Parla Giulio Manieri Elia: “Con i nuovi allestimenti le Gallerie dell’Accademia imprescindibile riferimento internazionale della storia pittorica veneta dal Duecento all’Ottocento”.

P d L

Era ben visibile e, occorre dirlo, del tutto giustificata, la soddisfazione che si leggeva sul volto e nelle parole con cui Giulio Manieri Elia, da due anni alla guida delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, ci ha accolto per una breve conversazione in occasione dell’apertura delle nuove sale che il museo ha approntato per l’esposizione delle pitture del Sei e Settecento veneto e che hanno fatto dire al Ministro Franceschini, in visita lo scorso 31 agosto alla struttura:

“Le nuove sale delle Gallerie dell’Accademia a Venezia sono un esempio virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato che ha permesso anche di esporre al pubblico molte opere finora custodite nei depositi. Un museo nel museo con un inedito e straordinario percorso espositivo”

Giulio Manieri Elia è effettivamente un direttore che conosce come pochi le sale del prestigioso istituto museale per esservi stato prima come funzionario, poi come vice Direttore finendo infine per ricoprirne la massima carica da quando, nel 2019, è subentrato a Paola Marini; va detto che può valersi di collaboratori molto competenti che lo affiancano nel suo lavoro, a cominciare dai funzionari con cui ha curato il progetto dei nuovi allestimenti, cioè la vice Direttrice, Roberta Battaglia e Michele Nicolaci, studioso preparatissimo arrivato da Roma, autore di numerose pubblicazioni ed esperto di pittura caravaggesca e barocca.

Dunque, nessuno meglio del Direttore Manieri Elia poteva spiegarci le motivazioni dei cambiamenti, i progetti in fieri, ma anche le legittime aspirazioni a fare delle Gallerie un punto di riferimento imprescindibile in una città che offre già di per sé straordinarie capacità attrattive che la rendono da sempre meta privilegiata di importanti flussi turistici (che effettivamente – lo registriamo con grande soddisfazione- tendono a rianimarsi dopo la dura fase di chiusure causa covid 19).

“E’ una questione di offerta culturale – ci spiega- l’ampliamento delle nostre sale risponde a questo criterio e certamente ci pone tra i luoghi da visitare in un contesto in cui l’offerta è già di per sé così sontuosa e attrattiva”.

Basti pensare infatti che nel giro si può dire di poche ore, alla inaugurazione dei nuovi percorsi delle Gallerie sono seguite l’apertura della 78^ Mostra cinematografica e l’inaugurazione della esposizione Venetia 1600. Nascite e rinascite, allestita nelle sale dell’Appartamento del Doge di Palazzo Ducale per celebrare i sedici secoli di storia della città. Per non dire della 17^ Mostra Internazionale di Architettura che chiude a novembre e delle importanti esposizioni  in atto su Campigli e gli Etruschi, nonché quelle  dedicate all’arte contemporanea (di cui parla in questo stesso  numero di About Art il prof. Sergio Rossi che le ha visitate).

“Ci tengo a sottolineare – sottolinea a questo riguardo Manieri Elia-  che le Gallerie sono stata l’unica istituzione museale a rimanere aperta anche durante i giorni dell’acqua alta. La mia concezione di museo è che debba essere sempre al servizio del pubblico, anche per questo curiamo in modo particolare la didattica museale, le iniziative di coinvolgimento di fasce sempre maggiori di fruitori. Questo allestimento è concepito anche da questo punto di vista, con più logica, con più omogeneità  e quindi la concorrenza, se si può dire così, non è che uno stimolo ulteriore. E’ la prima volta che accade in effetti che in un museo vengano collegate in uno spazio interamente ricreato opere di straordinario rilievo artistico e scientifico, a smentire una volta per tutte che la produzione pittorica del Seicento veneziano e veneto sia di secondo piano rispetto a quanto prodotto nei territori lagunari nel ‘500 e poi nel ‘700, e finisca in qualche modo oscurata rispetto a quanto accadeva nel resto d’Italia, in particolare nella realtà romana”.

