Maestri, mercanti, alchimisti e filosofi al Monastero di San Martino delle Scale (Monreale). Le maioliche della Spezieria.

di Rosario DAIDONE

Della nascita e delle vicende storiche della spezieria annessa all’antico Monastero benedettino di San Martino delle Scale, frazione del comune di Monreale, non si possiedono notizie certe per una quasi totale assenza di citazioni nei documenti pervenuti.

Ma non è di poca importanza che soltanto un fuggevole accenno in essi sia riferito ad una infirmaria esistente nel convento nel 1530 (n. 1) giacché in quel periodo essa doveva possedere le caratteristiche di una modesta occasionale attività, limitata quasi esclusivamente alle cure dei monaci e un’attrezzatura strettamente necessaria alla lavorazione e alla conservazione di pochi farmaci (n. 2)

Sul cortile del monastero. opportunamente chiamato “corte dei misteri”, si affaccia, insieme all’apoteca, l’officina, ora spoglia, comunicante internamente, com’era d’uso, attraverso una porta, oggi murata, con l’apoteca. Un comune laboratorio che sembra avesse assunto nuova energia soltanto ad iniziare dalla fine del XVI secolo quando doveva essere fornita dell’atanor e di alambicchi, di giare e di orci di terracotta con e senza smalti; di mortai di marmo e di bronzo e degli attrezzi adatti alle frantumazioni, alle distillazioni, alla preparazione degli infusi, dei decotti e di altre sostanze ricavate dagli oli e dalle piante officinali coltivate dai monaci nel loro viridarium. Ma di tutto questo poco o nulla sembra essere sopravvissuto nell’abbandono in cui il locale fu lasciato per moti anni.

Soltanto alla fine del Cinquecento, assunto un nuovo ruolo, l’apoteca doveva esser dotata di un bancone, di scansie e armadi dove erano riposte le 47 maioliche pervenute che costituivano, pur tenendo conto delle perdite accidentali, pressappoco l’intero corredo vascolare di quel periodo. Un armamentario di pregevole valore, ma ancora di piccole dimensioni se si tiene conto che in genere le spezierie coeve aperte al pubblico possedevano centinaia di contenitori tra bocce, albarelli di elettuari e di sciroppi, versatoi, pilloliere, cilindri e orci di diverse dimensioni. Maioliche di pregio di Faenza, Casteldurante e Urbino che nel corso del XVI secolo arrivavano in Sicilia tramite i mercanti genovesi residenti nell’isola.

Alla dispersione degli arredi che a partire dalla fine del ‘500 si trovavano nella spezieria martiniana avrà contribuito la confusione venutasi a creare in seguito alla soppressione degli ordini religiosi e al conseguente abbandono del monastero da parte dei frati nel 1866. Ma anche in seguito al rinnovamento del locale e durante il periodo della sua potenziata attività proseguita nei secoli successivi, più che di una vera e proprio presidio aperto al pubblico, la spezieria di San Martino doveva configurarsi ancora come un riservato prezioso luogo di cultura alchemica come indica il ruolo di primo piano riservato alla presenza, in alto nelle lunette, dei ritratti degli alchimisti e dei filosofi dipinti a tempera con le loro cornici a festone e le note esplicative in latino.

Una visione laica coniugata con la devozione religiosa poiché nel soffitto azzurro pieno di stelle campeggia l’immagine di Gesù dipinta all’interno di una corona di foglie accompagnata da un monito scritto in latino in un nastro spezzettato che avverte:

“Le medicine possono curare i corpi degli uomini, ma soltanto Dio cura le malattie dell’anima”.

In verità se pochi sono i santi rappresentati nelle pitture murali della spezieria, fatta eccezione per i fratelli anargirici Cosmo e Damiano di origine araba che affiancano San Luca, protettore dei medici, dipinti al centro della rappresentazione frontale, sacre miste a profane sono anche le immagini dipinte nelle maioliche pervenute non direttamente commissionate alle fabbriche. Evidentemente di conforto religioso meglio potevano godere i monaci in altri ambienti di più sereno raccoglimento come la basilica o la biblioteca con la sua quadreria.

