Talking ‘About (Art)’ Caravaggio: “La Presa di Cristo” parlano gli esperti. Laura Testa

Laura TESTA

Il “Cristo preso all’orto” di Caravaggio della Collezione Mattei: un riesame della documentazione

L’interessante mostra sulla “Presa di Cristo dalla Collezione Ruffo”, curata da Francesco Petrucci, inaugurata il 14 ottobre a Ariccia, è destinata a riaprire con decisione il divisivo dibattito sui cosiddetti “doppi” caravaggeschi: prototipi originali, repliche o copie?

La grande tela della Presa di Cristo proveniente dalla raccolta Ladis Sannini fu individuata da Roberto Longhi nel 1943 e presentata all’esposizione milanese del 1951 (figg. 1-2) come copia da un originale perduto. [1]

Milano, 20/04/1951 Vernissage della “Mostra del Caravaggio e dei caravaggeschi” a Palazzo Reale
Nella foto: una sala della mostra in allestimento; in primo piano, il dipinto “Madonna dei Palafrenieri”
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Fig. 2 Presa di Cristo Collezione Mario Bigetti ex Collezione Ladis Sannini – Ruffo (prima del restauro con cornice)

Ancora inserito in una antica cornice nera con arabeschi dorati, il dipinto – oggi di proprietà dell’antiquario Mario Bigetti, che lo ha acquistato dalla collezione Ruffo di Calabria – dopo settantadue anni viene nuovamente presentato al pubblico da Petrucci, il quale ne sostiene la provenienza dalla collezione Mattei, come l’originale “pagato a Caravaggio da Ciriaco Mattei nel 1603”.[2] A questa tela (fig. 3),

Fig. 3 Presa di Cristo collezione Mario Bigetti ex Collezione Ladis Sannini – Ruffo (dopo il restauro), olio su tela, cm. 142 x 218,5

la cui ampia composizione risulta un unicum tra le varie redazioni oggi note, successivamente lo stesso Ciriaco avrebbe affiancato una replica, un “doppio” identificabile con il dipinto ritrovato nel 1990 da Sergio Benedetti (attualmente nella National Gallery of Ireland a Dublino, fig. 4) di formato ridotto, ma di fattura più levigata.[3]

Fig. 4 Caravaggio, Cattura di Cristo, Dublino, National Gallery of Ireland , 1602, olio su tela, cm. 133,5 x 169,5

Già nel 2004 Jacopo Curzietti, attraverso una rilettura degli inventari Mattei, soffermandosi soprattutto sulla descrizione delle cornici, ha proposto di considerare autografa e proveniente dalla nota raccolta romana la Cattura di Cristo della ex collezione Sannini di Firenze.[4] Questa ipotesi dello studioso viene ripresa da Petrucci nel dettagliato saggio del catalogo che accompagna la mostra di Ariccia.

Senza voler entrare in alcun modo nel merito della questione attributiva della tela, intendo riproporre una rilettura della documentazione Mattei già nota, introducendo qualche elemento nuovo. Dal riesame dei documenti e delle fonti storiche, la tesi della originaria appartenenza del dipinto Sannini -Ruffo alla collezione di Ciriaco e Asdrubale Mattei non trova conferme.

Spesso negli inventari di casa Mattei le menzioni delle cornici -così come le misure dei dipinti- sono talmente sintetiche ed imprecise da ingenerare confusione. Non sempre le variazioni descrittive corrispondono ad una effettiva sostituzione delle cornici, a volte sono il frutto di una generica e frettolosa annotazione dell’estensore del documento.[5] La questione è resa più complessa dalla presenza nella collezione di altri due dipinti raffiguranti la Cattura di Cristo con l’episodio di San Pietro che taglia l’orecchio a Malco: un dipinto di formato verticale di Girolamo Muziano con cornice di noce e una sopraporta, bassa ed allungata, attribuita dagli inventari a Lanfranco, incorniciata di nero. [6] Queste tele dimostrano, come suggerito da Petrucci, un particolare interesse per questo soggetto da parte di Ciriaco, confermato anche dalla presenza nella raccolta di una serie di dipinti su rame di Antonio Tempesta raffiguranti episodi della passione, rintracciati di recente. [7]

Fig. 5 Insula Mattei, planimetria, Roma, rione S. Angelo

Il quadro del “Cristo preso all’orto” del Caravaggio fu eseguito nel corso del 1602, dopo che il pittore aveva già licenziato per Ciriaco Mattei la Cena in Emmaus (Londra, National Gallery) e il San Giovanni Battista (Roma, Pinacoteca Capitolina).

