Fu proprio Pinturicchio a dipingere la “Madonna Borgia” ? E cosa sono quegli strani segni sul suo manto? Gli enigmi di un affresco lacerato

di Luciano PASSINI

Il messaggio segreto della Madonna Borgia del Pintoricchio

La recente mostra romana dedicata alle opere del perugino Bernardino di Betto (Perugia c. 1454 – Siena 1513), meglio conosciuto come Pintoricchio o Pinturicchio, ha riportato alla ribalta delle cronache quello che per secoli è stato un grande mistero della storia: il ritratto di Giulia Farnese (detta Giulia la Bella), sorella del cardinale Alessandro Farnese senior e amante di papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia).

In particolare, tra le opere esposte nella mostra, erano presenti due frammenti di un dipinto murale che si trovava in una camera degli appartamenti Borgia nel Palazzo Apostolico Vaticano ed esattamente la testa della Vergine Maria ed un Gesù Bambino, denominato il Gesù delle mani. I frammenti facevano parte di un affresco ove era raffigurato Papa Alessandro VI Borgia in ginocchio, davanti alla Madonna con il Bambino in braccio, denominato l’Investitura divina di Alessandro VI. Secondo quanto scritto dal Vasari, il quale non fece altro che riproporre i pettegolezzi che da molto tempo venivano raccontati a Roma, nel volto della Madonna il pittore avrebbe riprodotto i lineamenti di Giulia Farnese [1].

Lo scandalo suscitato da quella che, come poi è stato dimostrato, era in raltà soltanto una maldicenza, segnò il destino dell’opera: dapprima l’affresco venne coperto, poi addirittura staccato; probabilmente grazie alla forte devozione mariana e per una iniziale attribuzione al Perugino, si salvarono soltanto i due frammenti esposti nella mostra.

Non mi addentrerò nel merito di questo “mistero” perché nel monumentale catalogo della mostra, curato da Cristina Acidini, Francesco Buranelli, Claudia La Malfa e Claudio Strinati, la questione viene ampiamente trattata e autorevolmente chiarita, giungendo alla conclusione che non si tratta affatto del ritratto di Giulia Farnese ma del tipico volto delle Madonne del Pintoricchio:

“Giulia Farnese non è ritratta da Pintoricchio con il Pontefice in adorazione della Vergine e del Bambino nell’affresco dell’Appartamento Borgia. La copia dell’affresco che Pietro Fachetti (1539-1613) realizza nel 1612, oggi esposto in mostra, lo dimostra con grande chiarezza: il volto della Vergine, seppure trattato dalla mano di un pittore del tardo seicento, è il calco della fisionomia tipica delle Madonne di Pintoricchio. L’attuale ritrovamento dell’affresco con il volto della Vergine, in collezione privata, per la prima volta esposto al pubblico in questa mostra (cat. num. 30), è la prova definitiva. Il volto della Vergine corrisponde esattamente ai lineamenti tradizionali dei volti standard delle Vergini di Pintoricchio, dai suoi primissimi esempi” [2]

e ancora:

“Le sembianze della Vergine, risultano – come già intuibile dalla copia del Fachetti – vicinissime al più classico tipo dei volti di Madonna del Pintoricchio. Un viso estremamente ascetico e sfinato, pieno di amorevole concentrazione e assorto compiacimento nei confronti della scena alla quale sta assistendo, senza nessuna ricerca ritrattistica……Un volto di Madonna che il Pintoricchio ci ha abituato a conoscere nello stesso Appartamento Borgia e nelle opere più o meno coeve di questo periodo…..dove appare evidente che i volti di Maria appartengono tutti ad un medesimo “modello” che il Pintoricchio usa adattandolo di volta in volta alle diverse rappresentazioni, adoperando quasi sempre la stessa tavolozza e ripetendo, in tutti i volti della Vergine citati, quella tipica pennellata delle ciglia dell’occhio della Madonna in secondo piano, che diventa un segno autografo dell’artista.[3]

In tutta questa faccenda, proprio per la paventata somiglianza con Giulia Farnese, il primo frammento, cioè la testa della Madonna, è quello che mi ha incuriosito maggiormente. Qui la mia attenzione è stata attirata dai numerosi simboli che il pittore ha lasciato a mo’ di decorazione lungo il bordo del manto della Vergine e sul colletto della veste.

