Il Caravaggio di Madrid, inventari e documenti per la pista siciliana degli Ecce Homo (with english abstract)

di Annalisa STANCANELLI

IL “CARAVAGGIO” di MADRID,  GLI ECCE HOMO SICILIANI E L’ORIGINALE PERDUTO (e forse ritrovato?)

Il recente ritrovamento di un quadro che stava per essere messo all’asta per soli 1500 euro e che ha fatto pronunciare il nome di Caravaggio ha riportato alla ribalta anche la presenza del pittore Michelangelo Merisi da Caravaggio in Sicilia dove operò negli anni 1608-1609. La studiosa Maria Cristina Terzaghi in un articolo accenna anche a un percorso siciliano del quadro che, inserito nel catalogo della Casa d’Aste Ansorena di Madrid come “Un‘incoronazione di spine” del Circolo di Ribera, per diversi studiosi potrebbe essere un’opera di Caravaggio.

Raccontiamo la storia.

Fig 1

Alla fine di marzo sui telefoni dei più importanti studiosi di Caravaggio inizia a circolare una foto (fig 1).  E’ un quadro indicato nel catalogo, ancora presente online, come LOTTO 229.  Per Massimo Pulini, docente di Storia dell’Arte nell’Accademia di Belle Arti di Bologna, l’opera è riconoscibile come un dipinto di Caravaggio e si può riferire alla “commissione Massimi” (Cfr. https://www.aboutartonline.com/e-il-vero-ecce-homo-di-caravaggio/)

Nel 1605 Massimo Massimi a Roma incaricò il pittore di dipingere un “Ecce homo”: in merito esiste una ricevuta di mano di Caravaggio, che si impegna a dipingerlo per Massimi: nota rinvenuta da Rossana Barbiellini nel 1987 presso l’archivio della Famiglia Massimi a Roma, presente nel volume di Stefania Macioce “Michelangelo Merisi da Caravaggio: documenti, fonti e inventari 1513-1724” (Ugo Bozzi editore 2003).

Io Michel Ang.lo Merisi da Caravaggio mi obligo a pingere all Ill.mo Massimo Massimi per essere stato pagato un quadro di valore e grandezza come è quello ch’io gli feci già della Incoronazione di Crixto per il primo di Agosto 1605. In fede ò scritto e sottoscritto di mia mano questa, questo dì 25 Giunio 1605.

Se il lotto 229 è un dipinto di Caravaggio quali sono i possibili percorsi che lo portano in Spagna?  Bellori scrive che “Michel Angiolo Merisi da Caravaggio…… Alli signori Massimi colorì un Ecce Homo che fu portato in Ispagna. (G. P. Bellori, Le vite de’ pittori, scultori e architetti moderni, Roma 1672, pp. 207-208, ed. a cura di E. Borea con prefazione di G. Previtali, Torino 1976).

In riferimento al quadro e alla “commissione Massimi” è possibile segnalare due note di rilievo. Caravaggio avrebbe dovuto dipingere il quadro in pochissimo tempo perché il 19 luglio era in carcere e in quell’estate inoltre, a seguito dell’aggressione a Mariano Pasqualoni, a fine luglio, il 29, lasciò Roma per Genova da dove rientrò solo a fine agosto. In secondo luogo si ipotizza, per provare a spiegare il passaggio del quadro in Spagna, che fosse stato dipinto e poi venduto, magari da Massimo Massimi, a seguito dell’omicidio di Ranuccio Tomassoni compiuto da Caravaggio. In casa Massimi si teneva, secondo un inventario del 1644, ancora il precedente quadro commissionato a Caravaggio, cioè la “Incoronazione di spine” (Cfr. R.Vodret, Dentro Caravaggio, 2017, p.138 ) dietro una cortina di taffetà rosso. Si aggiunge nello stesso inventario che nella stanza, accanto all’Incoronazione, c’era anche un “Ecce homo” senza citare di quale pittore. In tal caso perché si sarebbe eventualmente tenuto un dipinto del Caravaggio, e si sarebbe voluto vendere l’altro?
A questo interrogativo non si può dare risposta.