Venne saldato al pittore il 2 gennaio 1603 per 125 scudi e il prezzo comprendeva anche la cornice “depinta”.[8]

Dopo la morte di Ciriaco, il quale aveva sicuramente esposto il dipinto nel palazzo Mattei  alle Botteghe Oscure, oggi Caetani (figg. 5- 6), la tela passò al figlio Giovanni Battista ed è ricordata dall’inventario del 1616 tra i “quadri di devozione”.[9]

 

 

Fig. 6 Palazzo Mattei –Caetani, Roma, Via delle Botteghe Oscure

La descrizione definisce più precisamente la “cornice  depinta” come una “cornice nera rabescata d’oro” e puntualizza che la tela è protetta da una tenda scorrevole di taffetà rosso con cordoni in seta guarniti da fiocchi pendenti che, oltre a preservarla dalla luce solare diretta e dalla polvere, ne segnala il particolare pregio e il grande valore religioso: l’opera è celata dalla cortina, per essere opportunamente svelata ed apparire all’osservatore quasi come una rivelazione mistica (fig. 7).[10]

Fig. 7 Gabriel Metsu, Donna che legge una lettera, Dublino, National Gallery of Ireland, 1665-67, olio su tela, cm 52,5 × 40,2 . La scena documenta l’uso seicentesco di coprire i quadri con cortine in seta
Fig. 8 Ottavio Leoni, Ritratto di Monsignor Paolo Mattei, Firenze, Accademia Colombaria, 1619, disegno

È appesa in una stanza del pianterreno insieme alla Disputa con i Dottori di Antiveduto Grammatica (Collezione privata, già Cowdenbeath, Scozia) – forse commissionata proprio per accompagnarsi al quadro del Merisi – che presenta una stessa “cornice nera rabescata d’oro” ed un’analoga tenda di taffetà verde[11]. La tela del Caravaggio viene donata nel 1623 per lascito testamentario da Giovanni Battista al cugino monsignor Paolo Mattei (fig. 8), abate e protonotario, figlio di Asdrubale.[12] Tuttavia nell’inventario ereditario del 7 giugno 1624, redatto per l’erede abate Alessandro Mattei, fratello del defunto, la Cattura è ancora registrata nell’appartamento terreno del Palazzo alle Botteghe Oscure. Si trova nella camera da letto -le cui pareti sono interamente parate di arazzi raffiguranti le storie di David – insieme alla Disputa di Antiveduto. È posta sopra la porta e, sebbene abbia la stessa cortina di taffettà rosso, la sua cornice è definita genericamente dorata,[13] così come quelle della Disputa di Antiveduto e delle due Catture del Muziano e del Lanfranco che ornano altri ambienti.[14]  Ma né Curzietti né Petrucci notano che il repentino cambiamento di cornici riportato dall’inventario del 1624 interessa tutto il gruppo di opere. Curzietti suggerisce invece l’ipotesi che i dipinti del Merisi rappresentanti la Cattura fossero due: uno autografo con cornice rabescata, passato precocemente nelle collezioni di Asdrubale Mattei, registrato nei suoi inventari a partire dal 1625 circa,  e un altro con cornice dorata – mai indicato prima nei documenti- trasmesso per testamento da Giovan Battista al cugino Paolo Mattei, e a sua volta riprodotto nel 1626 dallo sconosciuto pittore Giovanni di Attilio.[15] Questa tesi della duplicazione dell’opera viene accolta da Petrucci, il quale ritiene la grande tela ex- Sannini (cm 142 x 218,5) il prototipo realizzato per Ciriaco Mattei a fine 1602 con la sua “cornice depinta”, al quale in un secondo momento – non precisabile e non documentato- lo stesso committente avrebbe affiancato una replica, identificabile con il dipinto oggi a Dublino, di formato ridotto, ma “raffinato nella qualità esecutiva”, arricchito con l’aggiunta nella penombra dello sfondo di alcuni particolari di ambientazione: lance, rami, arbusti e fogliame.[16]

Tale suggestiva supposizione non ha riscontri nelle carte dell’Archivio Mattei. Al contrario un documento finora non pubblicato chiarisce che le citazioni degli inventari di Giovanni Battista e di Asdrubale si riferiscono tutti allo stesso quadro, seppur con delle variazioni nella menzione delle cornici.

Nella inedita “Nota di robbe che si devono giungere all’Inventario di Guardarobba fatto di nuovo”, databile a ridosso dell’ordine dell’abate Alessandro Mattei di consegnare i legati testamentari del fratello defunto (20 giugno 1624), [17] oltre ai dipinti lasciati allo zio Asdrubale e alla moglie (il Mercato di Bassano e la Festa del Belvedere) è appuntato:

“a car. 33 Un quadro grande con cornice di pero nero della presa di Christo di mano del Caravaggio lassato dal Marchese Giovanbatta à Mons. Paolo con sue bandinelle di taffettano cremisino” (fig. 9)[18].
Fig. 9 Nota di robbe che si devono giungere all’Inventario di Guardarobba fatto di nuovo, 1624, Archivio Antici Mattei

