” Allora il prete mise mano a quello membro che lo fece essere più prete che monaca … “. Freud su Leonardo: una omosessualità vera o presunta?

di Claudia RENZI

LEONARDO E FREUD, COME NASCE UN FALSO MITO

Il saggio del 1910 con cui Sigmund Freud [i] pretendeva di aver svelato un inconfessabile segreto di Leonardo è spesso citato come presunta prova dell’altrettanto presunta omosessualità del genio di Vinci.

In realtà Freud, la cui principale fonte fu il romanzo Vita di Leonardo da Vinci scritto da Dmitri Merežkovskij agli inizi del ‘900 [ii], non conosceva affatto bene la vita e le opere del maestro, e lo confessa lui stesso verso la fine del saggio in una frase che, troppo spesso, passa inosservata:

Dell’insuccesso [del saggio] si deve considerare responsabile solo l’autore, che ha costretto la psicoanalisi a pronunziare un giudizio su materiale così insufficiente [iii]. Del resto, nel successivo breve saggio su Michelangelo la frase di apertura è: Devo dire che non sono un intenditore d’arte, ma solo un profano [iv].

Nel Codice Atlantico Leonardo (Fig. 1) descrive un sogno che lo aveva visitato:

Questo scriver sì distintamente del nibbio par che sia il mio destino, perché ne la prima ricordazione della mia infanzia e’ mi parea che, essendo io in culla, che un nibbio venissi a me e mi aprissi la bocca colla sua coda e molte volte mi percotesse con tal coda dentro alle labbra.”[v].
1. Leonardo, Adorazione dei Magi, Firenze, Gallerie degli Uffizi (partic. autoritratto)

Freud cercò d’interpretare il sogno in cui Leonardo racconta del nibbio servendosi della traduzione di esso apparsa in Leonardo da Vinci di Marie Herzfeld in cui compare il termine geier (avvoltoio) anziché milan (nibbio) [vi]. L’esito fu alquanto surreale: per almeno due pagine il lettore è istruito sulla simbologia, per lo più in chiave egizia, dell’avvoltoio, simbolo di maternità [vii], e l’equivoco non mancò di fuorviare altri quali Oskar Pfister che, suggestionato dalla lettura viziata di Freud e dalla traduzione errata, credette di individuare nel S. Anna, Madonna e Bambino (Fig. 2), un avvoltoio nel panneggio di Maria, la cui coda aderiva alla bocca di Gesù[viii] (Fig. 3).

2. Leonardo, Sant’Anna con la Vergine e il Bambino e l’agnello, Parigi Musèe du Louvre
3. Leonardo, Sant’Anna con la Vergine e il Bambino e l’Agnello (partic.)

Trovando degno di nota che Leonardo ricordasse un sogno di quando era “in culla”, Freud tentò di far risalire ad esso le prime manifestazioni di un’omosessualità di carattere passivo. Com’è noto un bambino, salvo eccezionali traumi, difficilmente ricorda qualcosa prima dei tre anni, ma, secondo Freud, Leonardo sarebbe in malafede: quello raccontato non sarebbe un sogno o ricordo infantile, bensì una fantasia omoerotica camuffata.

Viene spontaneo domandarsi perché mai Leonardo avrebbe dovuto vergognarsi di scrivere una fantasia in quaderni che nessuno poteva leggere e scritti per di più al contrario ma, per convincere delle sue supposizioni, Freud insiste sul fatto che Leonardo prendesse come allievi soltanto dei ragazzi [ix], ignorando forse che all’epoca nessuna bambina sarebbe stata mandata a bottega (cioè a vivere) con un maestro uomo e con colleghi maschi.

Circa le freddure, o barzellette, scritte da Leonardo, Freud dice che esse erano di una tale castità da evitare qualsivoglia riferimento al sesso[x], ma leggendo:

Uno, vedendo una femmina parata a tener tavola in giostra, guardò il tavolaccio e gridò vedendo la sua lancia: Ohimè, questo è troppo piccol lavorante in sì grande bottega![xi]

oppure la famosa:

Una lava i panni e pel freddo aveva i piedi molto rossi, e, passandole appresso, uno prete domandò con ammirazione donde tale rossezza derivassi; al quale la femmina subito rispuose che tale effetto accadeva perché ella aveva sotto il foco. Allora il prete mise mano a quello membro che lo fece essere più prete che monaca, e, a quella accostatosi, con dolce e sommessiva voce pregò quella che ‘n cortesia li dovessi un poco accendere quella candela.”[xii],

non  pare siano caste mentre, di contro, si può affermare che alludano esplicitamente al sesso.

