E’ un’opera che per l’alta qualità che mostra può pretendere l’autografia, ma occorre un serio restauro

Stefania MACIOCE

  1. Posto che per giudicare un dipinto occorre vederlo dal vivo (e quindi non ti chiedo un parere diretto ma solo una tua prima impressione), vorrei però sapere cosa ne pensi del fatto che questo sub judice possa essere attribuito al Merisi.

R: Il dipinto emerso pochi giorni fa dal catalogo dell’asta di Madrid e velocemente ritirato è indubitabilmente un’opera di altissima qualità. Premesso che una visione diretta del quadro e un necessario quanto accurato restauro forniranno dati necessari per una disamina più attenta, a mio avviso l’opera appare assai significativa tanto da protendere verso l’autografia.  Ho letto diverse opinioni tutte meritevoli di rispetto, ma per quanto mi riguarda ho riscontrato quel carattere di straordinaria coerenza ideativa e compositiva, sottesa da una sapiente ed inequivocabile tensione, che appartengono alla mano di un grande Maestro. Naturalmente la prima visione genera un’impressione che può trovare conferma sul piano razionale. E’ un processo caratteristico dello storico dell’arte. Una volta si diceva l’occhio, ma in realtà l’occhio è il frutto della stratificazione di acquisizioni che determinano associazioni critiche. C’è indubbiamente una componente intuitiva, ma non è la sola. Mi permetto di dire che nell’opera di Caravaggio alcuni dipinti, come ad esempio certi iuvenilia, possono presentare elementi approssimativi sul piano tecnico, ma  quasi mai sul piano compositivo. La coerenza, di cui parlavo più sopra, riguarda il legame che il pittore crea tra i personaggi all’interno di una composizione: si tratta di  una relazione strutturale ed emotiva, spesso fondata sulla contrapposizione o sul confronto; tuttavia interiorità e tratti fisionomici anche antitetici non oltrepassano mai il rigore compositivo. All’immediatezza del pennello veloce corrisponde sempre in Caravaggio uno studio attento dell’equilibrio dell’intera composizione che, nel suo insieme, risulta armonica sul piano formale ed emotivo.

2: Ammettendo che questo dipinto ‘spagnolo’ (diciamo così) sia di Caravaggio questo fatto significherebbe un ridimensionando ad opera di altra differente mano quello oggi a Genova ritenuto fino ad oggi da molti studiosi come originale?

R: Il quadro di Genova è di certo un bel quadro, ma con il dovuto rispetto per l’autorevole opinione di studiosi come Roberto Longhi e Mina Gregori, sarei più propensa a non ritenerlo un originale; ricordiamo che inizialmente il dipinto era riferito a Lionello Spada. Il corpus documentario  di Caravaggio attesta più versioni dell’ Ecce Homo. E’ noto il documento autografo in cui Caravaggio si impegna il 25 gennaio 1605 a dipingere per il signor Massimo Massimi un Ecce Homo delle stesse dimensioni del Cristo coronato di spine realizzato in precedenza per il medesimo committente. E’ plausibile che l’Ecce Homo Massimi  dipinto realmente, come confermano gli inventari della famiglia, fosse un quadro alto circa 180 cm e quindi di dimensioni maggiori rispetto al dipinto apparso a Madrid (111 x 86 cm.). Autorevoli fonti antiche riferiscono che il quadro giunse in Spagna, ma non si tratta del quadro ora ritrovato che, ad una prima visione, sembra risultare più tardo.  Una parte della critica ha identificato l’Ecce Homo di Genova (Musei Strada Nuova) con la tela Massimi di Caravaggio, che in base alle dimensioni e soprattutto sotto il profilo pittorico non rivela l’intensità e la forza della mano del Maestro. Anzi, presenta una stesura non convincente e caratteri fin troppo marcati nell’espressione dei personaggi che affiancano Cristo. Questi infine appare delicato ma più che una rassegnata e profonda mestizia interiore, sembra quasi avere un atteggiamento ritroso, molto improprio rispetto alla isolata intensità del figura Cristo che si può riscontrare in opere di Caravaggio di soggetto affine. La tela di Madrid si trova in Spagna da circa quattro secoli e presenta il medesimo soggetto di un dipinto certo del Merisi arrivato nella città nel 1659 e  poi scomparso  e identificato non concordemente con il dipinto di Genova. Lo stesso soggetto, ovvero l’Ecce Homo risulta nell’inventario del 1631 relativo alla collezione di Juan de Lezcano, ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede,  contrassegnato da una stima molto alta di 800 scudi. Si sa inoltre dai documenti che Lamberto Massa, agente di Marcantonio Doria, a Napoli aveva un Ecce Homo non meglio identificato. E’ probabile che il dipinto all’epoca fosse ancora in Italia  poiché è nuovamente registrato  nel 1657 come facente parte della raccolta dei beni di Garcia de Avellaneda Y Haro, conte di Castrillo e viceré di Napoli dal 20 novembre 1653. L’11 gennaio del 1659  compare la descrizione di un ”Ecce Homo di cinque palmi con un soldato e Ponzio Pilato che indica Cristo al popolo”. Castrillo possedeva anche la Salomé con la testa del Battista di Caravaggio ed entrambi i quadri viaggiano per la Spagna con il loro proprietario nel 1659. La Salomè sarà inserita già dal 1666 tra i beni reali terminando il suo percorso nella sede attuale, ovvero il Museo del Prado. La vicinanza spirituale dell’ Ecce Homo ora ritrovato con la Salomè di Madrid farebbe pensare ad un dipinto cronologicamente vicino al periodo napoletano. Va aggiunta anche un’altra riflessione in merito per il fatto che molte copie dell’Ecce Homo di Genova (per il quale è sta avanzata una possibile committenza del ligure Giannettino Doria, eletto vescovo di Palermo nel 1609) si trovano in Sicilia, il che determina l’ipotesi che a un certo punto del suo percorso, il dipinto originale possa essere stato  in Sicilia.