È evidente dall’annotazione che la tela del Caravaggio, ricevuta in dono da monsignor Paolo e quindi trasferita nel nuovo Palazzo Mattei di Giove all’angolo dell’insula Mattei (fig. 10), dove egli abita insieme al padre, ha ancora la cornice nera, è coperta con il taffetà rosso e dovrà essere aggiunta dal Guardarobiere tra le voci dell’inventario di Asdrubale.[19]

Fig. 10 Domenico Montagù, Veduta del Palazzo Mattei, Londra, British Museum, 1760-1771, acquaforte

Effettivamente, nell’inventario di quest’ultimo del 1613, proprio a carta 33, compare con una grafia diversa un’annotazione che registra, tra altri quadri provenienti dalla collezione di Giovan Battista, “La presa di N. S.re con cornice nera rabescata d’oro” – priva di attribuzione ma molto verosimilmente di Caravaggio– accanto alla “Disputa di N.S.re con uguale cornice”, certamente di Antiveduto, e a “Un quadretto dell’Assuntione della Madonna in Cam.a di Mons.re”.[20] Nell’inventario della Guardarobba di Asdrubale dell’agosto 1631, nel quale sono riportati anche i pochi quadri posseduti dal figlio monsignor Paolo, la Presa di Cristo del Caravaggio continua ad essere ricordata accanto alla tela di Antiveduto con “cornice nera rabescata d’oro”,[21] ma i dipinti raffiguranti la Cattura sono divenuti in tutto quattro, si è infatti aggiunta la copia ordinata nel 1626 da Asdrubale allo sconosciuto pittore Giovanni di Attilio, di cui però non è menzionata la cornice.[22] Sempre quattro tele con  la “Presa di Nostro Signore” sono riportate nell’inventario notarile post-mortem di Asdrubale, redatto il 24 novembre 1638 e le cornici, non più tutte genericamente dorate, tornano a essere differenziate (due dorate e due nere profilate d’oro), tuttavia un elenco così sommario di quadri, privo di indicazioni topografiche, rende difficile individuare l’opera di Caravaggio e capire che cornice abbia. [23]

L’inventario ereditario dei beni di Paolo, del 29 novembre 1638, curato dal fratello minore Girolamo, cita tra pochi altri quadri devozionali

“Un quadro del Caravaggio della Presa di Christo con cornice dorata e sua tendina di taffetà verde lasciatoli dalla bo. me. del S. Gio. Batta. Mattei”,

a cui il monsignore evidentemente teneva molto, al punto di custodirlo nella propria camera da letto.[24]  È dunque probabile che al momento della sostituzione della cortina rossa con una verde possa essere stata cambiata anche la cornice originaria, dal momento che nelle carte successive- ad esempio un inedito inventario del 1666[25]– il dipinto è continuativamente registrato con la cornice dorata. Pertanto la Cattura di Cristo realizzata da Caravaggio con la sua cornice “depinta” non è uscita dalla collezione per alienazione o donazione, come suppone Petrucci, ma semplicemente ha subìto un cambiamento di cornice e di cortina, probabilmente per adeguarla all’arredo della camera di Monsignor Paolo.

Questa ipotesi è avvalorata da un’accurata descrizione del 1676 – pubblicata da Elisabeth Schröter ma finora sfuggita agli studiosi – che ricorda l’opera, ricevuta in eredità dal duca Girolamo Mattei, nella stanza contigua alla Galleria del palazzo costruito da Asdrubale:

“Un quadro del ritratto dell’Istoria quando Giesu Christo fù preso da Giudei nell’orto con diverse figure di Giuda, e soldati Ebrei, opera del Garavaggiu, dentro cornice grande scorniciata col riporto de fogliami tutta indorata alta p.mi sei e mezza e larga p.mi otto circa”.

Nel documento è descritta anche la copia del pittore Giovanni di Attilio: “Un altro dell’Istoria quando Giesu Christo fù bacciato da Giuda e preso da Giudei”, precisandone le misure di palmi sei per otto e la guarnizione con “cornice grande nera profilata d’oro con lavori d’Arabeschi”.[26] Dunque la tela del Merisi ha una cornice dorata lavorata e la copia è invece perimetrata con una grande cornice nera dagli arabeschi dorati. Le dimensioni delle opere sono tali da escludere per entrambe un’identificazione con il quadro Sannini, molto più ampio (cm 142 x 218,5).

Proprio nel palazzo del duca Girolamo Mattei, figlio di Asdrubale,  G. P. Bellori vede e descrive in modo accurato il quadro del Merisi, giungendo all’erronea conclusione che Asdrubale ne sia il committente.[27] L’inventario post- mortem del Duca Girolamo Mattei – in quale aveva ereditato sia i beni di Asdrubale che quelli di Paolo- sempre del 1676, compilato il 14 marzo, menziona nella sala contigua alla galleria “La presa di Giesù Christo nell’orto del Caravaggio con cornice dorata di p. 6 e 8” e riporta, con descrizioni abbastanza dettagliate delle cornici, la presenza dei soliti altri tre dipinti raffiguranti l’episodio della Cattura di Cristo. [28] Al contrario, seguendo l’ipotesi di Curzietti e Petrucci della presenza di due versioni caravaggesche dello stesso soggetto, una con cornice dorata e una, più grande, con cornice rabescata,  a quella data i dipinti dovrebbero essere diventati ormai cinque.