Già il pontefice Alessandro VII Chigi, che era rimasto incuriosito da quelle iscrizioni, quando acconsentì al distacco dei pezzi di affresco, decise di farle studiare dallo storico Luca Holstenio, Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, il quale non raggiuse alcuna conclusione e tutto si chiuse definendo i segni come invenzioni decorative pseudo-cufiche [4].

Questa conclusione in effetti è plausibile per la gran parte delle opere di Pintoricchio, ricche di segni più o meno geometrici, arabeschi e caratteri simili a quelli arabi, ma non in questo caso, dove la mia piccola ricerca ha portato ad una conclusione concreta ed inaspettata che mi consente di affermare che poi, in fin dei conti ed almeno in parte, non si tratta di simboli di fantasia ma che alcuni di essi hanno dei significati reali. Certo da questo ad arrivare a scoprire il messaggio che il pittore voleva tramandare è ben altra cosa.

Anche Pietro Fachetti, quando nel 1612 realizzò ad olio su tela, per conto del Duca di Mantova, una copia dell’affresco che si trovava ancora in situ, ebbe difficoltà nell’interpretare i simboli in questione ed invece di riproporli nella loro originalità pensò bene di trascrivere sul manto della Vergine una sua libera interpretazione e cioè la seguente: AVE REG COELI PO[…] DOMINA MVNDI PURA TV ES VIRGO TV CONCEP CREATOR ET SAL[…] MVNDI; sul colletto: IDR HIS XX HS; nella parte opposta del manto i caratteri sono soltanto parzialmente leggibili e, verso la fine, si percepisce soltanto: IHS[5].

Ma andiamo per ordine.

Simboli sul bordo del manto della Vergine:

Osservando attentamente questa sequenza di simboli, a mio avviso, emerge in maniera ben evidente che non si tratta di caratteri cufici, o pseudo-cufici e tanto meno arabi, fatta eccezione per i simboli:

che si ritrovano nell’antica numerazione araba e significano rispettivamente 8 e 7.

Alcuni dei simboli dipinti si ritrovano nell’antica simbologia alchemica e pertanto è possibile attribuire loro significati relativamente precisi, quasi si trattasse degli ingredienti di una sorta di pozione o di una ricetta [6]. Ma il motivo della loro presenza allo stato non è spiegabile:

 Simboli sul colletto della veste:

Analogo ragionamento vale per la serie di simboli che si trovano sul colletto della veste della Madonna. In questo caso, però, è mio parere che si tratti di una vera e propria iscrizione facilmente scioglibile.

Si possono individuare senza difficoltà le seguenti lettere maiuscole dell’alfabeto:

D R E A K A X F

Questa scritta secondo me può essere letta nel seguente modo: [AN]DREA K’AX[ISI] F[ECIT]

 e cioè: ANDREA D’ASSISI FECIT.

Ovviamente è palese che questa interpretazione contrasta con quanto affermato dagli storici dell’arte riguardo l’attribuzione del dipinto a Pintoricchio e che mi guardo bene dal confutare, ma ciò nonostante si può ipotizzare che un intervento di Andrea d’Assisi ci sia stato, magari soltanto nei ritocchi o in alcune parti di contorno. Ma chi era questo pittore?

Sul conto di Andrea d’Aloigi (Aloisius o Aloisii), detto l’Ingegno, nato ad Assisi intorno alla metà del XV secolo e per questo chiamato anche Andrea d’Assisi, le notizie sono scarse, contrastanti e molto frammentarie, tanto da impedirci di tracciare una ben delineata figura artistica e personale. Questo a causa di un inaspettato calo della vista che ad un certo punto della sua vita gli impedì di proseguire la sua carriera di artista, costringendolo ad intraprendere una diversa carriera professionale. Ne parla il Vasari nelle sue “Vite”:

“..ma fra i detti discepoli di Pietro miglior maestri di tutti fu Andrea Luigij d’Ascesi, chiamato l’Ingegno il quale nella sua prima giovanezza concorse con Raffaello da Urbino sotto la disciplina di esso Pietro il quale l’adoperò sempre nelle più importanti pitture, che facesse..” [7].

Il Vasari si riferisce all’alunnato di Andrea presso la bottega di Pietro Vannucci (il Perugino) definendolo il migliore tra gli allievi. Presso quella bottega si sono formati artisti di notevole rilievo come Raffaello, Piermatteo d’Amelia e lo stesso Pintoricchio.