Freud non conosceva disegni osceni di Leonardo [xiii] e, ignorandone l’esistenza, si convinse di una possibile repulsione del maestro verso l’unione fisica, soprattutto con donne poiché, a suo dire, nessuna avrebbe potuto sostituire la madre; secondo Freud l’esclusività del loro rapporto e l’assenza del padre avrebbe portato il giovane a “innamorarsi” della madre al punto da non volere altre donne nella sua vita [xiv], tanto che nel S. Anna, Madonna e Bambino, compreso il cartone risalente al 1501-5 ca. (Fig. 4), Leonardo avrebbe dipinto ben due madri e ovviamente nessun padre.

4. Leonardo, Sant’Anna con la Vergine, il Bambino e S. Giovannino, cartone (Londra, National Gallery)

In realtà, com’è noto, fu il padre Piero a crescere Leonardo, nonostante fosse figlio illegittimo, e Leonardo non ebbe una frequentazione stretta con la madre Caterina.

In virtù di questa presunta apatia, Freud giunse ad accusare Leonardo di non voler approfondire la psiche umana [xv]. In realtà, quello che più interessava al maestro, e che è alla base dello straordinario fascino delle sue opere, è proprio l’indagare i moti dell’anima. Non a caso Leonardo fu il primo caricaturista: saper fare una caricatura indica un eccezionale spirito di osservazione e penetrazione psicologica da parte del disegnatore, una istintiva e innegabile empatia, oltre che una totale padronanza del “bello” perché solo quando si sa riprodurre convincentemente il “bello” si può riprodurre bene (artisticamente cioè) il “brutto” (Fig. 5).

5. Leonardo, Cinque teste grottesche (Windsor, Royal Library 12495r)

Che Freud prendesse abbagli di ordine storico-artistico lo si può verificare anche nel caso di Michelangelo; nel summenzionato saggio del 1914 nel quale affronta il significato del Mosè, Freud riesce a infilare una serie di equivoci clamorosi: scambia i raggi che Mosè ha in testa per delle corna, ignora cosa sia il contrapposto michelangiolesco, non coglie che la barba è realizzata in quel modo per il semplice fatto che, in corso d’opera, l’artista si è dovuto adattare a una depressione del marmo, non si accorge che le gambe del colosso sono di grandezza diversa (quella piegata è la  metà  di  quella dritta), ecc.

Ma, a parte Freud, su cosa si basa la ciarla che vorrebbe Leonardo omosessuale? Vediamo. Com’è noto nel 1476, quando era ancora presso Verrocchio [xvi], il nome di Leonardo comparve in una lista di sodomiti fatta giungere, sotto forma di lettera anonima immessa nel “tamburo”, alla Signoria di Firenze. Un’accusa non basta a fare una prova, non tanto perché il processo si risolse in questo caso con un nulla di fatto (finì insabbiato per la presenza, fra gli accusati, di Leonardo Tornabuoni, cugino di Lorenzo il Magnifico) quanto perché una denuncia di quel tipo – anonima ma valida – era un ottimo mezzo per sbarazzarsi di qualcuno che per un qualsivoglia motivo (e un talento eccezionale ne era uno ottimo) suscitava invidia o rancore e una buona fetta di fiorentini si ritrovava puntualmente denunciata da anonimi delatori con le più disparate motivazioni delle quali comunque quella di “sodomia” era tra le più gettonate. Dunque l’accusa fiorentina, non potendo essere in alcun modo presa sul serio, è ininfluente.

Altra fonte che parrebbe avvalorare l’ipotesi di un Leonardo omosessuale è Giovanni Paolo Lomazzo: nella biblioteca del British Museum è custodito un suo manoscritto intitolato Libro dei sogni, databile al 1563 circa[xvii], scritto sulla falsariga dei Dialoghi dei morti di Luciano, nel quale Leonardo è attore di due dialoghi, uno con Giovio (il suo primo biografo, che lo conosceva personalmente) e Fidia, il celebre scultore.

Lomazzo fa pronunciare a Leonardo, nel dialogo con Fidia, un elogio dell’omosessualità, facendogli affermare che, in questo senso, si era “servito” del suo allievo Salaì per poi fare però, anche, un elogio della donna; nel dialogo con Giovio Leonardo confessa invece di aver perso la testa per una ragazza milanese di nome Drusilla, il cui rifiuto l’avrebbe indotto a fuggire a Venezia.