Delle 47 maioliche di San Martino non si trova traccia documentale relativa al periodo della loro acquisizione, ma diventano esplicite e documentate le loro vicende dopo il 1866 in seguito al decreto di espoliazione dei beni ecclesiastici quando furono trasferite, insieme al mortaio di bronzo firmato dal maestro Antonello da Tortorici nel 1481, al Museo Nazionale di Palermo il 4 aprile del 1878 e in seguito confluite nella Galleria Regionale di Palazzo Abatellis. Qui si trovano oggi, quasi tutte, insieme alle numerose altre maioliche di varia provenienza ed epoca che il museo palermitano custodisce nei suoi depositi.

L’individuazione delle maioliche martiniane, fatta nel 1878 dal Professore Giuseppe Meli nelle vesti d’ispettore della pinacoteca del Museo Nazionale di Palermo, ha rivelato tra le faentine la presenza del monumentale vaso cilindrico con le immagini dell’Annunciazione e della Carità Romana allestito a Faenza nell’officina di Francesco Mezzarisa che reca la scritta “IN FAENCIA F R M e la data del 1558. Un’opera di notevole importanza nella storia della maiolica, documento materiale che si associa al fenomeno della circolazione in Sicilia delle opere rinascimentali prodotte nelle più rinomate fabbriche italiane. (FOTO 1)

1) Vaso cilindrico “da mostra”con piedi e coperchio, h. cm. 67 Capofila dei vasi faentini firmato da Francesco Mezzarisa, datato 1558/ IN FAENCA FR M Galleria Regionale della Sicilia (in seguito G.R.S) inv. N° 6224

E’ interessante notare che, se attentamente si legge l’atto che appartiene alle mie ricerche nell’Archivio di Stato palermitano, stipulato nel 1556 dallo speziale Castrogiovanni di Ciminna col mercante Giovan Battista Castruccio, le maioliche faentine della spezieria, già assegnate a quella fornitura (n. 3), non corrispondono, se non nelle forme diffuse nel periodo, a nessuna delle maioliche che vennero commissionate al Castruccio, genero e continuatore dell’attività mercantile di Giovanni Brame proprietario di un intero palazzo con botteghe, ancora oggi individuabile sul Cassaro, scomparso il 10 aprile 1554.

Tra i più importanti mercanti d’arte del Cinquecento palermitano, Giovanni Brame nel 1546 si era incaricato di far eseguire a Faenza, nella stessa bottega di Francesco Mezzarisa anche le maioliche di Pietro Boeri che servirono da modello a quelli ordinati da Castrogiovanni (FOTO 2).

2 Sei albarelli di Faenza della bottega di Francesco Mezzarisa detto Risino, 1558. Depositi della Galleria regionale della Sicilia (G.R.S.)
1) Medaglone con la figura di San Sebastiano, protettore dalla peste; verso con grottesca, strumento musicale e spartiti; h. cm. 30; G.R. S. inv. N° 5635
2) Medaglione con immagine di San Sebastiano e verso decorato a trofei; h. cm. 29 G.R.S. inv. 5639
3) Medaglione con immagine di San Domenico, verso decorato a quartieri; h. cm.21; G.R.S. inv. N° 5625
4) Medaglione con l’immagine di San Bernardo da Chiaravalle, verso decorato a quartieri; h. cm 29; G.R.S. inv. N° 5634
5) Medaglione con immagine di San Lorenzo, verso decorato a trofei e vistosa grottesca; h. cm. 30; G.R.S. inv. N° 5636
6) Medaglione con l’immagine della Beata Vergine col Bambino, protettrice della città di Forlì col nome di “Madonna del fuoco”; verso decorato a trofei e immagine di unicorno G.R.S. inv. N° 5631

Fu nel periodo di permanenza nella città romagnola che il Mezzarisa detto Risino dedicò al suo importante committente la famosa targa con l’immagine della Deposizione datata 1544, legato della Marchesa di Torrearsa, anch’essa custodita nel Museo di Palazzo Abatellis. (FOTO 3)

