di Nica FIORI
REMBRANDT alla Galleria Corsini: l’Autoritratto come San Paolo
Rembrandt van Rijn (Leida 1606 – Amsterdam 1669) si è ritratto in almeno 40 dipinti, una trentina di acqueforti e numerosi disegni, tanto da essere considerato, oltre che il più grande pittore e incisore olandese, uno dei più prolifici autori di autoritratti, continuamente variati nelle pose, nei costumi e nelle espressioni. Gli autoritratti venivano realizzati dal pittore per promuovere la sua immagine pubblica, in quanto esempi caratteristici della sua arte, che era particolarmente apprezzata nella resa delle figure umane.
Fino al 15 giugno 2020 possiamo ammirare nella Galleria Corsini, a Roma, il suo Autoritratto come San Paolo, firmato e datato 1661, con la figura a mezzo busto e il volto che emerge dalla penombra, illuminato da una luce dorata. È l’unico che conosciamo in veste di personaggio biblico, e più esattamente di San Paolo, riconoscibile dall’elsa della spada all’altezza del petto e dal manoscritto che tiene in mano, come pure da quella particolare luce che allude alla sua folgorazione sulla via di Damasco. Una scelta probabilmente non casuale, perché San Paolo riscuote grande importanza nella religione protestante, cui apparteneva il pittore olandese. È un’opera straordinaria, che sembra fatta di carne viva e mostra la modernità della pittura tarda di Rembrandt, come ha evidenziato il curatore della mostra Alessandro Cosma:
“una pittura fatta di tocco, di materia, come si vede bene nel turbante, nel viso, realizzati con pennellate ricche di colore, mentre invece la parte bassa, l’abito, è quasi tirato via, con poche pennellate, perché la parte principale deve essere effettivamente il viso, il viso del pittore stesso“.
L’espressione interrogativa degli occhi e la fronte corrugata sembrano rivelare la vivacità e la forza di carattere di un uomo come Rembrandt, che ha saputo accettare, senza sentirsi sconfitto, i duri colpi della vita, come la morte della moglie e di tre figli, e infine la rovina economica. Secondo una visione romantica divulgata dalla letteratura, egli avrebbe passato i suoi ultimi anni in miseria, ma ciò non è del tutto vero. Certo fu costretto a lasciare la sua ricca dimora in St. Anthoniesbreestraat ad Amsterdam (oggi trasformata in museo), per una molto più modesta, ma il suo nome era tutt’altro che dimenticato.
Il dipinto, proveniente dal Rijksmuseum di Amsterdam, ritorna per la prima volta in Italia dopo il 1799. È un ritorno a casa, sia pure per qualche mese, perché nel Settecento faceva parte della collezione Corsini ed era esposto nella Galleria dei dipinti del palazzo alla Lungara, accanto al ritratto di papa Giulio II.
L’opera fu acquistata, infatti, tra il 1737 e il 1739 dal cardinal Neri Maria Corsini da Marie-Thérèse Gosset, vedova di Nicolas Vleughels, direttore dell’Accademia di Francia a Roma. Ed è proprio il cardinale (nella grande tela di Pietro Paolo Cristofari Clemente XII e il cardinal Neri Maria Corsini) che accoglie l’autoritratto di Rembrandt nella prima sala espositiva, accanto a una selezione di incisioni del genio olandese, che facevano parte della collezione Corsini, mentre nella saletta adiacente sono esposti i documenti che illustrano le vicende dell’opera.
Una recente riscoperta documentaria ha chiarito che il dipinto fu protagonista di un episodio emblematico della dispersione di opere d’arte, durante l’occupazione francese del 1799. Come ha spiegato Alessandro Cosma, in quell’anno, particolarmente difficile per Roma, la famiglia Corsini fu costretta a far fronte alle contribuzioni forzate imposte dal governo francese alle nobili famiglie romane. In assenza del principe Tommaso Corsini, allora in Sicilia, il “maestro di casa” dei Corsini, Ludovico Radice, organizzò la vendita di 25 dipinti della collezione al noto mercante d’arte Luigi Mirri, che immediatamente ne rivendette una parte all’inglese William Ottley.
Le opere vendute in quell’occasione includevano opere come la Visione di sant’Agostino di Garofalo, oggi alla National Gallery di Londra, il Sacrificio di Noè attribuito a Poussin, oggi a Tatton Park, e l’Autoritratto di Rembrandt che passò di mano in mano tra i principali mercanti inglesi attivi a Roma, da William Ottley a Robert Fagan, da James Irvine a William Buchanan. Nel 1807 quest’ultimo lo portò in Inghilterra e, dopo numerosi passaggi collezionistici, il dipinto giunse infine al Rijksmuseum di Amsterdam.
Nel 1800, con la fine della Repubblica Romana, il principe Tommaso Corsini iniziò una causa contro Mirri e Ottley per fermare l’esportazione dei dipinti, ma riuscì a recuperarne solo alcuni, che ancora oggi sono esposti nella galleria: la Sacra Famiglia di Garofalo, la Madonna del latte di Murillo, il Ritratto del cardinale Giacomo Savelli di Scipione Pulzone, il Ritratto di Giulio II allora attribuito a Raffaello, la Salomè con la testa del Battista di Guido Reni, i Cacciatori a cavallo di Philips Wouverman. Peccato che queste belle opere, pur ricordate nell’ambito di questo evento, non siano state evidenziate in alcun modo (non ci sono didascalie, né totem con un minimo di informazioni, come si usa di norma nelle mostre) nel percorso museale, per cui risulta difficile la loro individuazione.
