Il Giardino dell’arte. Il romanzo di un viaggio tra le meraviglie d’Italia. Il ‘grand tour’ di Claudio Strinati

di Nicosetta ROIO

Claudio Strinati

Il Giardino dell’arte. Il romanzo di un viaggio tra le meraviglie d’Italia

Adriano Salani Editore, 698 pagine

Che Claudio Strinati fosse un uomo fuori dal comune è noto, come è ampiamente risaputa la sua competenza che ne fa uno degli studiosi italiani più autorevoli, certamente tra i maggiori conoscitori dell’arte e degli artisti, in particolare del Cinquecento e del Seicento. Innumerevoli sono i suoi libri, articoli, cataloghi di mostre e scritti in genere, tutti di grande successo. Fino ad oggi, però, non gli era ancora capitato di cimentarsi nel genere del racconto. A onor del vero va detto che, nonostante il titolo secondario de Il Giardino dell’arte lo specifichi proprio come “Il romanzo di un viaggio fra le meraviglie d’Italia”, il libro di Strinati cela, sotto la struttura del componimento narrativo di quasi 700 pagine, un articolato saggio critico che affronta molti aspetti dell’arte e della cultura italiani da punti di vista indubbiamente originali.

Daniele da Volterra, Deposizione di Cristo dalla croce, 1545 circa, Roma, Chiesa della Trinità dei Monti

É infatti evidente fin dalle prime pagine che l’accorgimento letterario di impostare il testo in modalità romanzata gli ha consentito di raccontare vicende ben più composite, spaziando dalla “guida” alle bellezze regionali del Bel Paese a vere e proprie lezioni di fine metodologia, il tutto intercalato da avvincenti e poco noti retroscena storico-artistici, piacevoli aneddoti che più volte smascherano leggende e miti solidificatisi nei secoli, sempre con dialoghi e linguaggio piacevoli, spesso divertenti e spensierati, come il protagonista del libro.

Infatti David, è questo il nome del novello Goethe (di cui legge il Viaggio in Italia durante il volo verso Roma), è un laureando in storia dell’arte giunto dal Canada in Italia per percorrere una sorta di moderno Grand Tour, indispensabile per proseguire l’esperienza formativa di giovane studioso. È stata la nonna di origini siciliane a regalargli il viaggio nel nostro paese, alla scoperta di capolavori che fino a quel momento egli aveva potuto ammirare solo sui libri.

Johann Heinrich Wilhelm Tischbein, Ritratto di Johann Wolfgang Goethe nella campagna romana, 1787, Francoforte, Städelsches Kunstinstitut
Halifax, Nova Scotia, Canada

Dall’università canadese di Halifax, David è seguito dal suo professore che gli ha organizzato le principali tappe di questa esperienza e col quale tiene un continuo scambio di opinioni a distanza attraverso “messaggini”, e-mail ma anche lettere tradizionali. E così il libro, che è essenzialmente una piacevole e qualificata introduzione alla conoscenza dell’arte, assume anche l’aspetto del romanzo epistolare.

David si rivela fin da subito un giovane colto, responsabile e appassionato: spostandosi da un luogo all’altro della penisola discorre con le persone più svariate, dal compagno di viaggio aereo che gli parla del Pinocchio di Collodi e della favola di Psiche, al tassista che lo porta a destinazione una volta atterrato in suolo italiano, fino all’incantevole figura femminile che potrebbe diventare qualcosa di più che una fugace conoscenza come tante altre.

Antonio Canova, Amore e Psiche, 1796, San Pietroburgo, Museo dell’Eremitage

Attraverso tutti questi incontri di varia umanità David ascolta, osserva, chiede e scopre – talvolta sbalordito – le bellezze dei siti archeologici e dei paesaggi, le curiosità culturali e di costume, i contesti istruttivi dei musei e degli archivi. La sua visita all’Archivio di Stato romano appare come una fine lezione di metodo: la verifica dei dati rappresenta infatti un passo fondamentale nella realizzazione della conoscenza, ovviamente anche di quella artistica. Per contro, risulta altrettanto essenziale allo studio dell’arte il parallelo approccio, quello di tipo più intuitivo, che rende la materia certamente più dinamica e, forse, per questo anche più piacevole di altre.