Targa firmata e datata da Francesco Mezzarisa che illustra il tema della Deposizione con la scritta “Mors mea vi/ta tua/ Franc.o Mezzarixa/ 1544”. (una di due note). La seconda, in collezione privata americana, in nome della scritta che reca sul verso “M. Giovanne Brame de Pallerma” è stata attribuita alla mano del mercante palermitano. Ma essendo l’opera dello stesso stile del Risino, si è portati a pensare che si tratti di una semplice dedica da parte del ceramista faentino al suo formidabile cliente palermitano. G. R. S. legato della Marchesa di Torrearsa.

Nemmeno i vasi attribuiti a Emiliano Capra detto Saladin sembra fossero appartenuti alla spezieria di Ciminna (FOTO 4).

GRUPPO di sei albarelli attribuibili al maestro faentino Emiliano Capra, seconda metà del XVI secolo.
1) Medaglione con immagine di San Paolo, scritta farmaceutica “Sciroppo di luppoli”, verso decorato a quartieri, h. cm. 31; G.R.S. inv. N° 5632
2) Medaglione con l’immagine di San Simone martirizzato con la sega; scritta farmaceutica “Yera pigra” verso decorato a quartieri; h. cm. 25; M.R.S. inv. N° 5629
3) Medaglione con immagine di Sant’Andrea, scritta farmaceutica “dia prunis lenitivis”; verso decorato a quartieri; h. cm. 25; M.R.S. inv. N° 5627
4) Medaglione con immagine di Santa Caterina della ruota affiancata dalle lettere S.C. scritta farmaceutica “zazenia”; verso decorato a quartieri, h. cm. 27; G.R.S. inv. N° 5626
5) Medaglione con immagine di Cristo crocifisso; verso decorato a quartieri; h. cm. 30; G.R.S. inv. N° 5640
6) Medaglione con immagine di san’Agata che indica il seno; verso decorato a trofei; h. cm. 30; G.R.S. inv. N° 5372

Le numerose apoteche siciliane del periodo erano infatti assai ricche di maioliche provenienti dalla Romagna come testimonia la spezieria palermitana all’insegna di San Cosimo e Damiano che alla morte del titolare, Francesco Pontiano, possedeva ben 233 maioliche faentine, elencate nell’inventario del 1610, probabilmente già acquisite tramite Brame o Castruccio. Del corredo disperso di questa spezieria poteva far parte una delle due bocce, segnalate da Carola Fiocco e Gabriella Gherardi, in cui si legge Joane castru fecitt / fieri in F.. Ma/stro miliano salatino (Sèvres, Musée national de la ceramique, inv. 5078) in nome del medaglione con le immagini dei santi Cosimo e Damiano che reca nel medaglione (FOTO 5).

5 Boccia con ampio medaglione dedicato ai Santi Cosimo e Damiano. Essa poteva far parte delle due maioliche , segnalate da Carola Fiocco e Gabriella Gherardi, in cui si legge Joane castru fecitt / fieri in F.. Ma/stro miliano salatin” in nome del medaglione con le immagini del soggetto del medaglione. Sèvres, Musée national de la ceramique, inv. 5078.

Alcune delle maioliche possedute dal Monastero di San Martino, attribuibili allo stesso Emiliano Capra recano delle immagini che secondo la studiosa Carmen Ravanelli Guidotti sono ispirate alle xilografie di Bernard Salomon nell’edizione di Damiano MaraffiFigure del Nuovo Testamento” edita a Lione nel 1554 (n. 4). Ma altri cinque albarelli del gruppo pervenuto, fabbricati a Faenza alla fine del’ ‘500, non associabili allo stile del Capra, sono piuttosto da attribuire all’officina di Virgiliotto Calamelli decorati con medaglioni e trofei nel gusto caro ai laboratori e alla clientela siciliani tanto da essere spesso confusi, nelle aste e nel mercato antiquariale, con le maioliche di produzione palermitana allestite a ridosso del XVI secolo (FOTO 6).

