Sardegna Isola Megalitica. La preistoria sarda in importantissimi musei europei. Prima tappa Berlino, dal 30 giugno 2021

di NIca FIORI

Quando si parla della preistoria sarda, il nostro pensiero corre subito ai nuraghi, emblematiche torri di pietra di un popolo misterioso, la cui civiltà megalitica, pur assorbendo diversi influssi culturali dei paesi mediterranei, si espresse in maniera assai originale.

1 Nuraghe Orolio a Silanus (NU)

Come i menhir dei Celti, presenti anche nella stessa Sardegna, dove sono chiamati perdas fitas (pietre infisse), i nuraghi danno l’idea di durata eterna, ma sono fatti di tante pietre faticosamente estratte dalle cave, squadrate e disposte le une sulle altre a formare un tronco di cono (foto 1).

La Sardegna è protagonista assoluta della grande mostra “Sardegna isola megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storie di pietra nel cuore del Mediterraneo”, che farà conoscere a livello internazionale una civiltà dal fascino arcano e che ha già avuto la Medaglia del Presidente della Repubblica. La mostra avrà come prima tappa, dal 30 giugno al 30 settembre 2021, il Neues Museum di Berlino, cui seguirà l’Ermitage di San Pietroburgo (dal 19 ottobre 2021 al 16 gennaio 2022), quindi il Museo Archeologico di Salonicco (dall’11 febbraio al 15 maggio 2022) e per ultimo il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (dal 10 giugno all’11 settembre 2022). I direttori di questi musei hanno partecipato (gli stranieri in streaming) con grande entusiasmo alla presentazione dell’evento, che si è tenuta a Roma nella sede principale del Ministero della Cultura.

Sono intervenuti il ministro Dario Franceschini, il presidente della Regione Sardegna Christian Solinas, il direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari Francesco Muscolino, l’assessore del Turismo, artigianato e commercio della Regione autonoma della Sardegna Giovanni Chessa e altri.

2 Statua di Pugilatore, da Mont’e Prama, calcare, IX-VIII secolo a.C.MAN Cagliari

Saranno oltre 200 i reperti che verranno esposti e tra essi ci sarà anche uno dei cosiddetti Giganti di Mont’e Prama, la scoperta archeologica più esaltante degli ultimi anni. Fino a qualche anno fa, infatti, si riteneva che la civiltà sarda avesse prodotto come figurazioni umane artistiche solo i celebri bronzetti, che sono di dimensioni ridotte, mentre nella necropoli di Mont’e Prama, nel territorio di Cabras (provincia di Oristano), sono venute alla luce 38 statue in pietra (ritrovate spezzate in tanti frammenti che sono stati riassemblati) di circa due metri di altezza, la cui iconografia rispecchia i tipi, già noti dai bronzetti, del guerriero, dell’arciere e del pugilatore (foto 2).

L’archeologo Stefano Giuliani, direttore del Museo Archeologico Nazionale “G. Asproni” di Nuoro, ha illustrato il percorso espositivo, che è suddiviso in sei sezioni e che si avvale di supporti multimediali, fotografie e filmati. Si comincia dal primo megalitismo, databile dal V millennio a.C. (neolitico medio) al III millennio a.C. (età del rame). Rientrano in questa fase i menhir (pietre infisse verticalmente nel terreno, a volte disposte in circoli, v. foto 3),

3 Menhir di Biru ‘ e Concas, Sorgono (NU)

i dolmen (monumenti funerari costituiti da più blocchi di pietra, chiusi superiormente da una lastra, v. foto 4)

4 Dolmen di Ladas- Luras (SS)
5 Frammento di idolo femminile da Monte d’Accoddi, marmo, neolitico recente, Museo Sanna Sassari

e le domus de Janas, (tombe scavate nella roccia, spesso suddivise in più ambienti, il cui nome sardo viene tradotto in “case delle fate”), ma anche il misterioso santuario di Monte d’Accoddi (Porto Torres), da dove provengono frammenti di idoli femminili che saranno esposti nella mostra, insieme ad altri reperti del neolitico (foto 5). Ci si potrà fare un’idea di questo tempio, che è stato paragonato alle ziqqurat della Mesopotamia, grazie a modelli in scala provenienti dal Museo archeologico ed etnografico “G.A. Sanna” di Sassari, che presta anche un calco di una parete di una domu de Janas con teste bovine e un modello in scala di una “tomba di giganti”, la cui forma arcuata richiama pure le corna taurine.

La II sezione è quella dedicata ai nuraghi.

Sappiamo che l’occupazione sistematica del territorio sardo da parte dei Nuragici portò, tra il XVIII e l’XI secolo a.C. (età del bronzo), all’edificazione di migliaia di nuraghi semplici e complessi, distribuiti in sistemi insediativi costituiti da un numero variabile di torri, di villaggi e di luoghi di culto. È in questo periodo che la popolazione sarda ebbe un ruolo da protagonista nel Mediterraneo e l’isola fu interessata da intensi scambi di uomini e merci, divenendo punto di transito delle rotte verso Occidente e verso Oriente. Navigatori essi stessi, i Nuragici furono abili interpreti di nuove tecniche metallurgiche, apprese ed elaborate in modo originale, e quindi ritrasmesse in tutto il Mediterraneo. Essenziali nella loro vivida plasticità, i loro bronzetti consentono di ricostruire fedelmente le sembianze e gli usi di una popolazione dal carattere tenace e profondamente attaccata alle proprie tradizioni (foto 6, 7, 8 e 9).

