La riproduzione della statua colossale di Costantino, esposta nel giardino di Villa Caffarelli.

di Nica FIORI

Dal 6 febbraio 2024 un’opera emblematica della grandezza della Roma imperiale accoglie i visitatori di Villa Caffarelli (Musei Capitolini): la riproduzione in scala 1:1 della statua colossale di Costantino, i cui pochi frammenti marmorei pervenuti (tra cui la testa, il braccio destro, la mano destra, il ginocchio destro, lo stinco destro, il piede destro e il piede sinistro) sono collocati nel cortile del Palazzo dei Conservatori.

1 Frammenti della statua colossale di Costantino
2 Frammenti della statua colossale di Costantino

Il colosso originale era una statua celebrativa, alta circa 13 metri, raffigurante l’imperatore seduto, con le parti nude in marmo bianco e il panneggio in metallo o in stucco dorato. Secondo uno schema iconografico tipico dell’età tardo-imperiale, il suo sguardo era rivolto al cielo a sottolineare la relazione particolare con la divinità, di cui il sovrano era rappresentante sulla terra. Costantino, in effetti, essendo al di sopra dei comuni mortali, si presentava come Giove, con la parte superiore del corpo scoperta e il mantello adagiato sulla spalla sinistra; il braccio destro era alzato a impugnare un lungo scettro, mentre la mano sinistra sorreggeva il globo dorato, simbolo del potere sul mondo.

Quella che vediamo, collocata scenograficamente nel giardino all’ingresso della villa Caffarelli, non è certo un’opera d’arte, ma il prodotto di un’operazione sperimentale di alta tecnologia, resa possibile dalla collaborazione tra la Sovrintendenza Capitolina, la Fondazione Prada e Factum Foundation for Digital Technology in Preservation, con la supervisione scientifica di Claudio Parisi Presicce, Sovrintendente capitolino ai Beni Culturali.

3 Ricostruzione Colosso di Costantino
4 Colosso di Costantino, particolare
È un risultato che viene da molto lontano quello che avete davanti ai vostri occhi: non è il frutto di una improvvisa volontà di ricomporre, ma è il frutto di un lungo studio di dieci frammenti che si sono rivelati essere appartenenti alla scultura più grande che ci sia stata conservata dall’antichità. Non era la più grande in assoluto (il colosso di Nerone era alto più di 30 metri), ma la sensazione che si ha davanti a questa scultura di imperatore è la stessa che dovevano provare i sudditi nei confronti di un’immagine imperiale”,

ha dichiarato Claudio Parisi Presicce nel corso della presentazione.

Il Sovrintendente ha specificato che i frammenti, ritrovati nell’abside dell’edificio che nel secolo XIX sarebbe stato identificato con la basilica di Massenzio, sono arrivati in Campidoglio nel 1486, come ricorda una lapide commemorativa, e sono stati forse il primo recupero della magistratura capitolina dei “Conservatori”, così chiamati proprio perché uno dei compiti era quello di preservare le antichità.

5 J.H. Fuessli, La disperazione dell’artista davanti alle rovine antiche, Kunsthaus Zurigo

I Conservatori recuperarono sette frammenti, cui poi se ne aggiunsero altri, ma nessuno aveva mai tentato di comprendere quale fosse la relazione tra di essi. Disegni e stampe realizzati sin dalla prima metà del Cinquecento costituiscono preziose testimonianze del modo in cui, nel corso dei secoli, sia mutato l’allestimento dei frammenti, dei quali non si conosceva l’identità (prima di attribuirli a Costantino si era pensato a Commodo), e di come essi abbiano sempre suscitato ammirazione, in quanto simbolo della maestà di Roma. Significativo è un disegno a seppia e sanguigna del 1778 ca. del grande pittore svizzero Johann Heinrich Füssli, intitolato “La disperazione dell’artista davanti alla grandezza delle rovine antiche”, che esprime lo sconforto per la sua inadeguatezza di fronte agli esempi dell’arte antica.

“Studiando approfonditamente soprattutto le tracce invisibili dei frammenti, cioè le tracce che dovevano essere coperte dai panneggi e quelle tra i punti di aggancio dei vari elementi, abbiamo capito che potevamo proporre la ricomposizione del modello cui facevano riferimento i frammenti e così, grazie a un’occasione maturata con il prof. Settis e con la Fondazione Prada, abbiamo potuto realizzare una restituzione virtuale fedele e il lavoro meticoloso di Factum Foundation per poter capire dove fosse collocato ogni elemento”,

ha proseguito Parisi Presicce, aggiungendo che un frammento del petto (il decimo, scoperto nel 1952 dall’archeologo Hans Kähler), che era nei magazzini del Colosseo, si è rivelato particolarmente importante, perché ha permesso di capire che il petto era nudo e che il panneggio del mantello scendeva sul petto dalla parte sinistra.

Un’altra cosa evidenziata dallo stesso Parisi Presicce è il ginocchio scoperto della statua, che richiama la massima devozione rivolta a un essere mortale o divino, di derivazione omerica (pensiamo al re Priamo che si reca da Achille e si getta alle sue ginocchia per chiedere la restituzione del corpo del figlio Ettore). Le statue di Giove conservate e quelle raffigurate nella documentazione numismatica richiamano questo elemento. Costantino è solo l’ultimo di una lunga serie di imperatori che si sono fatti raffigurare come Zeus-Giove, con le ginocchia nude.