Il mistero degli Ecce homo sta diventando ancora più interessante delle “Maddalene”, di cui parlo nel mio saggio (Newton Compton 2020), e incrocia anche l’enigma delle “Salomè” di Caravaggio attribuite da alcuni studiosi al primo periodo napoletano, da altri al periodo messinese o al secondo periodo napoletano.

Ma torniamo agli Ecce Homo…

Un “Ecce Homo” è registrato (nel 1657) nella Collezione di Garcia Avellaneda y Haro, Conte di Castrillo,  Vicerè di Napoli dal 1653 al 1659, un “Ecce Homo de 5 palmos  con marco de evano con un soldado y Pilato”, insieme a una “Salomè”, secondo quanto scrive Maria Cristina Terzaghi in “Caravaggio a Napoli: un percorso” (ora in Academia.edu tratto dal Catalogo della Mostra del 2019, p.40), aggiungendo che si tratta di un inventario di “beni in parte donati a Filippo IV”.

Prima di proseguire in questa intricatissima vicenda facciamo uno stop.

1) Ritroviamo nei documenti, dunque, un “Ecce homo” commissionato da Massimo Massimi che non sappiamo se davvero sia stato realizzato.

Caravaggio, altre volte, aveva accettato commissioni e poi non le aveva portate a termine come nel caso della richiesta di un’opera da parte di intermediari di Cesare d’Este. Tuttavia in casa Massimi in un inventario del 1644 sono registrati una ‘Incoronazione di spine” di Caravaggio e un “Ecce homo” ( senza aggiungere chi sia l’autore).

2)Un “Ecce homo” lo possiede il Conte di Castrillo, è presente nella sua collezione, registrato nel 1657, e poi portato in Spagna e potrebbe essere poi stato donato a Filippo IV.

Restiamo sul legame fra l’opera di Caravaggio e i Vicerè.
Acquistare quadri di Caravaggio da portare in patria era consuetudine per i Vicerè spagnoli. Anche Juan Enriquez de Cabrera, Vicerè di Sicilia dal 1641 al 1643 e poi Vicerè di Napoli dal 1644 al 1646, tornò in Spagna con un dipinto che la critica identifica con “La crocifissione di San Pietro” (tuttora irrintracciato in S. Macioce, cit., scheda 64 dove si cita un inventario del 1647).

Uno dei primi a rientrare in Spagna con alcuni dipinti di Caravaggio era stato il Vicerè spagnolo di Napoli, Don Juan Alfonso Pimentel y Herrera, che nel 1610 comprò due quadri di  cui uno è la “pintura de San Andreas desnudo“ di  Micael Angel Carabacho”( in S. Macioce, cit., scheda 46, p.360).

Quello che interessa alla scrivente è il rapporto del quadro con la Sicilia poiché secondo la studiosa Maria Cristina Terzaghi ci potrebbe essere una relazione tra  il dipinto che stava per andare all’asta a Madrid e un’opera con lo stesso soggetto inventariata nel 1631 a Napoli nella collezione di Juan de Lezcano, segretario di Francisco Ruiz de Castro, ambasciatore presso il Papa negli anni 1609-1616 e poi Vicerè di Palermo (1616-1622), che quindi era stato in Sicilia. Fu lo stesso Lezcano a elencare i quadri in suo possesso, acquistati con grande passione, in un registro della sua ampia quadreria predisposto per gli eredi, in caso di vendita delle opere. (Il dipinto è registrato come “un ecçe homo con Pilato que lo muestra al pueblo, y un sayón que le viste de detrás la veste purpúrea” quindi “Un Ecce homo” con Pilato che lo mostra al popolo e un carnefice che da dietro gli fa indossare una  veste purpurea).

Non dimentichiamo in questa ricostruzione ardua che la collezione Lezcano è precedente a quella di Garcia Avellaneda y Haro.

Lezcano era a Roma pochi anni dopo la fuga di  Caravaggio da Roma ed era un collezionista ma Lezcano era stato anche in Sicilia dove erano presenti dal 1609 diverse opere autografe del pittore che aveva operato a Siracusa e Messina.

Fig. 2

Secondo una pubblicazione di Roberto Longhi, in Sicilia era presente un dipinto di derivazione caravaggesca che pubblicò in foto in un suo scritto del 1954 (fig 2).

