Perché Roma non ha il grande Museo? Riflessioni sulle complessità di una questione oggi di particolare attualità

di Maria Grazia BERNARDINI

Roma, la più bella città del mondo

L’intervento di Carlo Calenda sul sistema museale romano, in occasione delle elezioni al nuovo sindaco di Roma, ha avuto il merito di accendere i riflettori sulle complesse problematiche del patrimonio culturale romano, come dimostrano, tra gli altri, gli interventi di Vittorio Sgarbi ( Cfr. https://www.aboutartonline.com/la-proposta-di-calenda-sul-museo-di-roma-tutto-meno-che-una-provocazione-vittorio-sgarbi-rilancia-e-pensa-ad-una-federazione-di-musei/ ) e Sergio Rossi ( Cfr. https://www.aboutartonline.com/ancora-sul-museo-di-roma-proposto-da-carlo-calenda-no-alle-pregiudiziali-discutiamo-dei-contenuti/ su questa rivista. Vorrei riallacciarmi all’articolo di Sergio Rossi apparso il 29 agosto 2021 e aggiungere qualche breve riflessione sull’argomento che possa fornire qualche elemento utile per trovare le migliori forme di gestione. Le opere d’arte a Roma sono così vaste, ricche, straordinarie che rischio di essere superficiale nel descriverle in così poche righe, ma desidero solo evidenziare le caratteristiche principali e ricordare perché Roma non ha il museo con la M maiuscola.

Roma, città eterna: le sue testimonianze artistiche coprono un arco temporale incredibile, tremila anni. Resti dell’antica Roma (Roma quanta fuit ipsa ruina docet), le chiese paleocristiane, le torri, i palazzi e le chiese medioevali, e poi il Quattrocento, l’esplosione della grande arte rinascimentale, il Barocco, e così via. Chiese, oratori, chiostri, palazzi, piazze, vie, fontane, collezioni, musei: Roma, si sa, è un mondo infinito, difficile da scoprire per la sua vastità e la sua varietà.

Basilica di san Clemente, interno

Una visita alla Basilica di San Clemente rappresenta un viaggio nella storia: si inizia con le decorazioni settecentesche della navata centrale, si prosegue con gli affreschi quattrocenteschi (di Masolino) nella Cappella di Santa Caterina, per poi ammirare estasiati il mosaico del 1118 nella calotta absidale e il pavimento cosmatesco; si scende di un livello e si rimane affascinati dalla vastità dell’ambiente paleocristiano e si possono osservare gli affreschi con le prime parole in italiano; si scende ancora a visitare i resti di antiche costruzioni romane.

Santa Maria del Popolo, Cappella Chigi

Visitare la chiesa di Santa Maria del Popolo significa visitare un vero e proprio museo. Lì hanno lasciato capolavori Pinturicchio, Raffaello, Sebastiano del Piombo, Caravaggio, Giovan Lorenzo Bernini, Carlo Maratti, per citare solo gli artisti più importanti. Bernini, incaricato di modernizzare l’aspetto della navata della chiesa che risaliva al Quattrocento, è entrato in punta di piedi e ha mantenuto l’aspetto originario: ha dato più luce all’ambiente, ha eliminato le numerose lapidi che alteravano le linee rigorose delle colonne e degli archi che delimitano la navate centrale e ha aggiunto solo alcuni elementi decorativi che alleggeriscono l’insieme: figure di sante vergini che si adagiano sugli archi che corrono lungo la navata e ha creato un insieme plastico ricco di simbolismo nei transetti, arricchendo le mostre degli organi con una superba fronda di quercia che si innalza verso l’alto, così come la musica rapisce l’animo al cielo.

Eppure Roma non ha un museo in cui identificarsi, non ha un Louvre, un Prado, un Metropolitan Museum of Art: non lo sono i Musei Vaticani, che fanno parte di una Stato estero, non la Galleria Nazionale d’Arte Antica di palazzo Barberini e Palazzo Corsini, tra l’altro poco nota e poco visitata, non i Musei Capitolini, che pur ricchissimi d’arte, non possono considerarsi il museo più rappresentativo di Roma, non il Museo Nazionale Romano, suddiviso tra le sedi di Palazzo Altemps, Terme di Diocleziano, Palazzo Massimo e la Cripta Balbi, che conservano opere dell’antica Roma.

Perché Roma, città così importante, non ha il grande Museo?

La risposta ce la fornisce proprio la storia di Roma. Chi non conosce, almeno a grandi linea la storia della città eterna? Roma ha fatto parte, fin dall’Alto Medioevo, dello Stato Pontificio e la carica di pontefice non è mai stata ereditaria ma elettiva, a differenza delle grandi monarchie europee. Così quando un nuovo papa veniva eletto, la famiglia alzava il suo stato sociale e si doveva affrettare a individuare un palazzo nobile, a creare una collezione d’arte che desse prestigio alla casata mentre il papa si dedicava alla costruzione della città santa. Così nacquero le numerose collezioni d’arte, alcune ormai disperse, altre fuse con altre raccolte e destinate a formare i nuclei dei nostri musei, altre ancora private, come la Collezione Doria Pamphilj, la Collezione Pallavicini, la Collezione Colonna e il loro meraviglioso palazzo, altre acquisite dallo Stato, come la Collezione Borghese e la famosa Villa, la Galleria Corsini e il palazzo, sede dell’Accademia dei Lincei. Così sorsero i grandi palazzi, Palazzo Borghese, Palazzo Barberini, Palazzo Pamphilj di piazza Navona, sede oggi dell’Ambasciata del Brasile, e tante altre ville orami distrutte, tra le quali la Villa Montalto con la famosa Peschiera, il grande giardino con la fontana più bella della città (del primo Seicento), e così via.

