Antonio Canova nei Musei Vaticani; opere inedite che illustrano il processo creativo del genio di Possagno.

di Rita RANDOLFI

Antonio Canova nei Musei Vaticani

Antonio Canova aveva già suscitato l’interesse di papa Pio VII, il quale, dopo essersi recato in visita all’atelier dell’artista, meta di tutti gli intellettuali del Grand Tour, decise di acquistare il Perseo e i due Pugilatori, Creugante e Damasseno, collocati nel cortile ottagono, da considerarsi  il cuore delle collezioni vaticane. Nello stesso anno, il 1802, il pontefice nominò l’artista Ispettore delle belle Arti dello  Stato pontificio, vale a dire che i Musei Vaticani, i Capitolini, l’Accademia di San Luca e tutti gli oggetti d’arte rinvenuti  durante gli scavi nell’ambito dei confini del territorio papale finivano sotto la sua giurisdizione.

Lo scultore mantenne tale prestigioso incarico anche nei tormentati anni dell’occupazione francese (1809-1814): Napoleone stesso lo confermò Direttore generale dei Musei Romani. Canova si dedicò alla conservazione, al restauro, alla tutela  con grande dedizione. Il suo amore per l’antico e per la produzione artistica in generale   lo spinsero  ad avviare  faticose   trattative diplomatiche con la Francia  per la restituzione dei capolavori  sottratti   attraverso l’imposizione del famigerato Trattato di Tolentino del 1799 per allestire il Louvre,che doveva rendere imperitura la fama del Bonaparte anche dal punto di vista culturale.

Tra queste opere trafugate molte appartenevano ai Musei Vaticani, che come ha dichiarato la direttrice Barbara Jatta: «devono tanto a questo personaggio, ed è per questo che  abbiamo inteso celebrarlo» con la mostra Antonio Canova nei Musei Vaticani, visitabile fino al 31 gennaio, che conclude la serie delle manifestazioni organizzate per il bicentenario dalla morte dello scultore sopraggiunta  a Venezia nel 1822.

L’esposizione, realizzata grazie al sostegno dei Patrons of Arts in the Vatican Museums, nello specifico dai coniugi Rick e Lisa Altig, si presenta come un’occasione imperdibile per vari motivi. Barbara Jatta e Alessandra Rodolfo, curatore del Reparto per l’Arte dei Secoli XVII-XVIII, hanno allestito un percorso diffuso nell’ambito del circuito museale vaticano, che  dal Gabinetto di Perseo nel cortile ottagono  si dipana in altri ambienti  ed in particolare nella “Sala delle dame”,  aperta per la prima volta al pubblico (fig. 1).

1) Sala delle dame

Il vano, ubicato all’uscita della Galleria delle carte Geografiche,  fu costruito da Paolo V Borghese tra il 1608 e il 1609 e  si affaccia direttamente sui giardini e sulle fontane monumentali fatte realizzare dal Pontefice stesso, che commissionò a Guido Reni gli affreschi della volta, accuratamente restaurati,  raffiguranti la Pentecoste al centro tra la Trasfigurazione e L’Ascesa al cielo.

2) Luigi Fabiani di Riofreddo, particolare delle grottesche della sala delle Dame

La sala prende il nome dall’usanza invalsa sotto Gregorio XVI di ammettervi le dame, alle quali era vietato l’ingresso negli appartamenti papali, per la cerimonia del  bacio del piede.

Nell’Ottocento tale spazio venne ulteriormente impreziosito con l’ornamentazione delle pareti, affidata a Luigi Fabiani di Riofreddo, che riprodusse le  grottesche delle Logge del divino  Raffaello, a testimonianza di quanto l’urbinate fosse studiato e amato durante gli anni in cui visse lo stesso Canova (fig. 2).

In questa sala, già di per se ricca, grazie ad un allestimento sobrio ideato dall’architetto Letizia Guarnieri  con la collaborazione  della Rodolfo,  che hanno lasciato visibili con pannelli trasparenti le decorazioni del Fabiani, predisponendo dei piani rossi, contro i quali,  per contrasto cromatico,  far emergere i gessi, sono ospitate opere inedite del Canova, provenienti dal Seminario Romano Maggiore, che le aveva ricevute da Gregorio XVI,  al quale erano pervenute attraverso  il lascito testamentario del cardinale Placido Zurla.