Nelle dense pagine di Strinati le molteplici esperienze italiane permettono a David di apprezzare capolavori grandi e piccoli. Contemporaneamente gli si svelano episodi legati non solo ad artisti ma anche a molti altri personaggi più o meno noti al grande pubblico, scoperchiando – e il lettore assieme a lui – realtà molto più sfumate di quanto solitamente si pensa. Sono ricchezze con grandi luci ma anche tante ombre, quelle che il protagonista del racconto incontra viaggiando da nord a sud dello Stivale, e in ogni meraviglia contemplata trova robuste convinzioni sulle quali meditare con nuovo sguardo (e qualche volta ribaltare).

Leonardo da Vinci, Adorazione dei Magi, Firenze, Galleria degli Uffizi

Partecipando ai molteplici fatti dell’attualità che accadono attorno all’arte, il laureando canadese può scoprire nuove dinamiche, dal convegno di studi in cui ha occasione di ascoltare dal vero le teorie di grandi specialisti, alla presentazione di una mostra, dove si chiarisce il significato intrinseco della realizzazione di un’esposizione. Ma anche assistere alla vendita all’asta di opere d’arte risulta un esercizio utilissimo poiché gli permette di comprendere il concetto del loro “valore”.

Così, attraverso l’occhio curioso di David, l’Autore ci fa “incontrare” molte città con i propri tesori (Cremona, Ferrara, Firenze, Milano, Napoli, Padova, Pordenone, Roma, Palermo, Siena, Udine, Venezia, Viterbo ecc.), ma pure numerosi artisti, ad esempio quelli meno noti al grande pubblico come Daniele da Volterra, Ferraù Fenzone, Lelio Orsi, Perin del Vaga ecc., talvolta valutati ingiustamente come “minori” anche dai “manuali” di storia dell’arte, da apprezzare invece da punti di vista meno scontati.

Le somme personalità del calibro di Leonardo, Raffaello e Michelangelo, viceversa, dalle pagine di questo libro si svelano attraverso osservazioni inedite che provano a indicare una serie di loro “fallimenti”, occultati per secoli da una Storiografia coeva che ne aveva tramandato una sorta di raggiunta perfezione.

A proposito di Artisti grandi e piccoli, Strinati fa emergere la peculiarità di come nel nostro Mondo, tutto mediatico e fragoroso, il vero protagonista finisce per essere l’Artista (lo scrittore, lo sportivo, la rock star, l’architetto, lo scienziato) in quanto Personaggio, non l’Opera d’Arte. La Fama dell’artefice, causata dalla sua Arte, genera il “grido” della Società.

Attribuito a Giotto e bottega, Ritratto di Dante Alighieri, 1337-1340 circa, Firenze, Bargello, Cappella del Podestà

Un concetto paradigmatico che, a ben vedere, già era stato rilevato dal sommo Dante e risulta valido ancora oggi. Anzi, se ai nostri tempi questa può sembrare una considerazione ovvia, prima di Dante essa era del tutto sconosciuta. Lo si desume dalla celebre rievocazione di Giotto fatta nella Divina Commedia attraverso il famoso miniatore del Duecento, Oderisi da Gubbio, “incontrato” dal poeta nel Purgatorio (canto XI), includendolo fra i superbi della Prima Cornice: pur curvo sotto il peso del masso, Oderisi riconosce e chiama Dante fissandolo faticosamente con lo sguardo e, identificato a sua volta dal poeta, il penitente ammette che rispetto ai suoi codici miniati, sono più stimati quelli di Franco Bolognese, col quale deve condividere la gloria di quell’arte.

Una dichiarazione di inferiorità che egli stesso, troppo animato dal desiderio di fama, quando era in vita non sarebbe stato capace di riconoscere pubblicamente e quindi sconta la sua pena a causa della propria superbia, un castigo che avrebbe potuto evitare pentendosi quando la morte era ancora lontana da venire.

