La Trincea, realtà tragica, metaforica ed esistenziale dell’essere umano indagata attraverso la poesia di Marzia Spinelli.

di Licia UGO RACOVAZ

Fulgido, originale, Trincea di nuvole e d’ombre, raccolta di poesie di Marzia Spinelli, fra luce e ombra rivela malesseri e stupori, memoria e quotidiano, accomunati dall’idea della trincea, luogo di morte e di sopravvivenza, di tregua, di resistenza ed esistenza.

Chi siamo senza amore?
lucciole vinte nell’abitudine
                                     al buio

Marzia Spinelli

E’ fuori luogo parlare di poesia, scrivere di poesia di fronte ad una guerra, in tempo di barbarie?

Domanda retorica – ma che in molti si sono fatti e ancora fanno! – noi sappiamo invece quanto da questi accadimenti tragici l’uomo tragga coraggio o sfida, una personale provocazione al mondo.

La poesia ci permette di scrutare nell’abisso. Da questo abisso un sentimento di nostalgia lentamente emerge, insieme all’orrore e al senso di annichilimento che ci invade in questi tempi di atrocità davanti alla guerra scatenata in Ukraina. Una nostalgia per un mondo che, lo sentiamo bene nel profondo del nostro animo, non potrà più tornare – non certo tutto sarà – “come prima”. Ogni orrore nuovo fa arretrare quello precedente, (forse -e lo si spera- superato, come quello della pandemia) che pur nella sua gravità ci sembra dunque meno grave di quello che ci si è  presentato ora sotto il volto di una feroce guerra, di cui non siamo in grado di prevedere il futuro.

Fra gli innumerevoli lutti e danni causati dalla pandemia, si sa, bisogna annoverare anche danni collaterali, minori ma non certo di poca importanza. E mi riferisco al silenzio o alla poca attenzione che molti libri, pubblicati appena prima del lockdown hanno avuto.

FOTO 1. Cover libro Trincea di nuvole e d’ombra 2019 Marco Saya Edizioni di Marco Saya. http://www.marcosayaedizioni.com  info@marcosayaedizioni.com ISBN 978-88-98243-76-1 115 12,00 euro

Questa volta porto alla vostra attenzione un libro straordinario, maturo, senza retorica e senza enfasiTrincea di nuvole e d’ombra” di Marzia Spinelli, poetessa romana, edito da Marco Saya edizioni nel 2019, con la prefazione di Plinio Perilli. Già il titolo, che contiene la parola trincea, fa sobbalzare e pensare. Trincea? Perché, se quando fu pensato, scritto, meditato ancora non c’era né pandemia né guerra? E qui si torna al fattore imponderabile che fa sì che il poeta intercetti “ancora prima” eventi e sentimenti del nostro vivere.

Perchè dunque abbiamo bisogno di poesia? Perché, dice qualcuno, se è già stato detto tutto? Ma no, no, il tutto è terribilmente veloce, la vita nella sua corsa sfrenata va a scapicollo – ci sbilancia e ci turba -, ma dà impulso alle menti  e noi della poesia e dei poeti abbiamo bisogno come la terra dell’acqua e del pane la nostra fame. E la poesia si rinnova continuamente. Un libro denso, maturo, che capta e traduce in poesia il mondo contemporaneo, partendo da quella tragica realtà dei ragazzi del ’99, quelli della Grande Guerra 1915-1918, passando successivamente attraverso le immagini simbolo di migrazioni, di fughe, di terremoto (Amatrice). Un libro con una sua leggerezza, quella di chi ha bisogno  – e siamo noi tutti – d’amore, come scrive in questi versi Marzia Spinelli:

Chi siamo senza amore?
lucciole vinte nell’abitudine
                                     al buio

Marzia Spinelli esordisce nel 2009 con la raccolta “Fare e disfare”- ed. Lietocolle 2009, nota introduttiva di Guido Oldani -, e dopo aver collaborato con varie  riviste di arte e letteratura. E’ stata tra i fondatori e redattori della rivista Lìnfera, per la cui attività ha ricevuto il Premio Spoleto FestivalArt 2014 e nella redazione della rivista Fiori del male. (per una biografia completa si rimanda alla fine dell’articolo).

D:Questa raccolta nasce dalla suggestione della ricorrenza dei cento anni della prima guerra mondiale e spazia sino ai giorni nostri, ed è frutto di un lungo lavoro, quanto è durato? E da quale necessità interiore è nata questa raccolta, cosa ha fatto scattare la sua immaginazione?