Tutti gli inventari successivi ricordano la tela di Caravaggio con la cornice dorata, mentre a metà del ‘700 la copia di Giovanni di Attilio finisce al castello di Giove in Umbria (Fig. 11)[29] e non se ne hanno più notizie. [30]

Fig. 11 Castello Mattei, veduta principale, Giove (Terni)

I visitatori stranieri si fermano presso i Mattei ad ammirare il capolavoro del Merisi e le guide di Roma continuano negli anni seguenti ad elencare nel Palazzo romano, tra i “quadri di celebri pittori […] “stupendissimi”, la “presa del Salvatore nell’Orto del Caravaggio”, [31] ma verso la fine del Settecento la questione si complica. La paternità del Merisi inizia ad essere messa in dubbio, come riporta un’annotazione di von Ramdhor del 1787, il quale registra il quadro nella quarta sala del Palazzo come autografo del Caravaggio, precisando però che altri lo ritengono di Honthorst, riferimento a suo parere meno credibile.[32]

In effetti un anno prima era apparsa nell’edizione in francese della guida di Giuseppe e Mariano Vasi l’assegnazione della tela di “Jesus-Christ arrete dans le jardin” a “Gerard delle Notti”.[33] Dall’inventario del 1793 molte attribuzioni dei dipinti Mattei variano completamente, probabilmente per le sopraggiunte ragioni commerciali legate alla crisi finanziaria della famiglia che inizia a progettare una immissione sul mercato di parte della collezione. Dei quattro dipinti raffiguranti la Cattura di Cristo, ricordati dai documenti precedenti, viene menzionata solo nella Quarta camera la “Presa di Cristo all’orto di p.mi 6 riquad.ti di Gherardo della Notte.”[34] Risulta difficile comprendere cosa intenda l’estensore dell’inventario -noto in almeno tre copie, presumibilmente redatte per pubblicizzare la collezione- con l’ambiguo termine “riquadrati”, forse una rifilatura della tela oppure, più probabilmente, una forma poco allungata. Certo è che il dipinto raffigurante “l’Imprigionamento del N.S. di Gherardo della Notte” acquistato dal “Sig.r Guglielmo Hamilton Nisbet dal Palazzo Mattei” insieme ad altre cinque tele nel gennaio del 1802,[35] era di formato rettangolare, come chiaramente indicato nella licenza di esportazione concessa al pittore Patrick Moir l’8 febbraio, dalla quale risulta la misura approssimativa di palmi 5 e 7.[36] L’indicazione “riquadrati” del 1793 potrebbe essere  un errore del compilatore (ripetuto nelle varie copie) oppure riferirsi ad un’altra opera, poiché secondo una stima del 1802, redatta dopo la partenza per la Scozia delle tele vendute a William Hamilton Nisbet, rimane ancora nel palazzo di Roma un dipinto che misura palmi 6 e 6, dal valore di 80 scudi, assegnato ad Honthorst.[37]

Trasferita in Scozia nello stesso anno, la Cattura proveniente da Palazzo Mattei fu appesa nella dining room della residenza Hamilton Nisbet a Biel e, seguendo le indicazioni del testo di Mariano Vasi, mantenne l’attribuzione all’Honthorst.[38] Esposta in mostra nel 1883, fu messa all’asta da Dowell’s il 16 aprile del 1921.[39] In questa occasione il catalogo della vendita (fig. 12) ne registrava con precisione le misure (68 x 47 pollici), dimostrando con evidenza che si trattava di un dipinto rettangolare.[40] A fugare ogni residuo dubbio vi è una fotografia della dining room di Biel House (fig. 13), antecedente al 1921, in cui si scorge sulla sinistra il quadro del Caravaggio appeso sulla parete, proprio sopra al Cristo con la Samaritana di Alessandro Turchi, simile nel formato e nella larghezza, ma meno alto.[41]

Secondo Sergio Benedetti, la tela rimasta invenduta qualche anno più tardi sarebbe stata acquisita da Lea Wilson, per poi finire nella casa dei Gesuiti di Dublino, dove lo studioso la rintracciò nel 1990 riconoscendovi l’esemplare della Cattura di Cristo autografo del Caravaggio, proveniente dalla collezione Mattei. Studi successivi hanno dimostrato invece che il dipinto era stato acquistato nel 1921 dall’artista Joseph Kent Richardson e, nel 1922, dal Major Charles Hubert Francis Noel.[42]  Benedetti, in seguito a un accurato restauro, ha appurato che la tela non ha mai subito decurtazioni, tuttavia non ha potuto colmare la lacuna documentaria del passaggio del dipinto dalla Scozia all’Irlanda, né chiarire con esattezza quando e in quale occasione la signora Lea Wilson aveva acquistato il quadro, di cui risulta in possesso già nel luglio 1924 e che oggi è esposto alla National Gallery di Dublino.[43]