6 GRUPPO di cinque albarelli della fine del XVI secolo attribuibili al maestro faentino Virgiliotto Calamelli talvolta ritenuti erroneamente di fabbricazione palermitana.
1) Albarello con medaglione dedicato ad un giovane personaggio del mondo classico, verso decorato a trofei; h. cm. 24; Museo Regionale di Caltagirone
2) Albarello con immagine di un personaggio del mondo classico, Verso decorato a trofei con una grottesca che nessuna relazione ha come simbolo riferito a una presunta virtù della città di Palermo. h. cm. 24; G.R.S. inv. 5486
3) Albarello con medaglio dedicato a San Francesco che riceve le stimmate, verso decorato a trofei con grottesca. h. cm. 30; G.R.S. inv. N° 5369
4) Albarello con immagine di guerriero, verso decorato a trofei e grottesca, h. cm. 24; G.R.S. inv. N° 5482
5) Albarello con personaggio del mondo classico, verso decorato a trofei, h. cm. 25; G.R.S. inv. N° 5489

In verità il mercante Castruccio, godendo della notorietà e del prestigio ereditati dal suocero, dovette interessarsi alla fornitura di varie spezierie attraverso contratti notarili dei quali è noto solo quello stipulato con lo speziale Castrogiovanni  (n. 5) eccezionalmente fornito di precise richieste relative alle immagini da dipingere in ogni maiolica, delle scritte farmaceutiche da apporre su ogni contenitore, delle misure che ognuno di essi doveva possedere date dai segmenti di spago allegati e che doveva avere, notizia di notevole valore, a modello le faentine possedute da Pietro Boeri (nota 5)

7 Albarello con immagine di cherubino nel medaglione da attribuire allo stile di Andrea Pantaleo, datato 1614. La maiolica è stata con ogni probabilità allestita a Sciacca durante il soggiorno del decoratore di Monreale nella città agrigentina dopo la chiusura della fabbrica palermitana dei fratelli Lazzaro.

Soltanto tra la fine del XVI secolo e gli inizi del XVII, in seguito alla crisi che colpì l’attività mercantile genovese, cessate le importazioni continentali, si riattivarono le fabbriche siciliane. Arrivarono a Palermo i fratelli Lazzaro da Naso (ME); si spostò a Burgio e a Sciacca un’intera colonia di maestri calatini; approderà più tardi a Collesano Giovanni Saldo da Polizzi. Essi daranno vita, nello stile delle ultime maioliche faentine, caratterizzate dai medaglioni e dai trofei, a una produzione capace di soddisfare le esigenze locali e delle quali ebbe modo di rifornirsi il Monastero da quando intensificò l’attività della spezieria.

Della bottega palermitana di Geronimo Lazzaro si trovano tra le maioliche di San Martino tre maioliche decorate da Andrea Pantaleo tra le quali è interessante segnalare l’albarello con la figura del cherubino dai capelli a ciuffi come era solito dipingerli il buon Pantaleo che reca la data del 1614 (FOTO 7).

Esso dovrebbe risalire all’attività svolta dal decoratore monrealese a Sciacca dove si era traferito dopo la chiusura dell’officina dei fratelli nasitani in seguito alla morte di Geronimo Lazzaro. A testimoniare il trasferimento del pittore, più volte supposto dagli studi e mai documentato, viene ora in aiuto la boccia inedita di collezione privata datata 1610 con la firma del monrealese e la scritta “fatta a Xacca” che dovrebbe ormai porre fine alle incertezze. (FOTO 8).

8 Cilindro da spezieria con personaggio del mondo classico dipinto nel medaglione, scritta farmaceutica “cariofili conditi”, verso decorato a trofei con scritta in diversi cartigli “Andria panta/leo pictore/ morialese”; “SPQP”; “ 1610”; “facta a Xacca”. Nonostante l’opera sia frammentata e ricomposta, riveste una notevole importanza per la storia della maiolica siciliana poiché rappresenta la testimonianza materiale dell’attività svolta a Sciacca del decoratore di Monreale più volte supposta e prima d’ora non documentata. Opera inedita di Coll. Privata.

