Le periferie, una sfida per architetti ed urbanisti: il “limite” come un “non confine”.

di Franco LUCCICHENTI

PERIFERIE qualche  RIFLESSIONE

La forma della città fino al diciottesimo secolo si configura per lo più chiusa

limitata da mura a difesa dal mondo esterno rappresentato fisicamente dalla campagna, luogo dove la sicurezza del viaggiatore non era tutelata e da dove potevano  venire minacce alla incolumità dei cittadini sia in tempo di guerra che in tempo di pace. Il confine urbano era netto preciso definito. La notte si chiudevano gli accessi alla città e fuori dalle mura regnavano oscurità e silenzio.

Col progressivo sviluppo  del commercio tra città,

il limes lentamente si sgretola e perde il suo valore funzionale e simbolico. Il mondo comincia a vivere sempre  più di connessioni, le città marinare con i loro porti favoriscono gli scambi tra stati e diventano grandi potenze; si pensi a Genova, Lisbona, Venezia e tante altre che rappresentavano nodi cruciali per lo sviluppo della rete commerciale e culturale del mondo civilizzato.

Nella città contemporanea il confine-limite tende a modificare forma e sostanza. La qualità della vita cambia passando dallo scenario urbano al suburbano alla campagna. In matematica il limite sostanzia un principio di infinito. Tendere il “limite” all’infinito diventa, nel mio ragionamento, una metafora che moltiplica le modalità esistenziali estranee al vivere in città per farle interagire col vivere urbano. Nello stesso tempo è possibile mantenere alla percezione l’orizzonte naturale, ampliare lo spazio visto e vissuto, mitigando le barriere architettoniche del paesaggio urbano per permettere allo spirito di preservare  il rapporto con la natura. Il suburbano, avamposto del confine, è però una “terra di mezzo” dove le aree di margine, di interstizio, di vuoto dimenticato, possono  abbassare la qualità della vita e relegarla in melanconiche periferie che altro non sono che nuove cinte murarie della mente.

Il confine è in ogni caso luogo di mediazione tra forze diverse e in certi casi antagoniste,

nella mediazione è possibile trovare nuovi valori e nuove forme per strutturare  meglio il futuro. La conformazione naturale e agraria del paesaggio  interagendo  col limite urbano  può attivare un effetto “riverberante“ combinando e integrando modelli esistenziali che nella diversità si possono completare e  armonizzare. Il limite geografico, perdendo la sua caratteristica confinaria,  può diventare una via aperta ad altri spazi, ad altri luoghi, ad altre modalità dell’esistere e dell’essere.

Le aree confinarie delle città sono elementi che strutturano il margine tra paesaggio urbano e paesaggio aperto;

porzioni di territorio che miscelano elementi appartenenti ad entrambi i luoghi. Possono anche essere aree di conflitto socio economico ma ripeto sostanzialmente dinamiche e per questo veicolo di nuove possibilità progettuali e di rigenerazione urbana. Il tessuto della città al confine si sgrana e tende a destrutturarsi e a perdere forma.La frammentazione, la discontinuità possono relegare all’insignificanza e la trasformazione rapida all’impossibilita di gestire l’evoluzione propria dei confini come fossero una schiuma difficile da esaminare. Questi aspetti sono fortemente condizionati dalle componenti funzionali e dalle modalità di fruizione dei luoghi.

Occorre analizzare le forze socio economiche e culturali che da sempre modellano il divenire delle città integrandole con la qualità degli interventi di progettazione, restauro e ripristino del territorio inteso come comparto paesistico ambientale al contorno dell’insediamento urbanizzato formato e stabile. L’analisi  e il monitoraggio del confine urbano e delle sue dinamiche deve essere occasione per recuperare qualità, funzioni compatibili e armonia da inserire tempestivamente negli spazi che si vanno formando privilegiando anche la capacità di connessione tra la città storica e il territorio al contorno.

Gli strumenti normativi devono includere un principio di adattamento

adeguato all’evoluzione del processo urbanistico in essere. Tra poche decine di anni gran parte dell’umanità abiterà le città che potrebbero facilmente configurarsi come attrattori di criticità sociali e culturali. E’ cruciale definire le modalità delle azioni progettuali per regolare al meglio il fenomeno prevedendone l’evoluzione e le problematiche che ne possono derivare

Franco LUCCICHENTI   Roma    febbraio 2019