R: Sì, è stato un lavoro intenso, durato tre, quattro anni, ma per rispondere alla seconda parte della domanda, si tratta di un’esigenza intima, in cui volevo raccontare alcuni avvenimenti storici e altri personali, da non smemorare. Inoltre nel 2018 ricorreva l’anniversario dei cento anni della Grande Guerra, di cui ho visitato a Val Parola, sulle Dolomiti, il Museo Tre Sassi dedicato alla memoria. Un museo che vuole raccontare la storia da parte dei soldati e non la versione dei generali, o della politica, da parte dei vinti e non dei vincitori come c’è scritto all’ingresso del memoriale. Questa raccolta di poesie è composta da sette sezioni, alcune reali, altre metafisiche, in ognuna scrivo di trincee, trincee personali ma anche collettive. Parlo di avvenimenti storici, vicini a noi, come il terremoto di Amatrice del 2016, la guerra in Siria del 2017. Il filo rosso di questa raccolta è la parola trincea, che è un luogo di conflitto, dove si oscilla tra sopravvivenza e soccombenza, ma la trincea è anche luogo di posizione, dove conta la capacità di resistere, in cui si realizzano incredibilmente anche brevi momenti di tregua, e di esistenza. Trincea è parola tristemente ridiventata d’attualità, con il Covid e tutti i medici gli infermieri e – tutti coloro che non ci sono più – impegnati a combattere contro la malattia. Trincea emotiva, esistenziale, ma concreta e tragica ancor più ora davanti allo scenario di guerra in Ukraina.

Dunque dicevamo, “trincea di nuvole e d’ombre” un bellissimo titolo, e già nella stupenda prima sezione, intitolata “Trincea dell’ombra”, – un “luogo non luogo” dove tutti prima o poi passeranno o sono già passati-  leggiamo insieme questa poesia: Ombra perenne mobile e ferma

Ombra perenne mobile e ferma, / vagheggi anche tu longevità. Piovono / scorie e meteore come stelle cadenti. / Tanto più simile, tanto più distante. / Sei solo mia. / Sagoma muta fedele sopravvivi / alla trincea dell’io.

Ci si offre subito, Marzia Spinelli, porgendo il suo “io”,  che è un io universale, di tutti noi, nelle complesse dimensioni della ricerca dell’identità, fra “scorie e meteore come stelle cadenti”.  Per fare, per farci dono di un disvelamento di un aspetto importante della sua poetica. Coraggioso e impudente il suo verso “vagheggi anche tu longevità”. Una ricerca sfrontata e innocente, che ci appartiene da sempre, e che ritroviamo nella sezione 6, Trincea della parola:

La Poesia è un vento, / si spande sulla terra e la solleva. / Mette radici passo a passo. / E tra peso e aria / fingiamo l’eternità.

Ritroviamo la tematica poetica della fragilità dell’uomo, del suo essere elemento transitorio ed effimero, e pure duraturo, come quegli eterni poeti che ci alleviano la vita. La sopravvivenza, l’eternità, la longevità messi a dura prova da un quotidiano che ci disfa giorno dopo giorno e la domanda resta sempre quella:

se qualcosa di noi si salva dalla dimenticanza, / se in quel dopo a disperdersi a terra / c’è pace

 Nella sezione 2. Trincea del quotidiano leggiamo infatti questa poesia:

Ogni giorno vesto l’armatura / porto anche l’arco, le frecce, lo scudo, / indosso il casco come l’elmo di Scipio, / e qualunque copricapo, variabile come il tempo, / a proteggere la testa, così instabile / riecheggia e suona ogni dì una musica nuova / scompigliata e dilatata melodia d’accadimenti, / ordinata cabaletta di ricordi, stanzetta di memoria, / sempre a passo lieve e piè veloce in un dove presente / ma lontano, umido e vischioso, dove perdo / ad ogni semaforo dell’armatura un tratto / e mi chiedo dove sto andando, dove vanno  / tutti gli elementi, tutte le particelle della vestitura, / granelli che frantumano sotto i ponti lungo fiume / o fondigli a disciogliersi in mare,  / a sfaldarsi in una risacca solo mia, / ma  è di tutti la stessa domanda / se qualcosa di noi si salva dalla dimenticanza, / se in quel dopo a disperdersi a terra / c’è pace

C’è, in questa poesia, un mettersi a nudo nella faticosa sempre “nuova scompigliata e dilatata melodia d’accadimenti” nel procedere quotidiano, un inconscio che raccoglie e interpreta le nostre proiezioni, le paure, con una forte consapevolezza di sé, che viene espressa da Marzia Spinelli con un linguaggio aderente alla contemporaneità e nello stesso tempo fortemente evocativo. Plinio Perilli commenta:

“coraggiosa e fiera come Bradamante Marzia Spinelli combatte da maschio e si nasconde nell’armatura; poi disarcionata la perde, o se la toglie, insomma duella alla pari (altro che quote rosa!, nell’arte proprio non valgono…) e fa tesoro – forse senza saperlo – di un’ars dictandi che non ha più paura di niente, meno che mai di ricordare quelle “Trincee”…”

Ascoltiamo la voce di Plinio Perilli, critico, poeta e prefatore (Qua nel silenzio bianco) del libro di Marzia Spinelli, che aggiunge:

“Marzia Spinelli ha bisogno che la poesia sedimenti nel suo immaginario. Ci restituisce immagini anche di natura, ma umanizzata, introiettata, in un linguaggio che può diventare un imperativo categorico, come appare nella poesia contenuta nella sezione 7 “L’ombra tra le nuvole” in cui l’attualità di questa poesia, scritta in realtà nel 2017 ci sorprende per la sua dolente poetica”

leggiamo: La madonna delle macerie

Sono la Madonna delle macerie / e vesto abiti come monaca / medioevale.
E questo è il figlio / nudo, / lo porto a spasso perché respiri, / perché nel sonno lo protegga / una musica lontana, / perché la mia voce non ha corde / sarà il Tempo a cantare / il mio dolore.

Commenta Plinio Perilli:

“La poesia La Madonna delle macerie è essenzialmente una preghiera laica, spirituale, assolutamente non retorica, una delle poesie più belle degli ultimi anni, secondo me. Insieme alla poesia Nato nel fango, che si ispira alla foto, che colpì il mondo, in cui nella tendopoli di Idomeni, Grecia, il 13 marzo del 2016 un bambino di appena venti giorni, Bayane, viene lavato in mezzo al fango con l’acqua di una bottiglia di plastica”.

Leggiamo dunque:

Ora sei testolina bionda / già pronto ad alzarla fiero / il piccolo capo chino / sotto la mano straniera / Tutto mobile e vivo / in te, quasi nato in piedi. Un passo / pronto ad andare, l’altro sospeso  / a scalciare il Caso, / piccolo Uomo caduto su la terra, / ancora raggomitolato / e bagnato. Quasi battezzato. /Bambino nostro. / Formula perfetta del Bene

13 marzo 2016  ( per il piccolo nato a Idomeni, Grecia)

Continua Plinio Perilli,

“qui si parla di un bambino della storia, di un figlio di tutti, ed esce oltre alla poetessa la madre che osserva; e pochi, come ha fatto Marzia Spinelli, avrebbero immaginato quelle acque di Grecia, l’acqua della bottiglia di plastica, le simboliche acque del parto mescolate quasi emblema di un battesimo. Forte spiritualità, ma laica, che riepiloga e rilancia il nostro secolo, il tempo che viviamo”.

Scrive Plinio Perilli, nella sua prefazione al libro, riferendosi ad una poesia intitolata Anni ’70 del precedente libro di Marzia Spinelli “Fare disfare” i cui versi citiamo:

…solo figli di un salto benefico,  / solo figli dovevamo restare / come ultimi d’una bellica coda, / la calamita di tutti gli errori

 “ Ma qui, oggi – 2018 – il salto  è ancora più netto,  lucido e coraggioso: Trincea di nuvole e d’ombre. Come l’idea  (l’esigenza, il bisogno – metà intimo, metà storiografico) di dedicare un intero libro alle trincee, insieme, dell’esistere e del resistere, della Storia che è stata e di quella che brulica, ferve, lievita e accade: da qui all’eternità, da oggi a dopodomani….”. e leggiamo i versi della poesia:

Tornavano i volti dei vivi, la mappa dei macelli / tra le rughe. S’allontanava il fronte e la resa, / dimentico il corpo all’angolo della Storia.

Marzia Spinelli sottolinea l’importanza della Storia, del ricordare quello che è stato e della necessità di

“raccontare alle nuove generazioni quello che è stato, non con un atteggiamento passatista, ma con il pensiero critico che potrebbe essere in grado di salvarci, se interpretato, ragionato”.