Tra le maioliche del monastero appartiene invece al ritorno a Palermo di Pantaleo e alla officina Lazzaro-Oliva l‘albarello con difetti di colatura dello smalto che reca un ritratto di giovane nel medaglione e la data del 1620. L’officina in cui l’opera venne allestita era quella ereditata da Paolo Lazzaro dal suocero mastro Antonino Oliva in seguito al matrimonio contratto con la figlia Isabella. In questa officina Pantaleo presterà per un lungo numero di anni la sua opera con regolare contratto di lavoro stipulato l’8 settembre del 1618. L‘interesse da parte dei benedettini del gruppo di maioliche decorate da Andrea Pantaleo appare del tutto naturale se si tiene conto che il decoratore di Monreale, se non apprese l’arte dai monaci, col Monastero di San Martino dovette avere intensi rapporti di ordine culturale e artistico (FOTO 9).

9 Gruppo di una Boccia e tre albarelli decorati da Andrea Pantaleo, monrealese nell’officina palermitana di Geronimo Lazzaro,; a Sciacca nell’officina dei fratelli Lo Bue e nell’officina palermitana Oliva-Lazzaro.
1) Boccia con ampio medaglione dedicato a un vescovo benedicente; verso decorato a trofei con grottesca alla maniera dello stile faentino. Officina di Geronimo Lazzaro, inizi del XVII secolo; h. cm. 32,5; G.R.S. inv. 5706. Collo rifatto in terracotta.
2) Albarello con difetti di colature per eccesso di temperatura nella fornace. Medaglione dedicato all’immagine di un giovane con cappello a tronco di cono e data 1620, Verso decorato a trofei. La maiolica è stata dipinta da Andrea Pantaleo nell’officina Oliva-Lazzaro dopo il suo ritorno da Sciacca e la stipulazione del contratto con Paolo Lazzaro (1618), direttore dello stazzone Oliva in seguito al matrimonio con Isabella, figlia di mastro Antonino Oliva. h. cm. 27; G.R.S. inv. N° 5396
3) Albarello con immagine di cherubino nel medaglione decorato da Andrea Pantaleo a Sciacca nel 1614 nell’officina dei fratelli Lo Bue. h. cm. 22. Museo Regionale di Caltagirone
4) albarello con ritratto di giovane con copricapo nero e lunghi capelli, verso decorato a trofei, dipinto da Andrea Pantaleo nell’ Officina Oliva-Lazzaro negli anni Venti del XVII secolo. h. cm. 23; G.R.S. inv. N° 5402.

Tra le maioliche pervenute non a caso è presente un solo albarello assegnabile a Caltagirone decorato con minute foglie stilizzate blu e cinta mediana bianca, se si tiene conto che i manufatti calatini diventeranno numerosi sul mercato palermitano soltanto tra la fine del XVII e nel corso del XVIII secolo (FOTO 10).

10. 1 Albarello di Faenza “berettino” con foglie blu dipinte su fondo azzurro della fine del XVI secolo. 2 Albarello con minuta decorazione su fondo bianco attribuibile ad un’officina di Caltagirone della fine del XVI secolo.

L’appartenenza al gruppo martiniano di tre albarelli di fabbricazione burgitana testimoniano il protrarsi dell’attività della spezieria benedettina nel Seicento e il suo estendersi alla seconda metà del secolo come testimonia il possesso dei quattro albarelli dello stazzone di Collesano, (uno datato 1661 e un altro 1664) decorati da Giovanni Saldo da Polizzi attivo nella cittadina madonita intorno a questi anni (FOTO 11 e 11 bis).

