Daniele Gatti a Santa Cecilia; grande successo con i capolavori di Stravinskij e Prokovief

di Claudio LISTANTI

Lunghi applausi ed ovazioni hanno salutato la fine del concerto del 20 febbraio diretto da Daniele Gatti ed inserito nella Stagione Sinfonica 2019-2020 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Il programma prevedeva l’esecuzione di due straordinarie e popolari composizioni, Petruška di Stravinskij e la Cantata Aleksandr Nevskij di Prokofiev, un insolito abbinamento nonostante la grande fama di cui godono ognuna di esse. Un concerto dal quale il pubblico è uscito visibilmente estasiato per la qualità delle musiche scelte e dell’esecuzione ascoltata.

Fig. 1 Una immagine giovanile di Igor Stravinskij

Petruška è uno dei balletti ‘mito’ di tutta la Storia della Danza. Composto da Igor Stravinskij nel 1910-1911 fa parte di quel periodo ‘aureo’ che vide il musicista russo nel ruolo di pilastro della compagnia Les Ballets Russes di Sergej Djagilev, che può essere considerata fondamentale per lo sviluppo ed il rinnovamento della Danza nel XX secolo i cui effetti si possono ravvisare anche oggi. Petruška, rappresentatoo nel 1911, segue di un anno L’Oiseau de feu e fu composto parallelamente a Le Sacre du Printemps, la partitura più rivoluzionaria di tutte, che vide le scene nel 1913.

E’ una partitura geniale dove gli elementi popolari sono certamente preponderanti ma non oscurano i momenti lirici, malinconici e commoventi. L’orchestrazione è possente e mette in risalto le straordinarie doti di orchestratore che Stravinskij ha sempre dimostrato di possedere durante tutta la sua lunga carriera.    Oltre agli archi l’organico orchestrale prevede un nutrito numero della famiglia dei legni (ottavino, 3 flauti,  2 oboi, corno inglese,  3 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto) degli ottoni (3 trombe, 3 tromboni, tuba) poi 4 corni, arpa, pianoforte, celesta, timpani ed una nutrita sezione di percussioni.

Fig. 2 Un bozzetto di Alexandre Benois per Petruška

Una vera miniera di timbri e colori che riesce a sorprendere e stupire l’ascoltatore con un’orgia di suoni che lo avvolge e lo rapisce. Basta pensare al primo quadro, con la festa della settimana grassa presso la Piazza dell’Ammiragliato a San Pietroburgo. L’atmosfera di festa è palpabile; la piazza e le strade sono affollate di gente preveniente da tutta la città ed attratta da artisti di strada, ballerini, carrozze, soldati, tutto in un turbine di ritmi e suoni interrotto; improvvisamente un rullo di tamburi annuncia l’arrivo di un burattinaio con il suo spettacolo che prevede la partecipazione di alcune marionette inanimate: Petruška, la Ballerina e il Moro.

Fig. 3 Vaslav Nijinsky della parte di Petruška

Questo incipit geniale, che ha come antenato, nella struttura d’insieme, il secondo atto de La Bohéme di Giacomo Puccini del 1896, musicista molto stimato da Stravinskij, costituisce un trascinante spettacolo di danza al quale la musica riesce a dare anima, gesti, comportamenti, frenesie, movimenti e azione grazie ad una qualità di primordine che lo rende ‘solido’ capolavoro. Una qualità musicale che pervade tutto il resto del balletto a partire dall’umanizzazione delle tre marionette ed alla contigua storia d’amore che sfocerà nel triste ed amaro finale con la morte di Petruška e al suo ‘dematerializzarsi’ con la successiva separazione tra corpo e spirito.

L’ascolto della sola parte orchestrale di Petruška conduce tutti coloro che, come noi, sono appassionati di Danza, ad una sorta di ‘estraniamento’ dal contesto del concerto per andare con la mente a quella ‘mitica’ sera del 13 giugno 1911 quando sul palcoscenico del Théâtre du Chatelet di Parigi ci furono i grandi Vaslav Nijinsky (Petruška), Tamara Karsavina (la Ballerina), Alexandre Orlov, (il Moro), Enrico Cecchetti (Il Burattinaio), la splendida cornice delle scene e costumi di Alexandre Benois, la coreografia di Michel Fokine e la direzione d’orchestra di Pierre Monteux, immaginando il clima ed il contenuto artistico di una serata che ha fatto la storia della Musica e della Danza europea. Da quel momento lo splendido balletto prese il volo soprattutto grazie all’entusiasmo del pubblico che superò le diffidenze della critica musicale di allora il cui orecchio ancora non era preparato ad accogliere la grande e straordinaria modernità della musica di Stravinskij.