9 Navicella , bronzo, età del bronzo finale, MAN Cagliari

Tra i complessi nuragici più noti, ricordiamo quello di Barumini, sito Unesco dal 1997, la cui struttura centrale polilobata sembra anticipare quella dei castelli medievali. Osservazione questa che è stata fatta anche dal direttore dell’Ermitage di San Pietroburgo Michail Piotrovkj nel suo intervento introduttivo che ha intitolato “La grazia severa dei nuraghi”. Il numero impressionante di nuraghi (si presume siano più di 7000) e la loro distribuzione rendono la Sardegna un territorio coperto e controllato da una vera e propria rete. La pianta circolare delle torri richiama quella della capanna dei nuragici, quasi a voler ribadire l’unità culturale delle varie tribù locali, che avevano, oltre ai nuraghi, i villaggi, le tombe collettive (“tombe dei giganti”), i templi e i santuari dislocati lungo i nodi di questa fitta trama architettonica che regolava ogni momento e ogni ambito della vita sull’isola. Detto in termini contemporanei, potremmo dire che la Sardegna nuragica era una realtà globalizzata (foto 10).

10 Nuraghe Arrubiu, Orroli (SU)

La III sezione riguarda il mondo funerario, ovvero le “tombe dei giganti” dell’età del bronzo (II millennio a.C.), così chiamate perché si riteneva che fossero le sepolture di orchi, ovvero uomini giganteschi, mentre in realtà sono tombe collettive (foto 11).

11 Tombe di giganti, Arzachena (SS)

La IV sezione, interessantissima, è dedicata ai santuari (dall’XI secolo a.C.), che nella Sardegna preistorica sono connessi alle acque. Ricordiamo in particolare i pozzi sacri, composti da una parte esterna, con tetto a doppio spiovente che doveva essere in legno o in pietra, e da una parte sotterranea, che poteva essere una camera a finta cupola (tholos). Notissimo è quello di Santa Cristina a Paulilatino, che presenta perfezioni geometriche strabilianti (foto 12).

12 Pozzo sacro di Santa Cristina, ingresso

Vi sono anche templi a megaron (dalla forma allungata), che sembrano avere un’origine comune con quelli dell’Egeo: uno dei più conservati è quello di Domu de Orgia a Esterzili (NU), così chiamato perché si riteneva che fosse la dimora di Orgìa, una mitica strega-sacerdotessa che custodiva in una giara un tesoro e in un’altra un enorme insetto, la cui puntura provocava la morte di chiunque avesse osato penetrare in quel luogo.

La V sezione è dedicata al tramonto del megalitismo, quando i nuraghi (dal X secolo – prima età del ferro) non vengono più costruiti, presumibilmente per un profondo cambiamento della civiltà nuragica. Continuano comunque a essere utilizzati e anzi il nuraghe, riprodotto in modellini e perfino in un bottone in mostra, diventa un simbolo identitario dei sardi. Di questo periodo sono pure i cosiddetti Giganti di Mont’e Prama e anche reperti relativi a un’altra scoperta relativamente recente, il santuario di Su Romanzesu (nel territorio di Bitti), che presenta un tempio a pozzo che comunica con una grande struttura quasi circolare realizzata in granito, interpretata come vasca da utilizzare per riti religiosi.

Santuario di Su Tempiesu, Orune (NU)

La VI e ultima sezione, “L’eredità nuragica” racconta il megalitismo come persistenza in età punica (510-238 a.C.), nella Sardegna romana (238 a.C. -456 d.C.) e nella Sardegna bizantina (dal VI all’VIII secolo d.C.).

Il design della mostra sarà adattato ai diversi musei, con un allestimento che dovrebbe richiamare nei colori i reperti esposti, provenienti dai musei archeologici di Cagliari, di Nuoro e di Sassari. Il catalogo sarà realizzato in tutte le lingue dei musei ospitanti e in inglese.

E ora due parole sul primo museo ospitante, il Neues Museum, che si trova nell’Isola dei Musei di Berlino (sito Unesco) ed è considerato il secondo museo di Berlino come importanza.

La civiltà sarda sarà in questo caso messa a confronto con gli oggetti trovati da Schliemann a Troia, il teschio dell’Uomo di Neanderthal trovato a Le Moustier e lo spettacolareCappello d’Oro dell’Età del Bronzo. Il museo ospita pure i meravigliosi manufatti egizi di Tell El Amarna, relativi al faraone Akhenaton e alla moglie Nefertiti, il cui busto-ritratto è ritenuto il più bello dell’arte egizia.

Nica FIORI   Roma  27 giugno 2021