Facendo ricerche sul web, infatti, mi sono imbattuta in un saggio del 2012 di Antonello Governale, noto collezionista palermitano, “L’Ecce Homo della Commissione Nicolao Di Giacomo a Messina” (Altamura editrice, 2012) che riportava la foto di un quadro inserito da Roberto Longhi nel saggio “Ecce homo del Caravaggio a Genova” (Cfr. Paragone n.51, anno 1954), in particolare la foto, riferita a quadri siciliani, era la n. 13b e riportava questa dicitura, ubicazione ignota.

La foto mostra un dipinto simile a quello che stava per essere messo all’asta a Madrid, sarebbe forse una copia dell’ECCE HOMO  di (?) Caravaggio.

Torniamo al Longhi e in Sicilia.

Longhi scrive nel suo intervento critico in merito alle foto inserite: “copie di desunzione  caravaggesca alla maniera del Menniti (Minniti) e Rodriguez”.

Non si tratta, dunque della foto di un Minniti o di un Rodriguez ma di un altro quadro che stava in Sicilia secondo Longhi; quale sia, di chi sia e dove si trovi non è riportato.

E torniamo alla Sicilia e ai quadri siciliani con soggetto simile al dipinto “ritrovato” e riferiamo cronologicamente gli “avvistamenti” traendoli da fonti e Archivi e testi dal 1600 al XIX secolo.  In base alla ricerca sono citati dei dipinti di cui non si conosce l’ubicazione attuale: un “Ecce homo”  ammirato in una Chiesa, un altro “Ecce homo” segnalato in un inventario accanto a una registrazione di un dipinto di Caravaggio, senza ripeterne l’attribuzione, collocato accanto ad esso in una stanza di un Castello, e due dipinti con soggetto “Andata di Cristo al Calvario” e “Cristo con la croce in collo”, scene, dunque della Passione di Cristo.

Nell’isola  Caravaggio ha vissuto quasi un anno (1608 – autunno1609 probabilmente fine estate), spostandosi fra Siracusa, Messina e forse  Palermo, dove secondo Baglione “fece alcune opere”.

GLI AVVISTAMENTI DELL’ECCE HOMO SICILIANO

Premesso che la città di Messina fu sconvolta e distrutta dal terremoto del 1693 e dal devastante sisma con tsunami del 1908 ecco alcune testimonianze che possono essere utili in questa ricerca rompicapo di un dipinto “Ecce homo” di Caravaggio che in Sicilia frequentò il tema legato alle storie della Passione di Cristo.

-Un quadro per i Valdina

Secondo quanto ho scritto nel mio libro sulla vita di Caravaggio (Cfr. Forse non tutti sanno che Caravaggio. La vita di un genio fra arte, avventura e mistero, Newton Compton editore, 2020), nel capitolo dedicato alla Sicilia e a Messina, riportando gli studi di storici dell’arte e studiosi siciliani, a Messina Caravaggio ha dipinto diverse opere per chiese e per privati di cui non conosciamo la destinazione né se ancora esistano: uno risulta, secondo il saggio di Liboria Salamone “L’archivio privato gentilizio Papè di Valdina” (pubblicato da Società Storia Patria Messina, collana Bibl. dell’Archivio storico messinese,2000), nella disponibilità del Principe Giovanni Valdina che lo aveva ereditato. Il saggio era citato nel libro di Valentina Certo “Caravaggio a Messina” (Giambra editore 2017).

Si legge a pagina 50 del saggio citato della Salamone:

… alcune cose, infine, piacevolmente ci sorprendono e rimarranno di certo legate al nome del principe Giovanni: prima fra tutte “un Crhisto con la croce in collo del Caravaggio” che inventariato a Palermo nel 1659 verrà poi trasferito , nel 1672, dallo stesso principe, con altri quadri nel suo castello della Rocca. Il Caravaggio verrà sistemato nella seconda camera “dell’apartato novo” insieme con un Ecce homo e un quadro bislongo con san Geronimo” .

I quadri, sono citati insieme e poi allocati nella stessa stanza del castello di Roccavaldina.

