Alla Galleria Spada, una scultura in terracotta dorata di Teodoro della Porta, raffigurante “La Deposizione di Cristo”, secondo il Vangelo di Giovanni

di Maria Lucrezia VICINI

Maria Lucrezia Vicini ha diretto per molti anni la Galleria Spada, promuovendo numerose iniziative tra mostre, conferenze e pubblicazioni, delle quali è impossibile dar conto in questa sede. Pubblica per la prima volta per About Art questo importante saggio che fa luce sulla committenza e sull’autore di una eccellente scultura in terracotta che certamente stenta a farsi conoscere tra i numerosissimi capolavori esposti nella prestigiosa sede museale romana; per questo il suo contributo è tanto più importante e significativo.

GALLERIA SPADA. Scultura in terracotta dorata raffigurante La Deposizione di Cristo, secondo il Vangelo di Giovanni

Autore: Teodoro della Porta (Roma, 1567-1638)

Nelle quattro sale della Galleria Spada è presente un rilevante  numero di sculture, suppellettili, manufatti lignei.

Ai tempi del Cardinale Bernardino Spada (1594-1661) e dei suoi eredi (sec.XVII-XVIII), fino alle trasformazioni otto-novecentesche,  parte di essi insieme ad altri non più esistenti, adornavano gli appartamenti del Palazzo. Nel 1951, in occasione della sua riapertura al pubblico, Federico Zeri li riunì nel Museo, dove ancora si trovano. Si tratta di opere di rilievo che nascondono significati profondi, talvolta passati inosservati dai visitatori, attratti maggiormente dalle immagini pittoriche.

In questa sede si intende far conoscere di volta in volta la loro natura e offrire una visione chiara di ciò che rappresentano attraverso un’analisi storica e iconografica.

Ad esempio in quarta  sala è collocata sul piano di una consolle, una scultura in terracotta dorata di particolare interesse religioso, oltre che artistico, raffigurante la Deposizione di Cristo (Foto 1) (b 52 x h 63 x p 21).

Fif 1.Terracotta dorata Inv 345_ (courtesy Galleria Spada)

In origine l’opera non era dorata, ma in semplice argilla ed era contenuta all’interno di una struttura lignea andata dispersa nel secolo scorso. Era un “adornamento di noce”, come  veniva definito, realizzato nel 1636 dall’ebanista intagliatore romano Andrea Battaglini, proprio su incarico del Cardinale Spada. Fu in questa fase che Spada, cui la scultura doveva apparire poco raffinata,  provvide a farla dorare e da un indoratore di nome Silvio Lapi che, come il Battaglini,  rientrava nella cerchia di artisti di sua fiducia.

Nell’inventario dei suoi beni ereditari del 1661, la ritroviamo  difatti descritta nel suo complesso come un’adornamento con la Pietà in terracotta dorata.

Anche Federico Hermanin, nella stima inventariale del 1925 la elenca senza valore attributivo, come: Deposizione di nostro Signore Gesù, di terracotta tutta dorata, su base di legno,  firmata con monogramma (1)

Siglata infatti in basso a destra dalle tre lettere RTG e datata 1602, l’opera, modellata  in argilla  fu in un primo tempo considerata da Zeri influenzata dalla scuola pittorica lombarda dei Campi di Cremona (2) e successivamente, insieme a Mortari (3), ritenuta di autore tardomanierista veneto, cosiddetto  postsansoviniano.

Nella scultura vengono rappresentati simultaneamente i due diversi episodi relativi alla Deposizione dalla croce e  al  Trasporto al sepolcro, successivi alla  Crocifissione e la morte di Cristo, descritti da tutti i Vangeli(Matteo, 27, 57-60; Marco, 15, 42-47; Luca, 23, 50-54; Giovanni, 19, 38-40). Nella simultaneità degli eventi l’artista ripropone gli stessi personaggi, dando l’impressione di rappresentarne uno soltanto. Ma non solo.

Tra i due temi ne fa intercorrere  automaticamente un terzo, quello con il Compianto sul Cristo morto, ravvisabile nei gesti compiuti dalla Madonna e dalle pie donne che venerano e compiangono Cristo tra pianti sommessi, prima che venga trasportato al sepolcro.

Si tratta di una immagine di carattere narrativo e devozionale che non ha riscontro evangelico ma che trova le sue origini in un repertorio iconografico bizantino e nella letteratura mistica dei secoli XIII e XIV, come le Meditationes di Giovanni de’ Cauli e le Revelationes di santa Brigida di Svezia (4).