I vari pontefici che si sono succeduti negli anni, pur nello loro profonda differenza di cultura, di carattere, di finalità e nei diversi contesti storici, hanno sempre avuto l’attenzione e la cura per la città di Roma.

Ecco dunque le chiese, le vie, le piazze, gli arredi urbani, gli ospedali. Ecco perché Roma è bella: l’attenzione dei pontefici alla Forma Urbis, a creare le prospettive, le vie di fuga, le fontane, le scalinate, le colonne, ha conferito alla città un aspetto unico. Si crearono le prospettive a piazza del Popolo da cui partono le tre vie (il Tridente), al Porto di Ripetta, che era fronteggiato dalle due chiese gemelle (San Rocco e San Girolamo dei Croati), a corso Rinascimento, a cui faceva da sfondo (ed è tuttora così) la facciata di Sant’Andrea della Valle.

Piazza Navona. Fontana dei Fiumi

Nel 1651 fu inaugurata la Fontana dei Fiumi, in cui in alto, alla sommità dell’obelisco svetta la colomba dei Pamphilj per denotare la vasta area di piazza Navona coma corte della famiglia Pamphilj; pochi anni prima era stata realizzata la Fontana del Tritone con i simboli dello stemma dei Barberini per ricordare che lì accanto c’era la grande reggia dei Barberini. E ancora la Fontana di Trevi, la Scalinata di Trinità dei Monti, via Condotti, ma si potrebbe continuare a lungo. Tra l’altro i papi si interessavano anche di problemi pratici: ad esempio Alessandro VII, nel definire la piazza antistante la chiesa di Santa Maria della Pace, si preoccupava che vi fosse lo spazio necessario perché le carrozze potessero girare e tornate indietro.

Il patrimonio museale romano è in linea di massima recente, si è formato alla fine dell’Ottocento, dopo l’Unità d’Italia. La Galleria Nazionale d’Arte Antica fu fondata nel 1885, ospitata prima a palazzo Corsini e poi, nel 1959, a palazzo Barberini.

Galleria Corsini; sala interna

Si poteva chiudere la parte della Galleria situata a Palazzo Corsini e trasferire tutti i dipinti a palazzo Barberini, ma gli esponenti del mondo accademico si sono ribellati: la collezione di palazzo Corsini si era costituita all’inizio del Settecento quando un esponete della famiglia Corsini divenne papa (Clemente XII). E’ un piccolo gioiello destinato ad un pubblico colto e raffinato, che ricorda il grande mecenatismo dei Corsini, le loro raccolte d’arte hanno costituito il fondo fondamentale della Galleria Nazionale d’Arte Antica, dell’Istituto Centrale per la Grafica, della Biblioteca Corsiniana, e il loro giardino è la parte fondamentale dell’Orto Botanico. Chiuderla significava cancellare un pezzo della nostra storia.

Una vicenda simile ha il Museo Nazionale Romano, sorto alla fine dell’Ottocento (1889), per raccogliere materiali archeologici di varia provenienza, frutto di scoperte e di scavi, in stretta connessione dunque con il territorio. E proprio qui è la differenza con il Metropolitan Museum of Art di New York. Il museo americano è nato nel 1870 per volontà della città di New York con lo scopo di raccogliere opere d’arte rappresentative di tutti i periodi storici e di tutto il mondo. I musei romani invece riflettono strettamente la storia della città e sono indissolubilmente legati al territorio.

Musei Capitolini, lo Spinario

Altra storia e davvero singolare è la nascita dei Musei Capitolini. Nel 1471 Sisto IV donò al Comune di Roma una raccolta di bronzi, di grande valore simbolico (tra i quali la Lupa e lo Spinario)  che costituì il nucleo più antico della raccolte comunali, al quale si aggiunsero nei secoli successivi nuclei fondamentali di reperti antichi e di collezioni di dipinti (collezione Sacchetti e collezione Pio). Nel 1734 le raccolte furono aperte al pubblicò divenendo così il primo museo pubblico.

Passeggiando per Roma, ammirando le antiche rovine, visitando collezioni d’arte ed edifici privati, comunali, statali e ecclesiastici, si apprende la storia della città di Roma, nel confronto tra Papato e Comune, tra Comune e Stato, tra Stato e privato. Roma è complessa, è stratificata, è multiforme, è meravigliosa e unica propria per la storia millenaria e per la qualità dell’arte. La parcellizzazione del patrimonio artistico, sia esso conservato nei musei pubblici, nelle collezioni private, nelle chiese, negli oratori, nella città, riflette la lunga e singolare storia di Roma.

E’ del tutto evidente che è necessario un efficiente coordinamento che in questa vasta congerie di enti culturali di vario titolo e di diversa proprietà giuridica (Soprintendenze statali, soprintendenze comunali, musei, Fondo per il Culto, CEI, privati, e così via), da una parte eviti disservizi e confusione tra i turisti, dall’altro offra strumenti chiari per una migliore comprensione dell’arte e della città di Roma, la città più bella del mondo.

Maria Grazia BERNARDINI   Roma 3 ottobre 2021