La “pittura nonpittura” di Veronica Piraccini riproduce e svela il portato simbolico della Sindone.

di Giulio de MARTINO

Veronica Piraccini. “L’Impronta di Gesù”

Alla Galleria d’arte “Pian dei Giullari”, in via dei Cappellari a Roma, Veronica Piraccini, pittrice e perfomer, docente di Pittura all‘Accademia delle Belle Arti di Roma, con un’azione basata sull’uso della Lampada di Wood, ha fatto apparire agli occhi dei visitatori l’«experimentum crucis» della sua pittura/nonpittura.

Ha esposto un telo, apparentemente bianco, delle stesse dimensioni della “Sacra Sindone” – la reliquia conservata nel Duomo di Torino, di forma rettangolare, di circa 441 cm x 111 cm, identificata come il lenzuolo di lino di colore giallo ocra usato per avvolgere Gesù nel sepolcro – su cui ha dipinto una «immagine invisibile» del corpo morto di Cristo.

L’opera, speculare alla duplice immagine impressa sulla Sindone, non è stata realizzata con i tradizionali colori, bensì con pigmenti di invenzione della stessa Piraccini, evidenziabili soltanto con l’accensione di una Lampada di Wood. Il telo, che inizialmente appariva bianco, illuminato rivela tutti gli spessori dell’«immagine».

La lampada di Wood produce, infatti, una luce non visibile dall’occhio umano, che illumina i materiali cromatici su cui la radiazione ultravioletta (UV) provoca un effetto di fluorescenza e fosforescenza.

Figg. 1-5 Foto della performance di Veronica Piraccini

L’opera appare o scompare in base all’azione della lampada. Si tratta di una pittura dell’invisibile/visibile, dell’occulto/manifesto.

Evitando la via dell’«icona», Piraccini sceglie quella del «negativo»: l’inapparente che, sollecitato dalla «luce nera» (Black Light), si trasforma in immagine percettibile.

L’effetto che l’artista si propone di ottenere è lo «stupore» del pubblico: la reazione contraddittoria provocata dallo svanire del reperto pittorico oppure dalla sua epifanìa, quasi trasudasse dal biancore della tela.

Senza entrare nel merito della disputa sulla natura dei segni impressi sulla «Sacra sindone» (cui About Art dedicò a suo tempo uno speciale con interventi dei più importanti studiosi del fenomeno, tra i quali la stessa Piraccini Cfr https://www.aboutartonline.com/sotto-accusa-tomaso-montanari-gli-esperti-contrattaccano-la-sindone-di-chi-e-il-falso/  ) pigmento pittorico, secondo Walter McCrone; macchie ematiche secondo John Heller e Alan Adler e altri studiosi quali Baima Bollone, Jorio e Massaro; entrambe le cose, secondo Giulia Moscardi) e senza considerare le indagini posturali sull’effigie sindonica di Luigi Garlaschelli e John Fischer, l’intervento metapittorico di Veronica Piraccini riconduce il corpo morto del Cristo alla sua essenza di «simbolo».

Il Corpo e il Sangue di Cristo sono un «corpo» e un «sangue» simbolici. Ciò non soltanto perché si trovano raffigurati in mille crocifissi, mosaici e dipinti dall’Antichità al Medioevo ai giorni nostri, ma perché rappresentano la corporeità umana nella sua universalità di «presenza e assenza» (R. Barilli).

La metafisica della «presenza» ossessiona lo sguardo religioso occidentale. Gli esami chimici e microscopici, spettrografici, del carbonio 14, effettuati sul sudario e sulle tracce ematiche della Sindone ne sono ulteriore e paradossale conseguenza. Con la Piraccini, invece, l’arte «sacra» riscopre la funzione simbolica dei «segni» e delle «impronte» di cui è disseminata la transizione terrena del Cristo.

I pigmenti preparati dalla Piraccini – come il medico antico, nel Giardino dei semplici, coltivava i suoi farmaci – sono l’incarnato di una «resurrezione fruitiva». La pittura, il suo immaginario cromatico, la sua estasi virtuale, nascondono e rivelano il segreto della figurazione in quanto «trasfigurazione».

La relazione congiuntiva e disgiuntiva della tela con la Sindone contiene l’elemento concettuale dell’operazione artistica della Piraccini: il rituale «sciamanico» della pittura. Ogni dipinto è la reliquia di un atto creativo svanito che torna a vivere nella comunione fruitiva. È questa la funzione altamente simbolica svolta nei secoli dalla pittura.

Il contenuto «immaginale» della pittura (E. Zolla) mette in connessione il «desiderio» del fruitore con quello dell’artista. La storia dell’arte è quindi la storia di «quel desiderio».

Ciò che l’artista intende evidenziare – con l’opera in mostra e con i riferimenti storici e tecnici contenuti nel libro Teopratica. La pittura l’inizio del desiderio. Sistema e Antisistema (Erma di Bretschneider 2023) – è il diporto continuo fra l’immagine e il simbolo.

Gesù – «bambino» e «figlio dell’uomo» (Matteo, 8,20) – diventa il messaggero del disordine che anima la pittura e il «rappresentare dionisiaco» (J. E. Harrison). La contraddizione tra puer e senex propone una sfida in cui l’artista funge da «mentore» (F. de La Mothe-Fénelon).

In quanto incarnazione del messaggio del «Puer Aeternus» – che in Cristo è «Puer Divinus» (M.L. von Franz, J. Hillman) – l’opera vibra nell’anima di chi è sensibile al «sogno dell’arte» (A. Bonito Oliva).

Giulio de MARTINO

La Mostra

Veronica Piraccini

“L’Impronta di Gesù”

Galleria: P I A N   D E I   G I U L L A R I

di Andrea BOTTAI

V i a   d e i  C a p p e l l a r i  4 9 – R o m a.

Nell’ambito de: “L’origine del desiderio”, opere e contenitori di TEODORO MILO GEORGESCU BOTTAI – VERONICA PIRACCINI – FAUSTO DELLE CHIAIE – FRANCESCO BONAMI – NOREEN O’DWYER – KAMALEDYN ORAEE.