Parla Raffaella Morselli: “Novità importanti su Guercino a Villa Ludovisi. La vendita della Villa? La stima è corretta, ora Franceschini promuova una fondazione pubblico-privato”

di P d L

Raffaella Morselli è ordinaria di Storia dell’Arte moderna presso l’Università di Teramo; numerose le sue pubblicazioni in particolare sulla pittura e sugli artisti emiliani; ha curato esposizioni e ha partecipato a conferenze e convegni in Italia e all’estero; ha ricoperto incarichi anche in varie istituzioni universitarie estere. L’abbiamo incontrata per avere il suo punto di vista sulla questione della vendita di Villa Ludovisi, dal momento che ha partecipato direttamente al progetto diretto da Barbara Ghelfi sugli affreschi di Guercino nel Casino della Villa e ha seguito anche la vicenda della stima delle parti pittoriche del complesso fatta dal Prof. Alessandro Zuccari e giudicata da alcuni eccessivamente elevata. Nel corso della conversazione sono venute fuori osservazioni importanti a questo riguardo ma soprattutto novità assai significative sulla tecnica del pittore di Cento che consentirebbero di riscrivere una pagina importante della storia dell’arte.

Prof.ssa Morselli, dunque hai potuto vedere gli affreschi del Guercino da vicino? Prima di entrare nel discorso di stretta attualità sulla vendita della Villa Lud0visi, mi preme sapere cosa hai osservato e se ci sono novità da raccontare.

R: In effetti, seguo il progetto Guercino oltre il colore dell’Università di Bologna, curato da Barbara Ghelfi, e dal 2019 ho avuto l’opportunità di verificare di persona lo stato di conservazione dei dipinti murali. Ma prima di rispondere lasciami dire dell’ottimo rapporto che si è stabilito con la vedova del principe Niccolò, la principessa Rita Boncompagni Ludovisi, persona di squisita gentilezza che conosce perfettamente l’importanza della villa e del suo patrimonio di pitture murali. Si tratta di una donna intelligente e appassionata e per questo la sua principale preoccupazione è mantenere la fruibilità dei beni nella consapevolezza che per far questo occorre uno sforzo finanziario davvero importante.

-Si può dire allora che l’eventuale acquirente dovrà riflettere attentamente su quanto lo potrà impegnare l’acquisto, ma è un tema che vorrei riprendere più avanti se sei d’accordo perché mi interessa innanzitutto sapere cosa hai potuto osservare mentre eri davanti alle pitture murali di Guercino, se le vostre indagini sono finite e se saranno pubblicate.

R: Pubblicheremo gli esiti dei nostri studi in un numero monografico della rivista Storia dell’Arte, a cura di Daniele Benati, Barbara Ghelfi e mia, che si prevede uscirà nella primavera del ’22 e che riguarderà proprio Guercino e l’Aurora. Renderemo noto anche quanto è emerso riguardo i rapporti della committenza, cioè del cardinale Ludovico Ludovisi con l’artista, e particolare attenzione sarà data ai risultati delle indagini diagnostiche che riservano numerose novità.

-Ci puoi anticipare qualcosa?

R: Ad esempio che Guercino non ha dipinto a fresco, questa è la prima novità.

-Beh, non certo di poco conto.

R: Effettivamente Guercino non ha realizzato affreschi, ma ha utilizzato una tecnica mista, dipingendo prevalentemente a secco. Questo è ciò che emerge dalle analisi condotte dal Laboratorio Diagnostico del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, rese note nell’ambito di un recente convegno dedicato a papa Gregorio XV Ludovisi, organizzato dalla Rutgers University (New Jersey) in collaborazione con la Kutztown University (Pennsylvania). Altra importante acquisizione: l’artista interviene sulle architetture dipinte da Agostino Tassi che quindi erano già state realizzate al momento del suo intervento. Tieni poi presente che lo stesso Guercino era praticamente di casa presso i Ludovisi e interviene quando la composizione architettonica era già pronta, tant’è vero che nel dettaglio in cui l’arco si apre si vede bene che è stato coperto dal dipinto del Guercino, e che al di sotto emerge l’architettura. Va detto che Tassi era all’epoca il “guardarobiero maggiore” di casa, cioè aveva in mano le chiavi per accedere agli ambienti e alle opere d’arte.