11. Quattro albarelli dello stazzone di Collesano
1) Albarello con l’immagine di aquila, e decorazione a trofei, scritta SPQ e data 1661 (difetti di cottura) prime prove di decorazione nello Stazzone di Collesano da parte di Giovanni Saldo da Polizzi, h. cm. 27,5; G.R.S. inv. N° 5427
2) Albarello decorato a trofei con scritta SPQP e data 1664 nello Stazzone di Collesano da Giovanni Saldo da Polizzi. h. cm. 26; G.R.S. inv. N° 5422
3) Albarello con immagine di guerriero nel medaglione e decorazione a trofei con sigla SPqP databile intorno agli anni Sessanta del XVII secolo decorato da Giovanni Saldo da Polizzi h. cm. 27 G.R.S. inv. N° 5401
4) Albarello con immagine di aquila dipinta nel medaglione e verso decorato a trofei, stessa infornata dell’albarello n° 1 datato 1661. h. cm. 27; G.R.S. inv. N° 5423
11 bis. 1) Burgio, albarello con immagine del profilo di un guerriero rivolto a destra nel medaglione, verso decorato a trofei di stile palermitano. h. cm. 23,5; G.R.S. inv. N° 5611
2) Burgio, albarello con immagine del profilo di guerriero rivolto a sinistra nel medaglione e verso decorato a trofei. h. cm. 23,5. Museo Regionale della Ceramica di Caltagirone
3) Burgio, albarello con immagine di San Luigi IX re di Francia con corona e mantello d’ermellino, inizi del XVIII secolo. h. cm. 29; G.R.S. inv. N° 5536

La presenza dei quattro albarelli di Montelupo decorati “a palmette” testimonia della occasionalità dei rifornimenti martiniani legati alla disponibilità che offriva il mercato palermitano della fine del Cinquecento (FOTO 12).

12. Gruppo di tre albarelli decorati alla cosiddetta “palmetta persiana” allestiti tra il 1540-70 nelle fabbriche di Montelupo.
1) h. cm. 28; G.R.S. inv. N° 5543
2) h.cm. 30; G.R.S. inv. N° 5556
3) h. cm. 25; G.R.S. inv. N° 5532

Di un certo interesse potrebbe risultare la ricognizione dei due grandi vasi con le anse anguiformi, sicuramente di produzione continentale, che per un certo periodo furono custoditi nella biblioteca del monastero come si legge nei documenti relativi alla ricognizione Meli.

Come si è potuto osservare il Monastero di San Martino possedeva opere pregevoli, soprattutto le faentine di grandi dimensioni che erano probabilmente servite “da mostra”, per l’abbellimento dell’apoteca pressappoco nello stesso periodo in cui vennero eseguiti le pitture parietali, in corso di restauro, nelle quali sembra ormai possibile, attraverso una prima indagine, trovare con molte cautele, il termine post quem della loro realizzazione che potrà essere chiarito alla fine dei lavori (FOTO 13).

13. 1) Vaso cilindrico “da mostra”con piedi a zampa di leone e coperchio, h. cm. 67
Capofila dei vasi faentini firmato da Francesco Mezzarisa, datato 1558/ IN FAENCA FR M.
G.R.S inv. N° 6224
2) Vaso ovoidale “da mostra” con piede e anse in forma di leone mancante di coperchio h. cm. 41, Faenza, Francesco Mezzarisa; G.R.S. inv. N° 6174
3) Vaso cilindrico simile al N° 1 privo di coperchio, h. cm 46; G. R. S. inv. N°6222
3) Boccia “da mostra”; medaglione con immagine di Venere legata all’albero da Cupido, Faenza, Francesco Mezzarisa; h. cm. 38; G. R. S. inv. N° 5834)
Le tre opere di solito servivano per arredo nelle spezierie (da mostra). Il vaso cilindrico datato e firmato è stato esposto con le altre maioliche nella Mostra “Aromataria” allestita a Palazzo Abatellis (G.R.S.) a cura dello scrivente dall’ottobre 2005 al gennaio 2006.