Al termine della disamina documentaria è interessante riflettere su un interrogativo avanzato da Gianni Papi nel 2018 a proposito della versione Sannini: perché esistono numerose copie – Petrucci nel elenca ben quindici-[44] “corrispondenti alla versione di Dublino (cioè con il braccio di san Giovanni tagliato), e nessuna presenta la scena completa come nella redazione Sannini?”.[45] Come risposta si potrebbe ipotizzare che la grande tela Sannini-Ruffo non fosse in origine collocata in una collezione famosa e facilmente visitabile come quella Mattei, ma in un contesto privato di difficile accesso per visitatori, artisti e copisti.

Laura TESTA 25 Ottobre 2023

NOTE

[1] Questo testo riprende parte dell’intervento tenuto nel 2021 al convegno online “1951 – 2021 L’enigma Caravaggio. Nuovi studi a confronto” a cura di R. Papa e S. Rossi e anticipa un saggio più ampio in corso di pubblicazione.
Per un’accurata analisi dell’opera ex-Sannini e la presentazione delle indagini scientifiche cfr. F. Petrucci , La ‘Presa di Cristo’ di Caravaggio dalla collezione Ruffo, in F. Petrucci (a cura di), Caravaggio La presa di Cristo dalla Collezione Ruffo, catalogo mostra, De Luca Editori, Roma 2023, pp. 1-92. Sulle varie copie e/o repliche della Cattura di Caravaggio si veda: F. Scaletti, La ridda delle attribuzioni  in C. Strinati (a cura di), Caravaggio Vero,  Scripta Manent, Reggio Emilia, 2014,  pp. 347-349 e G. Papi, Caravaggio e la Cattura di Cristo in G. Papi e M. Sframeli (a cura di),  La cattura di Cristo da Caravaggio: un recupero per le Gallerie degli Uffizi, Sillabe, Livorno 2019, pp. 17-66 (con ampio e attento riepilogo delle fonti, della documentazione, della bibliografia fondamentale e delle diverse opinioni degli studiosi).
2 F. Petrucci, 2023, p. 75.
3 Ivi, 2023, p. 64. Sul dipinto di Dublino cfr. S. Benedetti, Caravaggio’s ‘Taking of Christ’, a Masterpiece Rediscovered  in The Burlington Magazine , Nov., 1993, Vol. 135, No. 1088, pp. 731-741, S. Benedetti, Caravaggio. The Master revealed, The National Gallery of Ireland, Dublin, 1993a, F. Cappelletti, The Documentary Evidence of the Early History of Caravaggio’s ‘Taking of Christ’, in The Burlington Magazine , Nov., 1993, Vol. 135, No. 1088 (Nov., 1993), pp. 742-746, L. Testa, la collezione di quadri di ciriaco Mattei, in R. Vodret (a cura di), Caravaggio e la collezione Mattei, catalogo della mostra, Electa, Milano, 1995, pp. 29-38.
4 J. Curzietti, Un interrogativo sulla “Presa di Cristo” del Caravaggio , in M.G. Bernardini (a cura di),  Studi sul Barocco romano,  Skira, Milano 2004, pp. 29-34, la tesi è riproposta in J. Curzietti, La collezione Mattei, in S. Macioce (a cura di), Michelangelo Merisi da Caravaggio. Documenti, fonti e inventari 1513-1875, Ugo Bozzi, Roma 2010, pp. 404-405 e nella nuova edizione dello stesso testo (2023) a pp. 467-68.
[5] Si vedano in proposito le considerazioni sulle ambiguità degli inventari e sulle conseguenti difficoltà interpretative dello stesso Curzietti in J. Curzietti, Archivio Caravaggio. Indagine e ricerca  documentaria: alcune riflessioni in Caravaggio vero,  in C. Strinati (a cura di), Scripta manent, Reggio Emilia 2014, pp. 391-401.
6 F. Cappelletti, L. Testa, Il trattenimento di virtuosi. Le collezioni secentesche di quadri nei palazzi Mattei di Roma,  Argos, Roma, 1994, ad indicem.
7 F. Gatta, Antonio Tempesta pittore di soggetti sacri: il ritrovamento dei «Quadri di Devozione» di Ciriaco Mattei, novità e riflessioni, in Arte Cristiana, 930, CX, maggio-giugno 2022, pp. 176-187.