-Avete potuto ricostruire l’ordine dei lavori?

R: Posto che stiamo ancora studiando e riflettendo sugli esiti delle indagini svolte, posso avanzare la mia idea, cioè che Guercino abbia iniziato con la Camera dei Paesaggi e apro una parentesi per sottolineare come già in questo primo ambiente siamo di fronte a capolavori strepitosi, infatti vi lavorarono oltre a Guercino, Domenichino, Brill e Viola. A seguire credo sia stata dipinta l’Aurora e per ultima la Fama al piano superiore, e dalle immagini riprese dallo staff del Laboratorio Diagnostico dell’Università di Bologna si vede assai chiaramente come l’artista centese lavori perfettamente col gessetto nero per definire i contorni delle figure. Si tratta di dipinti eccezionali che in alcuni casi presentano alcune ridipinture, come nel blu del cielo dell’Aurora.

-Avete potuto appurare l’epoca o le epoche delle ridipinture?

R: Probabilmente risalgono ad epoche diverse; di certo abbiamo rinvenuto una relazione conservata presso l’Archivio Segreto Vaticano, datata negli anni ’20 dello scorso secolo a firma di Pico Cellini, che è l’unica certa sotto questo aspetto.

-Tra gli artisti coinvolti c’era anche un certo Caravaggio.

R: Certo, e il suo dipinto si trova in un piccolo camerino al primo piano, in una zona del palazzo che è stata trasformata intorno agli anni ’50 del Novecento. Di fronte al camerino si apre un appartamento oggi completamente vuoto e in gran parte controsoffittato. Da alcuni sondaggi effettuati risulta, inoltre, che nel Casino ci sono altri affreschi di epoca settecentesca; insomma, il luogo è davvero un unicum, una straordinaria pinacoteca murale con decorazioni che vanno dal Cinquecento all’Ottocento.

-Prima parlavi del ruolo di assoluto protagonista di Agostino Tassi nella gestione delle opere d’arte per i Ludovisi, si può pensare allora che il Guercino sia stato comandato da lui per quelle imprese di cui parlavi e che tutti apprezzano?

R: No, non credo, come ho detto Guercino era praticamente di casa dai Ludovisi e tutto lascia credere che sia stato chiamato direttamente da loro; quello che c’è da sottolineare è che arrivava dalla provincia, da Cento, dove aveva una bottega fiorente, e si ritrova protagonista di un cantiere importantissimo con un modus operandi tipicamente romano, assai distante cioè da quello cui era abituato.

-E questo cosa poteva significare? Mi pare un tema da approfondire.

R: Dobbiamo provare ad immaginare lo stato d’animo di un giovane artista che si trova di fronte una realtà e un modo di lavorare del tutto differenti, che non conosce. Sappiamo che a Roma abita con Guido Cagnacci, con il mosaicista Marcello Provenzale e si affaccia in un mondo che in questi anni è pieno di cantieri di eccezionale portata, che per lui sono una totale novità, dove per l’appunto c’è un capocantiere e altre maestranze che collaborano insieme. É una dimensione del tutto nuova , che produce le conseguenze che stiamo valutando, grazie anche alla totale disponibilità della principessa Rita Boncompagni Ludovisi, che, mi piace ripeterlo, ha sempre dimostrato un sincero interesse nei confronti della tutela del patrimonio Ludovisi.

-Puoi dirci qualcosa di più su questo?

R: Quello che so l’ho appreso dalla stampa, ma come dicevo prima occorre rimarcare  l’attenzione mostrata dalla principessa e di cui siamo stati buoni testimoni tanto io che i miei colleghi Barbara Ghelfi e David M. Stone. L’ospitalità di Rita Boncompagni Ludovisi è stata davvero squisita e ci ha permesso di studiare con la calma necessaria le straordinarie opere d’arte conservate nella sua residenza.