E qui mettiamo solo gli ultimi due versi di una lunga e bella poesia, cuore della raccolta:

Trincee, ai ragazzi del ‘99

 Meglio tacere adesso… / ai figli del millennio non appartiene / quel fango d’ossa / e il gelo nel ghiaione / il buio in galleria del secolo più breve. / Qua nel silenzio bianco / una trama di pace col male / è la memoria

Chiediamo a Marzia Spinelli qualcosa sulla sua scrittura, sul linguaggio che usa, come costruisce il suo verso, se presta attenzione alla metrica.

R: I discorsi sulla poesia sono per loro natura molto complessi. E’ difficile dire come deve essere scritto un verso. Verso e significato, forma e contenuto fanno parte di una ricerca, che all’inizio nasce da una visione, guidati dall’ispirazione. Ma poi è importante seguire la struttura del verso, e se non funziona ce ne accorgiamo. Il linguaggio deve essere aderente alla contemporaneità, io non sono rigorosissima nella metrica, ma la parola è importante, come diceva Verlaine “musica prima di ogni cosa..”. Inoltre come diceva Mallarmé “evocare, non nominare, suggerire l’oggetto…”. Lo stesso Pasolini disse la poesia non è che un’evocazione e ciò che conta è la realtà evocata che parla da sola al lettore, come ha parlato da sola all’autore”.

Io cerco nella poesia la musicalità, che non è necessariamente scrivere in endecasillabi, ma a volte possono essere decasillabi oppure dodecasillabi, ma quello che mi preme è la scelta  e il suono della parola. Dedico infatti una sezione Trincea della parola alla lotta con le parole che combatte ogni poeta.

In effetti, noi lettori capiamo bene quando una poesia è riuscita oppure no, lo capiamo da quell’assenza di residuo, dalla sensazione in cui ogni parola è al suo posto, segno certo di autenticità nella scrittura. Proponiamo al lettore Cicala d’ottobre in cui la stonatura, la dissonanza della cicala che canta “fuori tempo” riassume e condensa anche il nostro essere fuori posto, e anche noi forse, dovremo imparare  una lingua nuova dell’inverno, di cui leggiamo i versi finali:

Forse tu sola sai la lingua nuova / dell’inverno. Quando giungerà, / barbara e mistilingue,  / irriderai ai primitivi gesti,  / alle bocche di stupore, / alla pallida neve della pagina.

Conclude Plinio Perilli:

“C’è un’idea di ombra, nelle nuvole, ma l’ombra proietta e fa trasparire  anche la luce. La raccolta di poesia di Marzia Spinelli partendo dalla sezione storica sorvola l’intero ‘900 da cui proveniamo, e unendo ricordi personali, intimi è riuscita a travalicare agevolmente dal pubblico al personale, dalla storia al quotidiano”.

Un libro forte, carico che non concede nulla alla retorica e al sentimentalismo. E voglio concludere con la poesia, Prima di uccidere i Poeti  tratta dalla sezione Trincea dei poeti, che riassume bene il potere racchiuso nella poesia, leggiamo dunque:

Prima di uccidere i Poeti / dovranno scalfire le stelle/ il suolo e l’aere dei Tempi / i bagliori e le rivoluzioni / e pestare le parole / i versi morti / fatti di luce e di sensi / e tutti i Miti che hanno nove vite / l’insieme di atomi e neutrini / che hanno fatto epoca.

Licia UGO RACOVAZ    Roma 13 Maro 2022

Biografia di Marzia Spinelli

FOTO 2. Marzia Spinelli, poetessa

Marzia Spinelli è nata a Roma, ha lavorato presso un Ente pubblico dove si è occupata di comunicazione e formazione.  È stata tra i fondatori della rivista Línfera, per la cui attività ha ricevuto il Premio Spoleto FestivalArt 2014, nella redazione della rivista Fiori del male e ha collaborato ad altre riviste di arte e letteratura.  É presente in varie antologie e in diversi blog letterari; suoi testi sono stati commentati su riviste quali Puntoacapo, Studi cattolici, Noi donne, Il Mangiaparole, Periferie. Alcuni testi sono stati tradotti e pubblicati nella rivista romena Conta. Ha curato rassegne di poesia presso la Federazione Unitaria Italiana Scrittori e il Comune di Roma. Ha pubblicato: Fare e disfare (Lietocolle Editore, 2009), introduzione di Guido Oldani; Nelle tue stanze (Progetto Cultura editore, collana Le Gemme, 2012), prefazione di Alberto Toni; nel 2014 l’e-book Nel cielo dell’altro un po’ più ampio (a cura di La Recherche Poesia condivisa 2.0.), prefazione di Mario Melendez; Trincea di nuvole e d’ombre (Marco Saya Editore, 2019), prefazione di Plinio Perilli.