Abstracta: oltre il reale; il linguaggio dell’astrazione nelle opere di Stefania Di Filippo e Carlo D’Orta.

di Flavia ROVETTA

Immaginario, indeterminato, utopico, vago: i sinonimi della parola “astratto” alludono alla sua natura inconsistente, ma la sua etimologia fa riferimento a un’azione concreta, quasi violenta, indicando l’atto di trarre via qualcosa dalla realtà sensibile affinché possa superarla. L’astratto si colloca dunque al di là del reale, in una dimensione metafisica comprensibile con i soli occhi della mente.

Le ricerche artistiche di Stefania Di Filippo e Carlo D’Orta, pur con risultati molto diversi, condividono il medesimo processo generatore, ovvero una progressiva astrazione dei fenomeni, che da semplice dato oggettivo si trasformano in suggestioni afferenti a una realtà immateriale, spirituale.

Carlo D’Orta_Eolie

Per entrambi gli artisti il medium fotografico è il filtro che si colloca tra l’occhio umano osservante e il soggetto osservato, lo strumento di indagine in grado di registrare, con la finalità ultima di trarre via gli elementi essenziali: la fotografia non è dunque utilizzata come linguaggio puro, nella sua versatile esplorazione dei fenomeni, ma viene manipolata e resa astratta, per comunicare l’essenza oltre l’apparenza. I luoghi raccontati dalle loro opere non sono più soltanto fisici, ma diventano spazi interiori, vivi e mutevoli negli occhi di chi li esplora.

Stefania-Di-Filippo_Nuovi-Mondi-Possibili

Il viaggio introspettivo di Stefania Di Filippo inizia significativamente con un’ascesa: gli scatti all’origine della sua ricerca sono stati infatti realizzati durante un’escursione in mongolfiera in Cappadocia. La particolare morfologia del territorio, con le sue cavità e convessità che si dispongono come le pieghe dei tessuti cerebrali, configura gli articolati meandri dell’animo umano. Terre primordiali e stratificate, che conservano nelle proprie rocce memorie antichissime, come accade nella mente. Tra queste increspature, l’artista si abbandona all’automatismo del ritaglio, in cui non segue alcun percorso logico precostituito, per liberare forme liquide che si espandono sulla tela come macchie di Rorschach, il test psicologico che rivela gli angoli inesplorati della psiche.

Stefania Di Filippo_N.M.P. Tempo Sospeso #2
Stefania-Di-Filippo_Nuovi-Mondi-Possibili-1

L’immagine fotografica si frammenta per assumere significati inediti, senza rinunciare al substrato di memorie ancestrali: così si astrae e diventa materiale pittorico, per dar forma a un immaginario complesso che non risponde alle logiche della realtà sensibile. I luoghi così configurati sono territori di confine e momenti sospesi, atmosfere oniriche ed evanescenti, in cui i silenzi e le pause scandiscono l’ascolto interiore.

Anche la sperimentazione fotografica di Carlo D’Orta intende costruire nuove opportunità di introspezione, grazie a luoghi reali che diventano paesaggi onirici. Le fotografie della serie Biocities si accostano alla Optical Art, rivelando un’intrinseca natura pittorica che supera la perfetta aderenza alla realtà oggettiva.

Carlo D’Orta_Milano Porta Nuova

Gli scatti catturano scorci anonimi di diverse città che, privati del loro contesto originario, appaiono nella purezza delle loro forme essenziali; le ampie campiture cromatiche e le linee nette scandiscono la superficie, trasformando le prospettive cittadine in cristallini reticoli geometrici. Il rigore formale è la chiave dell’astrazione, operazione con cui l’occhio del fotografo coglie l’armonia delle forme e del colore per trasformare lo spazio concreto in spazio metafisico: anche i più insignificanti angoli di passaggio, attraversati senza essere vissuti, sono tratti via dal loro impersonale destino, per diventare pausa meditativa e traccia attiva di uno sguardo che intende spingersi oltre il reale.

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Flavia ROVETTA  Roma 30 Aprile 2023