Maurizio Canesso alla 32^ Biennale Antiquaria di Firenze: “E’ importante esporre sempre quello che si ama. Il dipinto antico racconta sempre una storia”.

P d L

Maurizio Canesso è il titolare di una storica Galleria, tra le più importanti a livello internazionale nel mercato dell’arte antica, da lui fondata nel 1994 con sede a Parigi e dall’ottobre 2021 anche a Milano. Il suo interesse di antiquario riguarda la compravedita di opere databili dal Rinascimento al Settecento principalmente di artisti italiani o che abbiano lavorato in Italia. Nel corso del tempo la Galleria ha consolidato la propria reputazione tanto da vendere i suoi dipinti ai più importanti musei del mondo

La prima domanda che vorrei porti è la seguente: tu sei tra i partecipanti più presenti a questo evento della Biennale fiorentina, puoi dirci quali ‘colpi’ hai potuto portare a termine sia come acquisti che come vendite da quando esponi, e se c’è stata invece una delusione su qualcosa che pensavi potesse avere successo mentre così non è stato.

Gli effetti positivi del partecipare a una fiera vanno giudicati sul lungo termine: per chi fa il mio lavoro è l’occasione di far conoscere la propria attività. È molto importante perché permette di entrare in contatto con una clientela della quale si condividono il gusto e gli interessi artistici. La Biennale di Firenze permette di avere una grande visibilità sul territorio italiano ma anche di incontrare i tanti stranieri che in occasione di ogni edizione visitano Palazzo Corsini. Sia per quanto riguarda gli acquisti che per le vendite, il grande effetto di una fiera come questa  BIAF ha sempre rappresentato un incontro decisivo per il nostro settore, oggi ancora di più essendo rimasta la sola dedicata unicamente all’antico.
Ogni edizione ha avuto le sue sorprese. All’ultima (2019) presentai il “Ritratto di giovane gentiluomo” di Fra Galgario (v. nella foto) che ebbe grande successo, tanto che è oggi parte della collezione dell’Accademia Carrara di Bergamo. È sempre un grande onore vedere un dipinto raggiungere una collocazione di prestigio come questa.

Questa 32^ Biennale – che torna finalmente senza restrizioni – si situa però in un periodo davvero complicato che stiamo vivendo dove si avverte ogni giorno di più la preoccupazione per il futuro. Non pensi che questo stato d’animo, così diffuso, alla fine influirà sul buon andamento commerciale dell’appuntamento?

In quarant’anni di esperienza, posso assicurarti che ogni appuntamento fieristico si è svolto in un “clima grande inquietudine”. Nonostante le sempre presenti crisi finanziarie, politiche, sociali siamo sempre riusciti a fare bene. Anzi, penso che proprio questo clima di incertezza e difficoltà, l’opera d’arte assuma una forza maggiore, concreta e vitale. Un dipinto antico è un oggetto che ha attraversato secoli di crisi per arrivare a noi e saperci ancora parlare, racconta sempre anche di generazioni di donne e di uomini che l’hanno ospitato e difeso.

La tua Galleria si caratterizza in questa edizione oltre che per la presenza di alcuni importanti quadri di importanti pittori antichi, tra cui spicca un capolavoro, mai esposto al pubblico, di Palma il giovane, per un’opera davvero unica, una vera e propria bizarria, se me lo consenti, vale a dire la scultura raffigurante il Custode dell’Orto una gigantesca scultura in pietra alta 2 metri, quasi sicuramente opera di uno scultore lombardo ancora ignoto, databile, a cavallo tra ‘500 e ‘600;

Il Custode dell’orto, fronte
Il Custode dell’orto, verso

ti chiedo innanzitutto come hai fatto a scovarla e dove si trovava, e poi se non pensi che dovrebbe rimanere in Italia, magari in qualche istituzione statale considerata la sua unicità e soprattutto perché è stata realizzata qui.

 

Ho trovato entrambe le opere in collezioni storiche sul territorio italiano. Il Custode è giunto all’attuale proprietario per via ereditaria, è rimasto nella stessa famiglia fin dal XVII secolo.
La grande tela di Palma il Giovane ha una storia più recente, faceva parte di una prestigiosa collezione che si è formata nei primi decenni dello scorso secolo.

Queste due opere sono rispettivamente emblematiche di un’epoca. Entrambe, inoltre, sono fortemente legate ai territori che le hanno prodotte: la Lombardia di età borromaica e il Veneto di secondo Cinquecento, Palma infatti è considerato protagonista assoluto del Manierimo veneziano. Per queste ragioni sarebbe auspicabile che le istituzioni pubbliche si interessassero alla loro conservazione e alla loro visibilità.

Un’ultima domanda: quale ‘vantaggi’ – al di là dell’aspetto economico- si ricavano ad essere presenti alla Biennale di Firenze? Quali differenze puoi indicare dal tuo punto di vista privilegiato, visto che partecipi anche lì, rispetto a Maastricht? E infine sulla base della tua pluriennale esperienza, puoi indicare a un giovane antiquario come si fa ad essere ammessi?

-Diversamente da Maastricht, dove la fiera accoglie oggetti di svariato genere e cronologia, a Firenze c’è quasi esclusivamente l’arte antica. Permette di avere una forte esperienza di quella che la base, la materia del nostro lavoro e di avere un fondamentale scambio con gli attori del nostro ambiente.
A un giovane consiglio di presentare una selezione di opere che lo rappresenti. Una mostra va sempre vista come un’occasione di promozione della propria attività.  È necessario quindi prima di tutto di capire davvero cosa sia la propria passione. L’obiettivo poi è quello di mostrare al pubblico quello che si ama. Si comincia con poche opere e, poi, con un po’ di fortuna, si cresce!

P d L  23 Settembre 2022