-Per tornare al tema dei dipinti del primo Guercino, da come lo hai descritto mi pare si delinei una figura non del tutto combaciante con quanto acquisito fin qui dalla critica specialistica, è così?

R: Il tema merita un approfondimento. Guercino, come dicevo, arriva a Roma da provinciale disabituato alle logiche della città artisticamente più importante al mondo. Possiamo immaginare il suo stupore quando alza gli occhi sui monumenti che lo circondano, su una realtà tanto distante dalla sua a cui si avvicina per la prima volta. Sottolineo il fatto che non arriva da Bologna, la seconda città dello Stato pontificio, ma da Cento, con un retroterra artistico del tutto ferrarese-centrico, e infatti nell’Aurora si vedono chiaramente le citazioni da Dosso Dossi, suggestioni quasi letterali, si pensi ai bellissimi fiori bianchi di campo sparsi dalla dea. Ecco questo non è un mondo romano, bensì una dimensione fiabesca di derivazione emiliana, che impatta con la realtà di una capitale in quei tempi in grandissimo fermento. Guercino si pone al servizio di Ludovico Ludovisi, il cardinal nepote, la personalità più potente del tempo dopo il Papa, peraltro in un luogo meraviglioso: noi oggi vediamo solo l’ultima porzione di quello straordinario complesso che erano la villa e il casino, con gli orti meravigliosi decantati da Stendhal e da Goethe. Insomma Guercino entra in un luogo completamente diverso da quelli che aveva frequentato fino a quel momento.

-Tu insisti su questa caratteristica diciamo così provinciale dell’artista che arriva a Roma, ma ti chiedo: quanto può essere stato contaminato dall’ambiente romano e, al contrario, quanto può aver lui influenzato artisticamente quell’ambiente, pensando al fatto che in quegli anni, all’inizio del terzo decennio del Seicento, la temperie caravaggesca è già in via di esaurimento?

R: Guercino ha sempre una sua caratteristica tipica, una sorta di ‘verve’ molto accentuata che lo rende originale in quel contesto romano di grandi lavori e mutamenti dei linguaggi artistici. Non a caso, a parere della critica, questo è il suo momento migliore, sono gli anni più belli, gli anni della ‘gran macchia’, del blu intenso, che Roberto Longhi descrive brillantemente come “tempolaresco, maculato, bruscato”, giudizio in cui mi rifletto pienamente. Dopo di che è ovvio che il pittore si guardi attorno e non può non rimanere indifferente a quanto realizzato da Guido Reni ad esempio nell’Aurora per i Borghese, e naturalmente guarda anche Caravaggio, non fosse altro perché lavorava a qualche metro da quel capolavoro che è Giove, Nettuno e Plutone del genio lombardo; tuttavia il centese mantiene questo sentimento umorale, temporalesco come diceva Longhi, che non appartiene ad altri e che nel tempo ha avuto grandi estimatori.

-Uno dei massimi esiti, capolavoro assoluto della storia dell’arte è il Seppellimento di Santa Petronilla.

R: Il Seppellimento di Santa Petronilla, oggi ai Musei Capitolini è un’invenzione straordinaria, meriterebbe un discorso a parte, basta osservare la posizione della santa che non è chiaro se venga issata o deposta da quelle mani  in primo piano che sostengono o viceversa abbassano il corpo. E poi c’è quella coroncina di fiori, i fiori di campo della campagna emiliana che ritroviamo nell’Aurora, che Guercino descrive come se guardasse un campo di ranuncoli appena fuori da casa sua, sulle rive del fiume Reno.

-Dunque, a tuo parere il suo retroterra, cioè la formazione centese resiste e si afferma artisticamente anche a Roma, pur a fronte di esperienze e linguaggi differenti?

