Uno straordinario Herreweghe incanta il pubblico delle Crete Senesi con un concerto dedicato al madrigalismo italiano.

di Claudio LISTANTI

Il 28 luglio scorso si è conclusa l‘edizione 2023 del festival Crete Senesi con un sontuoso concerto che ha visto protagonista il musicista belga, e direttore artistico della manifestazione, Philippe Herreweghe, che ha guidato il Collegium Musicale Gent da lui stesso fondato. Il concerto ha avuto un grande successo decretato da un pubblico che ha affollato l’interno della Chiesa di San Francesco ad Asciano in provincia di Siena.

Fig. 1 Il musicista e direttore d’orchestra Philippe Herreweghe.

Il festival Crete Senesi da anni propone concerti di alto livello grazie ad Herreweghe che ha trovato nella pace e nella quiete di Asciano e dei suoi meravigliosi dintorni una sorta di seconda patria. I programmi presentati sono molto variegati ma il fulcro principale è costituito dalle esecuzioni di capolavori della musica antica e del periodo barocco, genere nel quale Herreweghe è riconosciuto da tutti come tra i più importanti interpreti a livello internazionale.

A queste preziose proposte musicali si abbina la splendida cornice architettonica che contiene queste meraviglie sonore un tesoro artistico che la zona possiede in maniera copiosa. Tra queste la Chiesa di San Francesco ad Asciano.   

Fig. 2 L’esterno della Chiesa di San Francesco ad Asciano.

Questa chiesa è adiacente al complesso monastico dedicato a San Francesco edificato in una parte collinare collocata appena fuori l’abitato di Asciano la cui sommità è denominata dagli abitanti del luogo il “Prato”. Le notizie sull’origine di questo luogo di culto sono piuttosto frammentarie, alcune fonti evidenziano la presenza di una chiesa, dedicata a San Lorenzo, facente parte della rocca che fu distrutta attorno al 1169 quando il paese passò sotto la Repubblica di Siena.

Successivamente, come risulta nel Bullarium Franciscanum risalente al 1313, è segnalata la presenza del convento che ospitò i frati francescani cacciati da Siena. Il complesso monastico che è giunto fino ai nostri giorni è ancora ben visibile nella sua struttura.

Fig. 3 L’interno della Chiesa di San Francesco ad Asciano

La chiesa fu iniziata intorno al 1270 e terminata all’inizio del secolo successivo con la comunità monastica che si è consolidata nel corso dei secoli fino al 1808 quando fu soppresso, ha subito con il passare del tempo diversi interventi di ammodernamento.  Tra il XVII e il XVIII secolo furono inseriti altari barocchi e devastate le parti affrescate con la chiusura delle nicchie affrescate e, secondo la prassi dell’epoca, l’imbiancamento delle parti dipinte. Nel corso del ‘900 numerosi sono stati gli interventi di restauro conservativa volti a recuperare parte della struttura originale.  Oggi la Chiesa di San Francesco fa parte del Demanio dello Stato ed è chiusa al culto anche se non risulta sconsacrata.

Fig. 4 Luca della Robbia il Giovane. Madonna col Bambino, San Cristoforo, Tobiolo e l’angelo.

La facciata della chiesa è semplice ma elegante con una grande finestra che sormonta l’ingresso principale realizzata in sostituzione del rosone originale. Più arretrata una solida e svettante torre campanaria. Una semplicità che introduce all’interno della chiesa che è strutturata in un’unica ed imponente navata che termina nella parte absidale con l’altare maggiore affiancato da due cappelle. Le pareti laterali sono arricchite dalla presenza di sei altari come già accennati decorate in stile barocco. Nelle pareti si può ammirare nel primo altare di destra la Madonna del Carmelo di Luca Della Robbia il Giovane una terracotta policroma realizzata nel 1522 circa che raffigura la Madonna col Bambino tra San Cristoforo, Tobia e l’angelo. Nella parete a sinistra notevole è la nicchia affrescata con una immagine della Madonna della Cintola risalente agli inizi del ‘400 ed opera del Maestro di Monticiano.

Fig. 5 Chiesa di Sana Francesco ad Asciano. Le Cappelle Absidali.

L’architettura della chiesa nel suo complesso, ivi compresi gli interventi di ammodernamento citati che nell’insieme mescolano ed integrano sapientemente elementi medioevali a quelli rinascimentali, è risultata cornice ideale al concerto al quale abbiamo assistito.

Il programma infatti, era costruito presentando capolavori della musica italiana con composizioni apparenti al XVI e XVII secolo. I brani scelti avevano una ispirazione letteraria basata su testi poetici di Dante e di Petrarca quasi a sottolineare la tradizione medioevale del poeta fiorentino che si contrappone a quella di Petrarca, considerato precursore dell’umanesimo e, quindi, un vero e proprio innovatore.

