San Giovanni a Carbonara e il monumento funebre di Ladislao di Durazzo, la grande storia del Rinascimento napoletano

di Francesco MONTUORI

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M.Martini e F. Montuori

SAN  GIOVANNI  A  CARBONARA

Il  monumento  funebre  di  Ladislao di Durazzo

La chiesa di San Giovanni a Carbonara a Napoli è un edificio monumentale ricco di opere di scultura e pittura che la fanno considerare una delle chiese rinascimentali più rilevanti della città partenopea (fig.1).

Fig.1 Pianta descrittiva della chiesa di San Giovanni a Carbonara

La chiesa prende il nome dal toponimo Carbonarius Carbonatum, una zona al di fuori delle mura della città che, nell’Alto Medioevo, fu usata come discarica cittadina del carbone e dei rifiuti di Napoli. Bonificata nel XIII secolo il Petrarca, che a Napoli risiedeva, ci racconta dei numerosi tornei e delle giostre che si tenevano in questa zona.

La sua fondazione fu dovuta all’Ordine degli Eremitani di sant’Agostino; nel tardo medioevo il nobile Gualtiero Galeota, fra gli anni 1339 e ’43, donò all’Ordine degli Agostiniani un terreno su cui costruire la loro chiesa ed il loro convento; l’ampliamento dell’inizio del Quattrocento voluto dal re Ladislao di Durazzo, figlio del Re Carlo III d’Angiò Durazzo, che qui desiderava essere sepolto, portò alla costruzione della chiesa che divenne una sorta di pantheon degli ultimi sovrani angioini. I lavori continuarono dopo la sua morte con Giovanna di Napoli che per il fratello Ladislao fece erigere nell’abside della chiesa un grande monumento funebre.

Fu luogo di incontro fra gli uomini di cultura napoletani nel Rinascimento come Giovanni Pontano, Chariteo e Jacopo Sannazzaro.

Si accede alla chiesa di San Giovanni a Carbonara dalla piazzetta tangenziale all’importante asse stradale rettilineo di via Domenico Cirillo e via Carbonara. Sulla piazzetta si apre sulla sinistra l’ingresso alla chiesa di Pietatella (fig.2);

Fig.2 La scalinata di accesso alla chiesa

una grande scenografica scalinata costruita in piperno da Ferdinando Sanfelice avvolge la cripta della Consolazione a Carbonara al di sopra della quale fu costruita la chiesa di San Giovanni a Carbonara; la cappella di Santa Monica, con ingresso dall’esterno, fronteggia la scalinata e funge da prospetto di tutto il complesso (fig.3).

Fig.3 La cappella di Santa Monica
Fig.4 Dettaglio del fronte della cappella di Santa Monica

La cappella di Santa Monica fu fondata per volere della famiglia napoletana dei Sanseverino, i cui stemmi nobiliari compaiono alla base delle colonne del portale di ingresso quattrocentesco.

Ornata con figure di santi conserva all’interno il monumento Sanseverino di Andrea Guardi da Firenze (fig.4).

L’ingresso alla cappella è sulla destra del fronte mentre sulla sinistra è l’accesso del complesso chiesastico; attraversato l’arco in cima alla scalinata, si accede dunque ad un vasto ed articolato cortile dove è l’ingresso laterale della chiesa. (fig.5).

La chiesa di San Giovanni non ha dunque la consueta facciata, nel senso cui si attribuisce comunemente; tuttavia l’ingresso sottostante della barocca chiesa della Consolazione a Carbonara e, più in alto, il fronte della cappella di Santa Monica formano un bel prospetto che si affaccia sulla piazzetta sottostante

Fig.5 Ingresso alla chiesa di San Giovanni a Carbonara
Fig.6 La navata della chiesa

Separate dal corpo della chiesa e quindi con ingresso autonomo è la cappella Seripando da tempo in restauro; fondata dal cardinale Girolamo, la cappella è caratterizzata dal monumento sepolcrale di Antonio Seripando eseguito da Giovanni da Nola nel 1545. La cappella, talvolta soprannominata del Crocifisso, reca sull’altare una stupenda crocifissione di Giorgio Vasari. Geronimo Seripando, Arcivescovo di Salerno, prima di morire lasciò la porpora per indossare l’abito monastico nello stesso Convento agostiniano di San Giovanni a Carbonara.

Un portale gotico di ingresso alla chiesa, decorato con due pilastri ornati con stemmi degli Angiò Durazzo e Caracciolo del Sole, si apre sul cortile e permette l’accesso laterale alla navata, racchiusa fra la cappella Argento e la cappella d’Eboli di Castropignano (fig.6).

La chiesa di San Giovanni a Carbonara è a croce latina con un’unica navata rettangolare coperta da un soffitto a capriate lignee; presenta ben sette cappelle laterali create nell’ampliamento del secolo XVIII: cinque sulla navata, una nella controfacciata opposta al presbiterio, la cappella Somma, e due nella zona absidale, la cappella Caracciolo di Vico e la cappella Caracciolo del Sole. La cappella di santa Monica che si affaccia sulla scenografica scalinata e la cappella Seripando, dove si trova un Crocifisso di Giorgio Vasari, hanno accesso solo dall’esterno.

Fig. 7 Il monumento funebre di Ladislao di Durazzo

L’abside è dominata dal gigantesco monumento funebre a re Ladislao di Andrea da Firenze, eretto per volontà della sorella Giovanna II (fig.7); su di esso sono raffigurati Ladislao e Giovanna in trono e in sommità re Ladislao a cavallo con la spada sguainata, immagine del tutto inconsueta per una chiesa. Il monumento, datato al 1428 e tradizionalmente assegnato al solo Andrea da Firenze, è in verità opera di artisti toscani e settentrionali.