Quella di Oderisi è una critica all’effimera gloria umana e cita perciò l’esempio di Cimabue superato nella pittura da Giotto, e di Guido Guinizelli sorpassato in poesia da Guido Cavalcanti, mentre forse è già nato chi li surclasserà entrambi. La fama è solo un soffio di vento, dice Dante, alita da una parte e subito dopo dall’altra, costantemente predisposta a cambiare nome, è come il colore dell’erba, il verde viene mutato in altre tinte da quel medesimo sole che gli aveva consentito di emergere dalla terra.

Una metafora che ricorda come prima di Cimabue e Giotto gli artisti erano considerati dei semplici artigiani, spesso di suprema competenza, ma sempre dei tecnici, mentre le cose cominciarono a cambiare proprio a partire dall’epoca di Dante e Giotto, quando la Fama dell’Artista principiò a creare il “grido”, il termine coniato dallo stesso Alighieri e giunto fino ad oggi, se è vero che il concerto di un cantante rock o una partita di calcio provocano appunto urli, schiamazzi e “grida”. Dunque, poco meno di un millennio fa Dante e Giotto erano come i divi del cinema di oggi, dei modelli per i loro meriti artistici, avviando così il mito della Persona realizzato congiungendo la competenza tecnica all’Estetica.

Carlo Collodi, La storia di un burattino, Prima puntata nel “Giornale per i bambini”, 7 luglio 1881

Non solo Dante e la sua Divina Commedia trovano spazio nel meraviglioso viaggio di esperienza dell’arte percorso da David-Strinati. Si è già accennato della rievocazione del romanzo popolare di fine Ottocento, uno tra i più letti della storia italica: Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino di Collodi. La sua traslazione nella vicenda terrena di Gesù Cristo che si trasfigura, muore, rinasce e salva tutti noi, guidato dalla fata dal manto azzurro come quello di Maria Vergine, risulta un’affascinante interpretazione di trasformazione e rinascita, come accade in tante storie mitologiche: ad esempio in quella di Amore e Psiche, notissima anche al grande pubblico grazie alla bellezza dei due personaggi forgiati nel marmo bianchissimo della raffigurazione che ne offrì Antonio Canova (in due versioni, una prima conservata al Louvre di Parigi, l’altra all’Ermitage di San Pietroburgo).

Si racconta che Canova, il mirabile scultore italiano del XVIII secolo, era rimasto talmente colpito dal Cristo velato – di cui avrebbe voluto essere l’artefice – da provare ad acquistarlo durante una sua visita a Napoli. Scultura leggendaria, quest’ultimo notissimo iconico e mirabile lavoro di Giuseppe Sanmartino, visitatissimo nella Cappella Sansevero, è anche protagonista di altre interessanti riflessioni dell’Autore.

Giuseppe Sanmartino, Cristo velato, 1753, Napoli, Cappella Sansevero

Non si contano infatti, fin dalla seconda metà del XVIII secolo – l’opera è firmata e datata 1753 -, i commenti contrastanti su questa particolarissima figura marmorea, giudicata un capolavoro o il suo contrario, e sempre da personaggi di alta competenza. Ma questo non è che il destino delle eccellenze nell’arte, per le quali non esiste mai il disinteresse quanto piuttosto la lode o la denigrazione eccessive.

Il principale pregio di questo libro è che consente a tutti noi non solo di spostarci virtualmente da una città all’altra tra tesori e protagonisti, ma anche di scoprirvi tappe e dettagli inconsueti e troppo spesso giudicati meno rilevanti di quelle in genere destinate al turismo di massa. È un emozionante viaggio di formazione che attraverso la “grande bellezza” della nostra Storia ci fa vedere e riconoscere aspetti assai diversi dalle comuni credenze e tradizioni: così, nello svolgimento piacevolmente colloquiale del testo, le scoperte di David sono quelle dei lettori del libro di Strinati, dove tutto sembra accadere in maniera esteriormente casuale, leggera e “divulgativa”, ma nel senso migliore del suo significato.

Nicosetta ROIO    Bologna 2020