[8] Cappelletti, Testa, 1994, p. 140, pagamento n. 47. “Adj 2 di Genn.o 1603 e pui devono havere sc.cento vinticinque d mo.ta di iulij x p. sc.o. p. tanti pagati à Michel Angelo di Caravaggio p. un quadro con la sua cornice depinta d’un Cristo preso all’orto devo sc. 125”. Sui quadri di Caravaggio della collezione Mattei cfr. inoltre: F. Cappelletti, L. Testa, Ricerche documentarie sul San Giovanni Battista ‘dei Musei Capitolini e sul ‘San Giovanni Battista ‘della Galleria Doria Pamphili e Appendice documentaria, in G. Correale (a cura di) Identificazione di un Caravaggio. Nuove tecnologie per una rilettura del ’San Giovanni Battista’, Marsilio,  Venezia 1990a,  pp. 75-84; 85-101 e F. Cappelletti, L. Testa, I quadri di Caravaggio nella collezione Mattei i nuovi documenti e i riscontri con  le fonti, in “Storia dell’arte”, 69, 1990b, pp. 234-244. Una cornice uguale rifiniva anche il San Giovanni Battista del Caravaggio (Cappelletti, Testa, 1994, p. 174, n. 32), probabilmente si riteneva che fosse un tipo di cornice adatta a rifinire i dipinti del Merisi, caratterizzati da forti contrasti luce-ombra, poiché spesso si ritrova negli inventari, ad esempio nella collezione Giustiniani tutte le tele  del Caravaggio sono descritte con  tale cornice.
[9] Ivi, p. 174, n. 22: “N. 16 Un quadro della presa di Giesu Cristo del Caravaggio con la cornice nera rabescata d’oro col suo taffetà rosso, e cordoni di seta rossa, e fiocchi pendenti”.
[10] M. Piccioni, Emulare i nobili: tessuti e parati nelle abitazioni degli “huomini di stato mediocre” nella Roma del Seicento, in A. Rodolfo,  C. Volpi (a cura di),  Vestire i palazzi. Stoffe, tessuti e parati negli arredi e nell’arte del Barocco,  Edizioni Musei  Vaticani, Città del Vaticano, 2014, p. 425.
[11] Cappelletti, Testa, 1994, p. 174, n. 21, solo altre due opere sono descritte nell’inventario del 1616 con cortina di taffetà.
[12] Ivi, 1994, p. 78 nota 29, con trascrizione del testamento del 21 gennaio 1623 e codicillo del 5 giugno 1624.
13 Le due tele erano custodite nello stesso ambiente, una camera da letto con le pareti interamente rivestite di arazzi raffiguranti le storie di David, già nel 1621, come risulta dall’ inventario dei “Signori Mattei” in cui il quadro di Caravaggio è descritto come “un quadro della presa di N.S. con sua cornice nera con lista d’oro”  e vi rimangono in  quello ereditario del 1624 (ivi, 1994, p. 177, nn. 27-28, p. 181, nn. 12-13, E. Schröter, Caravaggio und die Gemäldesammlungen der Familie Mattei. Addenda und Corrigenda zu den jüngsten Forschungen und Funden, in  Pantheon, LIII , 1995, p. 84.) Il dipinto di Caravaggio è posto sopra una porta, (Cappelletti,Testa, 1994, p. 79, n. 30). Dopo la morte di Giovan Battista, il fratello ed erede Alessandro Mattei  il 20 giugno 1624 dà ordine a Ludovico Carletti guardarobba di soddisfare i legati testamentari e consegnare i vari dipinti, (AAM, mazzo 105, in Schröter, 1995, p. 84), le donazioni sono registrate dal notaio Crisante Rosciolo il 26 giugno (Cappelletti, Testa, 1994, p. 79, n. 30).
[14] Cappelletti, Testa, 1994, p. 181, n. 12, n. 22, p. 182, n. 40.
[15] Curzietti, 2004, p. 30, Idem, 2010, p. 404, idem, 2023, p. 468.
16 Petrucci, 2023, pp. 5-6, 15, 64. La tesi di Curzietti è stata accolta anche da S. Rossi,  Caravaggio e i Mattei: da nuovi studi, importanti novità nell’analisi stilistico-documentaria di quattro capolavori , in:  “About art online”, 16 settembre 2020. La prima versione della Presa di Caravaggio, in un momento non precisabile, sarebbe poi uscita dalla collezione. Proprio attorno a questo prototipo, Asdrubale, secondo Petrucci (ivi, 2023, p. 41-42), che riprende e amplia un’ipotesi di S. Pierguidi, (Caravaggio e il ciclo della galleria di palazzo Mattei, in “Storia dell’arte”, 136, 2013, pp. 87-98), avrebbe organizzato l’allestimento della sua Galleria del palazzo nuovo, commissionando a vari artisti, tra 1625 e 1626, tele di tema cristologico con le stesse misure e cornici del dipinto Sannini, come ad esempio la Disputa tra i dottori di Serodine, per accordare tutta la serie al prototipo caravaggesco. Nonostante l’effettiva coincidenza delle misure, nessun documento ricorda la Cattura di Caravaggio nella galleria, né si può allo stato delle conoscenze attuali provare che la Disputa di Serodine fosse destinata a questo ambiente. Inoltre il viaggiatore inglese Richard Symonds, che visita la galleria Mattei nel 1651 (A. Brookes, Richard Symonds’s Account of His Visit to Rome in 1649-1651, in The Volume of the Walpole Society, 2007, Vol. 69, p. 88 e gli inventari settecenteschi della famiglia ricordano le cornici dei quadri della galleria, che sono effettivamente tutte uguali, ma tutte dorate. Cfr. Cappelletti, Testa, 1994, pp. 218-220, 247-250.