E’ interessante leggere nell’intervento critico citato un passaggio sulla vita del nobile secondo il quale a Giovanni Valdina provenivano pressanti richieste di oggetti preziosi e vasellame da parte del Vicerè spagnolo di Sicilia.  Come racconta la Salamone (2000), Giovanni Valdina era preoccupato delle richieste del Vicerè, il Duca di Uzeda, che continuava la serie di Vicerè avidi di beni preziosi, come il conte di Santo Stefano che veniva ricordato in Sicilia come un saccheggiatore di ricchezze e opere d’arte.

“Il duca d’Uzeda quando partì dalla Sicilia si portò dietro quadri, statue e antichità varie. Fra queste cose forse c’erano anche alcuni vasi della spezieria di Rocca che il vicerè aveva richiesto esplicitamente al principe Valdina”. Per rendere l’urgenza della richiesta avverte che “tali comandamenti non si può sfuggire d’eseguirli ma conviene ubbidirli alla cieca facendo detto signore presentemente una raccolta dei migliori quadri che si trovano nel regno. Forse con questo avvertimento, Giovanni Valdina tradisce il timore che il vicerè possa chiedergli anche o ancora quadri in suo possesso? E fra questi anche il Caravaggio che qualche anno prima egli aveva trasferito da Palermo a Rocca?” (L. Salamone cit., pp.53-54).

Tornando ai dipinti citati nell’inventario di Giovanni Valdina da notare anche il riferimento, nella citazione, a un San Geronimo, un soggetto che a Caravaggio era stato spesso richiesto anche in Sicilia.

Secondo Francesco Susinno (Le vite dei pittori messinesi, 1724, V. Martinelli, a cura di, Le Monnier, Firenze 1960) presso il Conte Adonnino stavano due San Girolamo di Caravaggio, due mezze figure, in tela imperatore, una in atto di scrivere con la penna in mano e una “che tiene nelle mani e medita un teschio di morte”.

-Un Ecce homo nella Chiesa di Sant’Andrea in Avellino.

A Messina risultava nelle fonti un altro “Ecce homo” associato a Caravaggio. Ne scrisse lo storico Giuseppe Grosso Cacopardo (Cfr., G. Grosso Cacopardo, Memorie dei pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII sino al secolo XIX, Messina 1821, p.80 citato da Alvise Spadaro nel suo articolo “Documenti e fonti sul soggiorno siciliano di Caravaggio”in “Agorà” n.56/2016),  che riporta attribuito a Caravaggio un “Ecce homo con Ponzio Pilato” nella Chiesa di Sant’Avellino. Di tale dipinto, riferito a Caravaggio, hanno scritto anche lo storico Caio Domenico Gallo nel 1687 e il Cavaliere Carlo Castone nel 1793. L’attribuzione a Caravaggio di tale dipinto è stata rifiutata da diversi studiosi contemporanei, si tratterebbe solo di una copia ma la vicenda e le controversie evidenziano che nel soggiorno messinese del pittore ci sono state davvero molte commissioni e molte opere realizzate.

Altro dipinto perduto citato dal Grosso Cacopardo è un San Giovanni Decollato in riferimento alla Chiesa di San Giovanni decollato. Di questo dipinto tratta Francesca Campagna Cicala nel suo intervento “Intorno all’attività di Caravaggio in Sicilia. Due momenti del caravaggismo siciliano: Minniti e Rodriguez” (in “Caravaggio in Sicilia. Il suo tempo il suo influsso”, Sellerio 1985).

La studiosa  in una nota (n.69 p.140) riporta che lo storico Susinno cita l’opera nella Chiesa dei Signori del Pozzo fuori porta Boccetta:

”era un dipinto ritenuto dello stesso Caravaggio tanto che un cavaliere dell’ordine gerosolimitano ai tempi del Conte di Santo Stefano, vicerè dal 1679 al 1689 l’avrebbe voluto in regalo (…) ma il Marchese provò la proprietà e l’opera ai tempi del Susinno era ancora nella chiesetta privata”.

 La nota, rileva nuovamente, l’avidità dei Vicerè spagnoli e la consuetudine di “farsi regalare” le opere d’arte da parte dei nobili siciliani.