Anche Claudio Strinati ne sottolinea il valore e non esclude la probabilità di una sua presenza tra i tanti aiutanti che il Perugino aveva al suo seguito durante la decorazione della Cappella Sistina in Vaticano[8]. Steinmann afferma di aver individuato un suo intervento nella famosa Consegna delle chiavi del Perugino [9].

Purtroppo il corpus pittorico di Andrea non è ben definito ed individuato e pertanto, in assenza di firme o attribuzioni certe, eccezion fatta per la Madonna con Bambino della National Gallery la cui firma (A. A. P.) ha suscitato svariate interpretazioni, le varie opere si confondono e si intrecciano con quelle dei suoi contemporanei e, considerata la levatura pittorica, proprio con Piermatteo d’Amelia, con il Pintoricchio e con il Perugino.

Negli appartamenti Borgia si era creata una atmosfera di febbrile lavoro, i tempi stretti per la realizzazione delle decorazioni richiesero la contemporanea attività di due squadre distinte: una capeggiata da Piermatteo d’Amelia ed un’altra da Pintoricchio.[10] Le squadre erano composte da numerosi collaboratori e aiutanti, ed anche secondo Strinati il Pintoricchio allestì un sistema di lavoro organizzato con una distribuzione di incarichi tra i suoi collaboratori in modo da ottimizzare il lavoro [11]; pertanto, dal momento che è stata riconosciuta la sua partecipazione alle decorazioni della Sistina, non si può escludere la presenza di Andrea d’Assisi anche negli appartamenti Borgia, tra i collaboratori del Pintoricchio, anche se non è attestata in alcun modo.

In conclusione, considerata l’urgenza con la quale doveva essere terminato il lavoro, nel caso dell’affresco in questione, come in molti altri, è verosimile che ci possa essere stato un intervento di più mani ed in questo caso è possibile che Andrea d’Aloigi abbia pensato di lasciare un segno della sua presenza tra i simboli del manto della Madonna, oltre a qualche misterioso messaggio che per noi rimane ancora sconosciuto.

Luciano PASSINI    Roma febbraio 2019

[1] Giorgio VASARI “Le Vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani da Cimabue insino a’ tempi nostri”, Firenze, 1550, pag. 526.
[2] Claudia LA MALFA “La nuova Domus Aurea” in “PINTORICCHIO PITTORE DEI BORGIA. Il mistero svelato di Giulia Farnese”, a cura di Cristina Acidini, Francesco Buranelli, Claudia La Malfa, Claudio Strinati, catalogo della mostra del 19 maggio – 10 settembre 2017, Musei Capitolini, Palazzo Caffarelli, Cangemi Editore, Roma 2017, pag. 67.
[3] Francesco BURANELLI “La Madonna del Pintoricchio e il ritratto di Giulia Farnese: la fine di un mito” in “PINTORICCHIO PITTORE DEI BORGIA. Il mistero svelato di Giulia Farnese”, op. cit., pag. 117.
[4] Francesco BURANELLI “La Madonna del Pintoricchio e il ritratto di Giulia Farnese: la fine di un mito”, in “PINTORICCHIO PITTORE DEI BORGIA. Il mistero svelato di Giulia Farnese”, op. cit., pag. 110 e 166.
[5] Franco Ivan NUCCIARELLI “La copia di Mantova” in “PINTORICCHIO PITTORE DEI BORGIA. Il mistero svelato di Giulia Farnese”, op. cit., pag. 133.
[6] R. PONOT, “Les signes alchimiques”, in “Communication & Langages”, 12, 1971. Studio di tutti I simboli alchemici riportati nella “Encyclopédie” di D. Diderot pubblicata nel 1751/1780.
[7] Giorgio VASARI, “Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori, et architettori italiani, scritte e di nuovo ampliate ecc.”, Firenze, 1568, pag. 516.
[8] Claudio STRINATI “Pintoricchio sospettato di eresia“, in “PINTORICCHIO PITTORE DEI BORGIA. Il mistero svelato di Giulia Farnese”, op. cit., pag. 24.
[9] Ernst STEINMANN “Die Sixtinische Kapelle”, Munchen 1905, richiamato in Corrado RICCI “Pintoricchio”, Perugia 1912, pag. 40.
[10] Lucilla VIGNOLI “Piermatteo d’Amelia. Un maestro umbro tra Firenze e Roma”, Perugia 2015.
[11] Claudio STRINATI “Pintoricchio sospettato di eresia“, in “PINTORICCHIO PITTORE DEI BORGIA. Il mistero svelato di Giulia Farnese”, op. cit., pag. 22.