Paul Gauguin e le nuove direttrici dell’arte: “Ho stabilito il diritto di osare tutto …”.

di Francesco MONTUORI

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  1. Martini e F. Montuori

LA  PITTURA  PRIMITIVA

PAUL  GAUGUIN

1. Paul Gauguin, Autoritratto, Kimbell Art Museum, Fort Wort, Texas

Paul Gauguin nacque a Parigi il 7 giugno 1948; ebbe una vita travagliata e morì a soli 55 anni ad Atuona Hiva Oa, nella Polinesia francese, l’8 maggio del 1903 (fig.1).

Ebbe con Vincent e Theodorus Van Gogh un amicizia profonda e si stabilì con loro ad Arles; Gauguin era tuttavia assai diverso da Van Gogh, non possedeva la sua umiltà; anzi era orgoglioso ed ambizioso.

Come Van Gogh anche Gauguin aveva cominciato a dipingere in età avanzata. Accolto al Salon nel 1876 Pissarro incoraggia e dirige il suo lavoro e nel 1879 lo fa partecipare alle manifestazioni del gruppo impressionista. A Parigi frequenta l’ambiente degli scrittori e poeti simbolisti.

Nel 1876 è ammesso nuovamente al Salon con un paesaggio che ancora riecheggia Corot; nel 1883, raggiunta la coscienza di essere veramente un artista, si dedica completamente all’arte; il momento più drammatico è quello del soggiorno a Copenaghen; isolato, lontano da Parigi, formula il sua programma estetico: priorità della sensazione sul pensiero; semplicità di espressione; valore suggestivo delle linee e dei colori.

Gauguin esegue una serie di dipinti che effettivamente dimostrano il suo programma: vibrante intimismo, contrazione dello spazio, accentuazione della linea, tavolozza con colori fra loro mescolati più che divisi e accordi attenuati piuttosto che in contrasto (fig.2).

2. Paul Gauguin, La pastora Bretone, Laing Art Gallery, Newcastle upon Tyne

Nel maggio dell’1886 espone all’ottava e ultima mostra impressionista, cui partecipa con numerosi lavori; il primo periodo a Pont-Aven spesso trascurato, non è meno importante; numerosi studi, anche di grandi dimensioni, devono ricollegarsi a questo soggiorno dove operarono un folto gruppo di pittori simbolisti, influenzati dal primitivismo e dall’esotismo.

Gauguin non considera più l’arte come una riproduzione, idealizzata, della natura (fig.3).

3. Paul Gauguin, Le tahitiane, Parigi, Musée d’Orsay
4. Paul Gauguin, Donna con un fiore, 1891. Carlsberg, Gliototek, Copenaghen

Egli apre la via alle tre direzioni che traccerà l’arte moderna. La prima consiste nel ricercare la definizione dell’arte nell’arte stessa, negli elementi più specificamente propri, che possono essere ricondotti al piano e alle combinazioni di linee e colori che le danno vita; è il cubismo cui tenderà Mondrian che raggiungerà una rigorosa organizzazione delle superfici colorate. La seconda direzione vede nell’arte l’impiego di un linguaggio che non fa ricorso alle idee ma si esprime nell’immagine; è in tale direzione che si avvieranno il fauvismo e l’espressionismo. Il terzo orientamento ricerca un’ arte quale sfogo diretto dell’inconscio; questa emanazione dal profondo porterà al surrealismo, ma appare già intuita in Gauguin (fig.4).

La vita con Van Gogh finì in un disastro; Gauguin si trasferì allora a Tahiti, una delle favolose isole dei mari del sud, alla ricerca di una vita semplice e di una natura incontaminata; si stabilisce nell’interno dell’isola fra gli indigeni; le opere pittoriche che riportò da quel viaggio erano lo specchio di un mondo selvaggio e primitivo. Tornò da Tahiti ma, sentendosi incompreso in Europa, insoddisfatto della vita e dell’arte, decise di tornare e rimanere per sempre nelle isole dei mari del sud, dopo anni di solitudine e di delusioni.

A Tahiti Gauguin cercò di trovare nei popoli primitivi, con i quali convisse, qualcosa di semplice e di immediato; difese con forza le diverse forme di primitivismo; furono tentativi concreti per uscire dal vicolo cieco in cui gli artisti, dopo l’impressionismo, erano venuti a trovarsi. Trascorse dieci anni nella Polinesia francese dove ritrasse personaggi e paesaggi di quelle lontane isole.

Le opere che inviò da Tahiti sembravano selvagge e primitive. Non soltanto il soggetto è strano ed esotico; egli cercò di penetrare nello spirito degli indigeni; in pittura semplificò i contorni delle forme ricorrendo all’uso di larghe macchie di colore violento.