Il monumento funebre di re Ladislao ha richiesto ben 14 anni per completare tutta l’opera marmorea. Alto 18 metri, quanto la cappella maggiore, il monumento è strutturato in quattro ordini orizzontali e cinque fasce verticali di cui la centrale è circa il doppio delle altre quattro laterali; due fasce verticali del monumento sono addossate alle pareti laterali dell’abside.

Il monumento è sostenuto da quattro colossali cariatidi che rappresentano le quattro virtù, la Prudenza, la Fortezza, la Perseveranza e la Magnanimità; poggia su una grande base marmorea che lascia libero al centro l’ingresso alla cappella Caracciolo del Sole (fig.8).

Fig.8 Le quattro colossali cariatidi

Al secondo livello quattro archi gotici inquadrano un arco a tutto sesto dove sono assisi Ladislao e Giovanna incoronati, con scettro e globo; ai lati, quattro archi gotici, due per parte, inquadrano sei statue sedute rappresentanti le Virtù e i dignitari della corte. L’arco centrale e gli archi laterali sono sorretti da pilastri adorni di statue e decori gotici e sono conclusi da timpani triangolari. Al terzo livello è il sarcofago; sull’urna è la figura morente di re Ladislao benedetta da un vescovo e da due diaconi, mentre due angeli sorreggono le tende del baldacchino; nelle piccole nicchie sono figure di re Ladislao, Giovanna ed i loro genitori Carlo III e Margherita. Due esili pilastri adorni da statue di apostoli, profeti, martiri delimitano gli ultimi due livelli ed inquadrano la scena del re morente. Compresi entro l’arco terminale sono la Vergine e i Santi, sormontati  dalla statua a cavallo di re Ladislao ritratto con una possente armatura (fig.9).

Fig.9 Il sarcofago di Ladislao Durazzo d’Angiò
Fig.10 Napoli, Il Castelnuovo

La qualità della sua esecuzione, la complessità della sua rappresentazione e la molteplicità dei personaggi ritratti fa di questo monumento una delle opere più importanti dell’Italia meridionale nel quattrocento; il metodo narrativo adottato rispetta la tradizione napoletana, in continuità stilistica con le storie di Alfonso d’Aragona rappresentate nell’Arco di Trionfo a Castelnuovo (fig.10).

Per il sottostante passaggio si perviene alla cappella Caracciolo del Sole, pavimentata in tipiche mattonelle maiolicate del secolo XVI. E’ in forma rotonda e suddivisa in otto zone da colonnette gotiche con alta e bella cupola a tutto sesto; vi sono affreschi del secolo XV raffiguranti la vita degli Eremiti Agostiniani rappresentanti la Trinità, la Natività di Maria, l’Annunciazione, la presentazione al Tempio (fig.11).

Fig.11 Il sepolcro di Caracciolo del Sole

Alla parete è addossato il monumentale Sepolcro di Giovanni Caracciolo del Sole, grandioso monumento funerario ed insigne opera rinascimentale di Andrea da Firenze; l’opera si suddivide in tre ordini: il primo vede cinque sculture di virtù che sorreggono l’arca; nello spazio centrale due statue di guerrieri armati di corazze con lo stemma della casata e geni alati sorreggono una corona di alloro. Nel terzo ordine, sopra la cassa funebre, è una base di marmo recante l’iscrizione commemorativa che ricorda la vita di Caracciolo del Sole. A sinistra del presbiterio la cappella Caracciolo di Vico, iniziata nel 1499 e terminata nel 1516 è esemplare per documentare l’influsso del rinascimento romano a Napoli.

Fig.12 La navata verso la controfacciata della chiesa
Fig.13 L’altare Miroballo

Nella navata della chiesa verso la controfacciata (fig.12) è il monumentale sepolcro di Antonio Miroballo, opera di scultori lombardi (fig.13), aggettante sulla navata con un grande portale ricco anch’esso di personaggi scolpiti e concluso in alto da un angelo armato di spada.

Sul lato opposto all’ingresso è la cappella Recco detta anche del Presepe, che in origine ospitava un presepe quattrocentesco le cui figure pastorali supersiti sono state trasferite al Museo nazionale di San Martino.

Al centro della controfacciata, fra i due altari marmorei della Madonna del Carmine, opera del Naccherino e dell’altare marmoreo con bassorilievi della Purificazione di Annibale Caccovello è il portale monumentale che dà accesso alla cappella Somma dove è collocato il sepolcro di Scipione Somma, ritratto, come se dormisse, piegato su un fianco e circondato dagli angeli (fig.14).

Fig.14 La Cappella Somma

La cappella ospita inoltre sulla volta e sulle pareti un ciclo di affreschi sulla passione di Cristo della seconda metà del Cinquecento, di ignoto autore napoletano. Tutte e tre le cappelle disposte lungo la parete destra sono caratterizzate da tre grandi portali di ingresso marmorei di ignoti scultori napoletani del Cinquecento e sono frutto di aggiunte successive all’edificazione della chiesa.

Alle spalle della chiesa di San Giovanni si può accedere all’originario convento agostiniano, contemporaneo alla chiesa, i cui ambienti proseguono sino a via Foria, inglobando anche due torri aragonesi. Il convento seguì le stesse vicissitudini della chiesa, caratterizzate da interventi di arricchimento in particolare nel Cinquecento, con la formazione della biblioteca, voluta dal cardinale Girolamo Seripando e di due chiostri monumentali che si aggiunsero a quello già preesistente.

Francesco MONTUORI  Roma  5 dicembre 2021