«Drama»: gli scatti di Cesare Accetta “un nero dentro cui irrompe il raggio della luce” (Napoli, Fondazione Mannajuolo, fino al 6 Aprile)

di Giulio de MARTINO

«Drama» di Cesare Accetta. L’esplosione del ritratto.

Quando si scrive di Cesare Accetta (Napoli, 1954) bisogna contemperare il passato ed il presente.

Pochi hanno elaborato, come lui, una transizione attenta ai cambiamenti della pratica artistica della fotografia. Vi è stato un cambiamento non soltanto nelle tecnologie e nei modi di produzione, ma soprattutto vi è stato un «cambiamento del pubblico», del modo di essere della società che fruisce della fotografia e che recepisce l’arte e le immagini.

Cesare Accetta iniziò come fotografo di teatro, negli anni ’70 e ’80 a Napoli, quando ebbe origine la «nuova spettacolarità» di Toni Neiwiller, Annibale Ruccello, Mario Martone, Enzo Moscato, Laura Angiulli. Il suo «bianco e nero» è un supporto decisivo per la conservazione e il restauro della parte immateriale ed effimera della scena di quegli anni e costituisce un prezioso archivio per la storia del teatro analitico ed esistenziale.

Poi Accetta è passato a lavorare per il cinema ed è stato fotografo di scena e direttore della fotografia con Martone e con Pappi Corsicato, con Antonietta De Lillo, Nina Di Majo e Licia Maglietta. Ha scritto la sceneggiatura di «Luparella», regia di Giuseppe Bertolucci (2002), e ha vinto il Premio Ubu nel 2023 per il disegno delle luci de «La Cupa» di Mimmo Borrelli.

Nel 2016, a cura di Maria Savarese, con il titolo di «In Luce», ha presentato al Museo Madre – dedicandole ad Oreste Zevola (Napoli, 1954-2014) – tre proiezioni video in cui scorrevano più di cinquanta volti di attori, attrici, registi, personaggi del mondo dello spettacolo napoletano dell’ultimo quarto del ‘900.

Fig. 1 © Foto di Cesare Accetta

Con «Drama» – la mostra oggi «Al Blu di Prussia», galleria napoletana della Fondazione Mannajuolo – Cesare Accetta è tornato, dopo otto anni, alla essenzialità del linguaggio fotografico. Ha, però, conservato la complessità del lavoro svolto con l’attore del teatro e la diacronia dell’immagine in movimento. Il progetto fotografico è stato ideato e realizzato in collaborazione con Alessandra D’Elia. La mostra è stata curata da Maria Savarese.

Fig. 2 © Foto di Cesare Accetta

«Drama» si compone di quattro grandi fotografie a colori, eseguite in esterno ed esposte nella stanza di ingresso, di quindici ritratti in bianco e nero realizzati in studio, esposti nella grande sala interna, e di due video: uno proiettato sulla parete di fondo e un altro proiettato nella sala cinema. Le foto in esterno, sono state eseguite nel 2020 a Punta della Campanella, vicino Massa Lubrense, in Costiera Sorrentina, le foto in studio sono state scattate fra il 2018 ed il 2023.

«Drama» è parola ibrida. Indica l’azione teatrale e la performace dell’attore, ma anche, nella fotografia di Accetta, la figura umana che deve esprimere, nella fissità del ritratto, il suo viaggio interiore.

Nel colore, la fotografia perde di focalizzazione e il tempo di esposizione si disperde con la luce, nel magma fisico degli elementi. Nel «bianco e nero», la foto fa emergere il ritratto umano dal buio, sospeso tra le due polarità dell’assenza e della presenza. Nel video, al modo di Bill Viola, l’immagine si espande nel tempo e nello spazio. Va incontro allo sguardo dinamico dello spettatore, ma resta anche chiusa in sé stessa.

Fig. 3 © Foto di Cesare Accetta

Se negli anni ’70 e ’80 era la fotografia ad entrare dentro il teatro, adesso è il teatro che è entrato dentro la fotografia e si è condensato nella postura e nello sguardo dell’attore/fotomodello.

La fragilità dell’attore viene esaltata dalla fotografia. Privo di un testo e di un personaggio, deve recitare con lo sguardo. Tocca al fotografo catturare questa condensazione[1].

Fig. 4 © Foto di Cesare Accetta

Cesare Accetta, nei suoi libri fotografici e nelle interviste – “Nero sensibile”, La Casa Usher, 1985; “Dietro gli occhi”, Ad Est dell’Equatore, 2012 – ha parlato dello “spirito di ricerca” che deve caratterizzare il lavoro di un artista, quale che sia il suo linguaggio estetico.

Da alcuni anni:

«si è entrati in un meccanismo di produzione industriale, c’è una sorta di omologazione, una corsa a dimostrare capacità professionali, a gestire l’istituzionalità: questo tarpa le ali all’osare»[2].

Dalle cantine fino al palcoscenico, dal set fino all’atelier del fotografo, importa che rimanga un fondale buio, una camera oscura, un nero dentro cui possa irrompere il raggio della luce a svelare l’evento.

Giulio de MARTINO  Napoli  11 Febbraio 2024

NOTE

[1] Luca Sorbo, Le drammaturgie visive e la recitazione fotografica di Cesare Accetta”, “Agorà”, 18 aprile 2021.
[2] In: Francesca Saturnino, Cesare Accetta, nel nero sensibile della luce,  il Manifesto, 31.12.2023.

La mostra

Cesare Accetta:

«Drama»

a cura di: Maria Savarese

dal 09/02/2024 al 06/04/2024, martedì-venerdì 10.30-13/16-20; sabato 10.30-13

AL BLU DI PRUSSIA

Fondazione Mannajuolo. Via Gaetano Filangieri 42, Napoli, Italia