R: Secondo me la formazione centese resiste per un lungo tratto; Guercino ha sempre Dosso nella mente e negli occhi, d’altra parte ci si rende conto osservando da vicino il dipinto del Casino Ludovisi come la sua pittura irrompa e non solo in senso figurato, perché effettivamente rompe letteralmente il limite dell’architettura tassiana: il pittore la trova pronta e decide di infrangerla, come volesse dire che la forza del carro dell’Aurora supera ogni limite e butta giù ogni ostacolo.

-Secondo te a quel tempo ci fu una percezione del genere? Voglio dire: era possibile individuare questi significati dietro i dipinti?

R: Il discorso riguarda anche come venivano visti i dipinti, perché riguardo al camerino alchemico, ad esempio, vanno ancora chiarite molte cose, a cominciare da dove era posto l’accesso. Oggi non lo sappiamo, però dalla parte della scala a chiocciola c’è una porta: dove conduce? Non si sa, occorrerebbe aprirla, vedere cosa c’è oltre. Personalmente durante queste ricerche sono stata spesso nel Camerino di Caravaggio, dove si nota un ovale imbiancato, assieme alle pareti, molte volte che presenta dei sollevamenti di colore che fanno intravedere un pannello verde, in rame: di cosa si tratta? Sarebbe bene pulirlo completamente, pensare se potesse fare parte dell’apparato necesssario al fuoco alchemico; ma chi può farlo oggi come oggi?

-Mi pare che siamo di fronte al problema dei problemi: chi acquisterà questa proprietà, chiunque esso sia, sarà disposto a fare ulteriori ricerche, nuovi sondaggi, altre verifiche?

R: E’ un bel problema davvero. Non sappiamo come finirà la vicenda della vendita, però è chiaro che per le pitture c’è la necessità di provvedere a interventi di manutenzione straordinaria; se il dipinto di Caravaggio non mostra problemi dopo il restauro di qualche anno fa, al contrario le pitture del Guercino hanno bisogno di cure.

-Ti chiederei ora di pronunciarti su un tema che sta facendo discutere. Avrai letto senz’altro le prese di posizione riportate anche sullo ‘speciale’ di About Art riguardo alla stima che molti ritengono troppo elevata e che metterebbe fuori gioco lo Stato italiano qualora avesse intenzione di procedere all’acquisto.

R: Secondo me siamo di fronte non tanto a una diatriba ma a una sorta di ragionamento collettivo in cui ognuno esprime il suo punto di vista. Occorre partire da un dato di fatto, cioè che un magistrato ha chiesto al prof. Alessandro Zuccari una perizia delle pitture murali del casino Ludovisi, quando ancora non si sapeva in che modo sarebbe stata utilizzata tale perizia. Non era noto a nessuno che il bene sarebbe andato all’asta.

-Ti fermo, perché questa è una novità, mi pare importante, se non proprio dirimente.

R: Lo posso confermare: quando il giudice chiese la perizia al prof. Zuccari era una questione di stima e non si sapeva come sarebbe andata avanti la questione, cioè che ci sarebbe stata un’asta pubblica. Alessandro Zuccari ha ricevuto l’incarico di stimare i dipinti e gli oggetti della villa. Devo dirti che ho letto con grande attenzione l’articolo dell’avvocato Gloria Gatti che esprime un punto di vista certamente confacente, tuttavia lei parte dal presupposto che il bene avrebbe dovuto essere posto all’asta mentre, come dicevo, non era affatto chiaro che questo sarebbe accaduto. Quanto meno ai periti questa idea non era stata prospettata. Inoltre l’avvocato Gatti riporta una sentenza che riguarda la vendita degli affreschi di Tiepolo a Villa Barbarigo, ma qui, nel Casino Ludovisi, siamo di fronte ad un caso differente. Si tratta di un edificio che ha conosciuto varie stratificazioni e proprio per questo è un unicum, contenitore prezioso di opere d’arte di vario genere databili dal Cinquecento all’Ottocento, appartenuto a diversi, dal cardinale Del Monte ai Ludovisi, e di tutto questo era necessario tener conto nel periziarlo.

