L’Italia è un desiderio. Fotografie, Paesaggi e Visioni (1842-2022) e Le collezioni Alinari e Mufoco (Scuderie del Quirinale, fino al 3 settembre).

di Marco FIORAMANTI

L’ITALIA È UN DESIDERIO.

“Il desiderio dell’Italia o l’Italia come desiderio”, dicono i curatori, “intende rilevare la tensione continua tra un passato straordinario, che ha visto nel paesaggio italiano un’eccezionale coincidenza tra natura e cultura – in cui ancora sentiamo di riconoscere le nostre radici – e una storia più recente, segnata da strappi, accelerazioni selvagge, interventi aggressivi, dettati dallo sviluppo economico e dalla globalizzazione, che rendono complesso il paesaggio e ci sollecitano a definire una nuova identità culturale italiana”.

Obiettivo della mostra è quello di rivelare l’immagine del paesaggio – attraverso gli oltre seicento scatti -come metafora del cambiamento sociale, politico e culturale dalla seconda metà dell’Ottocento ai nostri giorni. Il “paesaggio” in fotografia testimonia il passaggio nel tempo, ciò che è stato, e per molti degli osservatori la viva testimonianza nostalgica del ricordo.

Titolo della mostra è L’ITALIA È UN DESIDERIO. Per desiderio s’intende

“una pulsione di natura emozionale che spinge l’essere vivente alla ricerca di quanto può soddisfare un suo bisogno fisico o emozionale”.

Ed è proprio sull’emozione, attraverso la sua forza documentativa, che questa mostra vorrebbe puntare.

Organizzata secondo un percorso cronologico, gli Archivi Alinari aprono al fascino antico dell’osservatore, gli scuotono cuore e memoria: James Anderson (1813-1877) presenta Foro Romano, Campo Vaccino, 1852 (foto 1) in una calda luce seppia;

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i Fratelli Alinari  Roma, Panorama della città visto dalla cupola di San Pietro, 1890 (foto 2) e Selinunte. Tempio di Giunone, 1895 (foto 3), ancora con la spina centrale, il tutto avvolto in un grigiazzurro indaco.

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Dello Stabilimento Giacomo Brogi è lo scatto: Amalfi. Panorama della Grotta di S. Cristofano, 1880 (foto 4).

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Questa prima fase, la più antica, considera la fotografia più vicina all’effetto magico, emanazione del reale passato (Barthes) che non come esatta “copia” del reale. Ancora forti emozioni nella stanza successiva la “Camera oscura: negativi e trasparenze” davanti ai calotipi, negativi primordiali su carta, cieli neri e soggetti spettrali. Magnifico nei dettagli e nella luce il negativo su lastra di grande formato del Panorama di Napoli, 1857-59 (foto 5) di Gustave de Beaucorps (1824-1906), presente anche in positivo nella stanza precedente. A seguire si nota già il cambio di passo, di sguardo, di ottica.

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La sezione “Verso il Novecento” tiene conto del passaggio dalla società rurale a quella industriale. Molti gli scatti di rovine archeologiche, di distruzioni, ma anche di libertà e fantasia. Wilhelm von Gloeden (1856-1931) documenta la città di Messina con il Duomo distrutto dal terremoto calabro-siculo, 1908 (foto 6)

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e i Fratelli Alinari volgono lo sguardo al cielo nella loro Firenze. Studio di nuvoli, 1900 (foto 7).

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I “Nuovi realismi” fanno i conti con il sangue e le sofferenze delle due guerre, la voglia di ricominciare; mostrano frammenti del quotidiano, evidenziati, tra gli altri, attraverso gli scatti di Luciano Ferri (1925-2022) per Studio Villani che giocano sul silenzio dell’attimo sospeso con le sue Reti da pesca stese sulla spiaggia, 1950/60 (foto 8)

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e quelli di Fosco Maraini (1912-2004): La nuvola angelica, Piana degli albanesi 1952, Tavoliere delle Puglie attraversato dalla ferrovia nei pressi di Spinazzola 1950/52 (foto 9)

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e Lo storico dell’arte Bernard Berenson, Agrigento 1953 (foto 10).

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Si passa quindi al capitolo dello “Scenario delle trasformazioni”, politiche, sociali economiche, sintetizzate nello scatto di Ulisse Lucas (1942) Piazzale Accursio, Milano, 1971 (foto 11),

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poi a quello della “Ricerca Concetto Astrazione” cui fa seguito quello del “Viaggio in Italia” con una grande massa di autori tra i quali Paolo Monti (1908-1982) con splendidi scorci in bianco e nero di Santarcangelo di Romagna, 1972 (foto 12),

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e quelli a colori raccolti nella sottosezione “A perdita d’occhio” con  Luigi Ghirri (1943-1992), Mario Cresci (1942) e Giovanni Chiaromonte (1948) (foto 13).

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Seguono le sezioni “Indagare il territorio”, “Complessità e seduzione” con le riflessioni Francesco Jodice (1987) Capri, The Diefenbach Chronicles #006, 2013 (foto 14), Rappresentazioni contemporanee.

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L’ultima sala mostra, a tutta parete, il lavoro di Tommaso Mori (1988), “R-Nord, 2018 (foto 15 e 16).

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Si tratta di un “progetto di arte pubblica capace di creare uno spazio momentaneo di interazione tra le comunità” e consiste in un ritratto collettivo di 200 cianotipie conservate nelle collezioni del Museo.

La visuale a volo d’uccello dalla grande vetrata dell’ultimo piano del Colle riporta l’osservatore alla realtà. Il turbinio d’immagini appena osservate cercano lentamente di sedimentarsi e non poche sono quelle che restano veramente impresse nella mente, fanno però, per quanto mi riguarda, quasi tutte parte dell’immaginario storico, del passato lontano.

Tra le assenze degli outsider quella di Tony Vaccaro (1922-2022) reporter e fotogiornalista, e i suoi scatti del “desiderio italiano”, pubblicati in “La mia Italia. Fotografie 1945-1955” (http://badigit.comune.bologna.it/books/bollettino/pdf/2006-14.pdf) in cui documenta con cruda e raffinata eleganza il paesaggio della fine della guerra e della ricostruzione.

Marco FIORAMANTI  Roma  27 Agosto 2023