L’arte nel tempo della complessità. “Prestare attenzione alla bellezza”, anche secondo le parole di papa Francesco

di Marcello AITIANI

Cambiamenti epocali sono in corso, insieme a un’enorme crisi ecologica, ma vengono ancora tragicamente rimossi. Anche il sistema contemporaneo dell’arte appare pigramente rinchiuso in categorie critiche ormai sclerotizzate e spesso ripiegato sul proprio narcisismo finanziario. Secondo i termini che il mineralogista e geochimico Vladimir Vernadskij aveva introdotto dagli anni Venti del secolo scorso, geosfera, biosfera e noosfera (pensiero umano) s’intrecciano come fili di un tessuto nel divenire irreversibile del tempo e inducono mutazioni, confondendo con crescente velocità l’immagine del nostro universo culturale e biofisico, che negli ultimi secoli era illusoriamente sembrata sempre più chiara distinta, mentre si sta rivelando caotica e imprevedibile.

Fig 1. Marcello Aitiani, Freccia irreversibile del tempo, 2000, tecnica mista su cartoncino e carta (fotografo Bruno Bruchi)

La tragedia del Covid19 è parte di questa pandemica perdita di certezze, confini, configurazioni acquisite. Insieme ad altri virus circolanti –possibile perdita di libertà responsabili, stravolgimento dell’umano, oppressione dell’algoritmo…– un cocktail di veleni sembra prepararsi per un teatro globale del caos entropico nel quale prolifera la crisi ecologica, economica e sociale planetaria, in gran parte frutto di quella culturale e meta-culturale. Per ri-tessere possibili e in parte nuove armonie, per procedere in modo sostenibile, serve un approccio complesso, come indica Edgar Morin, capace di riattivare il dialogo tra le molte bipolarità che il paradigma moderno ha separato con la congiunzione disgiuntiva “o”: periferia o centralità, soggetto od oggetto, sentimento o ragione, spirito o materia, determinismo o libertà, laicità o religiosità, cultura umanistica o scientifica, quantità misurabile o qualità estetica…

Il concetto di sostenibilità (sustainability) include il requisito della durabilità, come indica l’etimologia del verbo to sustain (mantenere nel tempo), riferibile anche al pedale di risonanza del pianoforte (in inglese sustain), che allunga la durata della nota. Se, com’è sempre più evidente, l’azione umana può influire non solo sulle altre persone ma anche sulla biosfera e può ampliare i propri effetti nello spazio planetario e nel tempo futuro, è stolto non avvertire la responsabilità di preservare e tramandare alle generazioni che verranno il nostro patrimonio materiale e immateriale, come anche indica il filosofo Hans Jonas nella massima morale:

«agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita sulla terra» [1].

Giustamente dunque il filosofo e teorico del pensiero complesso Mauro Ceruti, nel libro Sulla stessa barca, che ci consente di penetrare meglio i vasti e rilevanti temi contenuti nell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, scrive che «le conseguenze delle azioni umane si dilatano nello spazio: eventi di portata apparentemente locale raggiungono sempre più spesso dimensioni globali. E si dilatano anche nel tempo: la responsabilità della specie umana coinvolge il suo stesso futuro. Come osserva Francesco “la nozione del bene comune coinvolge anche le generazioni future. Le crisi economiche internazionali hanno mostrato con crudezza gli effetti nocivi che porta con sé il disconoscimento di un destino comune, dal quale non possono essere esclusi coloro che verranno dopo di noi” (LS 159)» [2].

Una simile visione si volge nella direzione di un’ecologia piena; non guarda solo all’ambiente naturale, non estromette l’umano (come talvolta mi capita di constatare in atteggiamenti che mitizzano la Natura), ma è attenta piuttosto all’interrelazione natura – uomo proiettandola in un oltre­, guardando la varietà dei fenomeni oltre il monopensiero dominante. Osserva ancora Mauro Ceruti

«La lettera enciclica di papa Francesco dà uno straordinario contributo allo sviluppo di un pensiero capace di concepire la complessità, cioè la molteplicità irriducibile di dimensioni intrecciate, della nuova condizione umana planetaria, e vi fa confluire “alcune linee di maturazione umana ispirate al tesoro dell’esperienza spirituale cristiana” (LS 15)»[3].

Tempo, luce, colore, architettura
Fig. 3. a- b – c – Marcello Aitiani, particolari delle vetrate della Stanza della meditazione  – 2009, Abbazia di Koningsoord, Arnhem – Paesi Bassi.

Amorizzare il mondo. Il contributo dell’arte

Il sentimento di un’ecologia integrale che scaturisce da una simile coscienza complessa, risulta vanificato o almeno indebolito se non prende in considerazione l’arte. Eppure essa è troppo spesso ignorata nella sua reale portata e vista solo come orpello di contorno. Anche in studi, riflessioni, progetti che lodevolmente avvertono l’importanza di una inter e transdisciplinarità, la dimensione estetica è pressoché assente, se non quando l’operare degli artisti venga concepito in funzione “decorativa” e illustrativa e, nel caso di temi ecologici, al servizio di un paradigma attento solo a parametri geo e biofisici (effetto serra, risparmio energetico, riciclo dei materiali…). A simili prestazioni tecniche, anche se utili, può ridursi l’arte?

