit., p. 83 (14 luglio).

BIBLIOGRAFIA

  • Alan Brown, Il bronzo e l’oro. Il David del Verrocchio restaurato, Firenze, 2003
  • Antonio Forcellino, Una vita inquieta, Roma-Bari, 2005, pp. 74 e segg.
  • Antonio Muñoz, Bernini pittore, in: «Rassegna d’arte antica e moderna», 20, 1920, pp. 145-50
  • Claudia Renzi, Caravaggio e Bernini e Davide e Golia, differenze e concordanze nell’identificazione con l’eroe https://www.aboutartonline.com/caravaggio-bernini-e-davide-e-golia-differenze-e-concordanze-nella-identificazione-delleroe/ su «About Art online» del 25.02.24
  • Claudia Renzi, Caravaggio: dalla corruzione delle fonti alla leggenda del pittore maledetto, https://www.aboutartonline.com/non-li-hobsti-laver-in-rissa-commesso-un-homicidio-caravaggio-dalla-corruzione-delle-fonti-alla-leggenda-del-pittore-maledetto/ su «About Art online» del 28.1.2024
  • Domenico Laurenza, Uomo del Rinascimento. Genio del futuro, Novara, 2002, 5 voll.
  • Francesco Caglioti, Il David bronzeo di Michelangelo (e Benedetto da Rovezzano): il problema dei pagamenti, in: Francesco Caglioti, Miriam Fileti Mazza, Umberto Parrini (a cura di), Ad Alessandro Conti (1946-1994). Quaderni del Seminario della storia della critica d’arte, 6, Pisa, 1996, pp. 85-132.
  • Francesco Petrucci, Bernini pittore: dal disegno al “maraviglioso composto”, Roma, 2006
  • Giorgio Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Roma, 1997
  • Luigi Grassi, Bernini pittore, Roma, 1945
  • Maurizio Fagiolo Dell’Arco, Marcello Fagiolo, Bernini. Una introduzione al gran teatro del barocco, Roma, 1967
  • Paul Fréart de Chantelou, Viaggio del Cavalier Bernini in Francia, Palermo, 1988
  • Roberto Mercadini, L’ingegno e le tenebre. Leonardo e Michelangelo, due geni rivali nel cuore oscuro del Rinascimento, Milano, 2022