Ci sono ancora “diverse opere”, però, realizzate da Caravaggio nella città dello Stretto, di ubicazione oggi ignota, come riportano le fonti, un “san Gerolamo” per la Chiesa dei Cappuccini, un “Cristo e l’adultera”, un altro “San Giovanni Battista” per la Chiesa dei Crociferi e infine il ciclo delle Storie della Passione per Niccolò di Giacomo che a parere della scrivente è davvero il più interessante per questa ricerca.

-Un Ecce homo per Niccolò di Giacomo?

Un’opera fra quella commissionate da Niccolò di Giacomo, quattro in totale, fu consegnata e ne conosciamo il soggetto, “L’andata al Calvario”, le altre erano a “capriccio del pittore” e dovevano essere consegnate nel mese di agosto 1609. Caravaggio, quindi, poteva anche scegliere il soggetto dell’ “Ecce homo”. Di questa serie della Passione, appunto, “L’andata al Calvario” piacque molto al committente,

“riuscì veramente una bellissima opera e pagata onze 46 e l’altre tre si obligò il pittore porarmeli nel mese di agosto con pagarli quanto si converrà a questo pittore che ha il cervello stravolto” (Cfr., S. Macioce, cit., scheda II DOC 391,p. 254).
 Fig 3 Alonzo Rodriguez, Commiato dei santi Pietro e Paolo, Messina, Museo Regionale

Nel dipinto consegnato dal Caravaggio erano presenti Gesù, la Vergine addolorata e due manigoldi di cui uno che suonava la tromba.

Andrea Italiano, autore di due saggi su Caravaggio (“Caravaggio. La rivoluzione siciliana Giambra 2013 e “Sulle orme di Caravaggio. Alonso Rodriguez il principe dei pittori messinesi”, Giambra 2020) approfondisce la storia e l’opera di Alonso Rodriguez, pittore siciliano attivo nello stesso periodo di Caravaggio, e nel suo intervento scopriamo che in un quadro, “Commiato di San Pietro e Paolo” (databile al 1617-1620) (fig.3), spunta un uomo che suona una tromba (fig.4 particolare).

Fig 4. Alonzo Rodriguez, Commiato dei santi Pietro e Paolo, Messina, Museo Regionale (particolare, con uomo con la tromba in alto a dx).

Rodriguez è identificato come un “caravaggesco” e probabilmente avrebbe potuto incontrare Caravaggio a Roma dove anch’egli viveva nel 1605 o ammirarne le opere.  Rodriguez, che nel 1610 è di nuovo a Messina e potrebbe aver visto i quadri messinesi di Caravaggio, è proprio citato dal Longhi come artista influenzato dalla maniera caravaggesca, messo accanto al Minniti nel passaggio in cui si trova l’immagine 13b prima citata.

Anche Campagna Cicala (1985), rimarcando la diffusa presenza nell’isola di prototipi di un soggetto “Ecce homo”, accenna la possibilità che queste opere possano derivare da un dipinto siciliano di Caravaggio probabilmente collegato a uno dei dipinti eseguiti per il Di Giacomo e segnala che questa possibilità è stata “scarsamente considerata dalla critica”.

In un altro passaggio del suo intervento  (nota 44 p.139) ricorda che A. Moir nel 1967 (in “The italian followers of Caravaggio”, Cambridge, Mass. 1967) citò proprio le due immagini (figg. 5 e 2) dello studio di Longhi.

Fig 5
Fig 2 (v. il volto ‘soprpreso’ del personaggio alle spalle di Cristo)

Scrive così: “lo studioso (Moir)  citando i due dipinti pubblicati dal Longhi come copie, ritiene che dipendano da un originale perduto, non da quello genovese da cui potevano derivare copie del Fetti o del Cigoli, arrivando a concludere che questo dipinto poteva essere “l’Ecce homo” Massimi”.

Ecco che siamo tornati alla foto misteriosa riportata dal Longhi e al Caravaggio di Madrid, con un ardito “circulo” che comunque sfiora l’ipotesi “Massimi” e l’ipotesi “Ecce homo” di Caravaggio periodo siciliano.