Questa disattenzione non si verifica nella visione ad ampio spettro della Laudato si’, preoccupata anche dell’educazione, «poiché grande è la posta in gioco». Scrive infatti Papa Francesco nell’enciclica:

«“non va trascurata […] la relazione che c’è tra un’adeguata educazione estetica e il mantenimento di un ambiente sano”. Prestare attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta ad uscire dal pragmatismo utilitaristico» [4].
Guardare attraverso
Fig 4.a Marcello Aitiani, particolare della vetrata Suono d’onda di luce

Si tratta di un’affermazione a mio parere di grande rilevanza, se pensiamo che nella modernità, fin dallo statuto della “Royal Society” del 1663, la riduzione della conoscenza a misurazione esclusivamente quantitativa dei fenomeni ha condotto alla separazione, a mio parere funesta, del sapere scientifico da quello umanistico e ha estromesso la fondamentale categoria ecologica della qualità e dell’estetica.

È anche sulla base di questa estromissione che ci si è bloccati nell’orizzonte piatto di un “pragmatismo utilitaristico” e nella ricerca del mero incremento tecnologico che, se assolutizzato, potrebbe tradursi in tecnocrazia.

Proprio nei periodi problematici e talvolta tragici, dove spesso il male fa odiens, è bene riflettere su cosa e come renderci la vita migliore, su come amouriser le monde, per usare l’espressione di Teilhard de Chardin.

George Herbert, poeta del XVII secolo, sapeva che

«un uomo che guarda un vetro può fissarvi sopra il suo sguardo o, se vuole, può guardarvi attraverso, e scorgere allora il cielo».
Fig. 4.b Marcello Aitiani, vetrata Suono d’onda di luce (part.) 2009, chiesa dell’Abbazia di Konisgoord, Arnhem, Paesi bassi

L’opera artistica, se autentica, ha la capacità di far intravedere qualcosa che l’oltrepassa, o magari aprire uno spiraglio per guardare un frammento d’azzurro imprevisto nella foschia. Questa è la vera realtà aumentata e trasfigurata; nel Novecento lo hanno intuito filosofi come Merleau-Ponty e prima ancora la figura eminente e poliedrica di Pavel Florenskij[5]

Un andare oltre non solo verso la “dimensione” del divino, per chi ad essa tenda, ma anche verso inedite modalità di pensiero che sentono il desiderio di coniugare giustizia e bellezza. Questo è evidente nel caso delle grandi opere, come i poemi di Omero, fondamentali per la cultura e la vita dei Greci; come la Divina Commedia di Dante, l’Amleto di Shakespeare, il Don Chisciotte di Cervantes; come la Trinità di Rublev, il Don Giovanni di Mozart… Ma anche opere meno “importanti” possono aprire delle brecce nel muro compatto dei conformismi mentali, portare in un ambiente asfittico qualche refolo d’aria pura, un’onda di buone vibrazioni.

Arte e crisi della città, microcosmo del mondo

Sul concetto di sostenibilità, pienamente inteso, ho notato in precedenza che in esso è incluso il requisito della durabilità, in analogia alla funzione del sustain, il pedale del pianoforte che sostiene e prolunga la nota. Frequentemente invece si equipara, per ignoranza o malafede, la sostenibilità con la sopportabilità, che corrisponde all’espressione inglese carrying capacity e indica quanta popolazione un dato territorio possa portare, senza implicare una durata nel tempo. Non è una distinzione linguistica di lana caprina.

«Finché sulla scia della cultura industriale massificata, tratteremo i luoghi come bestie da soma (senza ucciderle di fatica, con un carico “s0stenibile”, appunto) resteremo all’oscuro delle loro ricchezze profonde e difficilmente riusciremo a invertire stabilmente l’ecocatastrofe planetaria, che abbiamo prodotta con la nostra ignoranza ambientale e locale».
Fig. 5 Marcello Aitiani, vetrata Via, Veritas et Vita – 2009, chiesa dell’Abbazia di Koningsoord, Arnhem – Paesi Bassi

È chiaro che con queste parole, nello scritto dal titolo Il territorio non è un asino, del 1992, l’urbanista Alberto Magnaghi usava, mettendone in risalto i limiti, il termine “sostenibile” nel significato della carrying capacity, cioè di un’insufficiente sostenibilità ecologica, in quanto non attenta alla durata temporale e alla complessità del reale.

