di Mario URSINO
Le decorazioni di Pietro Pajetta nel Palazzo Mengotti a Fonzaso
Nella ridente cittadina di Fonzaso, comune del Bellunese, si trova una delle più note residenze nobiliari di quella comunità (si veda al riguardo il bel volume dello studioso Angelo Vigna, 1922-1993, Fonzaso…ieri. Il Territorio La Comunità La Storia, del 1965, e ristampato a cura del Circolo “I Fondasin”, Belluno 2004, fig. 1, che riproduce in copertina il Palazzo Mengotti),
dove fino agli anni Trenta del secolo scorso risiedevano ancora i conti Mengotti; in questa dimora esiste ancora, fortunatamente, una superstite e interessante testimonianza pittorica del Salone da ballo al centro del piano nobile del Palazzo Mengotti che si affaccia sulla Piazza Municipale (oggi denominata Primo Novembre, la data dell’arrivo delle truppe italiane dopo l’occupazione austriaca nella Prima Guerra Mondiale).
La facciata è eretta in sobrio stile neoclassico con l’elegante balconata scandita da colonne sovrastate da un fregio ornamentale di girali in stucco culminanti in un oculo ovoidale [fig. 2]; la facciata è ancora come si vede in un’incisione veneziana [fig. 3] dell’Ottocento, tratta da un disegno del pittore Marco Moro (1817-1885); al di sotto del balcone, l’ampio ingresso che un tempo conduceva ad un monumentale scalone.
Il palazzo fu alienato dai proprietari nel corso del Novecento [fig. 4, in una foto della fine degli anni Cinquanta, si vede alquanto malridotto], in parte ad un istituto di credito, mentre un’altra ala era stata già venduta alla famiglia Zucco. Tale frazionamento ha provocato, non solo la scomparsa di una storica unità abitativa, ma purtroppo anche la distruzione negli anni Sessanta del secolo scorso del grande scalone semicircolare [figg. 5-6] che si snodava lungo le pareti affrescate [fig. 7] da un ottimo paesaggista veneto e fine incisore, Pietro Marchionetto (1761-1828), secondo Thieme-Becker, ad vocem, Leipzg 1930, p.70;
(si veda anche la più completa e aggiornata monografia sul pittore di Paolo Conte, Pietro Marchionetto 1761-1828. Un paesaggista tra Veneto e Tirolo, Comune di Lamon, 2007, n.d.A.). Una grave e inspiegabile manomissione compiuta negli anni Sessanta dall’istituto di credito, senza alcun controllo da parte della competente soprintendenza ai sensi della legge di tutela sul patrimonio storico artistico, pubblico e privato del 1° giugno 1939, n. 1089, al tempo obbligatoria in base alla normativa menzionata.
Fu fatta la denuncia, mi sono chiesto, di questi sconsiderati lavori, effettuati da un istituto di credito, per costruire due appartamenti di circa 300 mq. ciascuno al primo e al secondo piano dell’elegante residenza, sia pure sita, come alcune altre case nobiliari della città di Fonzaso, quasi ai confini dell’Italia nord orientale? Nulla sappiamo in proposito allo stato attuale, per mancanza di documentazione. Poche sono le testimonianze fornite da alcuni alacri custodi delle memorie della comunità dell’antica Fondasium (dal latino Fons axium, ovvero fonte di legname, una delle maggiori attività mercantili del tempo passato). Interpellati recentemente dal sottoscritto, durante una breve visita estiva nell’accogliente cittadina, mi è stato riferito che ancora oggi diversi solleciti sono stati inviati alle competenti soprintendenze del territorio per la salvaguardia delle decorazioni del Salone centrale, per fortuna ancora in discreto stato di conservazione, eseguite, a suo tempo, dal pittore veneto Pietro Pajetta (1845-1911).
È quindi assolutamente necessario che l’autorità dello Stato intervenga con un provvedimento di tutela che innanzitutto proibisca ulteriori manomissioni, e si provveda poi ad un adeguato restauro.
Si consideri inoltre che parte della proprietà è passata dall’ultimo e attuale istituto di credito, ivi operante al piano terreno dell’edificio, di cui è ancora proprietaria, ad una società immobiliare (edilizia?), che ha posto in vendita i due sunnominati appartamenti degli anni Sessanta, incluso lo storico Salone. Dall’autorità comunale non abbiamo avuto notizie nel brevissimo nostro soggiorno, ma lo storico locale, Bortolo Susin (che qui ringrazio) ci ha informato che la comunità ambirebbe al suo uso per apprezzabili attività culturali, educative e sociali. E sarebbe, a mio avviso, un’ottima cosa. Ma il problema, inutile dire, è la classica mancanza di finanziamenti al riguardo.
Ecco come le decorazioni vengono descritte da una cronaca locale del Gazzettino del 19 dicembre 1874:
Palazzo Mengotti – Salone centrale – Decorazione pittorica
Ci scrivono da Fonzaso:
in questi giorni i valenti artisti signori Pajetta di Serravalle ultimarono la decorazione della sala del nobile signor Mengotti di Fonzaso della quale diamo ai lettori un breve cenno descrittivo.