 

Fig. 6 Caravaggio, Seppellimento di santa Lucia, 1608, Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, Siracusa (particolare con il volto ‘sorpreso’ dell’astante penultimo in alto a dx )

Le piste documentarie e inventariali sono diverse, la caccia sarà davvero molto avvincente. L’ipotesi iniziale è accerchiata da altre rispondenze che tutte puntano sulla Sicilia.

Un dipinto, questo “Ecce homo” ritrovato che sarebbe poi passato in Sicilia per  finire in Spagna.

Se il dipinto fosse davvero l’ Ecce Homo di Caravaggio, magari proprio il “Massimi”, o un’opera dipinta dopo il 1606 e avesse compiuto questo giro si spiegherebbe la “derivazione” siciliana di cui Longhi inserisce la foto nel suo saggio e le numerose copie del soggetto con diverse desunzioni. Ma in Sicilia di “Ecce homo” di Caravaggio poteva davvero essercene un altro. Pertanto potrebbe anche essere un’opera del periodo siciliano portata in seguito a Napoli e poi in Spagna, o direttamente in Spagna.

Sull’ultimo tempo di Caravaggio dal 1606 in poi è opportuno di nuovo puntare i riflettori e riprendere in mano i fili della ricerca non trascurando anche il periodo napoletano, però, nel quale il pittore affronta il tema della Passione.

English text

The following reflection aims to go through some of the hypotheses and events linked to the latest finding of an “Ecce Homo” presumely by Caravaggio, about to be sold at an auction in Madrid and its implications with the painter’s stay in Sicily.  According to  Massimo Pulini and  to  Maria Cristina Terzaghi,  and many others, it might be an autograph by Caravaggio. As a matter of fact, Pulini linked it to Massimo Massimi ‘s commission of 1605, the request for an “Ecce Homo”.The painting followed another work,  still by Caravaggio,  the “Incoronazione di spine” already delivered by the painter himself to Massimi.   The point is, how did this painting get to Spain? An hypothesis is a sale, after Caravaggio had killed Ranuccio Tommasoni, possibly because he had disgraced. However, in 1644, the Incoronazione and another painting, an “Ecce Homo” the author of which was not mentioned, were registered  as present in dimora Massimi.

An “Ecce Homo by Caravaggio together with a “ Salomè was in a Collection of Count of Castrillo in Naples with inventory of 1657,  argument of my essay “Forse non tutti sanno che Caravaggio. La vita di un genio fra arte, avventura e mistero” (Newton Compton 2020).  In Terzaghi’s view, with reference to the Castrillo collection, “Ecce Homo” might have been brought to Spain passing from Sicily, where even Juan Lezcano, Francisco de Castro’s secretary, had come and registered an “Ecce Homo” by Caravaggio in 1631 in a list of his pictures.

Caravaggio  worked in Sicily in the years 1608-1609.  Especially in Messina he left several works  the themes of which were linked to  Christ’s Passion. The local historians  referred of an “Ecce Homo” by Caravaggio in a Church and a cycle of Four Stories of Christ’s Passion for Niccolò di Giacomo, who had received  a painting, “Andata al Calvario” ,but who had to get other three pictures with a subject of the painter’s choice (so…why not an “Ecce Homo”?). What’s more, in one of Giovanni Valdina’s inventories, there was also a “Christo con la croce in collo” by Caravaggio and an “Ecce homo” with no painter’s name on it

 Yet, as you can read, the theme was widely dealt with by Caravaggio himself. What’s interesting  to point out is that in an essay of 1954, Longhi inserted  the picture of a painting quite similar to the painting found in Madrid (Essay on ’Ecce homo di Genova, Paragone 51, picture 13b) and  reported it as “ derived from Caravaggio”, unknown setting but he associated it to Sicily. In 1985, with reference to the many paintings having Ecce Homo as a subject, Campagna Cicala remarked that in Sicily you could speak of a Caravaggio lost painting . The text offers a report of  the news acquired  with reference to Sicily mainly during the period of Caravaggio’s stay in Messina (January-August 1609) useful for starting a research of the route of the painting  particularly referring to Caravaggio’ lost Sicilian works.

Annalisa STANCANELLI  Siracusa 18 aprile 2021