Per salvaguardare e garantire un’evoluzione positiva occorre invece mettere in atto strategie con uno sguardo attento anche al futuro, non soltanto focalizzato sul momento presente. Una tale strategia complessa e lungimirante guarda a una funzionalità fortemente relazionata alla bellezza e all’armonia dell’ambiente urbano, altrimenti diverrà disfunzionale in breve tempo. Inoltre le strategie e le azioni dovrebbero essere attivate non solo per la “città di pietra” ma anche, e in primis, per l’insieme delle sue “pietre vive”, cioè degli uomini che ci vivono, a cominciare dalle frange più deboli perché, come osserva il filosofo e fisico Silvano Tagliagambe,

«partire dalle esigenze e dai desideri negati (o compromessi) degli abitanti più svantaggiati consente di innovare processi di sviluppo urbano, da un lato, e migliorare la qualità della vita urbana di tutti gli abitanti, dall’altro» [6].

In queste plurime prospettive l’ambiente urbano non va soltanto studiato e teorizzato, guardato cioè da spettatore tecnico esterno come fosse una verità astratta da normare, magari per fini pratici e spesso purtroppo per meglio sfruttarlo. Bisogna invece soprattutto anche viverlo, sentirlo parte di sé, prestarvi attenzione nelle sue sfumature d’ombra e di luce, per amarlo nella sua bellezza, secondo le parole di papa Francesco.

Fig. 6 Marcello Aitiani, Cosmogonia (rosone); Crocifisso di Gesù risorto e trasfigurato; interventi scultorei – 2009, chiesa dell’Abbazia di Koningsoord, Arnhem – Paesi Bassi

Penso che solo così sarà possibile superare la crisi del microcosmo che le  città sono, e che rispecchiano il macrocosmo del mondo; l’agglomerato di edifici, il mero accentramento di scambi commerciali, di funzioni pratiche, economiche e di apparati di comunicazione, non possono da soli costituire la città, che nasce invece, prima di tutto, da un atto simbolico (come è testimoniato dai tanti “riti di fondazione” di tutte le città antiche), da un riconoscersi di più persone in un comune sentire, che tocca le corde più intime e identifica quel certo luogo come propria casa, che ognuno abita e che ci inabita, da vivere e formare con attenzione e rispetto. Solo l’acquisizione di questo nuovo modello generale, di questa nuova sensibilità che riscopre la polivalenza della persona e del suo ambiente nella loro completezza multidimensionale, potrà consentirci uno sviluppo che rappresenti anche una vera fioritura, oltre che sul piano funzionale-economico, anche su quello etico ed estetico.

L’arte può dare un grande contributo in questo senso, per dare linfa a una coscienza che sia ed abbia charme (χάρις), grazia. Con essa possiamo rivivere ed esprimere un sentimento poetico di meraviglia per l’armonia misteriosa e complessa del mondo, che non ha un solo colore, ma mille. Non dovremmo essere privati della tensione ad entrare in rapporto con noi stessi e con gli altri con attenzione e grazia, come si entra nella bellezza delle nostre città storiche, incantati a percepirne il fascino, i riverberi, le risonanze…

Credo che tutte le arti –in quest’epoca di fatto ignorate, travisate, asservite a ideologie o gettate in braccio al mercato– meriterebbero rispetto e attenzione per consentire loro di fare esperienza, di rigenerarsi e di riaprire il nostro sguardo anche sul modo d’intervenire nella città; per donarci ancora una visione ad ampio spettro, oltre il “concettualismo disincarnato” e arido dove tutto si riduce a schema mentale, a pensiero calcolante di un utile egoistico. Scrive il chimico-fisico Enzo Tiezzi nel suo libro La bellezza e la scienza

«se tutto viene omologato, standardizzato, catalogato, pesato, misurato con ‘fattori d’impatto’, indicatori economici, leggi ferree etc. non ci sarà più né bellezza né scienza».
Marcello Aitiani, Iridescenze, 2003. Rosone nel Duomo di San Gimignano (fotografia di Bruno Bruchi)

L’arte, in quanto “struttura che connette” (per usare un’espressione di Gregory Bateson [7]), manifesta un frammento di questa bellezza, che non esclude certo la ragione e il pensiero pratico, ma li ingloba e relaziona in una più ampia totalità

Marcello AITIANI*    Siena 8 novembre 2020

NOTE

[1] Hans Jonas, Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino 1993, p.16.
[2] Mauro Ceruti, Sulla stessa barca, Edizioni Qiqajon, Magnano (Bi) 2020, p. 40
[3] Mauro Ceruti, ivi, p. 14
[4] Papa Francesco, Laudato si’. Enciclica sulla cura della casa comune, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015, p. 187.
[5]Sull’epistemologia del simbolo di Pavel Florenskij e sulla trasfigurazione della realtà nell’opera artistica, cfr. Silvano Tagliagambe, Il cielo incarnato, Aracne Editrice, Roma 2013.
[6] Silvano Tagliagambe, Commento a ‘La citta viva’ di Marcello Aitiani, comunicazione personale.
[7] Gregory Bateson, Mente e natura, Editore Adelphi, Milano 1984.
*Le vetrate sono state realizzate da Marcello Aitiani nella Vetreria Artistica la Diana – Siena.
*Le foto delle opere artistiche nell’Abbazia di Koningsoord sono state scattate dall’artista, con smartphon.