A Palazzo Reale Giorgio Morandi e “un’arte in cui niente accade per caso” (fino al 4 Febbraio).

di Massimo FRANCUCCI

A volte la strada per la perfezione è lastricata di capolavori.

Questo, in breve, è il sunto del percorso artistico tanto intenso, vissuto e quanto mai rigoroso di Giorgio Morandi (Bologna, 1890-1964), evidenziato al meglio dalla ricca e bella esposizione monografica dedicatagli a Milano e visitabile fino al 4 febbraio 2024 a Palazzo Reale, curata da Maria Cristina Bandera.

Natura Morta 1918, Milano Museo del Novecento

La disciplina con la quale il bolognese ha messo in pratica la propria ricerca pittorica, esprimendo una sensibilità fuori dal comune, ha fatto a volte sottovalutare gli imprestiti, gli spunti, le riflessioni sul fare artistico di altre grandi personalità del passato e del suo contemporaneo, proponendo una figura chiusa, una monade figlia del suo essere un personaggio schivo e refrattario sia al culto della persona, quanto restio a lasciare i propri rifugi, ossia lo studio di via Fondazza a Bologna e gli appennini di Grizzana. Nonostante si tratti di una monografica, questa apertura al mondo, questa visione di lungo raggio che dall’alba della storia dell’arte moderna e umanistica giunge alle rotture avanguardistiche introdotte da Cezanne, e si incontra e scontra con la Metafisica di De Chirico, viene sottolineata dalla mostra, sia con le scelta di opere tra le più significative in tal senso, sia con i precisi richiami delle didascalie che tendono a precisare le diverse fasi in cui si tenta sinteticamente di far confluire la pittura del maestro bolognese.

Gli inizi sono improntati a sperimentazioni in cui la figura umana la fa ancora da padrona grazie agli autoritratti – in mostra un esemplare del 1914 – e agli studi dalle Bagnanti di Cezanne, che dichiarano una comunità di intenti e modelli con le sperimentazioni cubiste che pure si rifacevano al pittore francese. I risultati però, nonostante alcune apparenze, sarebbero stati completamente diversi.

Paesaggio 1935, Torino, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea. Su concessione della Fondazione Torino Musei

 

È allo sguardo interiore, alla riflessione dell’animo sulle cose, che Morandi farà affidamento per la presentazione sempre più ossessiva di oggetti ridotti alla loro essenza più intima, meditati a lungo nel loro essere forma e colore per la sensibilità dello sguardo dell’artista, dotato di un tempo di esposizione tendente all’infinito. È così che piano piano tutti gli altri soggetti andranno rarefacendosi fino a scomparire per permettere all’autore di concentrare tutti gli sforzi sulle sue vivissime nature morte e sui paesaggi, che a suo dire restavano i preferiti, nonostante numericamente schiacciati dalla predominanza dei semplici oggetti di cui poteva disporre a piacimento nello studio. La padronanza delle cose era infatti per lui fondamentale, e così anche i paesaggi ben di rado potevano allontanarsi dal suo heimat personale: anche quelli dovevano appartenergli in maniera totale e compiuta.

Natuta Morta, 1960 Rovereto, MART – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, deposito collezione privata

Quanto detto non mancherà però di rivelare le diverse attenzioni dedicate a maestri del passato, che lasciano trasparire, dopo la breve e ancora una volta peculiare infatuazione metafisica, l’importanza della perfezione geometrica e formale di Piero della Francesca, l’attenzione per il reale di Caravaggio, la delicata poesia che il tempo posa sulle cose di Chardin. Di quanto personale fosse il suo approccio alla Metafisica è sintomo il commento sprezzante dello stesso De Chirico al premio che la retrospettiva veneziana dedicata nel 1948 a quel movimento aveva destinato allo stesso Morandi il quale, secondo l’altro pittore, “poveretto, metafisico non lo è mai stato” e si può concordare se per Metafisica si intenda solo quella incarnata dalla pittura dell’altro Giorgio.

Natura Morta 1955 Winterthur, Kunst Museum Winterthur

Se quell’occasione avrebbe rappresentato la consacrazione definitiva per Morandi, questa giungeva dopo gli apprezzamenti di grandi critici e storici dell’arte da Ragghianti a Brandi, – al primo riporta la dedica del paesaggio oggi a Firenze e presente in mostra – fino al rapporto privilegiato con Roberto Longhi il quale, dopo la prolusione bolognese, non si è mai risparmiato di sottolineare l’importanza dell’opera dell’amico, pittore vero, fino al discorso tenuto in occasione della morte di Morandi, allorché lo studioso di Alba contrapponeva la coerenza e i tempi lunghi della meditazione morandiana alla velocità della POP Art vista un po’ come un’invasione della società capitalistica e consumistica americana.

Eppure, la pittura di Morandi, così enigmatica da costringere lo spettatore a scendere a patti con la propria coscienza da leggersi nel quadro come allo specchio, attirava l’attenzione di personaggi conosciuti al grande pubblico che attendevano pazientemente per avere una tela del pittore, circa sedici anni, pare, passarono prima che Zavattini ricevesse il suo tanto sospirato dipinto. Tra questi saranno di certo da ricordare Vittorio De Sica e Fellini che farà di un dipinto di Morandi la scenografia protagonista di una scena iconica del suo film più celebre, La Dolce Vita, nel quale un dialogo tra Mastroianni, altro ammiratore del pittore, ed il personaggio di Enrico Steiner, interpretato da Alain Cuny, vedrà quest’ultimo impegnarsi in una descrizione quanto mai riuscita della poetica di Morandi:

Ah sì, è il pittore che amo di più. Gli oggetti sono immersi in una luce di sole, eh? Eppure, sono dipinti con uno stacco, un rigore, una precisione che li rendono quasi tangibili. Si può dire che è un’arte in cui niente accade per caso”.
Morandi, Natura morta

Tra gli ammiratori del pittore non mancavano poi i politici, tra i quali mi preme ricordare Sandro Pertini che nel 1957 chiedeva a Morandi di poter avere un esempio della sua arte a un prezzo più abbordabile rispetto a quelli richiesti dai mercanti e inarrivabili per le tasche di chi come lui intendesse “fare la politica con le mani pulite”. La presenza di una natura morta tra le opere ora esposte nel museo di Savona dedicato al rimpianto Presidente della Repubblica, testimonia che tale desiderio fu infine esaudito (per l’esattezza gli fu donato in occasione di una visita a Bologna, come chiarisce la scritta sul retro: “Questo quadro mi è stato donato da Giorgio Morandi in Bologna il 1° ottobre 1957. Bologna Via Fondazza 36”).

Roma, 17 dicembre 2023