[17] Dopo la donazione di Alessandro allo zio Asdrubale dell’eredità di Giovan Battista il 5 dicembre 1624, Asdrubale il 30 ottobre 1625 prende possesso di tutti i beni che erano stati di Ciriaco, quadri compresi cfr. Cappelletti, Testa, 1994, p. 79, n. 31.
[18] Archivio Antici Mattei (AAM), mazzo 106, foglio sciolto: “Nota di robbe che si devono giungere all’Inventario di Guardarobba fatto di nuovo, che non sono al libro notate da me”:
“a car. 33 Un quadro grande con cornice di pero nero  della presa di Christo di mano del Caravaggio lassato dal Marchese Giovanbatta à Mons. Paolo con sue bandinelle di taffettano cremisino
à car. 33 Un’ altro quadro con cornice pur di pero nero grandiss.o d’un Mercato mano del Bassano lassato dal S.r Giovanbatta al Sig.re
à car. 33 un’ altro quadro pur grandiss.o con cornice di pero conlafesta di Belvedere lassato dal S.r Giovabatta alla S.ra D. Costanza
à car. 33 Un Quadro d’una Madonna grande fondo d’oro ritratto Madonna del Popolo, bello con sue cortine tafetta cremisino in tavola”.
19 Paolo, protonotario dal 1615, governatore di Todi (1624), di Rieti (1626), Montalto (1627), Spoleto (1628), Ancona (1629), probabilmente spesso risiedeva anche nel castello Mattei del feudo di Giove, dove morì nel 1638, cfr. Cappelletti, Testa, 1994, p. 355, ill. 1.
[20] Cappelletti, Testa, 1994, p. 169, n. 134. Il “Monsignore” citato è ovviamente Paolo Mattei. Nell’inventario ci sono anche annotazioni successive al gennaio 1631, perché sono registrati anche i ritratti di papa Urbano VIII e del cardinal Barberini pagati da Asdrubale al pittore Giovanni Ferri, cfr. ivi, p. 150 pagamenti n. 41 e 42.
[21] Ivi, p. 191, n. 77.
[22] Ivi, p. 192, nn. 112, 115, 126.
23 Ivi, p. 201, n. 189,  p. 202, nn. 222, 224, 230.
[24] Cappelletti, Testa, 1994, p. 79, n. 34.
25 la “Nota De quadri dell’Ecc.ma Casa Mattei” (in corso di pubblicazione) registra nella stanza contigua alla Galleria “la presa di Gesu Cristo nell’Orto del Caravagio con cornice dorata di p.6,  e 8” e nell’anticamera dell’appartamento nobile “Copia della presa di Gesù nell’orto del Caravaggi”.
[26] “Un altro dell’Istoria quando Giesu Christo fù bacciato da Giuda e preso da Giudei dentro cornice grande nera profilata d’oro con lavori d’Arabeschi alto p.mi sei e larga p.mi otto in circa” in AAM, Mazzo 71 Alessandro Mattei. Copia dell’inventario d’tutti li mobili esistenti nel Palazzo dove abita d. Sig.r Duca fatto li 24 Gen.o 1676, f.2v, pubblicato da  Schröter, 1995, p. 63.
27 Bellori G. P. , Nota delli musei, librerie, galerie et ornamenti di statue e pitture ne’palazzi, nelle case e ne’giardini di Roma, Roma, 1664, p. 34, idem, Le vite de’pittori, scultori et architetti moderni, Mascardi, Roma 1672, p. 207.
28 Cappelletti, Testa, 1994, p. 205, n. 144, p. 206, n.148, p. 207, n. 197.
29 Sul castello Mattei di Giove in Umbria cfr. L. Testa, I Mattei di Giove, da bovattieri a feudatari: l’ascesa di una famiglia patrizia nella Roma del ‘600 e la raffigurazione dei feudi di Paul Bril in “Aboutartonline, 24 settembre 2023.
[30] Ivi, pp. 101-104, p. 232, n. 912. Segnalo che,  per un errore di stampa, nel nostro testo  è saltata a p. 231 la frase: “Inventario de mobili, et altro ritrovato nel Palazzo, e Feudo di Giove adi 20 Novembre 1753”, presente a f. 66 v dell’inventario del Duca Mattei 1753 (AAM, mazzo 106), la copia della Cattura è registrata nel suddetto inventario a f. 85r cfr.  Cappelletti, Testa, 1994, pp. 101-104.