E’ nostra convinzione che i frati, non avendo acquistato i vasi faentini direttamente alla chiusura delle spezierie dismesse nel corso del XVI secolo, abbiano attinto a quelle disponibili sul mercato soltanto alla fine del secolo quando, avendo deciso l’abbellimento del locale, s’incaricavano di dare prestigio anche al corredo vascolare di cui fanno parte anche le maioliche del gruppo attribuibile a un maestro durantino attivo a Faenza, allestite in un periodo  in cui tanto numerose erano le commissioni che il decoratore Emiliano Capra non riusciva ad evaderle tutte (FOTO 14) .

14. Gruppo di sei maioliche attribuibili a un maestro di Casteldurante (Francesco?) operante a Faenza nella seconda metà del XVI secolo.
a) Boccia (recto e verso) a rifasci con diversi registri decorativi; piccolo medaglione con figura di guerriero e scritta medicinale “Trifera Magna” (collo con restauro di tipo conservativo) G.R.S. inv. N° 5833
1) Versatoio per oli e acque con pippio rifatto decorato con i motivi di foglie a girali e trofei; h. cm. 24,5; G.R.S. inv. N° 6093
2) Versatoio con pippio troncato; verso decorato con motivi di foglie a girali, h. cm. 24,5; G.R.S. inv. N° 6092
3) Boccia dal collo rifatto in semplice terracotta con immagine di Apollo nel medaglione, verso decorato a motivi di foglie a girali e stemma di spezieria ignota, h. cm. 37; G.R.S. inv. N° 5832
4) Albarello con immagine di alchimista circondata da trofei e stemma di ignota spezieria con cane e stelle, h. cm. 27; G.R.S. inv. N° 5630
5) Albarello con l’immagine di un busto femminile circondata da trofei ed emblema di ignota spezieria con cane e stelle; h. cm. 27; G.R.S. inv. N° 5638

A conforto di questa tesi occorre allegare l’osservazione che, fatta eccezione per il mortaio di bronzo firmato da Antonello Da Tortorici datato 1481, che potrebbe essere stato acquistato dai frati in anni lontani dalla sua realizzazione, nessun’altra testimonianza materiale si possiede relativa all’attività svolta dalla spezieria nel corso del XVI secolo (FOTO 15).

15. Due mortai in bronzo firmati da Antonello Tortorici nel 1480 e nel 1481; il primo apparso in asta internazionale, il secondo, già appartenuto al Monastero di San Martino della Scale e oggi custodito nei depositi della G.R.S.
h. cm. 27; diam. cm. 37 Inv. N°4910

Alla ricognizione storica che abbiamo faticosamente tentato di condurre a causa del silenzio delle carte del monastero non contribuisce il libro mastro, scrupolosamente consultato da Fabio Cusimano (n. 6), ma si configurerebbe, come un’operazione sinergica di grande valore culturale se i vasi appartenuti ai benedettini fossero ricondotti alla sua sede originaria oggi che con intento museale la spezieria è stata aperta al pubblico. La loro presenza nel locale contribuirebbe a rafforzare il vanto che l’antico monastero possiede per le altre presenze artistiche e le diverse prestigiose attività che i frati conducono nello spirito della regola del loro ordine che associa il lavoro alla preghiera.

 Rosario  DAIDONE  Palermo 16 Luglio 2023

NOTE  

(nata 1) Giornale Mastro dal 1462 al 1866

(nota 2) Molto probabilmente nel centro cittadino di Monreale esisteva una spezieria pubblica considerando come filiazione da una antica apoteca quella ancora attiva nei primi anni dell’800 intestata a Francesco Aghilleri fornita di maioliche dell’Opificio del Barone Malvica (Cfr.Terzo fuoco a Palermo 1760-1825, Ceramiche di Sperlinga e Malvica, Cat. Mostra a cura di L. Arbace e R. Daidone , Palermo, giugno 1997)

