Ancora sul Museo di Roma proposto da Carlo Calenda, no alle pregiudiziali, discutiamo dei contenuti

di Sergio ROSSI

Voglio subito sgombrare il campo da un equivoco: la proposta di Carlo Calenda sul Museo di Roma non è assolutamente di destra, e se una parte di quest’ultima sta cercando di appropriarsene è solo per colpa di una certa sinistra miope e bottegaia che invece di aprirsi al futuro pensa ormai solo (ma fino a quando?) a difendere piccoli interessi corporativi, per lo più di gente (e questo è il paradosso) che per tutta risposta non fa che sputargli addosso.

Per fortuna non tutta la sinistra è così, certo non lo sono io, che di questa proposta intendo ora discutere nel merito, senza aprioristici preconcetti, apprezzandone alcuni aspetti e criticandone altri. Ma quello che più mi ha infastidito finora è che, a parte alcuni articoli ben ponderati e in buona parte condivisibili, anche se di segno opposto, come quello di Giuliano Volpe sull’Huffington Post e quello di Vittorio Sgarbi su questa stessa Rivista, su cui tornerò (cfr https://www.aboutartonline.com/la-proposta-di-calenda-sul-museo-di-roma-tutto-meno-che-una-provocazione-vittorio-sgarbi-rilancia-e-pensa-ad-una-federazione-di-musei/, ho visto più reazioni isteriche che ragionamenti pacati. Si va dalla comicità involontaria di Rita Borioni quando afferma:

“Immaginiamo i Musei Capitolini con 6,5 milioni di visitatori (quanti quelli dei Vaticani nel 2018): è chiaro a tutti che produrrebbero file interminabili in piazza del Campidoglio fino almeno a piazza Venezia e agli ingressi dei Fori”;

agli epiteti al limite dell’insulto come quelli di Ilaria Miarelli Mariani,progetto vago e fumoso”, “follia”; alla supponenza insopportabile di Flaminia Gennari Santori, che dall’alto di una presunta (solo da lei) superiorità, considera l’idea di Calenda talmente ridicola da non poter nemmeno abbassarsi a discuterne.

Ma stiamo scherzando? Manteniamo almeno un minimo di senso della misura. Invito che rivolgo anche all’onnisciente (a giudicare dalla sterminata varietà di argomenti di cui discute quotidianamente su giornali e canali televisivi di ogni ordine e grado) Tomaso Montanari, il cui no a prescindere a tutto e a tutti è diventato ormai il proprio segno inconfondibile. Discutiamone dunque e consideriamo quello di Calenda come un salutare sasso lanciato nello stagnante magma del panorama culturale italiano in genere e romano nello specifico. Certo, come ricorda Volpe, si tratta di argomenti complessi di cui si dibatte da decenni e decenni, con commissioni e contro commissioni, tra cui quella appunto presieduta dall’archeologo, che hanno avanzato anche proposte articolate, ma rimaste per lo più inattuate ed al cui confronto quelle di Calenda possono anche apparire considerazioni affrettate, ma che partono comunque da dati ineccepibili.

Come contestare infatti che il patrimonio archeologico romano (e aggiungo io etrusco), a parte ovviamente il Foro Romano, sia oggi suddiviso in almeno undici sedi diverse: Musei Capitolini, Museo Palatino, Antiquarium Forense, Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo alle Terme, Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps, Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano, Museo Nazionale Romano della Crypta Balbi, Museo della Civiltà Romana, Ara Pacis, Museo Etrusco di Villa Giulia e Centrale Montemartini. Un’autentica follia!

 La soluzione ottimale sarebbe quella auspicata da Sgarbi e cioè riunire tutto quello che è trasportabile nell’area del Campidoglio, spostando la politica da Palazzo Senatorio e creare così una sorta di Louvre dell’antichità romana, da inserire in un percorso didattico-museale che includa anche luoghi come l’Ara Pacis o Villa Giulia; ma purtroppo la ritengo del tutto irrealizzabile in un paese come l’Italia dove le pastoie burocratiche, i veti incrociati e i cani da guardia intenti esclusivamente a marcare il proprio territorio per difendere i loro piccoli posti di potere, la fanno da padrone. Certo ci si potrebbe almeno provare. E non dovrebbe essere un ostacolo il fatto che alcuni dei Musei prima citati posseggono una propria autonomia gestionale, perché il tutto dovrebbe avvenire appunto nel quadro di un mutamento radicale ed epocale che dovrebbe coinvolgere, Stato, Comune e perché no anche privati, mutamento che naturalmente non avverrà mai.