Fig. 6 Il musicista Claudio Monteverdi in un dipinto di Bernardo Strozzi (c.1630)

Su queste premesse non poteva mancare composizioni di Claudio Monteverdi uno dei più grandi innovatori della Musica. E proprio il musicista cremonese ha aperto la serata con Voi ch’ascoltate, un madrigale a cinque voci appartenenti ai cinque che aprono la Selva morale e spirituale, opera del Monteverdi maturo (intorno al 1640) composte nello stile moderno più avanzato dell’epoca, caratterizzato dalla efficace declamazione rapida ed incisiva che impreziosisce i versi petrarcheschi che aprono il Canzoniere. Dopo questo folgorante inizio Monteverdi ha fatto la parte del leone in tutto il resto del programma con madrigali sempre ispirati ai testi del Petrarca: Ohimé il bel viso dal Canzoniere anch’esso a cinque voci tratto dal Sesto libro dei madrigali di epoca antecedente (circa 1610) prezioso per l’evidenziazione di stati d’animo struggenti; poi un altro madrigale appartenente alla Selva morale O ciechi il tanto affaticar che giova? ratto dal Trionfo della morte un grande recitativo corale al quale non mancano ritmi guerreschi, una delle specialità monteverdiane, che si sono evidenziate con maggior concitazione nel brano finale Hor ch’el ciel e la terra e ‘l vento tace sempre ispirato al Canzoniere ed appartenente al gruppo dei Madrigali Guerrieri e Amorosi anch’esso del tardo Monteverdi e considerata tra le composizioni più significative del musicista.

Fig. 7 Francesco Petrarca in un affresco di Andrea del Castagno, Galleria degli Uffizi, Firenze
Fig. 8 Il compositore Luca Marenzio.

Attorno a questa ossatura non poteva mancare Luca Marenzio uno dei maestri della polifonia vocale rinascimentale profana, forse il più famoso dopo Palestrina, che ha ispirato senza dubbio il genio di Monteverdi e che ha avuto anche il merito di sviluppare gli insegnamenti del declamato della Camerata fiorentina ed uno dei primi a musicare testi petrarcheschi.

Di Marenzio abbiamo ascoltato Così nel mio parlar voglio esser aspro, un madrigale a cinque voci costruiti su versi danteschi e una delle sue composizioni più famose, Solo e pensoso, tratto dal nono libro de madrigali a 5 voci composti intorno agli ultimissimi anni del ‘500 e basato su un testo tratto dal Canzoniere di Francesco Petrarca che ha dato, giustamente, il titolo a questo splendido concerto.

Nel resto del programma altri madrigali di musicisti coevi ai precedenti, come Luzzasco Luzzaschi allievo del grande Cipriano De Rore e straordinario musicista della corte di Ferrara a cavallo tra fine ‘500 e inizio ‘600 con il madrigale Quivi sospiri; poi Marco da Gagliano uno dei precursori dell’opera in musica, sua la Dafne del 1608, del quale è stato eseguito il madrigale dai chiari riflessi declamatori Vergine bella dal Canzoniere petrarchesco dal quale è stato utilizzato anche S’una fede amorosa del compositore fiammingo Orlando di Lasso. Alcuni brani strumentali sono stati utilizzati come interludio nel corso del concerto come la Sinfonia Quinta di Salomone Rossi musicista molto attivo in campo strumentale presso la corte di Mantova e la Serenata Sesta a due soprani di Giuseppe Scarini.

L’esecuzione è risultata rigorosa nella realizzazione sonora curata nei minimi particolari da Philippe Herreweghe che ha confermato ancora una volta di essere prezioso specialista per questo particolare genere musicale curando particolarmente non solo l’intonazione delle emissioni vocali apparse limpide, quasi cristalline, ma anche la pronuncia italiana determinante per la riuscita del concerto e difficile da ottenere viste la nazionalità belga del complesso vocale utilizzato. Accanto alla parte vocale molto curata è risultata quella strumentale ben calibrata sull’esigenza delle voci stabilendo così un rapporto sonoro ideale tra le due componenti. Tutto questo grazie alla professionalità del Collegium Vocale Gent che ha dimostrato ancora una volta la sua straordinaria validità ed il suo alto grado di specializzazione nel repertorio.

Al concerto ha assistito un foltissimo pubblico che ha affollato al limite della capienza la Chiesa di San Francesco in Asciano dimostrando al termine grande entusiasmo per quanto ascoltato dedicando ad Herreweghe e a tutti gli interpreti un vero e proprio trionfo che conferma il consolidamento a livello internazionale di questa rassegna che anima le estati musicali italiane.

Claudio LISTANTI  Roma 30 Luglio 2023