Ed in effetti a girare per le nuove sale, ci si rende perfettamente conto di quanto i cambiamenti siano stati opportuni, dal momento che il nuovo allestimento favorisce la razionale ottimizzazione dei flussi dei visitatori, fino ad oggi costretti ad accedere all’ultima parte del pianoterra attraverso il primo piano. Ci dice ancora Manieri Elia:

“Abbiamo quasi 700 mq di nuovi ambienti espositivi, spazi che ci restituiscono quella circolarità necessaria al percorso espositivo, congiungendo la prima sezione costituita dalle sale 1-4,  all’ultima, delle sale 7 – 13 ”; in sostanza posso parlare di una sorta di ‘risarcimento critico’ se consideriamo come è stata sottovalutata come dicevo la pittura seicentesca veneta, ora invece valorizzata come merita; è come muoversi  in vero e  proprio viaggio attraverso i secoli XVII e XVIII”.

E a vedere certi capolavori, ora davvero fruibili nella giusta misura grazie alla giusta collocazione, c’è da ritenere che abbia ragione lui; basti pensare all’effetto che provoca la visione da sotto in su della strepitosa Parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte, firmata da Alessandro Varotari, noto come il Padovanino (Padova, 1588 – Venezia 1649),

Padovanino, Parabola delle Vergini sagge e delle Vergini stolte, 1636-1637, cat.627, ©G.A.VEArchivio fotografico, fotoprima e dopo il restauro diMatteo De Fina “su concessione del Ministero della Cultura-Gallerie dell’Accademia di Venezia”
Bernardo Strozzi, Parabola del banchetto di nozze (frammento), 1636 circa, cat.2046, ©G.A.VEArchivio fotografico, foto di Matteo De Fina “su concessione delMinistero della Cultura Gallerie dell’Accademia di Venezia”

nome per l’appunto che pochi forse si azzarderebbero a mettere sullo stesso piano di un Guercino o di un Domenichino, tanto per dire, eppure capace di opere di fattura straordinaria come questa, proveniente dalla Chiesa dell’Ospedale degli Incurabili, come l’altra grande tela – in realtà un frammento- con la quale è stata messa a dialogare, vale a dire la Parabola del banchetto di nozze, del genovese ancorché veneziano d’adozione Bernardo Strozzi (Genova, 1581 – Venezia, 1644) che anche se ridotta a ad una sola porzione, esprime bene la capacità realizzativa dell’artista.

Nella sala 5 sono ora raccolte le grandi pale religiose del Seicento provenienti dalle chiese lagunari, tra cui spiccano oltre all’appena restaurato Daniele nella fossa dei leoni, di Pietro da Cortona e ad una notevole new entry, cioè La Strage degli Innocenti di Sebastiano Mazzoni (Firenze, 1611 – Venezia, 1678) recentemente acquistata dallo Stato, la straordinaria Deposizione di Luca Giordano (Napoli, 1634 – 1705) il quale nel decennio tra il 1664 e il 1674, allorquando com’è noto soggiornò in laguna, lasciò numerosi esempi della  sua magistrale forza creativa che ritroviamo in altre opere dipinte per chiese e committenti privati, in cui alla inclinazione riberesca della formazione si uniscono gli effetti barocchi che tanto influenzeranno i pittori lagunari e non solo.

Luca Giordano, Deposizione di Cristo dalla Croce, 1665 circa, cat.643,©G.A.VEArchivio fotografico, foto prima e dopo il restauro di Matteo De Fina “su concessione del Ministero della Cultura-Gallerie dell’Accademia di Venezia”

“’Assoluta novità – tiene a rimarcare Manieri Elia- è anche l’allestimento del salone settecentesco che, oltre a capolavori inediti, vuole risaltare la figura di uno dei geni dell’arte di sempre, Giambattista Tiepolo (Venezia, 1696 – Madrid, 1770), di cui è esposto l’enorme, per qualità e lunghezza, Castigo dei Serpenti”.

