“Mediterraneo: Madre Terra e Spirito di Mare. Cronistoria di una ricerca”. Sculture a palazzo Sforza Cesarini (Genzano, Rm)

di Margherita FRATARCANGELI

Mediterraneo: Madre Terra e Spirito di Mare. Cronistoria di una ricerca è il titolo della personale che lo scultore Luigi Camarilla ha inaugurato il 18 giugno (rimarrà aperta sino al 28 agosto 2022) all’interno delle sale del piano nobile di palazzo Sforza Cesarini a Genzano di Roma.

L’esposizione chiama al confronto con un elemento primario: il Mar Mediterraneo. Ma cosa ha a vedere Genzano con il Mediterraneo e con un artista come Camarilla? Geograficamente le acque del mare sono lontane dalla cittadina o, per lo meno, così paiono. Genzano è adagiata sui dolci declivi dei Colli albani e i suoi 435 metri sul livello del mare la pongono distante dalla costa, tuttavia dalle sue alture – tra cui possiamo includere anche la terrazza sommitale del palazzo che ospita la mostra – il mare si vede e a ben sentire nel paese arriva tutti i giorni, a ondate, anche una lieve frescura marina. Non pare stonare, dunque, la presenza nel paese e nella casa dei Cesarini di frammenti di relitti navali. Questi giungono al seguito del loro demiurgo, lo scultore ortigiano Camarilla (classe 1959), che con pazienza, fatica e ardore li ha raccolti lungo le coste italiche e gli ha ridato un’anima, una voce e un’identità.

Sono i legni, le assi e i pezzi di imbarcazioni abbandonate che hanno lungamente servito al lavoro di pescatori siciliani e che in alcuni casi hanno traghettato verso il nostro paese migranti. Camarilla recupera i materiali di quelle barche – che hanno sostenuto fisicamente degli uomini e che forse ne conservano ancora un anelito –, e li assembla in forme altre, facendo in modo di conservarne e tramandarne una memoria e un messaggio. È lo stesso artista, nel catalogo che accompagna l’esposizione (a cura della Training Academy/L’Accademia della Formazione), a sottolineare come con il suo fare artistico voglia «promuovere la convivenza tra le culture favorendo lo Spirito di Pace tra i popoli» (p. 17).

Con i fasciami sciabolati delle navi, con i brandelli di remi, con parti di timoni e di bompressi Camarilla crea tabernacoli, icone, retablos, gonfaloni, ex voto. I suoi legni conservano ancora i colori delle barche da cui provengono, molti azzurri e rossi, smeraldi, arancioni e gialli, i quali dialogano con piccole porzioni di ossidiana, graniti, pomici e con elementi afferrati dalla natura mediterranea: campeggia qui e là un simbolico fico d’india. Le navi e le sue assi e gli uomini che le hanno vissute son tornati alla Madre Terra. E Madre Terra è anche il tema al quale è stata dedicata quest’anno la storica Infiorata che si svolge a Genzano in occasione della celebrazione del Corpus Domini, per la quale Camarilla ha ideato, dietro incarico dell’amministrazione comunale, un bozzetto destinato a divenire uno degli effimeri tappeti floreali che, come consuetudine vuole, si srotolano lungo la via cittadina.

Il Mediterraneo e le sue storie, umane e naturali, escono prepotentemente dalle opere in mostra e dialogano, seppur su binari linguistici e temporali diversi, con il Mediterraneo narrato a metà del secolo scorso da Fernand Braudel in Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II (I° ed. francese 1949 – I° ed. italiana 1953).

Forse l’accostamento apparirà inconsueto, ma nel nodale volume dello storico francese come nelle opere dell’artista il Mar Mediterraneo ha un ruolo primario, non è mai un Mare che divide bensì è un Mare che unisce, è un elemento solcato da guerre, contrasti e da intese, da migrazioni e da commerci. È un luogo fluido e dirompentemente vitale in cui la storia si è fatta e continua a farsi e in cui Camarilla con le sue creazioni, frutto dei «materiali quotidiani» che ricerca e con fatica raccoglie sulle scogliere, le spiagge e i cantieri navali, si fa carico di esserne indagatore e interprete.

Il suo Homo Mediteranneus, composto da un timone, 25 lettere di diversi alfabeti, una piattaforma di sale – memoria di un mare che fu – e da fasciami, presenzia il piazzale antistante l’ingresso di palazzo Sforza Cesarini e ne testimonia simbolicamente tutte le istanze.

Camarilla dando nuovo valore alla materia e ai simbolismi a essa connessi compie un’operazione che lo pone accanto a coloro che sul finire degli anni Sessanta del Novecento diedero impulso al movimento convenzionalmente identificato come Arte Povera.

Alla maniera degli artisti che aderirono a quelle sollecitazioni e che aprirono ai materiali di recupero, dismessi e poveri, legati alla natura e che rifuggivano dal processo industriale così Camarilla fa suoi i simboli di una civiltà umile, marginale, legata alla natura e a ritmi lenti, ribadendo fortemente il ruolo della materia di cui si avvale, interessandosi alle sue proprietà fisiche e energetiche, fino a giungere a una sorta di coinvolgimento magico-alchemico.

I banali frammenti di assi navali divengono nuova materia nelle mani dello scultore, il quale se ne appropria, li assembla e li riconsegna diversi dalla loro semplice sommatoria.

Si esce dalla visione delle 65 opere esposte nel palazzo Sforza Cesarini di Genzano con un’idea ben precisa.

Margherita FRATARCANGELI  Roma 19 Giugno 2022