Paesaggi di Pietra e di Verzura. Omaggio a Vincenzo Cazzato; presentazione nella sede di Gangemi Editore (via Giulia 142)

redazione

PAESAGGI DI PIETRA E DI VERZURA
Omaggio a Vincenzo Cazzato
a cura di Francesco Del Sole

INTRODUZIONE

Agli occhi di un geografo il più grande merito di Vincenzo Cazzato è di aver contribuito alla patrimonializzazione collettiva del paesaggio, aiutandoci a riconoscerne i tratti distintivi, i riferimenti identitari, la bellezza, stimolando e indirizzando le azioni di tutela e valorizzazione, quando non addirittura facendosene direttamente interprete. Con le sue pubblicazioni non ci ha solo indicato e descritto quella bellezza, ma ci ha anche regalato degli occhi nuovi per poterla riconoscere e amare. Quei paesaggi di “pietra e di verzura” sono divenuti paesaggi di parole, parole che hanno dato senso a ciascuna “pietra”, a ciascuna “verzura”, restituendone il passato, prospettandone il futuro. Le sue parole hanno avuto un potere performativo su tutti quei riferimenti paesaggistici che sono andati a descrivere ed interpretare, proprio perché hanno creato una sensibilità collettiva che a sua volta ha sollecitato e indirizzato l’azione politica, contribuendo a preservarli a beneficio delle future generazioni. È grazie a lui e a uomini e donne come lui se il nostro passato fa parte del nostro presente, se tutti noi riconosciamo in quel patrimonio culturale, che lui ci ha portato ad amare, un’irrinunciabile eredità culturale e ci facciamo interpreti della sua tutela come della sua valorizzazione. Valorizzazione non economica, si badi bene, ma per l’appunto patrimoniale, giacché questa deve sempre precedere la prima se si vuole garantire la sostenibilità in sé degli interventi di valorizzazione delle risorse culturali, siano esse tangibili o intangibili. E quel valore patrimoniale – mi sia consentito sottolinearlo – per molte risorse del nostro territorio come del territorio stesso nel suo complesso, lo hanno creato proprio gli studi di Vincenzo Cazzato, il suo instancabile impegno per renderci coscienti di quale ricchezza abbiamo ereditato dal nostro passato.

Quale fondatore della Scuola di Placetelling dell’Università del Salento non posso non guardare a lui come ad un grande narratore, capace di raccontarci i luoghi evocandone l’identità più profonda; un narratore in grado di emozionare e coinvolgere chiunque abbia avuto la fortuna di ascoltarne le lezioni, di leggerne le pubblicazioni scientifiche e divulgative. Un esempio a cui tutti noi dovremmo attingere, perché il nostro ruolo non è solo quello di produrre e trasferire conoscenze, ma è anche quello di appassionare e coinvolgere, educando alla bellezza, così che questa possa essere valorizzata e arricchita dalle generazioni future e divenirne un valore-guida.
In un momento in cui l’Università del Salento ha messo al centro della propria strategia il rapporto con il territorio, proponendosi quale faro culturale della propria comunità e motore di sviluppo economico e sociale, non posso che essere felice di presentare un volume dedicato ad un collega che da sempre è stato tra i più significativi ed efficaci interpreti di questa strategia, come del resto inequivocabilmente testimoniato da chi ha voluto contribuire con una propria riflessione alla stesura di questo volume. Nelle sue pagine troverete due storie che si intrecciano: da un lato Vincenzo, un caro amico apprezzato da tutta la comunità accademica per la sua umiltà, gentilezza e disponibilità, per il suo animo generoso; dall’altro la grande levatura scientifica dello studioso che ha da sempre rappresentato per l’Ateneo salentino uno dei più importanti assi di raccordo col territorio in ambito storico-artistico grazie alle attività del Laboratorio di Storia, rappresentazione e rilievo dell’Architettura e dei centri urbani. Le sue ricerche hanno dato linfa vitale al Dipartimento di Beni Culturali fin dalla sua nascita e hanno
contribuito a costruirne l’eccellenza. Con la costituzione nel 1982 del Centro studi sul Barocco leccese, lo studio di Vincenzo sui beni architettonici leccesi ha valorizzato l’architettura barocca salentina, facendola conoscere ben oltre i confini nazionali e contribuendo così a farne una delle più importanti risorse attrattive di Terra d’Otranto.
Proprio per via delle sue numerosissime iniziative di valorizzazione del territorio è stato insignito, rispettivamente nel 2018 e 2019, del Premio Italia Nostra “per il contributo scientifico alla conoscenza e alla divulgazione dell’architettura e del paesaggio del Salento” e del Terra del Sole Award nell’ambito del Premio Barocco 2019 per il volume Atlante del Barocco in Italia. Lecce e il Salento (Roma, 2015 – con Mario Cazzato). Del resto Vincenzo Cazzato, con studi che si sviluppano con continuità lungo un ampio arco temporale, ha dedicato una parte significativa della sua produzione scientifica al paesaggio nel quale non ha solo visto una perfetta sintesi di valori culturali materiali ed immateriali, una costruzione sociale in cui è possibile leggere l’evoluzione storica delle nostre comunità, ma anche la più compiuta e mirabile espressione della nostra stessa identità che dobbiamo impegnarci a tutelare e valorizzare facendone una leva
strategica per lo sviluppo territoriale, nel Salento come nel resto del nostro Paese.

L’illustre elenco di amici paesaggisti, architetti, urbanisti e storici dell’arte che hanno voluto donare il proprio contributo a questo volume rende l’idea di quanto Vincenzo abbia creato col tempo una fitta rete internazionale di scambio e di studio sul tema del paesaggio nelle sue diverse declinazioni: dal giardino storico al parco pubblico, dal paesaggio al mondo contadino, per parafrasare i titoli delle sezioni in cui è suddivisa parte del volume. Un tributo più che meritato che nasce, come ho sottolineato, non solo dallo spessore scientifico del suo impegno accademico, ma anche dallo spessore umano dell’accademico, perché è l’intreccio di queste due qualità ad alimentare l’affetto e la stima di chi ha voluto contribuire a questo volume.
La vitalità scientifica di Vincenzo non si è esaurita, come dimostrano le sue più recenti pubblicazioni, e di certo – conoscendo la passione che da sempre ne sottende l’impegno scientifico e didattico – non si esaurirà negli anni a venire e questa per noi è indubbiamente una grande fortuna, perché mai vorremmo e potremmo rinunciare al suo prezioso contributo. Come Rettore pro tempore dell’Ateneo salentino colgo dunque l’occasione per ringraziarlo per quanto ci ha donato e per quanto ancora potrà donarci in futuro.
FABIO POLLICE
Rettore dell’Università del Salento