Va ricordato che Lomazzo non ha mai conosciuto Leonardo, essendo nato dopo la sua morte, e sebbene abbia incontrato Francesco Melzi – uno dei più cari allievi del maestro che, a contrario di Salaì lo seguì in Francia, nonché erede di tutti i suoi taccuini – e, forse, tramite lui, può aver avuto accesso ad alcuni appunti del genio vinciano, come fonte resta di fatto inattendibile.

Pare dunque che la leggenda che l’allievo di Leonardo Gian Giacomo Caprotti meglio noto come Salaì [xviii] fosse il suo amante risalga a Lomazzo; tuttavia non sono mancati tentativi di avvalorarla sostenendo l’autenticità del celebre scarabocchio nel Codice Atlantico in cui compare un membro accostato ad un orifizio e la scritta Salaì a lato, che altro non è che un falso storico [xix].

Vero è che Leonardo elenca fra i suoi libri il Manganello [xx], opera stampata due volte nel corso del Cinquecento di anonimo milanese che dichiara di essersi ispirato a Giovenale (Satira VI) e al Corbaccio per un’invettiva contro le donne, ma ciò non dimostra né che Leonardo fosse misogino né che preferisse gli uomini. In taluni casi Leonardo sembra anzi deprecare l’omosessualità:

Lussuria: il palpistrello per la sua insfrenata lussuria non osserva alcuno universale [“canonico”] modo di lussuria, anzi maschio con maschio, femmina con femmina, così come a caso si trovano insieme usano il lor coito [xxi].

Non mancano riferimenti inequivocabilmente eterosessuali nei manoscritti e disegni del maestro, che descrive l’atto sessuale fra uomo e donna arrivando ad esaltare il membro virile come ministro dell’umana spezie[xxii]. Fra i più celebri disegni sul tema si può citare il Windsor 19097v, in cui Leonardo studia dal punto di vista anatomico l’unione di un uomo e una donna: (Fig. 6).

6. Leonardo, Studio anatomico di procreazione (Windsor 19097v)

Un articolo di Rudolf Reitler del 1917 [xxiii] citato da Freud nella riedizione del 1919 del suo saggio – ricostruì in maniera arbitraria la posizione dei piedi delle figure per sostenere che Leonardo non aveva avuto frequentazioni con donne: Freud, non conoscendo il disegno originale, accettò l’interpretazione di Reitler che, d’altro canto, dava manforte alla “sua” teoria.

Nel Codice Atlantico [xxiv] Leonardo parla del Sogno, terra di mezzo dove anche le fantasie più inconfessabili possono trovare sfogo, dicendo che lì:

“Parlerai con gli animali di  qualunque  spezie e  quelli  con  teco in  linguaggio umano [parleranno], vedratti cadere da grandi alture [xxv] sanza tuo danno, i torrenti t’accompagneranno e mist [eranno te] col lor rapido corso, userai carna [lmente c]on madre e sorelle, [us]erai colli animali.”.

Quest’ultimo aspetto dell’eterosessualità probabilmente turbava Leonardo. L’interpretazione del passo data dal compianto Prof. Carlo Pedretti è plausibile:

È chiaro che l’istinto eterosessuale è di tale forza da risolversi paradossalmente in un’omosessualità dominata dall’immagine apollinea dell’ermafrodito, unione armoniosa dei sessi. Di qui l’inevitabile condizione di auto-mimesi che dà adito al narcisismo e quindi alla masturbazione.”[xxvi].

Proprio Pedretti negli anni ’80 riportò all’attenzione degli studiosi una notizia passata fino ad allora ignorata: Leonardo aveva scritto in un suo taccuino, attualmente disperso, della sua frequentazione con una cortigiana detta Cremona.

La notizia era stata resa nota per primo dal pittore Giuseppe Bossi, autore della monumentale e per molti versi insuperata monografia sul Cenacolo, del 1810, nei suoi Scritti sulle Arti [xxvii]: Bossi riferiva di una nota autografa di Leonardo, tratta probabilmente da un taccuino all’epoca conservato nell’Ambrosiana di Milano poi perduto o non ricollocato al suo posto dopo le sottrazioni napoleoniche[xxviii].

Dove Leonardo abbia conosciuto e frequentato tale Cremona non è dato sapere: forse Roma [xxix], dove giunse nel 1513 al seguito di Giuliano de’ Medici, fratello di Leone X.