Giuseppe d’Arimatea, un ricco e rispettato membro del Sinedrio, discepolo occulto di Gesù, per timore dei giudei, ottenne dal governatore romano Pilato il permesso di staccare il corpo di Cristo dalla croce. Secondo Matteo

prese il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia: rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò. Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Magdala e l’altra Maria (27,57-58).

 Nel racconto di Giovanni invece, Giuseppe fu aiutato da Nicodemo, un fariseo anche lui membro del sinedrio e seguace di Gesù che aveva con sé una mistura di mirra e aloe per la preservazione del corpo. Insieme calarono quindi il corpo di Cristo dalla croce e dopo averlo cosparso di unguenti lo fasciarono con le bende di lino, secondo il modo di seppellire in uso presso gli ebrei. L’evangelista aggiunge ancora che il sepolcro era in un giardino, vicino al luogo in cui Gesù era stato crocifisso, motivo per cui il tema della Deposizione e del Trasporto al sepolcro, nel corso del tempo vengono raffigurati contemporaneamente (19,38-40).

Nella realizzazione del rilievo Spada l’artista si attiene a questa seconda versione disponendo in maniera simmetrica e bilanciate tra loro, le figure dalle forme allungate, sciolte in flessuose torsioni entro morbidi panneggi, solcati da pieghe fitte e profonde.

Caratteri che rimandano in effetti al tardo manierismo veneto, alla cultura del Sansovino (Firenze 1486-Venezia 1570), di cui doveva essere noto a della Porta padre, il rilievo bronzeo con la Deposizione di Cristo degli anni 1545-1553 nella porta della Sacrestia della Basilica di San Marco a Venezia.

In esso Cristo, circondato dalle pie donne dal capo velato, è calato in un sarcofago da Nicodemo con gli stessi gesti compiuti dal medesimo nella Deposizione Spada, mentre la donna di sinistra che nella parte opposta aiuta a fare spazio, è speculare alla figura della Maddalena che nell’opera Spada  sostiene la testa di Cristo.

In primo piano è raffigurato l’episodio proprio del trasporto del sepolcro. Il corpo nudo di Cristo adagiato sulla roccia nel lenzuolo funebre, è tenuto a sinistra dalla Maddalena piegata verso di lui, e a destra afferrato per le gambe da Nicodemo, che si curva sporgendosi non poco nello spazio antistante Al centro è presente la Vergine, punto di raccordo dell’intera composizione, che fissa incredula e addolorata il figlio, tenendogli la mano sinistra. Nei piani successivi le figure sono inserite a gruppi di due. Subito a sinistra è posto Giovanni che consola una delle pie donne in deliquio, a destra è riproposto lo stesso Nicodemo che dialoga con Giuseppe d’Arimatea. Chiudono la scena le due coppie laterali che guidano lo sguardo verso il fondo, nel liscio paesaggio collinare dove si ergono le tre croci sul calvario, mentre a sinistra si sviluppa un masso roccioso che dovrebbe racchiudere il sepolcro verso cui si apprestano a fare ingresso due figurine. Poggiati sui massi di pietre, in basso a sinistra, compaiono gli strumenti tipici della passione, quali la corona di spine, i chiodi e la spugna, in memoria della crocifissione e morte.

Avvalorando il campismo delle figure individuato da Zeri, anche il Peroni colloca l’opera nel tardo manierismo veneto per la

serpentinata sinuosità, e i panneggi rotanti rientrano in un formulario manieristico largamente generalizzato, soprattutto in Italia Settentrionale (5).

Tenta pertanto per primo di sciogliere il monogramma composto da R,  T e G,  in Roccatagliata Genuensis, ovvero Niccolò Roccatagliata, scultore veneto di cui però si conosce una sola opera con il soggetto della Deposizione nel paliotto di San Moisè a Venezia, datata 1633 ed eseguita in collaborazione con il figlio Sebastiano.

Negli anni seguenti, la storia attributiva della terracotta si arricchisce di nuovi elementi.

In un articolo del 1969 E. Verheyen (6) nel descrivere una Deposizione in bronzo che attribuisce a Guglielmo della Porta, scultore nato vicino a Lugano e morto a Roma nel 1577, ritiene che essa sia una copia della terracotta Spada. Middeldorf nel 1977 (7) ricostruendo la personalità di Teodoro della Porta (Roma 1567-1638), figlio di Guglielmo, sostiene che il monogramma in basso a destra debba leggersi come composto dalle lettere PRT e una “O” o una “A”, e dopo, a parte, le lettere “CA”. Da questo giunge alla conclusione che il nucleo del monogramma è “PT”, due lettere che unite danno anche una “R”, e che quindi il riferimento della sigla riguarderebbe sia al cognome che il nome di Teodoro della Porta; la sigla “CA” viene invece letta come un’abbreviazione di Cavaliere, titolo con il quale  l’artista si definiva.