[31] P. Rossini, Il mercurio errante, Roma 1776, v. II, p. 233; R. Venuti, Accurata, e succinta descrizione topografica e istorica di Roma moderna, Roma 1767, v. II, t. 1, p. 852. Tra i visitatori stranieri basti ricordare: Richard Symonds (1649-51), il De Brosses (1739-40), e il de Lalande (1765-66).
[32] F.W.B. von Ramdohr,  Uber Malerei und Bildhauerarbeit in Rom, Leipzig: Weidmans Erben und Reich, 1787, v. II, p. 259.
[33] G. Vasi, M. Vasi, Itinéraire instructif de Rome en faveur des éstranger, L. P. Salvioni,  Roma 1786, p. 360.
[34] Cappelletti, Testa, 1994, p. 235 n. 58. Il termine è utilizzato anche in un diverso inventario sempre di fine XVIII secolo, ma forse di poco precedente rispetto al 1793,  che  registra ancora nella seconda anticamera “Un quadro in tela di pal. 6 n circa riquadrato rappresent. La presa di Christo all’orto con cornice gialla dorata all’antica, originale di Gherardo della Notte”. Cfr. Cappelletti, Testa, 1994, p. 243, n. 44.
[35] G. Panofsky Sörgel, Zur Geschichte des Palazzo Mattei di Giove, in Römisches  Jahrbuch  für Kunstgeschichte, vol. 11, 1967/68, p. 188 ha pubblicato il documento di acquisto rintracciato  in AAM, mazzo 107. Altra copia e relativa ricevuta di pagamento di un totale di 2300 scudi in Edimburgo, Scottish Record Office, Ogilvy manuscripts, GD 205/8/18/1/13-14 cfr. S. Benedetti, 1993, p. 734. Le altre tele erano: Il Tributo della moneta di G. Serodine, la Disputa di Cristo con i Dottori di Antiveduto Grammatica, Cristo con la Samaritana di Alessandro Turchi, l’Adorazione dei pastori e Lazzaro e il ricco Epulone della scuola dei Bassano.
[36] La licenza fu ottenuta dal pittore Patrizio Moir l’8 febbraio 1802 per sei quadri della collezione Mattei, tutti trasferiti in Scozia da William Hamilton Nisbet vedi Cappelletti, Testa, 1994, p. 50 n. 143. Nel palazzo rimasero le altre due Catture, quella di Muziano e di Lanfranco (Ivi, p. 256, nn. 51 e 56). La tela attribuita a Lanfranco era ancora presente nella stima del 1826. Ivi, p. 278, n.66.
[37] Roma, Biblioteca Angelica, ms 2147, pubblicato in Cappelletti, Testa, 1994, p. 295. L’inventario è successivo alla vendita Hamilton Nisbet perché mancano i quadri trasferiti in Scozia. Interessante a questo proposito l’esistenza di una copia della Cattura di Caravaggio di formato quasi quadrato, (cm. 135 x 145) presso the Governors of St. Bede’s College, Manchester,  resa nota da Benedetti, 1993a, p. 50.
[38] Cappelletti, Testa, 1994, pp. 102-103. Edimburgo, Scottish Record Office, Ogilvy manuscripts, GD 205/48/18/1/3 . “Dining Room Biel” “Our Saviour betrayed by Juda a very fine picture of Gherardo della Notte out of the Mattei Palace mentioned by Vasari [sic] as ‘un tableau merveilleux’ […] The Tribute money bought out of the Mattei Palace had been named by Vasari [sic] in his account of Pictures in that palace as a Rubens”.
[39] Ivi, p. 103.
[40] Catalogue of Valuable pictures by Dowell’s  LTD, 16th April 1921, p. 7 n. 30 “After GERARD HONTHORST. The Betrayal of Christ 68 x 47”.
[41] La foto è stata rintracciata e pubblicata da J. Wilson, An addition to the provenance of Caravaggio’s “Taking of Christ’, in The Burlington Magazine, 152, 2009, p. 691.
42 Sui passaggi di proprietà immediatamente successivi alla vendita da Dowell’s cfr. Wilson, 2009 e K. Flynn, More on the provenance of Caravaggio’s ‘Taking of Christ’, in The Burlington Magazine, 153, 2011, p. 529.
[43]https://www.nationalgallery.ie/art-and-artists/exhibitions/past-exhibitions/caravaggio-25-years-display/caravaggio-celebrating/how Tra gli aspetti ancora da indagare vi è inoltre una certa differenza tra le misure del quadro della Cattura della collezione Hamilton Nisbet venduto da Dowell’s nel 1921, (68 x 47 pollici che corrispondono a 119,38 cm. x 172,72) e il quadro oggi a Dublino (cm 133,5 x 169,5).
44 Petrucci, 2023, pp. 8-13.
45 Papi, 2018, p. 50.