Della permanenza di Leonardo a Roma tra il 1513 e il 1516 (anno di morte di Giuliano) non si sa nulla tranne le scarne informazioni annotate in bozze di lettere al protettore sul contrasto coi collaboratori vetrai tedeschi e un accenno al primo insorgere della malattia che porterà il maestro alla paralisi della “destra”; tuttavia nel Codice Atlantico è riportata, subito dopo la spesa di soldi 20 per un crocefisso, l’enigmatica annotazione: “Per dire la ventura soldi 6[xxx].

La “ventura” a Firenze era un modo garbato per chiamare “quello che rende uno più prete che monaca”, e dunque la frase vorrebbe dire recarsi in un postribolo, luogo a cui fa riferimento anche un’altra annotazione in forma di facezia (evidentemente anch’essa ignota a Freud), dove il prezzo per la prestazione è di “soldi 5[xxxi].

Le cortigiane indossavano spesso parrucche e una complicata parrucca è quella di Leda (Figg. 7, 8) e delle figure femminili ritratte in alcuni degli ultimi disegni del maestro, oggi a Windsor.

7. Leonardo, Studi per testa e acconciatura Leda (Windsor, RL 12516)
8. Leonardo, Studio per testa Leda (Windsor, RL 12518)

Nel Cinquecento nessuna donna rispettabile avrebbe posato senza vestiti per un pittore e, in mancanza di una moglie, una cortigiana poteva essere l’ideale per ritrarre il corpo femminile dal vivo.

Leonardo infatti raccomandava di non fare uomini con membra femminili (e viceversa): una critica indiretta ma chiara alle nerborute, seppur sensuali, “donne” di Michelangelo, che pare si accontentasse di impiegare i suoi allievi come modelli anche per i soggetti femminili[xxxii].

Emerge dai suoi scritti che, ogni volta che Leonardo scrive di pulsioni sessuali, si riferisce chiaramente e senza ambiguità alla donna.  Nel Codice Arundel si legge che:

L’omo ha desiderio d’intendere se la femmina è cedibile alla dimandata lussuria, e intendendo di sì, e come ella ha desiderio dell’omo, elli la richiede e mette in opra il suo desiderio, e intender no’l po’ se non confessa, e confessando fotte [xxxiii];

nel Libro di Pittura, capitolo 23, si legge:

possi rivedere tu amante con la tua amata, nelli prati fioriti, sotto le dolci ombre delle verdeggianti piante.”;

gli ultimi disegni dell’anziano Leonardo sembrano dominati dalle donne [xxxiv] (Fig. 9) e, non a caso, pare che la sua ultima opera fosse un Ratto di Proserpina [xxxv].

9. Leonardo, Donna in paesaggio cd Pointing lady (Windsor, RL 12581)

Il fatto che Leonardo non si sia mai sposato e non abbia avuto figli non significa che non lo abbia mai ipotizzato: la pseudo-lettera al fratellastro Domenico, appena divenuto padre [xxxvi], nella quale il maestro pare deprecare la paternità è, in realtà, come chiarito da tempo, solo un esercizio retorico sulla base del Libro delle Trecento Novelle di Franco Sacchetti [xxxvii].

Leonardo aveva anzi un concetto tanto sacro della vita da considerarla inequivocabilmente divina:

In effetto l’omo non si varia dalli animali se non nell’accidentale, col quale esso si mostra esser cosa divina perché dove la natura finisce il produrre le sue spezie, l’omo quivi comincia, colle cose naturali, a fare, coll’aiuto di essa natura, infinite  spezie  le  quali,  non  essendo  necessarie a chi  ben  si  corregge  come  fanno  li  animali,  a  essi  animali  non  è disposizion cercarne [xxxviii];

altrove scrive:

E tu omo che consideri in questa mia fatica l’opere mirabili della natura, se giudicherai esser cosa nefanda distruggerla, or pensa esser cosa nefandissima il torre la vita all’omo, del quale, se questa sua composizione ti pare di meraviglioso artifizio, pensa questa esser nulla rispetto all’anima che in tale architettura abita; e veramente, quale essa si sia, è cosa divina, sì che lasciala abitare nella sua opera a suo beneplacito, e non volere che la tua ira o malignità distrugga una tanta vita.[xxxix].

