Giovanni Battista Bolognini (1611-1688): dalla “floridissima scuola di Guido Reni” un protagonista poco noto del barocco bolognese.

di Beatrice BAISTROCCHI

Beatrice Baistrocchi (1999) laureata al Dams, ha successivamente conseguito la laurea magistrale in Arti Visive a Bologna, con tesi dal titolo Giovanni Battista Bolognini (1611-1688). E’ impegnata da tempo nella ricerca artistica, ed ha fatto emergere dagli archivi importanti documentazioni come nel caso del poco conosciuto Giovan Battista Bolognini, oggetto di questo saggio. L’obbiettivo è di aggiornare e reperire informazioni storico-artistiche. Con questo saggio inizia la sua collaborazione con About Art.

Di Giovanni Battista Bolognini si sono perse le tracce fino al 1962, quando lo riporta agli studi Eugenio Riccòmini [1].

Infatti, se nel 1600 e nel 1700 importanti biografi scrivono del pittore, dalla fine del Settecento in avanti ci sarà una grandissima mancanza.

L’artista nacque a Bologna il 28 agosto del 1611 da Giuseppe Bolognini e da Domenica; non si hanno notizie riguardo la sua fanciullezza, ma sappiamo che fu il primo della sua famiglia a dedicarsi all’attività di pittore e che si cimentò nell’arte del disegno ancora giovane così poi da entrare nella “floridissima scuola” di Guido Reni[2]. Se inizialmente egli si limiterà a copiare fedelmente le opere del maestro, dagli anni Quaranta pare muoversi in modo autonomo. Fu autore di importanti pale d’altare per chiese bolognesi, delle quali la più antica potrebbe essere il Sant’Ubaldo Vescovo (fig.1) tutt’ora in San Giovanni in Monte, presentandosi come l’opera di un Sirani ma più dolce e malinconica.

Fig.1 Giovanni Battista Bolognini, Sant’Ubaldo Vescovo, 1640 ca., Bologna, chiesa di San Giovanni in Monte.

Gli stessi caratteri si colgono nel San Paolo si appella a Cesare (fig.2) dipinto nel 1642 per la tribuna della chiesa di San Paolo Maggiore.

Fig.2 Giovanni Battista Bolognini, San Paolo si appella a Cesare, 1642 ca., Bologna, chiesa di San Paolo Maggiore.

Emerge un accento naturalistico esemplare per la lucidità descrittiva, dove già si coglie il suo personale dissenso nei confronti di una piena ortodossia reniana. Dagli anni Cinquanta l’artista si avvicina alla maniera bruna di Flaminio Torri e ad un ordito tintorettesco, che culminerà nell’Innalzamento della croce (fig.3) pala d’altare realizzata per la famiglia Bargellini e posta nella chiesa di Santa Maria dei Servi a Bologna[3].

Fig.3 Giovanni Battista Bolognini, Innalzamento della croce, 1665-1666, Bologna, chiesa di Santa Maria dei Servi.

Qui riuscirà a cogliere, nei cieli saturi di nubi, il variare degli effetti di luce, rivelando la lucentezza dell’armatura dei soldati e la tridimensionalità dei corpi. La pala d’altare segna un rifiuto della cromia reniana, prediligendo tonalità tendenzialmente scure. Non abbandonerà mai però gli esiti classici che il suo maestro ricercava. Il dialogo con l’ultimo Reni si rivela nell’abbandono delle certezze del disegno, evocandone l’abbozzo.

Anche se poco studiati ma ben documentati dalle fonti sono i viaggi del pittore a Mantova e Guastalla, dove lavorò assiduamente per i duchi Anna Isabella e Ferdinando Carlo Gonzaga-Nevers. Nel 1651 Bolognini si reca più volte a Guastalla. La ragione principale della presenza del pittore in città è dovuta al fatto che sua sorella, Anna Caterina, entra nel locale monastero di San Carlo senza alcuna dote. Grazie ad una lettera da me rinvenuta nell’Archivio Arcivescovile di Guastalla, scritta dalla Priora Madre Celeste Sangiorgi, si legge che ella accetta Anna Caterina nel monastero alla sola condizione che il fratello dipingesse tele per le agostiniane[4]. Da questa lettera possiamo supporre che l’opera raffigurante la Vergine con Bambino Sant’Agostino e San Carlo (fig.4), ora conservata nella chiesa della Santissima Annunziata di Guastalla, fosse destinata alla chiesa del monastero stesso.

Fig.4 Giovanni Battista Bolognini, La Vergine con Bambino e i Ss Carlo e Agostino, 1651 ca., Guastalla, chiesa della Santissima Annunziata.