 L’alternativa, comunque, non può nemmeno essere quella di riunire tutta l’arte prodotta a Roma in un grande Museo Virtuale, ipotesi cui sono radicalmente, anzi ferocemente, contrario: un conto è infatti dotare i musei veri di adeguati supporti tecnologici, un altro conto è creare delle specie di giganteschi video giochi in cui al posto di Zelda, Lara Croft, Super Mario o Frank West vi siano la statuaria greco-romana, Michelangelo o Raffaello, il che è didatticamente e financo eticamente opposto a qualsiasi forma adeguata di diffusione del patrimonio artistico, in particolare tra i giovani e gli studenti: infatti le opere d’arte vanno osservate nella loro fisica concretezza, intorno alle statue bisogna poterci girare, i dipinti vanno analizzati pennellata per pennellata, bisogna respirarli e financo odorarli.

A proposito dei dipinti, l’altra proposta calendiana di riunire le pinacoteche dei Musei Capitolini e di Palazzo Barberini in un unico contenitore è sicuramente irrealizzabile, ma anche lasciare tutto com’è non va assolutamente bene. Al contrario sarebbe assai utile riunire le Gallerie prima citate insieme a quelle di Palazzo Corsini, Palazzo Spada ed alla Villa di Agostino Chigi alla Farnesina in un unico percorso didattico-espositivo adeguatamente spiegato e pubblicizzato, con un unico biglietto usufruibile in più giorni e perché no collegato da minibus circolari ad orari certi e che partano (come era un tempo) dal Parcheggio di Villa Borghese e tocchino o lambiscano i vari musei, fra l’altro attraverso un itinerario già previsto dalle normali fermate dell’Atac; bus quindi aperti a tutti ma gratuiti per chi ha il tagliando del Parcheggio o il biglietto dei Musei in questione. Ed a questo percorso se ne potrebbe aggiungere un altro, interamente pedonale e circolare, che parta e si concluda in Piazza del Popolo e coinvolga questa volta le principali chiese del centro storico, da S. Agostino a S. Maria della Pace, da S. Luigi dei Francesi a S. Andrea della Valle, dal Gesù a S. Ignazio, anche questo supportato da un’adeguata cartellonistica esplicativa.

Quello che invece mi convince meno delle considerazioni del candidato sindaco, non è tanto ciò che ha detto, su cui sono prontissimo ad entrare nel merito punto su punto, ma quello che ha taciuto a proposito delle due autentiche vergogne riguardanti il patrimonio museale italiano in genere e romano in particolare. La prima vergogna, la cui soluzione non dipende certo dal futuro sindaco chiunque esso sia, ma sulla quale sollecito Calenda (ed anche Sgarbi) a prendere una posizione netta e chiara, riguarda il fatto che in un paese di vecchi e pensionati come l’Italia gli over 65, unici o quasi in Europa, debbano pagare l’intero prezzo di entrata ai Musei statali. La seconda riguarda la mancanza nella nostra città di un grande Museo d’Arte Contemporanea degno di questo nome, ché tali non possono certo definirsi né la G.N.A.M, né il MACRO, né il MAXXI, né tanto meno la GAM di Roma Capitale.

Grande Museo che andrebbe creato ex novo attraverso una imponente opera di acquisizione (anche temporanea) dei capolavori dei massimi artisti internazionali a Roma purtroppo per niente o assai poco presenti, da Kiefer a Baselitz, da Rotko a Sutherland, tanto per fare i primi nomi che mi vengono in mente e che proietti finalmente Roma nel XXI secolo, cosa che il MAXXI non ha nemmeno provato a fare, oltre che rappresentare adeguatamente quegli artisti che a Roma sono nati o hanno a lungo vissuto, da Schifano a Festa, da Angeli a Kounellis.

Comunque i musei esistenti manterrebbero una loro importante funzione: la GAM potrebbe diventare un prezioso scrigno della prima scuola romana; la GNAM, un po’ come il Museo Correr a Venezia, potrebbe occuparsi dell’arte italiana del tardo Ottocento e della prima metà del Novecento; il MACRO ed il MAXXI, oltre che ad importanti esposizioni temporanee potrebbero dedicarsi ad espressioni artistiche non adeguatamente rappresentate, come la fotografia, la video art in tutte le sue forme ed anche aprirsi ai giovani di talento che tardano a farsi strada nell’attuale sistema espositivo.

Naturalmente mi rendo conto che è assai più probabile che un simile progetto sia attuato prima da Richard Branson o da Jeff Bezos sulla Luna o su Marte che a Roma dai nostri politici e rappresentanti dei Beni Culturali, ma utopia per utopia, provocazione per provocazione, anche io voglio dire la mia.

Sergio ROSSI  Roma 29 agosto 2021