Si tratta di bozzetti e gessi per lo più di soggetto religioso, restaurati dal Laboratorio di restauro metalli e ceramiche, ritrovati dalla Rodolfo, che lo ricorda con orgoglio e commozione,   nei soffittoni della Pinacoteca Vaticana.  Sono quindi esposti al pubblico in maniera permanente  il Compianto sul corpo di Abele, opera mai realizzata, un modello per la Religione cattolica (fig. 3), rifiutata dai canonici di San Pietro, il bozzetto di Pio VI orante (fig. 4) e il Compianto su Cristo   morto (fig. 5).

3) A. Canova, La Religione cattolica, bozzetto in gesso
4)A. Canova, Busto di Pio VII, sec. XIX, calco in gesso, Musei Vaticani, Sala delle Dame
5) Antonio Canova, Compianto su Cristo morto, Gesso, 1820 ca © Musei Vaticani

Questi manufatti erano noti, ma non più mostrati al pubblico dal 2000. Completamente sconosciuti invece sono  la testa del San Giovannino,  i due grandi autoritratti dello scultore e l’effigie dell’amico  Giuseppe Bossi.

Tra i modelli  presenti anche quello del Milone Crotoniate, la realizzazione più famosa di Giuseppe Fabris, conterraneo del maestro e la copia del Gladiatore Borghese, ulteriore testimonianza della sua passione per l’antico. Unica scultura in marmo la Testa di Cristo di Cincinnato Baruzzi, esemplata su quella canoviana  del Compianto.

Come giustamente sottolineato dalla Jatta i bozzetti esposti nella Sala delle dame

«non hanno la purezza e la levigatezza delle opere finite di Canova, ma rivelano la prima mano, l’invenzione e la creatività dell’artista».

Ed è proprio sul processo creativo del maestro veneto che si incentra un’altra sezione della mostra. La sala XVII della Pinacoteca è infatti dedicata allo studio di via delle Colonnette dove Canova lavorava con i suoi fidati collaboratori. Mediante  lo studio delle testimonianze scritte e grafiche dell’epoca e dopo una campagna di acquisizione dei dati metrici, è stato realizzato un modello dell’atelier canoviano in legno di frassino. Con la tecnica LIDAR (Light Detection and Ranging) sono state eseguite le sculture apposte sulle facciate dell’edificio tra via Canova e via delle Colonnette, e all’interno sono state collocate le statue del Perseo e dei Pugilatori realizzate  con la stampante 3D con la tecnologia Sla. La Rodolfo ha evidenziato in conferenza stampa come il maestro fosse particolarmente geloso di un ambiente segreto del suo studio, al quale si poteva accedere unicamente su invito.

6) A. Canova, Busto di Pio VII, Pinacoteca Vaticana, sala XVII

I pannelli esplicativi  che accompagnano le opere illustrano nel dettaglio il procedimento avanzato dal Canova nella realizzazione dei marmi. Si partiva da un disegno e da un primo bozzetto in argilla, di dimensioni ridotte che man mano venivano ingrandite nei bozzetti successivi. Si passava poi al modello in gesso ottenuto con la tecnica della cera persa, che comportava la distruzione dell’argilla. Sul gesso erano inseriti i chiodini metallici che indicavano le misure delle varie parti dell’opera che poi venivano trasferite  nel marmo. I formatori sbozzavano i pezzi che Canova lavorava fino alla levigatura finale. Nella sala sono presenti il busto canoviano  di Pio VII  (fig. 6) e i ritratti del maestro eseguiti dal suo amico e biografo Antonio d’Este.

Luigi Ontani, che da anni abita e lavora nell’atelier di via delle Colonnette, ha omaggiato lo scultore di Possagno con un tondo raffigurante il  ritratto di profilo.

La Rodolfo ha giustamente evidenziato quanto fosse importante per Canova il suo atelier, gli allievi  e la conservazione dei  bozzetti, che dovevano servire per agevolare lo studio dei giovani scultori, spesso aiutati economicamente dal maestro, che li sosteneva restando nell’anonimato. Non va dimenticato infatti l’impegno profuso dallo scultore nella costruzione della Gipsoteca di Possagno, che doveva raccogliere i modelli di tutte le sue opere, consegnando la fama ai posteri.  Il suo esempio infatti fu  seguito  successivamente da Thorvaldsen, da Tenerani e da  molti altri fino al secolo seguente.

Rita RANDOLFI   Roma 5 novembre 2023