Nel soffitto di stile Raffaellesco vedesi Flora dalle forme stupende dipinta dal signor Pietro Pajetta, con una maestria, ed espressione veramente ammirabile, con una tavolozza così ricca e brillante da ricordare i classici coloritori della Scuola Veneta; essa ha ai piedi due genietti che portano dei fiori dipinti con tale esattezza da parer vivi, e lumeggiati con tanta perfezione che sembra si stacchino dalla volta e discendano. Nel ciclo evvi Apollo sopra il carro tirato da quattro focosi cavalli; esso è preceduto da un altro piccolo genio con falce in mano che pare vederlo correre, tanto è bene eseguito; da un lato della Flora danzano in nebbia alcune divinità [fig. 8].
La parte decorativa, i finti stucchi, le dorature, i bassorilievi sono così maestrevolmente trattati con tocchi franchi e spigliati che non può esservi maggiore illusione; sotto la cornice sono dipinti dieci medaglioni con figure anche queste con colorito vivo ed armonioso.
Le loggette [figg. 9-10] del sig. Paolo Pajetta (1809-1869, genitore di Pietro, n.d.A.) tutte a fiori dai colori smaglianti sono un vero gioiello e rivelano quanto sia valente e provetto in questa parte decorativa che non può esser spinta più oltre. Ai lati di una porta che prospetta il cortile, ornata con intagli stupendi del Besarel (Valentino Panciera, detto Besarel, 1829-1902, intagliatatore e scultore veneto; si veda anche: Paolo Conte, Valentino Panciera Besarel da Astagàl a Venezia nell’800, in “L’Amico del Popolo” 90 Profili, a cura di Paolo Conte e Marco Perale, Belluno 1999, pp.172-174, n.d.A.) sono dipinti dallo stesso due paesaggi d’oriente con ciclo a tinte trasparenti e magnifiche. Sopra le quattro porte laterali della sala, decorate con buoni stucchi del De Boni (verosimilmente da Giacomo De Boni, “architetto muratore e stuccatore”, originario di Villanova di Feltre, n.d.A.), il signor Pietro Pajetta, premiato con medaglia d’oro all’Esposizione di Alessandria, dipinse con molto brio e buon gusto quattro busti di graziose mascherine [figg. 11-12].
In una parola la sala del sig. Mengotti, vero mecenate delle arti, ci sembra un capolavoro, ed egli deve essere ben lieto di aver avuto la non comune ventura di trovare nei signori Pajetta un complesso così distinto e tanto più la loro valentia s’accresce, quando si consideri che coll’ esperto pennello dovettero correggere anche un difetto della architettura, e perciò crediamo compiere un dovere segnalando alla ammirazione altrui questi distinti artisti, già noti per altri egregi lavori, affinché il pubblico sappia apprezzare convenientemente coloro che accrescono decoro alla Patria!
In un’altra memoria più recente di A. Zucco, della famiglia che ancora possiede un’altra ala del Palazzo Mengotti, conservata in buona parte come era al tempo degli antichi proprietari, con scale in legno, e soffitti con più semplici decorazioni nelle stanze domestiche e di servizio, si apprende che nel primo decennio del Novecento era ancora visibile il monumentale scalone, più sopra citato, con i suoi arredi:
“All’inizio della grande scala si notava il busto del senatore Francesco Mengotti (1749-1830 (sulla figura del personaggio si veda Paolo Conte, Francesco Mengotti di Fonzaso un economista fra ‘700 e ‘800, in: 90 Profili, “L’amico del Popolo”, Belluno 1999, pp. 147-149, n.d.A), opera di Valentino Besarel della scuola brustoliniana (in realtà, è meglio dire, ispirato alla scuola del grande scultore bellunese Andrea Brustolon, 1662-1732, noto protagonista del barocco veneziano, n.d.A.). L’autore aveva scolpito, nel legno, tre figure simboleggianti il Tempo nelle sembianze di un vecchio venerando che regge la clessidra nella destra e la falce nella sinistra; la Storia, in una augusta matrona, discinta con capelli raccolti, la fronte superba e lo sguardo fisso nel cielo, reggente con la sinistra un volume e con la destra la penna; infine la dea Minerva, con ramoscello d’alloro nella destra e una corona nella sinistra, nell’atto di deporre l’una e l’altra ai piedi dello stemma gentilizio dei Mengotti (da “Il ponte sul Cismon”, 1915 (?), pp. 227-230).
Delle sculture sopra descritte, e di cui non esiste documentazione fotografica, né si sa dove siano finite, resta solo il busto di Francesco Mengotti [fig. 13] conservato nel Palazzo del Comune di Fonzaso, dove fu destinata anche un’altra scultura allegorica e commemorativa del senatore Mengotti [fig. 14] (verosimilmente anch’essa opera del Besarel), ma purtroppo andata distrutta in circostanze, per quanto mi consta, rimaste sconosciute.
In definitiva, per concludere questa nota sulla necessità del salvataggio e della conservazione delle decorazioni del Salone Centrale del Palazzo Mengotti, si auspica l’intervento della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le provincie di Belluno, Padova e Treviso, con sede a Venezia in Palazzo Soranzo Cappello, S. Croce 770, e che venga ulteriormente e sollecitamente attivata dalla competente autorità comunale di Fonzaso la richiesta di un intervento concreto della sunnominata Soprintendenza, richiesta, già rivolta in passato, ma fino ad ora ignorata, per restituire a detta comunità fonzasina una importante testimonianza locale di un notevole bene storico-artistico [fig. 15].
Mario URSINO Agosto 2019