Giambattista Tiepolo, Castigo dei serpenti,1732-1734 circa, cat. 343©G.A.VEArchiviofotografico, foto dopo il restauro di Matteo De Fina “su concessione delMinistero della Cultura, Gallerie dell’Accademia di Venezia”

Meno ‘grandiosi’ ma non per questo meno significativi ancora nella Sala 6 –incentrata sulla pittura del Settecento-  altri importanti dipinti tra i quali ci basti citare l’Erminia e Vafrino scoprono Tancredi ferito, di Gianantonio Guardi (Vienna, 1699 – Venezia, 1760) autore di questo dipinto unico rimasto di un ciclo dedicato alla Gerusalemme liberata di Tasso di cui ora si possono apprezzare al meglio la freschezza e la qualità pittorica riemerse dopo un accurato restauro.

Gianantonio Guardi, Erminia e Vafrino scoprono Tancredi ferito,1750-1755 circa, cat.1387,©G.A.VEArchivio fotografico, foto dopo il restauro di Matteo De Fina “su concessione del Ministero della Cultura-Gallerie dell’Accademia di Venezia”

e l’ottimo Giuditta ed Oloferne di una sorprendente Giulia Lama (Venezia, 1681 – 1747), un’artista non ancora considerata come invece meriterebbe.

Giulia Lama, Giuditta e Oloferne, 1725-1730 circa, cat. 1345,©G.A.VEArchiviofotografico, foto dopo il restauro di Matteo De Fina “su concessione delMinistero della Cultura-Gallerie dell’Accademia di Venezia”
“Se mi chiede su chi abbiamo potuto contare e quindi come abbiamo potuto realizzare questo che è il quarto allestimento scientifico del museo – ci dice il Direttore Manieri Elia – nella logica del complessivo ripensamento del percorso espositivo che stiamo ridisegnando con tutto lo staff museale e che contiamo di chiudere entro il prossimo 2022, le rispondo che se non possiamo avere al nostro fianco un’associazione come ‘Gli Amici degli Uffizi’ tuttavia abbiamo ottenuto il generoso sostegno di Venetian Heritage, organizzazione no profit impegnata nella salvaguardia e nella promozione del patrimonio culturale veneziano, che ha finanziato l’intero allestimento e il restauro dei dipinti di Luca Giordano, Gianantonio Guardi e il grande quadro del Tiepolo; per altri dipinti sono intervenuti il ministero della Cultura, Intesa San Paolo e Borsa Italiana. Cosa manca ancora alle Gallerie dell’Accademia? Una sala dedicata alla scultura che però stiamo approntando e la valorizzazione ulteriore della raccolta davvero eccezionale del Gabinetto dei Disegni. Ma soprattutto manca un vero catalogo generale ragionato che illustri come meritano tutte le opere; pensiamo però di realizzarlo quanto prima, facendo conto ancora sul sostegno di Enti no profit e soprattutto sul contributo in termini di saggi, schede e approfondimenti di quanti studiosi, critici e storici dell’arte hanno già avuto occasione di interessarsi agli autori e alle opere del Museo, facendoli partecipare più strettamente alla vita dell’Accademia”.

Anche in questo modo, secondo il Direttore Giulio Manieri Elia si consolida lo stretto rapporto che lega le Gallerie dell’Accademia alla città e che ha voluto rimarcare:

“E’ il museo di Venezia, dove c’è tutta la storia della scuola pittorica locale e veneta dal Duecento all’Ottocento”.

Non abbiamo volutamente inserito in questa conversazione -perchè è un tema che esulava dal nostro discorso- le straordinarie opere che da sempre sono il fiore all’occhiello delle Gallerie dell’Accademia, autentiche pietre miliari dell’arte di tutti i tempi, vale a dire i capolavori assoluti di Tiziano, di Tintoretto (autore di opere che fanno davvero riflettere circa l’importanza findamentale che ebbero su Caravaggio), di Palma, di Guardi, di Canaletto per non dire di Giorgione (di cui però possiamo annunciare una prossima lettura su About Art, in chiave erotica, della famosissima Tempesta) e potremmo contnuare a lungo.

E’ tuttavia possiamo senz’altro ritenere, per utilizzare ancora le parole del Ministro Franceschini, che questa delle Gallerie dell’Accademia si deve considerare una sfida  già vinta ed un esempio rimarcabile nella strada della ” ripartenza” che l’Italia sta portando avanti dopo il periodo più difficile della pandemia.

P d L  Roma 5 settembre 2021