“Voci dall’abisso. Quattro artiste iraniane a Bologna”; circa 50 opere che gridano il desiderio di libertà, vita, appartenenza del popolo iraniano

di Marco BALDASSARI

Voci dall’Abisso

Il lavoro che queste giovani artiste propongono è frutto di un percorso di libera ricerca condotto in un Paese libero. Questa dovrebbe essere la normalità in ogni campo, a cominciare da quello dell’arte, in tutte le sue forme. Non è così in Iran, dove la dittatura impone censure sino a carcerare e uccidere chi non si piega ai diktat del regime.

A Palazzo Fava – il Palazzo delle esposizioni del circuito museale Genus Bononiae – la mostra espone le opere in parte inedite realizzate da Golzar Sanganian, Khorshid Pouyan, Pegah Pasyar e Reyaneh Alihani (fig.1) durante questi ultimi mesi di forti repressioni in Iran. Sono tre gli elementi che accomunano le quattro artiste: sono iraniane, hanno intrecciato il loro percorso di studi nell’Accademia di Belle Arti di Bologna, sono oggi nella condizione di esilio non volontario dal loro Paese. La creatività nella storia ha prodotto in molti casi il meglio nei momenti più difficili, come durante guerre, rivoluzioni o repressioni. Eventi tragici che diventano per molti artisti la spinta a rappresentare un particolare stato d’animo e ribadire con urgenza l’importanza della libertà.

Nella collettiva di Palazzo Fava emergono con forza le singole personalità delle artiste, declinate in lavori condotti con le più diverse forme, dalla pittura a olio alla scultura, dalla grafica alle installazioni, dal riuso dei materiali al recupero dell’antichissima tecnica di tessitura kilim.  La cultura persiana è fortemente presente nelle opere, sia nelle modalità tecniche che nella poetica che ad esse sottende, fortemente pervasa da sentimenti di libertà, amore, sofferenza, appartenenza.

Impossibile non pensare al ricco mondo lirico persiano, da Ahmad Shamlu, poeta contemporaneo che affonda le sue radici nella tradizione e parla di amore e sofferenza dell’uomo in chiave antireligiosa e anti regime, al più antico poeta Hakīm Abū L-Qāsim Ferdowsī Tūsī che scrisse il poema di Shahnameh in lingua Fārsi il nuovo Persiano, senza mescolanza araba, celebrando il senso di identità nazionale. La mostra apre una molteplice finestra su un interessante mondo creativo che trova spazi d’espressione fuori dalla propria nazione, portando al contempo un importante messaggio di vita e libertà.
Marco Baldassari

PRESENTAZIONI SINGOLE ARTISTE

PEGAH PASYAR

2. Pegah Pasyar, Voci dall’Abisso, cm 65×30

Le Voci dall’abisso si legano strettamente al lavoro dell’artista (fig.2), in particolare nelle sculture realizzate in cartapesta e creta su basi specchiate che diventano simbolo di infinito e quindi di libertà. Le bocche ci parlano della vita ed entrano in dialogo con l’ambiente e il visitatore. Il bianco è dato dalla sintesi di tutti i colori dello spettro, così come queste figure umane ne sono una sintesi. La memoria visiva corre alla scultura del Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino a Napoli e alla purezza delle forme di Constantin Brancusi. Infinito e libertà, che tornano nella serie di piccole opere ad olio su carta Skyning e Routing, un omaggio ai cieli di Constable, anch’esse con la dilatazione dello spazio tra pittura e specchi. Le figure in terracotta dorata rappresentano il corpo nell’esperienza di essere donna. Infine i delicati disegni di nudi con la tecnica del monoprint su vecchie carte dialogano con le sculture in oro, evocando libere forme nelle relazioni tra i corpi.

Pegah Pasyar si è laureata presso l’Università di Arte e Architettura di Kashan nel corso di Laurea in Artigianato. Per circa dieci anni si è formata nel disegno di Miniature e Disegno di figura. Si è laureate presso la Young Jewelry Designers Association of Iran a Teheran. Si è laureata nel 2020 in Pittura (Arti Visive), presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha partecipato a diverse mostre collettive tra cui: Accademia di Belle Arti di Bologna a cura di Rinaldo Novali (2015); con Bench Rest Art a cura di Tobia Donà (2016); Bologna, Museo Parri (2017); Salone del Podestà di Palazzo Re Enzo (2018); Russi, celebrazioni su Dante, mostra e catalogo ispirati alla figura di Dante Alighieri a cura di Beatrice Buscaroli e Bruno Bandini (2021); Rimini, ‘Catalizzatore’ c/o galleria Zamagni (2021); Roma, Palazzo Taverna (2021) e New York, M.E.T. progetto Tran(S)missions (2022).

REYHANEH ALIKHANI

5. Reyhaneh Alikhani, Trame Pure – 01, cm 80×60

Reyhaneh Alikhani utilizza la tecnica dei tappeti kilim (fig.5) per ricreare situazioni nuove, utilizzando strumenti di lavoro e rimandi all’arte del ‘900. Un lento ricamare su forme precostituite, un riuso totale degli oggetti.