La mostra nella Galleria Corsini è comunque molto apprezzabile, perché riporta il famoso dipinto di Rembrandt nella suggestiva quadreria settecentesca, che ancora oggi è allestita seguendo la disposizione voluta da Neri Maria Corsini, e presenta allo stesso tempo la storia della dispersione dei quadri Corsini nel 1799. I documenti esposti (lettere, stime e documenti processuali), prestati dall’Archivio Corsini di San Casciano in Val di Pesa, permettono di raccontare al pubblico uno dei momenti più critici e difficili per il patrimonio culturale italiano.
Una selezione delle stampe originali di Rembrandt, pure appartenute alla famiglia Corsini, costituisce l’occasione per ricostruire l’apprezzamento che la famiglia aveva nei confronti dell’artista olandese, di cui possedeva oltre 200 stampe, conservate allora nella biblioteca del palazzo alla Lungara, aperta al pubblico e agli studiosi fin dal 1754, e oggi nell’Istituto centrale per la grafica, a Roma.
Possiamo ammiriamo in particolare l’acquaforte, intitolata I tre alberi, che testimonia l’abilità dell’artista nel rendere i valori spaziali e atmosferici. Egli, forse più noto per la raffigurazione di altri temi, si appassionò anche alla pittura di paesaggio e raffigurò in incisioni e disegni i dintorni di Amsterdam.
Un’altra celebre incisione è la Stampa dei cento fiorini, che documenta l’interesse di Rembrandt per la Bibbia, già fonte d’ispirazione per Albrecht Dürer e Luca di Leida, per i quali aveva grande ammirazione e di cui possedeva molte stampe.
Le opere a soggetto biblico, e in particolare le stampe ispirate al Nuovo Testamento, costituiscono il culmine della sua opera grafica. Il tema trattato in questa stampa, alla quale lavorò intorno all’anno 1648, è tratto dal capitolo 19 del Vangelo di San Matteo e rappresenta Cristo che guarisce gli ammalati. Dal punto di vista tecnico quest’opera è insolita per l’uso combinato della tecnica dell’acquaforte, puntasecca e bulino: ne consegue uno straordinario chiaroscuro e una qualità superiore a qualunque altra stampa del maestro. Nei visi delle figure troviamo mirabilmente espressa tutta la gamma di possibili stati d’animo, dall’estasi allo stupore, all’incredulità, all’apatia, al ribrezzo.
Altra notevole incisione evangelica è l’Ecce Homo, ovvero Cristo presentato alla folla (acquaforte e bulino, 1636), dove i giudei sono raffigurati con atteggiamenti beffardi e Pilato appare abbigliato come un sultano orientale.
Sono esposti anche cinque autoritratti, uno dei quali con la moglie Saskia, eseguiti ad acquaforte tra il 1633 e il 1642, incorniciati insieme per via delle modeste dimensioni, che denotano “la costante analisi retrospettiva, legata alla propria evoluzione umana e professionale”, come sostenevano molti critici otto-novecenteschi, ma “oggi più correttamente considerati anche studi di espressioni, teste di carattere, molto vicini a quel tipo di pittura di genere che nelle Fiandre era definito tronie”, come si legge nella scheda di catalogo di Isabella Rossi. Particolarmente interessante per gli effetti chiaroscurali è L’Autoritratto con la sciarpa intorno al collo e il volto in ombra (1633).
Nella saletta dei documenti sono esposte anche due incisioni dell’Autoritratto in veste di San Paolo, realizzate da Giuseppe Longhi e da Charles Turner, in occasione delle due principali vendite del dipinto, la prima nel 1799, quando viene venduto da Palazzo Corsini, e la seconda nel 1809, quando il quadro è arrivato in Inghilterra. È esposto inoltre il Ritratto di Tommaso Corsini, eseguito da Pietro Benvenuti (1802 ca., Firenze, collezione privata). La mostra è accompagnata da un accurato catalogo, edito da Allemandi, con i saggi di Ebe Antetomaso, Jonathan Bikker, Giovanna Capitelli, Alessandro Cosma e schede di Gabriella Bocconi e Isabella Rossi.
Nica FIORI Roma 22 febbraio 2020
Rembrandt alla Galleria Corsini: l’Autoritratto come san Paolo
Galleria Corsini, via della Lungara 10 – Roma
21 febbraio – 15 giugno 2020
Orario: dal mercoledì al lunedì 8.30 – 19.00. La biglietteria chiude alle 18.30; chiuso il martedì. Biglietto BARBERINI CORSINI: intero 12 €, ridotto 2 € (per i giovani dai 18 ai 25 anni), gratuito per gli aventi diritto. Il biglietto è valido dal momento della timbratura per 10 giorni in entrambe le sedi del Museo: Palazzo Barberini e Galleria Corsini.