Fig. 4 Tamara Karsavina nella parte de la Ballerina

Daniele Gatti assieme con il prezioso contributo dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha diretto questa parte del concerto in maniera del tutto efficace per esaltare i contenuti della splendida partitura precisando che è stata utilizzata la versione del 1947. Anche se all’ascolto ci sono state piccole sbavature, che sicuramente scompariranno nelle esecuzioni successive, la sua direzione è stata precisa e lucida evidenziando una piacevole ‘luminosità’ dei suoni con un apprezzabile senso del ritmo ed una attenzione ai colori e ai timbri che hanno reso godibilissima la percezione sonora da parte degli spettatori.

Nella seconda parte c’era Aleksandr Nevskij, Cantata per mezzosoprano, coro e orchestra, op. 78 di Sergej Prokofiev. I toni popolari, brillanti ma anche sensuali, amari e melanconici di Stravinskij lasciano qui il campo ai toni eroici e trascinanti del condottiero del medioevo russo Aleksandr Jaroslevic granduca di Novgorod prode e valoroso condottiero che salvò la sua patria dall’invasione dei mongoli, poi degli svedesi che, sconfitti nella battaglia del fiume Neva, gli fecero acquisire il soprannome di Nevskij. Poi, nel 1242, neutralizzò anche i Cavalieri Teutonici sul lago di Peipus.

Fig. 5 Un fotogramma del film Aleksandr Nevskij di Sergej Ejzenstejn

Siamo intorno al 1938 e l’allora URSS preoccupata dal crescente potere di Hitler e della sua smania di espandersi oltre i confini della Germania, affidarono a Sergej Ejzenstejn il compito di girare un film di propaganda che esaltasse le imprese del Nevskj nello sconfiggere i tedeschi. La colonna sonora di quel film, intitolato proprio Aleksandr Nevskij, fu affidata a Sergej Prokofiev musicista molto abile nella realizzazione di musica per il cinema che operò a stretto contatto con il regista per produrre un film, che al di là delle intenzioni propagandistiche, è una pellicola di straordinarie espressività ed incisività cinematografiche.

Il materiale musicale, poi, fu oggetto di una trasformazione in una Cantata per mezzosoprano, coro e orchestra che fece scaturire una partitura più organica che supera la struttura cinematografica. Fu eseguita in occasione del 18° congresso del PCUS con una esecuzione che lo stesso Prokovief diresse a Mosca il 17 maggio 1939 con la collaborazione del mezzosoprano Valentina Gagarina e l’Orchestra e Coro della Filarmonica di Mosca.

In corrispondenza della stipula del famigerato patto Ribbentrop-Molotov il film fu tolto dalle sale ma rimase la cantata i cui impeti eroici hanno scaldato i cuori di tutti coloro che attraverso i loro ideali combattono contro le ingiustizie e le oppressioni.

Fig. 6 Il direttore Daniele Gatti durante il concerto del 20 febbraio 2020

Anche la partitura della Cantata Aleksandr Nevskij necessita di un organico ricco e variegato, elemento indispensabile per realizzare la ‘monumentalità’ dell’opera e la raffinata strumentazione. Oltre alle parti vocali di mezzosoprano e coro l’orchestra prevede i archi, un cospicuo numero di legni (ottavino, 2 flauti,  2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, sassofono, 2 fagotti, controfagotto), ottoni ( 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba), 4 corni, apra, timpano e percussioni (tamburo, grancassa, piatti, tamburello, maracas, woodblocks, triangolo, tam-tam, campane, glockenspiel, xilofono)

Come nello Stravinskij della prima parte Daniele Gatti ha guidato con autorità tutta l’esecuzione mettendo in risalto tutte le parti trascinanti corrispondenti alla battaglia sul lago ghiacciato ed al colossale trionfo finale riservando anche un giusto ‘pathos’ ad un momento come quello dello straziante lamento funebre in onore dei caduti della battaglia materializzatosi anche con la bella e profonda voce del mezzosoprano Ekaterina Semenchuk, vera specialista per questo ruolo. Oltre alla straordinaria prova dell’Orchestra, incisivi ed energici gli interventi del Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretti da Piero Monti che hanno dato il giusto spessore a tutte le parti d’insieme previste nella partitura.

Fig. 7 Ekaterina Semenchuk, Daniele Gatti e Piero Monti al termine del concerto del 20 febbraio 2020.

Al termine del concerto il pubblico ha riservato un vero e proprio trionfo per tutti gli interpreti in particolare per la prova emozionante ed esaltante di Daniele Gatti.

Claudio LISTANTI    Roma 22 febbraio 2020