Sempre documentato nell’Archivio Arcivescovile di Guastalla è un secondo viaggio in città compiuto nel 1671, dove lo troviamo affrescare interamente la cappella del Santissimo Sacramento in Duomo. Purtroppo, molti di questi affreschi sono andati perduti a causa di rifacimenti e restauri ottocenteschi e ad oggi attribuibili al pittore sono i quattro Evangelisti presenti nei pennacchi e Dio Padre benedicente (fig.5) sopra la lunetta dell’altare maggiore della cappella. Forti le convergenze con il Dio Padre benedicente di Guido Reni eseguito a Pesaro per essere posto nella Cappella Olivieri in Duomo.

Fig.5 Giovanni Battista Bolognini, Dio Padre benedicente, 1671 ca., Guastalla, cappella del SS. Sacramento.

Fondamentali nel percorso artistico del pittore sono i dipinti da stanza, dipinti che realizzerà per tutta la sua attività e che gli dettero fama tra i contemporanei. È bene ricordare il Baccanale del Davia Bargellini di Bologna e la Salomè che riceve la testa del Battista (fig.6) proveniente dalla Collezione Parisetti a Reggio Emilia[5].

Fig. 6 Giovanni Battista Bolognini, Salomè che riceve la testa del Battista, 1660 ca., collezione privata.

In quest’ultimo evidenti sono i rimandi al Guercino; basti confrontare la tela di analogo soggetto conservata a Rennes per accorgersi delle grandi somiglianze che li accomunano (si veda il taglio orizzontale e a mezzo busto della composizione, come la scelta delle tinte terrose). È assai probabile, dunque, che con il definitivo trasferimento del Guercino a Bologna, Bolognini si avvicini alla bottega del pittore centese, utilizzando le stesse idee grafiche e pittoriche.

È interessante notare dai documenti presenti negli archivi e negli inventari come Bolognini realizzi più dipinti per nobili e borghesi piuttosto che per gli enti ecclesiastici; questo è importante per comprendere come il pittore riesca a inserirsi in un mercato artistico cittadino bolognese già ben consolidato. In queste opere vi si esplica un gusto che trae giovamento dall’elevato classicismo di Francesco Albani e dalle aperture neo-venete di Simone Cantarini e Pier Francesco Cittadini, come si nota nella Toilette di Venere (fig.7).

Fig. 7 Giovanni Battista Bolognini, Toilette di Venere, 1650-1660, Bologna, collezione privata.

Documentato da Luigi Crespi, nel 1686, insieme a Carlo Cesare Malvasia, Emilio Taruffi e Lorenzo Pasinelli, fu accademico e direttore dell’Accademia degli Ottenebrati del disegno e del nudo, fondata dal conte e senatore Francesco Ghisilieri[6]. Dagli anni Ottanta in poi non vengono più segnalate opere del pittore, venendo unicamente citata la sua attività di perito, professione che pare svolgere solo nei suoi ultimi anni. Le fonti concordano che morì nel novembre del 1688 e venne seppellito nella chiesa di San Giovanni in Monte.

Per concludere è evidente come Bolognini assimili peculiarità stilistiche differenti.  Nonostante ciò, egli manterrà sempre un gusto ben riconoscibile e personale che ritroviamo, per esempio, nello spiccato naturalismo e nella valenza classicista delle studiatissime composizioni.

Beatrice BAISTROCCHI,  Bologna 14 Aprile 2024

NOTE

[1] Eugenio Riccòmini i pittori del coro di San Paolo in Bologna, in ‘’Arte Antica e Moderna’’, 20, ANNO V, Bologna 1962, pp. 448-455
[2] Carlo Cesare Malvasia, Felsina Pittrice, vite dé pittori bolognesi, Tipografia Guidi all’Ancora, Bologna 1678, II, p. 54.
[3] Nicosetta Roio, Giovan Battista Bolognini, in Emilio Negro, Massimo Pirondini (a cura di) La scuola di Guido Reni, Artioli Editore, Modena 1992, p. 35.
[4] Guastalla, Archivio Abazziale Vescovile, 32 bis.
[5] Massimo Pirondini (a cura di) Arte e Accoglienza L’ “Hospitale per pellegrini” Omozzoli Parisetti a Reggio Emilia: il restauro del Palazzo, l’oratorio la collezione, etgraphiae, 10 dicembre 2021, p. 49.
[6] Luigi Crespi, Vite de pittori Bolognesi non descritte nella Felsina Pittrice, alla maestà di Carlo Emanuele III Re di Sardegna, III, Stamperia di Marco Pagliarini, Roma 1769.