Infine, laddove critica chi ha la presunzione di trarre conclusioni affrettate e superficiali Leonardo nomina Dio stesso:

Poi vogliono caratare la mente di Dio nella quale s’include l’universo, caratando e minuzando quella in infinite parti come se l’avessimo a notomizzare.[xl].

In conclusione è probabile che Freud volesse solo fare scalpore col suo elzeviro su Leonardo, che si conclude con la falsa modestia dell’incompetente involontario. Data a tutt’oggi la scarsità di notizie sulla vita privata di Leonardo, sapere quali fossero davvero il suo modo di amare e i suoi gusti, è cosa quasi impossibile, e la lettura di Freud e il falso mito da lui generato, basati su sensazionalismo e pettegolezzi, si sono rivelati essere del tutto infondati.

© Claudia RENZI, Roma, 29 Ottobre 2023

NOTE

[i] Sigmund Freud, Leonardo, Torino, 2003 [1910].
[ii] Dmitri Merežkovskij, La resurrezione degli dèi: Leonardo da Vinci, 1902. Merežkovskij è il primo a intuire che, forse, la Caterina che va a vivere con Leonardo a Milano, e di cui lui poi pagherà i funerali, sia sua madre, termine tuttavia che il maestro per questa donna non usa mai.
[iii] S. Freud, op. cit., p. 89.
[iv] S. Freud, Il Mosè di Michelangelo [1914], in: Freud – Psicoanalisi dell’arte e della letteratura, Roma, 1997, p. 111.
[v] Codice Atlantico, c. 66v.
[vi] Marie Herzfeld, Leonardo da Vinci, der Denker, Forsche und Poet: nach den veröffentlichen Handschriften, Jena, 1906 (seconda ediz.)
[vii] S. Freud, op. cit., p. 41-42.
[viii] Oskar Pfister, Kryptolalie, kryptographie und unbenwusstes Vexierbild bei Normalen, in: «Jahrbuch für Psychoanalytische und Psychopathologische Forsch.», V, 147, 1913.
[ix] S. Freud, op. cit., p. 55.
[x] S. Freud, op. cit., p. 24.
[xi] Ms. F, interno copertina.
[xii] Codice Atlantico, c. 119r.
[xiii] Il cd. Angelo incarnato fu scoperto nel 1991.
[xiv] S. Freud, op. cit., pp. 66-70.
[xv] S. Freud, op. cit., p. 30.
[xvi] Leonardo entrò nella bottega di Verrocchio a 17 anni compiuti, e ne uscì a 23, ben oltre il canonico tempo di apprendistato.
[xvii] Unico manoscritto autografo noto di Lomazzo, è conservato alla British Library di Londra, Add. Mss., 12196; fu pubblicato nel 1973, Roberto Paolo Ciardi (a cura di), Giovanni Paolo Lomazzo. Scritti sulle Arti, Firenze, 2 voll., 1973-4.
[xviii] Il soprannome deriva da un demone del Morgante di Pulci.
[xix] Codice Atlantico, c. 133v. Nello stesso foglio compare anche il disegno di una bicicletta, anch’esso apocrifo.
[xx] Al n. 98 nell’elenco nel Codice Madrid II, cc. 2v-3r.
[xxi] Codice H, c. 12r.
[xxii] Windsor, 19030r.
[xxiii] Rudolf Reitler, Eine anatomisch-künstlerische Fehlleistung Leonardos da Vinci, in: «Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse», IV, 205, 1917.
[xxiv] Codice Atlantico, c. 393r.
[xxv] S. Freud, op. cit., p. 78 sostiene che il desiderio umano di volare sarebbe un’aspirazione ad esser capaci di prestazioni sessuali, quando invece altro non è che desiderio di libertà.
[xxvi] C. Pedretti, Leonardo & Io, Milano, 2008, p. 487; C. Pedretti, Quella puttana di Leonardo, in: «Achademia Leonardi Vinci», IX, 1996, pp. 131-139.
[xxvii] Per Bossi, che possedeva tutti i disegni di Leonardo ora a Venezia, vedi Roberto P. Ciardi (a cura di), Giuseppe Bossi. Scritti sulle Arti, Firenze, 2 voll., 1982.
[xxviii] Da escludere comunque il Codice Trivulzio, poiché già noto a Bossi. Forse il quaderno da cui è tratta la citazione è segnalato correttamente tra le carte dello stesso Bossi, ancora inedite, conservate alla Biblioteca Ambrosiana. Nel 1795 Napoleone sottrasse dall’Ambrosiana ben 12 codici di Leonardo, oggi all’Istituto di Francia. Nel 1815, in seguito alla sconfitta di Waterloo, un consesso internazionale impose alla Francia di restituire i beni sottratti ad altri paesi, ma solo il Codice Atlantico fu restituito all’Ambrosiana, mentre gli altri 11 rimasero in Francia.
[xxix] C. Pedretti, op. cit., p. 483.
[xxx] Codice Atlantico, c. 319v.
[xxxi] Ms. C, c. 19v.
[xxxii] A Roma, inoltre, sembra prendere corpo l’idea di una Gioconda nuda. Una versione ora a Bergamo fu inventariata nel 1664, quando ancora si trovava nel Museo Settala a Milano, come il ritratto di una meretrice: “Mulier, creditur Meretrix, opus magni illius pictoris Leonardo a Vincio”. In un’altra versione, attualmente dispersa, la donna ritratta portava al petto un cammeo col ritratto di profilo dello stesso Leonardo con l’iscrizione maiuscola (questa però ottocentesca) Leonardo da Vinci 1501. La stessa Gioconda (Monna Lisa) passò, inizialmente, come ritratto di cortigiana, cfr. C. Pedretti, op. cit., p. 483.
[xxxiii] Codice Arundel, c. 205v.
[xxxiv] Vedi i disegni tardi di Ninfe, Venezia, Gallerie dell’Accademia, N 258r.
[xxxv] C. Pedretti, op. cit., p. 487. Carlo Amoretti, Memorie storiche sulla vita di Lionardo da Vinci, Milano, 1804, afferma che erano ancora visibili, in casa dei Melzi, di mano di Leonardo: “Alcuni disegni in grande di donne e divinità ignude, come di Proserpina rapita da Plutone, di Ninfa che medica Satiro, di Giovinetta in braccio a un Vecchio [che] possedeva il marchese questore Melzi, che per iscrupolo dielle al curato di S. Bartolomeo acciò le bruciasse, e questi n’eseguì troppo scrupolosamente la volontà.”. La giovinetta e il vecchio potevano essere Aristotele e Fillide? Leonardo tratta questo tema in un disegno oggi ad Amburgo.
[xxxvi] Codice Atlantico, c. 541v.
[xxxvii] Si veda Anna Maria Brizio, Scritti scelti di Leonardo da Vinci, Torino, 1952 e da ultimo C. Pedretti, op. cit., pp. 99-100.
[xxxviii] Ms B dell’Anatomia, c. 13v.
[xxxix] Windsor 19001r.
[xl] Windsor 19084r. Leonardo stesso elenca inoltre, al terzo posto fra i suoi 116 libri, la Bibbia (Ms Madrid II, c. 2v).