Il suo lavoro creò un forte rapporto con Vincent e Theodorus Van Gogh e influenzò Pablo Picasso ed Henrj Matisse; Cèzanne, Van Gogh e Gauguin erano tre uomini disperatamente soli che lavorarono duramente ma con poca speranza di essere compresi. Eppure i loro problemi che tanto fortemente li impegnavano, vennero condivisi da altri giovani pittori, insoddisfatti dall’abilità tecnica acquisita nelle accademie. Alla fine della sua carriera Ambroise Vollard organizzerà delle mostre e collaborò a due importanti esposizioni postume su Paul Gauguin a Parigi.

L’arte moderna nacque da questa insoddisfazione; la soluzione che ne dette Cézanne portò al cubismo; la pittura di Van Gogh condusse all’espressionismo; quella di Gauguin alle varie forme di primitivismo.

Viaggiò a lungo. In Martinica scoprì, a contatto con la natura, quel “paradiso” che egli porta in sé stesso, come un’ossessione. Durante il suo secondo soggiorno in Bretagna rimane affascinato dai paesi arcaici ed arretrati che lo seducono con il loro primitivismo. Esegue allora Giacobbe che lotta con l’Angelo (fig.5); in questa tela, sotto l’influenza delle stampe giapponesi, delle vetrate medioevali, dei primitivi italiani, si affermano i principi della scansione di superfici piane, i toni puri arbitrariamente accostati, gli arabeschi semplificati.

5. Paul Gauguin, Vision of the Sermon (Jacob Wrestling with the Angel); National Galleries of Scotland
6. Paul Gauguin, La belle Angèle, 1889, olio su tela, 92 x 73,2 cm. Parigi, Musée d’Orsay

La composizione non ha nulla di illusionistico: né ombre, né modellato, né la linea dell’orizzonte, ma si fonda sulla tensione ritmica dei contorni, che rinserrano i colori in superfici disposte a zone.

Gauguin torna in Bretagna dove nascono composizioni volontariamente rozze e ingenue; non c’è sostanziale differenza fra il periodo bretone e quello tahitiano; la natura sembra quella di un paradiso terrestre. L’avventura di Gauguin, in mezzo alla natura, ricrea nelle sue opere il mito di Tahiti. Tornato a Tahiti Gauguin riesce a immaginare ampie composizioni murali:

ho voluto stabilire il diritto di osare tutto; le mie capacità non hanno portato a grandi risultati…..”(fig.6).
7. Paul Gauguin, La Orana Maria, 1891, N.Y., Metropolitan museum of Art

In Francia, dall’agosto 1893 al marzo 1895, Gauguin traduce i più importanti disegni riportati dall’Oceania in una serie di xilografie eccezionali, nella tecnica e nella concezione, che ebbero un influenza decisiva su Edvard  Munch e sull’espressionismo.

“La verità è che l’arte, l’arte primitiva, la più sapiente, è l’Egitto”. Il messaggio di Gauguin non si arresta ad una sua definizione più o meno originale della pura pittura; Gauguin è indifferente alle ricette:

“la mia tecnica, assai vagabonda ed elastica per esprimere il mio pensiero deve tener conto della verità della natura apparente e superficiale … Il mare che noi sappiamo essere blu, diviene giallo, prende in qualche modo una tinta favolosa” (fig.7).

Il colore non è dunque solamente un fattore ottico ma anche un fatto fisico; il colore è egli stesso enigmatico nelle sensazioni che ci regala; il colore che è vibrazione, come la musica, riguarda quello che è più generale nella natura: la sua forza interiore. L’arte è sfogo dell’inconscio; questa emanazione dal profondo – che condurrà nel surrealismo – appare già intuita da Gauguin.

Gauguin sacrificò la vita per il suo ideale; era assolutamente insoddisfatto della vita e dell’arte e cercò di trovare nei primitivi uno spunto semplice ed immediato.

8. Paul Gauguin, Tahitiane nude sulla spiaggia, 1891 Robert Lehmann Collection 

Gauguin difese a lungo le varie forme di primitivismo (fig.8), furono tentativi concreti per uscire dal vicolo cieco in cui gli artisti, dopo l’esperienza dell’impressionismo, erano venuti a trovarsi:

“La macchina è lanciata. Il pubblico non mi deve niente, perché la mia opera pittorica è solo relativamente buona, ma i pittori che oggi fruiscano di questa libertà, mi devono qualche cosa” (fig.9).

Francesco MONTUORI  Roma 19 Giugno