Caravaggio e Guercino, repliche, copie, duplicati e ‘bozzettoni’. Un contributo di Nicholas Turner (with english text)

di Nicholas TURNER

Nichola Turner è stato Deputy Keeper presso il Dipartimento di Stampe e Disegni del British museum di Londra e Curatore di Disegni presso il J. Paul Getty Museum di Los Angeles. E’ considerato tra i massimi esperti della figura e dell’opera del Guercino, cui ha dedicato numerose pubblicazioni nel corso degli anni, fino al recente volume The Painting of Guercino. A revised and expanded catalogue raisonné, per i tipi della casa editrice Ugo Bozzi editore, che è stato classificato come il miglior libro d’arte del 2017. Con questo intervento inizia la sua collaborazione con About Art.

Si comincia finalmente a riconoscere che alcuni pittori del barocco italiano hanno realizzato delle versioni di prova per le loro opere, sebbene questa classe di lavori rimanga poco conosciuta, dal momento che molte di queste sono state a lungo, e spesso sono ancora, archiviate come “copie” e “ripetizioni di studio”.

Mentre ero occupato nella lavorazione alla monografia su Guercino, pubblicata l’anno scorso dalla Ugo Bozzi editore, mi divenne del tutto evidente come il pittore facesse frequente ricorso alle versioni di prova. Si tratta in effetti di ‘prove generali’ qualche volta chiamati ‘bozzettoni’ (come Sir Denis Mahon battezzò il primo ad essere identificato con certezza). Secondo i miei calcoli, sono sopravvissute quasi 50 versioni di prova realizzate dal Guercino, che fino a poco tempo fa si riteneva fossero per la maggior parte copie di scuola. Risalgono a poco dopo l’inizio della carriera dell’artista per giungere fino a poco prima della fine. Guercino fu un pittore così spedito che non pensava a nulla – in effetti – dipingendo due volte la stessa immagine. In almeno due casi, due bozzettoni furono dipinti prima della tela finita. Le versioni di prova permettevano al pittore di rivedere le forme, il colore e la luce della sua composizione prima di imprimerla per sempre sulla tela. La disponibilità e l’uso crescente della tela (oltre che della tavola) facilitavano lo sviluppo di questa pratica. Inoltre, le versioni di prova avevano le stesse dimensioni della tela finita, così che i contorni potevano essere facilmente rintracciati e quindi trasferiti nella nuova tela. La  ‘prima bozza’, sarebbe rimasta accanto all’artista mentre egli perfezionava la composizione fino a giungere alla versione finale “de luxe” per il committente. Le versioni di prova differiscono dai lavori finiti per il loro trattamento più sperimentale, e per il risparmio dovuto all’uso di materiali meno costosi oltre che per le variazioni nei dettagliAd esempio, le versioni di prova del Guercino, a partire dalla seconda metà del decennio 1610, ne includono una per Tancredi ed Erminia Doria e due per il Ritorno del figlio prodigo di Vienna.

 

Nei loro colori scuri esagerati, sobri e nel trattamento, sembrano ancora più caravaggeschi dei loro equivalenti finiti, più color crema. Questo innegabile aspetto caravaggesco indica che il giovane Guercino prese in prestito la pratica di realizzare versioni di prova di Caravaggio e dei suoi seguaci?

I duplicati, di solito con una versione più risolta o finita rispetto all’altra, si verificano certamente nei dipinti di Caravaggio; l’esempio più eclatante forse è il suo Ragazzo morso da una lucertola. Ne esistono, com’ è noto, due dipinti e sono delle stesse dimensioni, uno nella Fondazione Roberto Longhi, a Firenze, e l’altro nella National Gallery, a Londra, entrambi in genere datati 1594. Rispetto a quello di Londra, l’immagine Longhi è dipinta più liberamente e con forza, i passaggi tonali non sono così raffinati (come nella spalla destra del ragazzo), e le dimensioni della sua testa e l’estensione dei suoi capelli ricci sono più grandi e la linea d’ombra dietro vi si interseca in modo diverso. Questa versione sembra incompiuta rispetto alla più completa immagine londinese, che appare svilupparsi per logica dall’altra: vedere l’immagine Longhi come ex post facto è come mettere il carro davanti ai buoi.