(nota 3) L’Ipotesi avanzata da Giuliana Gardelli (1999) di attribuire i vasi posseduti dalla spezieria del monastero di San Martino come appartenenti alla aromateria Castrogiovanni di Ciminna non tiene conto che nell’atto stipulato dal mercante Castruccio con lo speziale Castrogiovanni, stipulato l’8 luglio del 1556, per l’acquisto a Faenza di 316 vasi, di cui mi sono già occupato nel 1997 le figure richieste per i medaglioni dettagliatamente descritte nel “memoriale” di Castruccio, non si trovano tra le sopravvissute faentine del Monastero di San Martino e che la data apposta da Francesco Mezzarisa nel vaso cilindrico con tre piedi con le immagini dell’Annunciazione e della Carità Romana, assunto a capo dell’intera fornitura, è quella del 1558, fuori tempo rispetto a quella imposta dal contratto  per la consegna entro e non oltre il mese d’aprile del 1557 (Cfr R. Daidone, Il vasellame rinascimentale di un’aromateria siciliana, in “CeramicAntica”, anno VII, n. 10 [76], novembre 1997, e  R. Daidone., La spezieria palermitana di Johannes Aloisius Garillo, in “Faenza”, bollettino del Museo internazionale delle ceramiche, N° LXXXIV) Dimostrare ancora una volta che le maioliche faentine possedute dal Monastero di San Martino non corrispondono alla fornitura della spezieria Castrogiovanni, serve, a nostro avviso, a stabilire che esse furono acquistate dai frati tra quelle provenienti da varie dismesse aromaterie, disponibili sul mercato nell’ultimo quarto del secolo XVI in concomitanza degli abbellimenti pittorici della loro spezieria disponendo nel passato di più modesti contenitori.

(nota 4) Cfr. C. Ravanelli Guidotti, L’Istoriato, libri a stampa e maioliche italiane del Cinquecento, (1993). Bernard Salomon detto Bernardo Gallo nato a Lione nel 1508 ca. e mortovi nel 1561, incisore a bulino e xilografia, incise soprattutto soggetti sacri; le opere maggiormente note sono le 228 tavole del Vecchio Testamento e le 116 delle metamorfosi di Ovidio.

Nota 5) Documento da me rinvenuto nell’Archivio di Stato palermitano (notaio Matteo Di Gangi, Vol. 4344, st. I) trascritto e pubblicato dallo scrivente nella rivista CeramiAntica nel 1997.

Per quanto riguarda i modelli, lo speziale Pietro Boeri, come si evince dall’inventario redatto alla sua morte (3 aprile 1587) possedeva diverse maioliche di Faenza, oltre ai vasi acquistati direttamente nel 1562-63 dal figlio Andrea a Casteldurante nella bottega dei fratelli Picchi di cui sono pervenuti diversi esemplari con lo stemma della loro spezieria: la torre alchemica e il bue divise da una banda orizzontale di cui ci siamo già occupati.

 (Nota 6) Cfr. Fabio CusimanoInfirmorum cura ante omnia et super omnia adhibenda est. Le vicende della Farmacia dell’Abbazia di San Martino delle Scale, in Medieval Sophia; Gennaio-giugno 2008. Le notizie riportate dallo studioso si trovano nella“Panhormi, Chronica Monasterii Sancti. Martini de Scalis urbis In due volumi manoscritti, che fornisce una documentazione che va dal 1347 al 1803; nel Giornale Mastro che va 1462 al 1866 e nel resoconto delle trattative intorno alla cessione dei vasi intercorse tra il Monastero e il Museo Nazionale fino al 1878.

  • Le maioliche del Monastero sono state pubblicate da Maria Reginella nel contributo al catalogo della Mostra Aromataria allestita a cura dello scrivente nel Museo di Palazzo Abatellis dall’ottobre 2005 al gennaio del 2006. Cfr. “Aromataria” (a cura di R. Daidone) Maioliche da farmacia e d’uso privato, le collezioni di Palazzo Abatellis, Palermo, ottobre 2005 (pagg. 163-203)

Della targa con la Deposizione di Francesco Mezzarisa si è occupata Maria Giuseppina Mazzola a pag. 208 dello stesso Catalogo.

Rosario DAIDONE  Palermo 16 Luglio 2023