-Però come ti dicevo molte critiche riguardano la quotazione esorbitante (lo dico per conoscenza, perché per me personalmente la stima è perfino bassa), scaturita da un criterio che si è basato sul calcolo dei metri quadrati dei dipinti su muro, oltre che da quanto venne stimato un dipinto attribuito con molte resistenze a Caravaggio, su cui si fece gran battage ma poi sparito dalla circolazione.

R: Il fatto è che quando un magistrato ti incarica di valutare degli affreschi, o meglio dei dipinti su muro e decidi di accettare l’incarico, devi trovare degli indici di valutazione, nel caso Ludovisi lo devi indicare per le opere di due geni della pittura come Caravaggio e Guercino. Le alternative sono due: o, come ha scritto l’avvocato Lemme sulla tua rivista, decidi che sono beni invalutabili, oppure prendi atto della richiesta del giudice e trovi dei punti di riferimento che ti permettano di sviluppare la tua stima. Tra l’altro la questione dell’invalutabilità è stata posta fin da subito dal prof. Zuccari che lo ha fatto presente al magistato, come lo stesso ha dichiarato nella perizia. Se si legge la perizia il parametro fondamentale adottato è stato la considerazione del valore assicurativo sulle opere autografe di Caravaggio. Un’opera da cavalletto è stata stimata 150 milioni mentre una pala d’altare 200 milioni di euro. Come avrebbe potuto sottostimare l’unica pittura a olio su muro del Merisi in presenza di questi documenti già accettati?

-E proprio qui sono nate le discussioni.

R: Lo capisco, ma ti chiedo: quali sono gli indici per stilare le graduatorie universitarie? Con quali indici si deve stabilire quale università è migliore di un’altra? Qualche giorno fa sono apparse sulla stampa le graduatorie dei migliori licei italiani: secondo quali indici sono state stilate? Certamente c’è qualcuno che non è rimasto soddisfatto e ha ritenuto i criteri di valutazione non siano adatti; è così, sempre. Si tratta di scelte che devono essere dichiarate e omologhe. Posto che siano rispettati questi due principi, cambiando gli indici i risultati variano di conseguenza.

-Ma ci si è posto il problema che in questo modo la valutazione del complesso arriva al punto da escludere di fatto la possibilità che lo stato italiano possa acquistarlo?

R: Certo che ci si è posto il problema, ma il giudice ha ritenuto che occorresse fare una valutazione che non sottostimasse il bene e che lo valorizzasse con una valutazione almeno congrua e guarda bene che in questo modo, al contrario di quello che alcuni credono, ha fatto sì che il bene sia tutelato da eventuali interventi speculativi, che una valutazione bassa potrebbe scatenare. E poi prova a ragionare al contrario: pensa se il Prof. Alessandro Zuccari avesse dato come stima invece che i 471 milioni conosciuti, una cifra più bassa: il bene avrebbe avuto un mercato enorme, attirando l’interesse di svariati acquirenti non tutti interessati alla sua salvaguardia e alla tutela.

-E’ pure vero che il bene è tutelato e sottoposto a vincolo e questo è già di per sé un aspetto dirimente.

R: Aggiungi che non solo il bene è vincolato e tutelato ma chi avesse intenzione di acquistarlo deve essere consapevole che ci sono lavori di consolidamento e restauro conservativo che, ad eccezione del dipinto di Caravaggio, interessano ampie parti dell’intero complesso.

-Sei d’accordo con la dott.sa Galli e con Vittorio Sgarbi secondo i quali una stima assai più bassa, intorno ai 20 – 25 milioni di euro, consentirebbe allo stato di far valere la prelazione?