E’ mia opinione che le versioni-prova [bozzetti, prime versioni] debbano essere sfruttate al massimo per (comprendere) l’opera di Caravaggio e dei suoi seguaci, ma anche quella degli artisti bolognesi, quali Guido Reni. Quando sono valutate accanto alle opere finite, esse gettano una luce preziosissima sul processo creativo, e sulle scelte operate dall’artista oltre a sottolineare quanto essi fossero straordinariamente abili. La funzione di questi modelli ha perfettamente senso in un momento in cui clienti esigenti e artisti ambiziosi, in competizione l’uno con l’altro, si rendevano conto fin troppo bene dell’importanza della qualità dell’immagine finale della produzione.

 Alcuni specialisti continuano a negare l’esistenza di versioni di prova all’interno dell’opera di un artista barocco italiano non capendo il loro scopo. Dovremmo aspettarci molti più pentimenti se presupponiamo che tutte le tele di grandi dimensioni e con numerose figure siano state eseguite dall’inizio alla fine sulla stessa tela. In seguito, con l’avvento del periodo romantico, dipinti meticolosamente finiti come quelli del barocco italiano non erano più in voga, e quindi cessava di essere necessaria la necessità di una versione di prova intermedia.

English Text

It is only beginning to be recognized that some Italian Baroque painters made trial versions for their pictures, since such works have long been, and often still are, dismissed as ‘copies’ and ‘studio repetitions.’ While working on the monograph on Guercino, published last year by Ugo Bozzi, the painter’s frequent recourse to trial versions became fully apparent. They are in effect ‘dress rehearsals’ and are sometimes called ‘bozzettoni’ (as Sir Denis Mahon christened the first one to be identified with certainty in 1999).

In my reckoning, nearly 50 trial versions by Guercino have survived, until recently most of them thought to be school copies. They date from soon after the beginning of his career until just before the end. So fluent a painter was he that he thought nothing of – in effect – painting the same picture twice. In at least two instances two bozzettoni were painted ahead of the finished canvas.

Trial versions allowed the painter to review the forms, colour and light of his composition before establishing them for good on the canvas. The availability and increasing use of canvas (over panel) facilitated the development of the practice. The trial versions were the same size as the finished canvas, so that the outlines could be easily traced, and then transferred to the new canvas. The ‘first draft’ version would have remained beside the artist as he refined the composition in the final, de-luxe version for the patron. Trial versions differ from the finished works in their more experimental handling, sparing use of less costly materials and the variations in detail.

Guercino’s trial versions from the late 1610s, for example, include one for the Doria Tancred and Erminia and two for the Vienna Return of the Prodigal Son. In their exaggerated darks, understated colours and smooth handling, they seem even more Caravaggesque than their more creamily painted finished equivalents. Does this undeniable Caravaggesque look indicate that the young painter borrowed the practice of making trial versions from Caravaggio or his followers?

Duplicates, usually with one version more resolved or finished than the other, certainly occur in Caravaggio’s paintings, the most striking example perhaps being his Boy Bitten by a Lizard. The two paintings are of the same size, one in the Fondazione Roberto Longhi, Florence, and the other in the National Gallery, London, both generally dated 1594. Compared with the one in London, the Longhi picture is more freely and forcefully painted, the tonal transitions are not as refined (as in the boy’s right shoulder), and the size of his head and the extent of his curly hair are larger and the line of shadow behind intersects with them differently. It looks unfinished compared to the more fully realized London picture, which seems to develop logically from the other: to see the Longhi picture as ex post facto is putting the cart before the horse.

In my opinion, trial versions should be teased out from the work of Caravaggio and his followers, but also from that of other Bolognese artists, such as Guido Reni. When seen alongside the pictures they prepare, invaluable light is shed on artistic process, and on the choices and decisions made by the painter, underlining how extraordinarily accomplished they were. The function of these mock-ups makes perfect sense at a time when choosy clients and ambitious artists, all competing with each other, understood only too well the importance of the quality of the final product. For specialists to continue to deny the existence of trial versions within the oeuvre of an Italian Baroque artist misunderstands their purpose. We should expect far more pentimenti if one assumes that all large-sized, multi-figured canvases were carried out from start to finish on the same canvas. With the advent of the Romantic period, meticulously finished paintings such as those of the Italian Baroque were no longer in vogue, the need for an intermediary trial version ceased to be necessary.

di Nicholas TURNER    Londra febbraio 2018