3. Il dipinto ‘spagnolo’ presenta indubbiamente tratti di alta qualità; a tuo parere –vedendo anche l’immagine ad alta definizione e quella in screenshot che ti allego- dove si potrebbe ravvisare meglio la eventuale mano di Caravaggio ?

R: La qualità pittorica del Maestro sembra palesarsi nella figura di Cristo e, confermo, nella coerenza compositiva del dipinto, come pure nell’equilibrato contrasto tra la dolorosa interiorità spirituale del Cristo e lo stupore attonito dei personaggi che lo affiancano. Nonostante la contrapposizione tra le figure dalle fisionomie  comuni del giovane dietro il Cristo come del sacerdote in primo piano, rispetto alla compostezza rassegnata espressa da Cristo, non c’è alcuna frattura nella tensione emotiva del quadro. Se pensiamo all’ Ecce Homo di Genova, lì personaggio sulla destra, il sacerdote, presenta tratti molto marcati denunciando cultura pittorica diversa rispetto alla figura di Cristo fin troppo gentile del Cristo. In Caravaggio questi squilibri non si riscontrano mai financo in composizioni complesse come la Giuditta  di Palazzo Barberini o le Sette Opere di Misericordia. Per quello che si può comprendere, data la conservazione del dipinto e l’assenza di una visione diretta, sussistono criteri di illuminazione che ritroviamo nelle opere napoletane che trarranno indubbio beneficio dalla necessaria pulitura. Pulini ha riscontrato poi  numerose incisioni che rafforzano l’idea di un originale. Caravaggio qui opera una regolata sintesi del racconto evangelico, inserendo come sempre un elemento di precarietà: esso si può cogliere nel gesto retorico  della mano del sacerdote che presenta il condannato alla folla, come pure nell’ accenno di movimento riscontrabile nel gesto del giovane che copre le spalle di Cristo con il derisorio manto purpureo. I due personaggi stanno compiendo delle azioni e ciò si contrappone alla salda e silenziosa immobilità della nobile figura di Cristo, questi  segnato da  sapienti quanto esplicative gocce di sangue, segno della tortura appena subita, accetta il suo destino con suprema compostezza. Sono figure che hanno ruoli diversi all’interno del dipinto, ma la sapienza dell’artista sta nel non creare alcuna frattura o squilibrio; attorno al Cristo si svolgono delle azioni, ma ciò che cogliamo, pur nella immediata completezza della narrazione pittorica,  è l’intensità del dolore. L’episodio è narrato  con una modalità fluida e reale, ma al contempo appartiene ad una dimensione al di sopra della storia. Il gruppo è una struttura serrata; le figure sono disposte a scalare; e Cristo comunica l’idea della prigionia, della costrizione non soltanto  dalle corde che legano le sue mani, ma dall’emergere del suo corpo luminoso all’interno della costrizione determinata dai due personaggi che lo affiancano; la comunicazione della intrinseca realtà spirituale è immediata e percepita da chi guarda senza alcuna esitazione.

4.Alcuni studiosi hanno già dichiarato il loro parere a favore o contro il quadro ‘spagnolo’, le chiedo allora se secondo lei queste differenze che si registrano ogni volta che si parla di un’opera nuova o anche già attribuita al Merisi non sarebbe bene che fossero espresse nelle sedi opportune, cioè nelle riviste d’arte o in appositi convegni o conferenze ?

R: Siamo in piena oclocrazia poiché è la folla che determina le opinioni e in tale contesto anche l’importante ritrovamento di un Caravaggio rientra nel gossip.  Certamente il dipinto  andrà discusso in altra sede. L’opinione pubblica solitamente sentenzia con semplicità, ma  non entra, se non per sentito dire, nel merito di questioni critiche legate alla filologia, alla storia, alle ricerche archivistiche, magari c’è un maggiore interesse nei confronti della diagnostica.

5.Infine una domanda che mi viene da farle personalmente: se l’ECCE HOMO spagnolo non fosse di Caravaggio (come alcuni hanno già sostenuto) e se anche l’ECCE HOMO ‘genovese’ non lo fosse (come alcuni da tempo sostenevano) non è possibile che ci sia un ECCE HOMO ancora da trovare o PARADOSSALMENTE –visto che comunque per entrambi altri studiosi ancora credono che siano originali- che Caravaggio NON ABBIA MAI DIRETTAMENTE DIPINTO un quadro del genere facendolo invece dipingere da qualche suo stretto sodale?

R: Che ci sia un’altra versione dell’Ecce Homo è un’idea plausibile, tanto più che un  lancio dell’Agenzia Ansa informa  di un dipinto analogo a quello di cui abbiamo parlato,  custodito nel Castello di Roccavaldina nel Messinese, posseduto dal nobile collezionista Andrea Valdina. Tale “pista” risulterebbe suggerita da Valentina Certo come mi ha testé comunicato Annalisa Stancanelli. La questione Caravaggio continua ad essere sempre aperta. Tuttavia,  il dipinto di Madrid per la sua elevatissima qualità offre seri spunti di riflessione in merito ad una possibile autografia;  sono invece meno propensa a pensare che Caravaggio abbia affidato ad altri  opere a lui commissionate.

Stefania MACIOCE   Roma 10 aprile 2021