6 Colosso di Costantino visto di lato
7 Zeus di Olimpia. in un’immagine di anonimo ottocentesco, Istituto archeologico Germanico, Roma

La tradizione si riallaccia allo Zeus crisoelefantino di Olimpia (una delle sette meraviglie del mondo antico), realizzato da Fidia, cui è dedicata una bella mostra attualmente in corso a Villa Caffarelli (Cfr., https://www.aboutartonline.com/fidia-di-atene-il-piu-sommo-fra-tutti-la-mostra-a-villa-caffarelli-sul-piu-grande-scultore-della-grecia-antica/.)

Lo Zeus, che è andato distrutto nel V secolo d.C., è stato punto di riferimento per le statue di culto di Giove a Roma, a partire da quella del 69 a.C. risalente a Silla, che fece ricostruire il tempio capitolino dopo l’incendio dell’83 a.C.

Il posto ideale per collocare la ricostruzione del Colosso di Costantino non poteva che essere il giardino di villa Caffarelli, dove sono i resti delle fondamenta del podio del tempio di Giove Capitolino (inaugurato nel 509 a.C. e più volte ricostruito); abbiamo, in effetti, elementi per ipotizzare che Costantino possa aver riutilizzato proprio la statua di culto del tempio, che era stata danneggiata da un fulmine tra il 217 e il 222 d.C. Del resto il riciclo delle sculture più antiche è tipico del suo regno. Pensiamo in particolare all’Arco di Costantino: una costruzione altamente rappresentativa della romanità nelle sue funzioni politiche, religiose e istituzionali, che, lungi dall’essere un’opera d’arte omogenea, è un’antologia estremamente interessante della scultura romana, in quanto mette insieme i Daci di età traianea, le scene di caccia e i sacrifici di Adriano, l’allocuzione di Marco Aurelio con le imprese belliche di Costantino. Più volte è stato detto che nel IV secolo il marmo a Roma incontrava gravi difficoltà di approvvigionamento, e pertanto era normale riassemblare opere precedenti, ma è molto probabile che l’imperatore abbia volutamente utilizzato i rilievi di monumenti dedicati a tre grandi imperatori del passato, sostituendo le loro teste con il suo ritratto, proprio perché era lui, Costantino, “il nuovo Traiano, il nuovo Adriano, il nuovo Marco Aurelio”.

Quando Costantino diventa imperatore, dopo aver sconfitto Massenzio nel 312 d.C. nella battaglia di Ponte Milvio, non vuole salire sul Campidoglio, non vuole sacrificare a Giove, perché si apre a quella che sarà la nuova era (secondo la tradizione avrebbe ottenuto la vittoria usando un simbolo cristiano come emblema del suo esercito), ma, nonostante questo, utilizza i modelli della tradizione pagana: è assolutamente plausibile che abbia usato la statua di Giove Ottimo Massimo per collocarla con il suo nuovo volto nella basilica di Massenzio (poi divenuta di Costantino) sulla via Sacra.

La replica della statua colossale di Costantino, prima di arrivare a Roma, dove è visibile gratuitamente almeno fino a tutto il prossimo anno giubilare (per il futuro si pensa di custodirla nel Museo della Civiltà Romana, per ora ancora chiuso), è stata presentata per la prima volta a Milano dal 17 novembre 2022 al 27 febbraio 2023, in occasione della mostra Recycling Beauty, a cura di Salvatore Settis e Anna Anguissola con Denise La Monica. Promossa da Fondazione Prada, la mostra proponeva i risultati di un progetto interamente dedicato al tema del riuso di antichità greche e romane in contesti post-antichi, dal Medioevo al Barocco.

8 Colossus Fragmenta. ©Irene Gaumè Factum Foundation

La complessa operazione di ricostruzione è avvenuta dopo che a fine marzo 2022 un team della Factum Foundation ha trascorso tre giorni nel cortile dei Musei Capitolini scansionando i frammenti presenti con la tecnica della fotogrammetria. Ogni frammento è stato modellato in 3D e posizionato sul corpo digitale della statua, creata utilizzando come esempio iconografico altre statue di culto di età imperiale in pose simili, tra cui la colossale statua di Giove del I secolo d.C. conservata all’Ermitage di San Pietroburgo, probabilmente ispirata allo Zeus di Olimpia, e la grande copia in gesso della statua dell’imperatore Claudio, ritratto come Giove, allestita al Museo dell’Ara Pacis.

9 Foto © Oak Taylor-Smith Factum Foundation

Dopo aver ultimato il modello 3D ad altissima risoluzione, si è poi proceduto con la ricostruzione materiale del Colosso, tenendo conto di molteplici fattori, come il tipo di marmo delle parti originali, i dettagli del panneggio mancante e l’aspetto del bronzo dorato di cui era composto, il rapporto tra la ricostruzione e i frammenti superstiti, le condizioni di questi e la loro esatta posizione, come pure i restauri e le aggiunte. La mano destra è stata ricostruita così come doveva essere, intorno all’asta dello scettro, e non con il dito alzato a imitazione del Battista, come vediamo nel cortile del Palazzo dei Conservatori, che è il risultato di un antico restauro.

I materiali utilizzati per rendere le superfici materiche del marmo e del bronzo sono resina e poliuretano, insieme a polvere di marmo, foglia d’oro e gesso, mentre per la struttura interna (originariamente forse composta di mattoni, legno e barre di metallo) è stato impiegato un supporto in alluminio facilmente assemblabile e rimovibile.

Il risultato finale è di grande effetto e permette di ammirare il Colosso nel suo complesso, distinguendo le “ricuciture” tra le parti rimaterializzate e le copie dei frammenti originali.

Nica FIORI  Roma 11 Febbraio 2024

Ingresso: piazzale Caffarelli, 2

Orario: tutti i giorni dalle 9,30 alle 18,30 (ingresso gratuito)