BIBLIOGRAFIA

  • Anna Maria Brizio, Rassegna degli studi vinciani, s. l., 1968
  • Anna Maria Brizio, Scritti scelti di Leonardo da Vinci, Torino, 1952
  • Carlo Amoretti, Memorie storiche sulla vita di Lionardo da Vinci, Milano, 1804
  • Carlo Pedretti, Io & Leonardo, Milano, 2008
  • Carlo Pedretti, Quella puttana di Leonardo, in: «Achademia Leonardi Vinci», IX, 1996, pp. 131-139
  • Dmitri Merežkovskij, La resurrezione degli dèi: Leonardo da Vinci, 1902
  • Flavio Caroli, Studi di fisiognomica, Milano, 2015
  • Marie Herzfeld, Leonardo da Vinci, der Denker, Forsche und Poet: nach den veröffentlichen Handschriften, Jena, 1906 (seconda ediz.)
  • Oskar Pfister, Kryptolalie, kryptographie und unbenwusstes Vexierbild bei Normalen, in: «Jahrbuch für Psychoanalytische und Psychopathologische», V, 147, 1913
  • Roberto Paolo Ciardi (a cura di), Giovanni Paolo Lomazzo. Scritti sulle Arti, Firenze, 2 voll., 1973-4
  • Roberto Paolo Ciardi (a cura di), Giuseppe Bossi. Scritti sulle arti [1810], Firenze, 2 voll. 1982
  • Rudolf Reitler, Eine anatomisch-künstlerische Fehlleistung Leonardos da Vinci, in: «Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse», IV, 205, 1917
  • Sigmund Freud, Il Mosè di Michelangelo [1914], in: Psicoanalisi dell’arte e della letteratura, Roma, 1997
  • Sigmund Freud, Leonardo [1910], Torino, 2003