R: Non ho strumenti divinatori per immaginare questo. Tu pensi che possa essere una cifra degna e oggettiva, 20-25 milioni per un bene unico? A mio parere lo stato dovrebbe promuovere una cordata pubblico-privato per acquisire un bene che non ha eguali. É paradossale che si stia facendo polemica sulle decisioni di un magistrato che sta tentando di salvare un bene che in ogni caso – e lo ha scritto chiaramente l’avv. Lemme– rimane privato e vincolato. A mio parere la valutazione elevata stimata dal Prof. Zuccari non solo è corretta ma è una tutela rispetto alla possibilità che il Casino possa essere svenduto ad una cifra inferiore. In questo modo è stato posto al centro dell’attenzione di tutti, facendoci aprire bene gli occhi sulla sua unicità.

-Ma se poi arriva il classico riccone magari dall’Oriente che se lo compra, pensi che sarebbe davvero tanto interessato alle migliorie, alla conservazione, al far proseguire le ricerche? Non temi che in questo caso tu, come studiosa, rischieresti di non metterci più piede?

R: È un fatto su cui dobbiamo ragionare, perché per quanti vincoli ci siano qualche preoccupazione ce l’ho. Magari il Ministero dovrebbe pensare ad una nuova formula relativamente alla regolamentazione dei vincoli, nel senso di inserire una sorta di obbligatorietà della tutela e degli investimenti, ma è materia per gli avvocati Galli e Lemme che potrebbero chiarirci le idee al riguardo. Certo, se penso a quel rame di cui ti parlavo, per dirne una, mi piacerebbe che si andasse avanti e si provasse a scoprire di cosa si tratta, mentre forse a un privato questo potrebbe interessare poco. Ovviamente dal mio punto di vista di studiosa sarebbe auspicabile l’intervento del Ministero, magari in accordo con la nuova proprietà perché è necessario che quanto di questo complesso è sopravvissuto sia reso accogliente e fruibile.

-Per questo se ne parla tanto

R: È vero, se ne parla tanto ma pochi sanno davvero di cosa parlano, perché pochi sono stati in questa specie di Sistina del Seicento.

-Ma perché di questi capolavori si parla quando sorgono problemi, o accadono eventi imprevisti, e poi tutto torna sotto silenzio secondo te?

R: E’ una questione che investe la politica culturale del paese che possiamo paragonare ad una catena: quando si rompe qualche anello, allora la questione viene alla ribalta; inoltre occorre constatare che non c’è fiducia tra privati e stato e su questo bisognerebbe intervenire con nuovi meccanismi.

-Ti faccio ora una domanda un po’ provocatoria; tu sei di origine e di formazione padana, si vede bene che ami molto Guercino e l’arte emiliana e ferrarese, dunque ti chiedo: se non ci fosse stato un dipinto murale, l’unico, di Caravaggio in questo edificio ci sarebbe stata tutta questa attenzione?

R: Certamente no, tant’è vero che negli articoli dei commentatori si cita molto Caravaggio e molto meno Guercino. È evidente che il ‘caso’ è saltato alla ribalta grazie a Caravaggio, se posso dire così, che poi sia un Caravaggio meraviglioso è sotto gli occhi di tutti, con quella sfera che sembra un’enorme bolla di sapone; il paradosso è che in foto sembra un dipinto mastodontico e non lo è, mentre al contrario Guercino prorompe ed è immenso.

-Un’ultima domanda, dovessi fare un appello al ministro Franceschini, cosa diresti?

R: Gli chiederei di ragionare con tutti gli strumenti amministrativi e giuridici per permettere la migliore fruibilità di questo bene che è di proprietà privata. Come si potrà tutelarlo qualora non sia possibile acquisirlo come bene pubblico? È un tema anche questo su cui discutere e credo che il ministero dovrebbe rifletterci; si tratta di un interrogativo a cui dare risposta attraverso sistemi operativi nuovi, affinché chiunque acquisti il bene sia obbligato a prendersene cura e ad interloquire con chi è preposto alla tutela e alla valorizzazione attraverso una reciproca fiducia.

P d L Roma 14 novembre 2021