Nava Cellini(8) rifacendosi al Middeldorf, conferma l’attribuzione a Teodoro della  Porta.

Quarto figlio dello scultore Guglielmo, Teodoro nacque a Roma il 24 marzo 1567 da Panfilia Guazzaroni, una donna che Guglielmo non sposò mai e da cui ebbe un primo figlio di nome Mirone, morto in giovane età. Diventato erede universale alla morte del padre, una volta maggiorenne nel 1689, Teodoro dovette adoperarsi molto per entrare nel pieno possesso dell’eredità, sia per ottenere il pagamento dei quattro o cinquemila scudi non corrisposti dalla famiglia Farnese per la tomba di papa Paolo III a San Pietro, eseguita da Guglielmo, sia per riappropriarsi dei numerosi disegni e modelli in creta del padre che gli erano stati rubati e messi sul mercato dal fratellastro di nome Fidia e dal marito della madre, Sebastiano Torrigiani, detto il Bologna, scultore e fonditore, nonché suo tutore. Tra i modelli di creta rubati, era compresa  anche una  Historia di Nostro Signore Descendente dalla Croce.

 Nella ricerca di tanto materiale, solo nella primavera del 1609 il della Porta potè far causa non più contro ignoti, ma nei confronti degli orafi Antonio Gentili e Sebastiano Marchini, scoperti mentre custodivano in casa forme e modelli di Guglielmo acquistati da altri e anche il calco dell’Historia di cui avevano fatto molte copie(9). Probabilmente si trattava della stessa Deposizione di Cristo ora esposta nel Michigan Museum of Art che viene fatta risalire a Guglielmo attraverso tre disegni preparatori dell’artista conservati presso il Kunstmuseum di Dusseldorf (10). La Deposizione Spada non sarebbe altro che una replica eseguita da Teodoro dalla Deposizione di Cristo del padre  prima che gli venisse trafugata..

Benché argilla, la materia è dunque lavorata come un rilievo. Le figure aggettanti, animate da un forte dinamismo e complicazioni formali che conferiscono straordinari effetti pittorici e chiaroscurali,  risentono anche dell’opera dei seguaci del Sansovino, come il Vittoria, il Campagna, l’Aspetti che operano una sintesi di valori anatomici e luministici. Dal Sansovino deriva anche il rapporto con il manierismo toscano, soprattutto michelangiolesco nelle figure poste in aggetto e di scorcio, rese però con grazia e armonia compositiva più vicina all’ideale raffaellesco.

Maria Lucrezia VICINI  Roma 8 Maggio 2022

NOTE

1) Vicini, M.L., Guida alla Galleria Spada, Roma 1998
2)Zeri F., La Galleria Spada in Roma, Roma 1952
3)Zeri, F., Mortari L., La Galleria Spada in Roma
4) Hall J, dizionario die soggetti e die simboli nell‘arte, Milano, 1983, p. 328
5)Peroni A., Bronzetti di Niccolò Roccatagliata al Museo cristiano di Brescia, in Arte Veneta, 13/14, 1959/60, p. 105
6)Verheyen E., A Depositino by Guglielmo della Porta, in “Bullettin of University un Michigan Museum of Art, vol. IV 1969, p. 7
7)Middeldorf U., In The Wake of Guglielmo Della Porta, in “Connoiseur”, 194, febbraio 1977, pp.75-84
8)Nava Celllini A, La scultura del Seicento, Torino 1982,p.10
9)Bertolotti, A., Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI, XVII,  1881,  vol. 1, pp. 142.-144
Brentano  C., ad vocem, Dizionari Biografico degli Italiani, Roma, 1989, vol. 37, pp.209-210
10)Gramberg W., Guglielmo della Porta, Grabmal fur Paul III Farnesw, in Romisches Jahrbuch fur Kunstgeschichte, XXI, 1984, p. 291
Neppi L., Palazzo Spada, Roma 1975
Thieme U, Becker F., sub voce, Kunstlerlexikon, XXVII
Maria Lucrezia VICINI  Roma 8 Maggio 2022