Gli Ecce Homo inediti di Vicenza tra Cinquecento e Seicento. La pittura sacra vicentina della Controriforma

di Francesco CARACCIOLO

Vi presento due splendidi dipinti raffiguranti l’iconografia dell’Ecce Homo, assolutamente inediti e poco studiati, conservati in due contesti religiosi di grande rilievo: il primo dipinto, di ambito veneziano, è conservato all’interno della sagrestia della chiesa di Santa Lucia, appena fuori le mura dell’antica Vicenza; il secondo dipinto, di grande fascino ma ancora avvolto in un mistero molto fitto, si trova a Sant’Agostino, antica abbazia vicentina costruita a partire dal XIV sec. in luogo dell’antica chiesa di San Desiderio, nella parte occidentale del comprensorio della città berica.

Il primo dipinto, di un grande pathos e senso tragico, misura 150 x 115 cm ed è pochissimo conosciuto. Conservato presso la sagrestia di Santa Lucia, pertinente all’antico convento dei Frati Minori presso il borgo omonimo, appena fuori le mura scaligere della città, è più propriamente un Uomo di Dolori ( fig.1),

Uomo dei dolori, ambito di Jacopo Palma il giovane

in quanto la sua iconografia presenta una variazione significativa rispetto alla canonica rappresentazione dell’Ecce Homo, soggetto di cui mi sono occupato tantissime volte, soprattutto in occasione della riscoperta del dipinto dello stesso soggetto attribuito a Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, attualmente in Spagna (fig.2).

Ecce Homo  già Madrid aste Ansorena 8 aprile 2021

Innanzitutto, cosa non trascurabile ma degna di nota, il dipinto è corredato di una didascalia che recita così:

Ecce Homo,dipinto veneziano del secondo Cinquecento,opera vicina a Palma il Giovane,olio su tela, m 1.50 x m. 1.15.

Sicuramente il riferimento al grande artista Jacopo Palma il Giovane (1549-1628) non è assolutamente sbagliato ma per quanto riguarda l’intestazione del dipinto, di grande drammaticità, farei riferimento,come già accennato, all’iconografia dell’Uomo di Dolori: in questo dipinto di Santa Lucia mancano i tipici attribuiti dell’Ecce Homo, quali il mantello rosso sulle spalle e lo scettro di canna, mentre è presente, tuttavia, la corona di spine. Gesù Cristo è esposto al centro del dipinto tra due carnefici, di cui si intravede solamente una gamba per quanto riguarda la figura all’estrema sinistra, mentre del secondo sgherro se ne può scorgere l’intera figura, vestita di rosso, piegata nello sforzo di smontare la croce sulla quale è stato martirizzato Nostro Signore; la figura patetica di Cristo piagato, che enumera tutti i supplizi che ha subito e le ferite ricevute, è la trasposizione iconografica ricavata dai racconti della Passione nei Vangeli canonici, di cui può essere considerato un riassunto visivo e anzi presuppone forse un intento didattico e mnemonico.

Colpisce oltremodo l’impostazione classica e fortemente scorciata del Cristo, seduto in primo piano e con le lunghissime gambe divaricate, di cui quella sinistra leggermente piegata: la testa piegata sulla spalla destra, il volto drammaticamente sofferente e circondato da un nimbo dorato, la muscolatura contratta, le braccia incrociate e ,infine, i piedi proiettati verso lo spettatore ne fanno un capolavoro dell’arte veneta della fine del ‘500. Come datazione, protenderei di più verso gli anni ’80 del Cinquecento ma si sa che l’arte di Palma il Giovane, intrisa com’era di elementi fortemente tintoretteschi e veronesiani, cambierà veramente poco nell’arco della sua carriera pittorica.

Probabilmente qualche punto di contatto lo si può stabilire con la coeva produzione di Alessandro Maganza, pittore vicentino della Controriforma, di cui mi sono occupato a lungo. Nel dipinto compaiono, in primo piano, anche alcuni strumenti della Passione e gli attributi iconografici riferibili al martirio di Cristo, quali le fruste utilizzate per la Flagellazione, la lancia utilizzata da Longino, il martello usato per battere i tre chiodi della Croce, la tenaglia con cui sono stati tolti e il bacile in cui Pilato si lava le mani. La tavolozza si arricchisce di tinte accese che vanno dal rosso vivo, specialmente nella camicia dell’aguzzino alle spalle di Cristo nonché nel mantello purpureo posato a terra e appena discostato dalla gamba flessa di Nostro Signore, ma si stempera soprattutto nell’utilizzo dei bruni e di tinte fosche con cui sono definiti i passaggi chiaroscurali, in special modo sull’epidermide dell’Uomo di Dolori.

Assolutamente dipinto con perizia e grande virtuosismo appare il panno bianco, fortemente chiaroscurato, che copre le parti intime della figura sacra caratterizzata da un fisico scultoreo di matrice veneziana, come se si trattasse di un figura dipinta da Sebastiano del Piombo; il volto molto espressivo catalizza l’attenzione dello spettatore, soprattutto per quanto riguarda il dettaglio del sangue che sgorga dalla corona di spine.

All’ambito di Alessandro Maganza collocherei invece il bellissimo Ecce Homo (fig.3) con manigoldo, conservato presso la Sagrestia dell’Abbazia di Sant’Agostino, appena fuori dall’abitato di Vicenza.

Ecce Homo, ambito dei Maganza, inizi ‘600, Vicenza, Chiesa di sant’Agostino

Trattasi di un dipinto che ha suscitato nello scrivente non poche perplessità in quanto se ne ignora la provenienza e la datazione ma che appare di buona qualità cromatica ed esecutiva con il meraviglioso brano del panneggio a pieghe fitte che cinge i fianchi di Nostro Signore, mentre un mantello di un rosso molto acceso scende dalla spalla destra coprendo parte del braccio destro, la cui mano si intreccia a quella di sinistra in un gesto di dolore e di accettazione del martirio imminente. Se non appartiene direttamente ad Alessandro, tuttavia, il quadro è riferibile alla sua bottega non senza agganci con lo stile dei Bassano. L’iconografia dell’Ecce Homo troverà larga diffusione durante il periodo della Controriforma, tra gli anni 70-80 del Cinquecento, con un accento patetico marcatamente drammatico nella pittura di Giovanni da Monte ma anche di Simone Peterzano, quest’ultimo maestro di Caravaggio.

Francesco CARACCIOLO   Vicenza, 26/02/23

Bibliografia

Stefano Zuffi, Episodi e personaggi del Vangelo, Electa, Milano, 2002