L’artista presenta due serie di opere: la prima, Segni di Resistenza, intende negare a strumenti storici da taglio la loro funzionalità con un intervento tessile che neutralizza le lame e restituisce allo sguardo tracce diverse di memoria. Le lame scendono dall’alto e si presentano come una storia mai raccontata, in un certo senso svelata. Nella serie Trame le seghe da strumento distruttivo diventano telai di una tessitura in lana (kilim). Il soggetto dei tessuti è l’albero del melograno (fig.6), simbolo della vita. La verginità evocata nella coppia Trame Pure mette a confronto la cultura repressiva in oriente con quella democratica dell’occidente.

6. Reyhaneh Alikhani, Trame Pure – 02, cm 80×60

Reyhaneh Alikhani (Ramsar, Iran, 1985), ha conseguito il primo BA in Graphic Design presso l’Azad University di Tonekabon, Iran, nel 2011. Nel 2019 ha conseguito la laurea in Decorazione Arte e Ambiente all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove sta conseguendo il Master in Decorazione per l’Architettura. Dal 2013 ha partecipato a numerose mostre personali e collettive in Iran, Italia e Spagna. Ha vinto i primi premi alla 2a edizione dello Young Art Award, concorso promosso da Confederazione Industria Italiana – Regione Emilia-Romagna nel 2021, e al concorso internazionale Young Fiber Art di Chieri (To) intitolato a Maria Luisa Sponga nel 2018. Ha ricevuto anche il Premio Calimala all’11º Premio Valcellina nel 2021. Prima di trasferirsi in Italia, sette anni fa, non aveva mai usato tessili nel suo studio: quando è emigrata, ha cercato intuitivamente un linguaggio che la collegasse alla sua terra natale e alla sua famiglia.

GOLZAR SANGANIAN

La natura è il motore della creazione nel suo lavoro, con le forme naturali che trovano nuova vita nelle sue composizioni.

7. Golzan Galganian, The road too freedom, cm 210×23

L’installazione The road to freedom è, contrariamente a quanto suggerito dal titolo, una via senza uscita. Il modellino di auto diventa, metaforicamente, la vita che non trova sbocchi da nessuna parte, rimanendo chiusa nel suo percorso. Nella serie Emerse le alghe trovano una nuova vita in un nuovo spazio, dopo che il mare le ha rifiutate, mentre Naufragio (figg.9-10) simboleggia la resistenza del corpo ferito, la capacità di trovare nuova forza e resistenza dopo una caduta. La serie Untitled utilizza sinergicamente scheletri di foglie e inchiostro per XXX

10. Golzan Galganian, Emerse, 20 tav. 30×21 composition

Golzar Sanganian nasce a Teheran (Iran) nel 1977. Nel 2001 si laurea in lingua italiana all’Università di Teheran e si trasferisce a Dubai dove si laura in Fine Arts Interior Design (BFA) preso l’Università americana di Dubai. Dal 2005 inizia un’intesa attività come interior designer nell’ azienda tedesca “WANZL” Design e Manufacture di Dubai. Nel 2015 si trasferisce in Italia e dal 2016 frequenta il Biennio Specialistico in Arti visive all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove inizia a lavorare con la scultura, il disegno e a interessarsi alla sperimentazione di opere di natura installativa e di relazione con lo spazio. Attualmente vive e lavora a Bologna.

KHORSHID POUYAN

Attraverso le figure umane l’artista crea una sintonia con l’ambiente inserendo elementi percettivi che variano spostando il punto d’osservazione.

11. Khorshird Pouyan, 1 In_quiete, Feltro ad acqua ed ago, due elementi, cm 230×160

La rappresentazione del vuoto è l’elemento principale della sua ricerca: nell’opera Oltre al nulla Pouyan crea l’illusione di un’apertura nella parete che, smaterializzandosi, ci proietta nel vuoto spazio aperto ed eterno di un cielo azzurro senza inizio né fine, aperture che ricordano l’arte di Sol Lewitt. Anche in Perdere pezzi la ricerca si concentra tra il vuoto, che acquisisce importanza, e il pieno del corpo femminile. Le grandi figure di nudo della serie In_quiete, immerse nel candore della lana, sono alla ricerca di un equilibrio in mezzo alle distrazioni quotidiane.

12. Khorshid Pouyan, 2 Oltre al nulla, pittura ad olio su legno, cm 120×120

Khorshid Pouyan (Ahvaz, Iran, 1988) vive e lavora a Bologna. Dopo aver conseguito una prima Laurea in Musica presso l’Università di Teheran (Iran), nel 2019 si diploma in Decorazione Arte e Ambiente presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Nel 2022 si laurea in Biennio Specialistico di Decorazione per l’architettura presso lo stesso istituto. Tra le sue recenti esposizioni: Libro d’artista, Gallerie di Palazzo Morpurgo, Udine (2022), Ababo Art Show, Art City, Bologna (2022); PNA Premio Nazionale delle Arti, Sassari (2021); Risonanze, Collezioni Comunali D’Arte, Bologna (2021); Stratificazioni, Fondazione Zucchelli, Bologna (2019); Premio di incisione Giorgio Morandi, Pinacoteca Nazionale, Bologna (2019).

Marco BALDASSARI  Bologna 29 Gennaio 2023