Il “postmodernismo” come “nuovo ciclo evolutivo del costruire più libero e autentico” e i “cinque temi” della sua ricerca.

di Franco PURINI

Con la scomparsa di Paolo Portoghesi, avvenuta nella mattina del 29 maggio a Calcata, tra i suoi cari, il suo splendido eremo condiviso con la consorte Giovanna, anch’essa architetto, si conclude un’importante stagione dell’architettura italiana e internazionale. Un’epoca a volte tumultuosa, in altre ricca di temi innovativi, di cui è stato uno dei protagonisti più consapevoli e risolutivi. Il suo lascito sarà nei prossimi decenni quanto mai diffuso, oggetto di studi e di prospettive progettuali da esplorare, da formalizzare e da mettere in atto. La stagione profondamente segnata dal grande architetto romano con il suo incessante lavoro, è stata caratterizzata da un’estesa e varia riflessione critica dalla loro enunciazione in poi sulle origini del Movimento Moderno e sui suoi principi, alcuni dei quali si erano dimostrati piuttosto discutibili, imprecisi se non propri negativi. Si deve soprattutto a lui l’avere reintrodotto la storia dell’architettura nell’insegnamento dell’arte del costruire, un patrimonio che il Movimento Moderno aveva relegato ai suoi margini, se non escludendoli del tutto dai suoi programmi e dalle proprie vicende. Nello stesso tempo egli definiva, con un’ispirata e continua sperimentazione, fondata prima sul Neoliberty e successivamente sul Barocco, e in particolare sull’opera di Francesco Borromini, un suo coerente e profondo linguaggio.

La notevole originalità del lessico portoghesiano consisteva e consiste ancora non solo in un riferimento alla cultura ma anche nell’affermare la capacità da lui dedotta dal neorealismo di essere compreso da persone di ogni strato sociale. Parlando con i suoi edifici all’intera comunità, Paolo Portoghesi consentiva ad essa di essere più consapevole dei suoi rapporti interni, dei propri valori e delle sue contraddizioni. Inoltre il linguaggio da lui definito, dalle sue prime opere fino a quelle più mature, è complesso e duraturo, in grado, come avviene alla vera architettura, di essere sempre attivo, capace di rigenerarsi costantemente rendendo espliciti e diretti i suoi significati. Come in una trasmutazione alchemica le architetture portoghesiane sono sempre nuove. Il recupero della memoria, di matrice proustiana, che si accompagna a quello della storia, non era per lui un semplice e necessario culto del passato, ma il più attivo lievito della ricerca di visioni del futuro nel segno di una verità dell’immaginazione. Inoltre l’autore di Casa Baldi a Roma, il suo primo capolavoro, ha saputo riconciliare l’architettura con la natura all’insegna di una neoumanistica relazione tra l’abitare e un’idea più avanzata e misteriosa dell’ambiente. Dotato di un grande talento letterario, di una creatività intensa e suggestiva, di una sincera vocazione al confronto e al dialogo con i vari orientamenti che si sono succeduti negli ultimi sessant’anni, indimenticabile maestro di generazioni di architetti, è l’esempio di un’ammirevole e poetica coincidenza dell’arte con la vita. Padre, assieme a Charles Jencks, del Postmodernismo in architettura, non considerato da lui una semplice tendenza mediatica ed effimera, ma come un nuovo ciclo evolutivo del costruire più libero e autentico, ha fatto sì che questo mestiere millenario ritrovasse i propri contenuti primari, quelli che sono da sempre gli stessi in ogni epoca.

Per comprendere quanto sia fortemente strutturata la dimensione compositiva dell’architetto della Moschea di Roma penso sia utile individuare i cinque temi che ritengo abbiano accompagnato per settant’anni la sua ricerca. Il primo riguarda l’idea di campo geometrico tensionale, dominato da energie magnetiche che attraggono o respingono armonicamente gli elementi di un edificio. Il comporre avveniva in lui in un’atmosfera nella quale la matematica si faceva scrittura musicale basata su proporzioni magiche. Il secondo tema è la dialettica tra la curva, la linea retta e l’ortogonalità. In questa relazione concettuale prevaleva per lui la curva in quanto parte di una spirale che rappresenta l’universo. Essa è quindi simbolo di una totalità cosmica che pervade gli spazi dell’edificio proiettando le proprie dimensioni in una promenade architecturale scenograficamente suggestiva. Il terzo tema è rappresentato dal luogo – un concetto che aveva discusso a lungo con Christian Norberg-Schulz – vale a dire da una parte della superficie terrestre alla quale un’architettura deve conferire un’identità che la rende unica, ambito mitologico e anticipatore di memorie future, esito di un incontro tra il sito e la storia. Il quarto è il dinamismo plastico il quale, come nella Casa Papanice a Roma, così come nella Moschea, unifica tutti gli elementi di un edificio in un’unità tridimensionale che si configura come un avvincente racconto compositivo fatto di movimenti fissati nel tempo in una ideale danza volumetrica. Il quinto, l’ultimo, è un sapiente dialogo tra i materiali, dove marmi, fantastici alberi artificiali, muri in laterizio o intonacati, colori timbrici producono una bellezza di cui si riconosce l’esistenza ma la cui essenza è un avvincente e irresolubile enigma.

Se lo spazio di questo scritto lo consentisse sarebbe senz’altro di grande interesse parlare della vita di Paolo Portoghesi, delle sue vicende, delle sue amicizie, dei suoi contrasti, come il rapporto con Bruno Zevi, intenso e poi interrotto, con altri storici e critici, con molti suoi allievi, con ambiti culturali più che importanti come la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, di cui è stato preside, la Biennale di Venezia, con gli architetti della sua generazione, suoi interlocutori per tutta la vita. Nei prossimi anni la storia dell’ideatore di tre fondamentali riviste – Controspazio, Eupalino, Abitare la Terra e del DEAU – Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica – dovrà diventare, di fatto, non tanto una biografia quanto un trattato che unirà il concetto di memoria e quello di futuro e del futuro del passato in un percorso ideale. Una teoria su come la natura potrà seguire il cammino dell’architettura e a sua volta come il costruire potrà chiedere alla natura di riconoscerlo come una sua straordinaria descrizione.

Franco PURINI  Roma  31/05/2023